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INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps

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566 Risi<br />

le. Lo stesso dicasi per le responsabilità in materia di ordine pubblico e sicurezza interna.<br />

Settori nei quali gli stati membri possono verosimilmente applicare misure più<br />

restrittive rispetto all’acquis comunitario.<br />

Il quadro normativo è dunque frastagliato e consente ampi margini di manovra<br />

sia agli stati membri che all’Unione in quanto tale. Il che può costituire una remora ad<br />

una politica estera UE chiara e comprensibile alle controparti, specie quando i paesi<br />

terzi sono inquadrati in assetti permanenti di collaborazione come la politica di vicinato<br />

e ancora prima il partenariato euro-mediterraneo. Una ulteriore complicazione viene<br />

dal fatto che la Libia, paese di transito e di accoglimento dei flussi migratori, non aderisce<br />

al processo di Barcellona e dunque richiede un approccio specifico (8).<br />

3. — Il Consiglio europeo di dicembre 2005 ed i seguiti<br />

La cooperazione in materia migratoria diventa, come dianzi detto, la nuova pista<br />

del partenariato al Vertice di Barcellona 2005. La pista è dichiarata prioritaria per<br />

l’Unione dal Consiglio europeo di dicembre 2005, che adotta “l’approccio globale in<br />

materia di migrazione” con particolare riguardo all’Africa ed al Mediterraneo.<br />

Approccio globale significa che l’Unione è chiamata a sviluppare la cooperazione con<br />

i paesi di origine e di transito dei flussi migratori sotto gli aspetti della sicurezza, dell’integrazione,<br />

dello sviluppo. Ciò per consentire all’Unione di fronteggiare le crisi<br />

connesse agli afflussi massicci ed improvvisi di clandestini dal Mediterraneo, ma<br />

anche di proporre una gestione ordinata delle migrazioni in un’ottica di collaborazione<br />

coi paesi di origine e transito.<br />

I capisaldi della strategia europea sono apparentemente antinomici: da una parte<br />

si vuole frenare l’afflusso degli indesiderati e si chiede la collaborazione dei paesi<br />

terzi; dall’altra si propone la gestione ordinata se non condivisa delle migrazioni.<br />

L’Unione sembra disposta ad aprire le frontiere ed accogliere nuovi immigrati in condizioni<br />

di favore per i paesi terzi, se questi si impegnano a frenare gli indesiderati<br />

ovvero a riammetterli quale che sia la loro provenienza.<br />

Il processo diplomatico si avvia con la Conferenza ministeriale euro-africana<br />

sulle migrazioni e lo sviluppo (Rabat, 10 - 11 luglio 2006) e con la Conferenza UE -<br />

Africa su migrazioni e sviluppo (Tripoli, 22 - 23 novembre 2006). Gli ambiti geografici<br />

delle due Conferenze sono diversi e rispondono a diverse sensibilità degli stati membri<br />

UE. La riunione di Rabat è orientata sulle rotte migratorie occidentali, che partendo<br />

dal Marocco interessano soprattutto la penisola iberica e la Francia. La riunione di<br />

Tripoli è orientata sull’Africa nera donde vengono i flussi che attraverso la Libia giungono<br />

in Italia e di lì nell’Europa centro-settentrionale. L’impostazione metodologica è<br />

comunque simile. Le conclusioni, in ambedue i casi, insistono sui temi della cooperazione<br />

in materia di contrasto delle immigrazioni illegali e di integrazione di quelle<br />

legali nonché naturalmente sul co-sviluppo. La Conferenza di Tripoli produce anche<br />

un piano d’azione, detto di Ouagadougou, per combattere il traffico di esseri umani, in<br />

(8) Sulla Libia e la politica mediterranea dell’Unione si rinvia a: A. SCHIAVO, Le relazioni con i<br />

Paesi terzi del Mediterraneo e con il Golfo Persico, in C. RISI, L’azione, cit.

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