INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps
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Le migrazioni nello spazio euro-meridionale ed il loro impatto sui sistemi... 565<br />
La difficoltà di addivenire a norme comuni è testimoniata dalla progressione con<br />
cui i Trattati di modifica dei Trattati di Roma trattano l’argomento. Il Trattato di<br />
Maastricht del 1993 indica la politica dell’immigrazione come una questione di interesse<br />
comune nell’ambito del terzo pilastro, la cooperazione di giustizia e negli affari<br />
interni (GAI). Il Trattato di Amsterdam “comunitarizza” parte del terzo pilastro trasferendo<br />
al primo la materia dell’immigrazione: trasferimento che significa anzitutto<br />
il ricorso al metodo comunitario per la prise de décision. Per l’esattezza, il Trattato<br />
del 1997 attribuisce all’Unione la competenza ad adottare norme in materia di visti,<br />
asilo, immigrazione nonché riguardo ad “altre politiche connesse con la libera circolazione<br />
delle persone”. La finalità è di istituire progressivamente “uno spazio di<br />
libertà, sicurezza e giustizia”, al cui interno può pienamente esplicarsi la libera circolazione<br />
delle persone. Sempre che si rafforzino i controlli esterni e dunque la collaborazione<br />
ad ampio raggio fra le autorità di polizia e giudiziarie. Il Trattato si riferisce<br />
sia ai cittadini europei che ai cittadini terzi. Per questi ultimi occorrono però delle<br />
specificazioni.<br />
Il Consiglio europeo di Tampere (1999) fissa i cosiddetti capisaldi di Tampere: a)<br />
garantire l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente in<br />
uno stato membro; b) assicurare loro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini<br />
europei; c) combattere efficacemente l’immigrazione clandestina, grazie anche alla<br />
collaborazione con le autorità dei paesi di origine e di transito. Il Consiglio europeo<br />
dell’Aia (2004) adotta il programma dell’Aia per assicurare pienamente lo spazio di<br />
libertà, sicurezza e giustizia. L’esigenza è di trattare l’immigrazione con un approccio<br />
globale. Si sottintende: come fenomeno di ritardo economico nei paesi di provenienza<br />
e transito; come questione da affrontare sul piano diplomatico con accordi di riammissione<br />
con quegli stessi paesi; come fenomeno sociale e culturale nei paesi di accoglimento.<br />
Il Consiglio mantiene ampia discrezionalità riguardo alle misure da adottare,<br />
salvo il richiamo generale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo<br />
ed alle tradizioni costituzionali comuni degli stati membri. La discrezionalità è<br />
accentuata dal ricorso al principio di sussidiarietà, che specie in questo settore consente<br />
di porre in primo piano le misure nazionali. Misure che trovano comunque il limite<br />
nella necessità di garantire a tutti che non vi siano controlli all’attraversamento delle<br />
frontiere interne. Poiché all’Unione spetta determinare le condizioni alle quali si consente<br />
l’ingresso di cittadini terzi, la tematica del controllo alle frontiere si intreccia con<br />
quella dell’immigrazione.<br />
La normativa derivata contempla condizioni di favore ai cittadini terzi che siano<br />
residenti di lungo periodo, che abbiano cioè soggiornato legalmente e ininterrottamente<br />
almeno cinque anni in uno stato membro. Il loro status è tendenzialmente assimilato<br />
a quello dei cittadini europei residenti in uno stato membro diverso da quello di origine:<br />
ad esempio in materia di lavoro e istruzione, ma anche di esposizione alle misure<br />
di polizia. La normativa derivata contempla condizioni comuni anche sull’immigrazione<br />
e sul soggiorno irregolari, comprese le ipotesi di rimpatrio forzato.<br />
La competenza dell’Unione è da ritenersi concorrente con quella degli stati membri,<br />
che mantengono fra l’altro la facoltà di concludere accordi di riammissione con<br />
paesi terzi purché conformi al diritto comunitario ed al pertinente diritto internaziona-