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INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps

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Tribunali 795<br />

dunque ben oltre tre anni dalla ricezione del provvedimento di liquidazione della quota<br />

capitalizzata della pensione.<br />

La causa veniva discussa e decisa dal Tribunale, sulle conclusioni richiamate in<br />

epigrafe, all’udienza del 21.2.2007, con lettura del dispositivo.<br />

DIRITTO — Preliminarmente deve essere vagliata l’eccezione di decadenza<br />

sostanziale proposta dall’INPS ex art. 47 DPR 639/70, come interpretato, integrato e<br />

modificato dall’art.6, DL 103/91, convertito in legge n.166/91 e dall’art 4 D.L.<br />

n..348/92, convertito in legge n.438/92, in considerazione del fatto che il signor V. S. -<br />

che gode del trattamento pensionistico con decorrenza 1.12.1999, come da comunicazione<br />

dell’INPS di Roma prot. 107190/FV del 17.4.2000 (doc. 2 di parte ricorrente<br />

prodotto all’udienza del 12.10.2005) e successivo provvedimento di liquidazione del<br />

9.5.2000 (doc. 1 ric.) - ha proposto ricorso giudiziale avverso il provvedimento di capitalizzazione<br />

di quota della pensione in data 30.12.2003, a termine triennale ormai spirato.<br />

L’eccezione è fondata.<br />

Il fatto che l’INPS abbia eccepito la decadenza solo nelle note conclusive autorizzate<br />

invocando l’art. 47 D.P.R. 639/1970 non comporta alcuna preclusione atteso che,<br />

come osservato dalla Suprema Corte, la decadenza processuale "è dettata a protezione<br />

dell’interesse pubblico alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti<br />

erogazioni di spese gravanti su bilanci pubblici e, di conseguenza, è sottratta alla<br />

disponibilità della parte: pertanto tale decadenza è rilevabile d’ufficio - salvo il limite<br />

del giudicato - in ogni stato e grado del giudizio e quindi è opponibile anche tardivamente<br />

dall’Istituto previdenziale" (Cass. 21.9.2000 n. 12508; in senso conforme, v.<br />

Cass. 20.3.2001 n. 3947, Cass. 1.12.1998 n. 12141, Cass. 27.3.1996 n. 2743).<br />

L’art 47, 2° comma, D.P.R. 639/1970, nella sua attuale formulazione, stabilisce<br />

testualmente: "per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l’azione giudiziaria<br />

può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data<br />

di comunicazione della decisione del ricorso pronunciata dai competenti organi<br />

dell’Istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronuncia della predetta<br />

decisione ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del<br />

procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della<br />

richiesta di prestazione", sul punto è poi intervenuta la norma di interpretazione autentica<br />

dell’art. 6 D.L. 103/1991, convertito dalla L. 166/1991, che così stabilisce: “I termini<br />

previsti dall’art. 47 commi 2 e 3 dpr 30 aprile 1970 n. 639 sono posti a pena di decadenza<br />

per l’esercizio del diritto alla prestazione previdenziale. La decadenza determina<br />

l’estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l’inammissibilità<br />

della relativa domanda giudiziale: in caso di mancata proposizione del ricorso<br />

amministrativo, i termini decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei”.<br />

Nel caso in esame - a fronte della comunicazione del 17.4.2000 con cui l’INPS di<br />

Roma rendeva noti all’interessato gli importi liquidati ai sensi dell’art 34 della legge<br />

13.7.65 n. 859 del 1.7.1999 (doc. 2 ricorrente) pari a £ 9.811.650 per la liquidazione in<br />

capitale di una quota della pensione ed a £. 1.848.336.000 per il valore capitale di tale<br />

quota di pensione, ed al successivo provvedimento dell’INPS di Vercelli del 9.5.2000<br />

con cui la pensione era stata liquidata nella misura lorda mensile di lire 12.149.500

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