INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps
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562 Risi<br />
Le ONG, fra cui si distingue il Réseau euro-méditerranéen des droits de l’homme<br />
(REMDH), si fanno portavoce dell’interpretazione estensiva e perciò richiamano i<br />
paesi partner ad attenersi alla lettera ed allo spirito del partenariato. La responsabilità<br />
principale incombe sugli stati membri UE, e sull’Unione nel suo insieme a misura<br />
delle sue competenze al riguardo, in quanto essi fanno riferimento all’art. 11 del<br />
Trattato sull’Unione europea (2). Nei PTM si dà per scontato che il rispetto dei diritti<br />
fondamentali è affievolito da una diversa concezione dello stato di diritto e della<br />
democrazia. Come spesso accade nelle relazioni esterne dell’UE, il gravame maggiore<br />
incombe sulla parte europea: perché è economicamente sviluppata e perché essa stessa<br />
si proclama portatrice di una visione progressiva del diritto.<br />
I comportamenti virtuosi sono possibili anche quando l’Europa è attraversata da<br />
pulsioni per l’immigrazione zero e l’autosufficienza culturale? E soprattutto: tali comportamenti<br />
trovano il pendant presso la controparte, che anzi potrebbe interpretarli<br />
come segni di debolezza europea nella sfida della globalizzazione? Sono quesiti difficili<br />
che chiamano in causa l’essenza del modello sociale europeo, lo European way of<br />
life: del nostro modo di declinare un moderno sistema di welfare, costretto fra i vincoli<br />
di bilancio e le esigenze di aprirlo a nuovi soggetti, a volte di passaggio nei nostri territori.<br />
I diritti umani dovrebbero applicarsi per intero a tutti: ai migranti, ai rifugiati, ai<br />
richiedenti asilo. Se i governi non li tutelano a sufficienza, allora la società civile deve<br />
premere affinché lo facciano. La nota del Réseau precede strategicamente la<br />
Conferenza ministeriale euro-mediterranea sulle migrazioni, che si tiene nel novembre<br />
2007 ad Albufeira, Portogallo, con la pretesa di influenzarne le deliberazioni. Vedremo<br />
poi come.<br />
Ora riprendiamo il filo del processo di Barcellona che, nel corso dei suoi primi<br />
dodici anni, si arricchisce di nuovi partner. Al Vertice del decennale (Barcellona, 2005)<br />
l’Unione europea conta venticinque stati membri, fra i quali Cipro e Malta che fino<br />
alla loro adesione nel 2004 facevano parte del gruppo dei PTM. Sempre nel 2005 la<br />
Turchia avvia i negoziati di adesione e siede quindi nel partenariato in una posizione<br />
mediana fra l’UE, di cui non è ancora membro, ed i PTM, cui sente di non appartenere<br />
più. Nel 2007 l’Unione arriva a ventisette stati membri con l’adesione di Bulgaria e<br />
Romania, mentre il partenariato nel suo insieme accoglie Albania e Mauritania in occasione<br />
della ministeriale di Lisbona (novembre 2007). Il processo di Barcellona conta<br />
ora trentanove partner.<br />
Il Vertice del decennale non riesce ad adottare conclusioni condivise, per cui il<br />
testo finale è diramato sotto la responsabilità della Presidenza di turno (la Presidenza<br />
di turno del partenariato è la stessa del Consiglio UE) (3). Il piano di lavoro quinquennale<br />
allegato alle conclusioni è invece adottato di comune accordo e disciplina per la<br />
prima volta la competenza del partenariato in materia di scambi umani. Nasce quello<br />
che è chiamato il quarto capitolo (volet) di Barcellona: i flussi migratori. Il piano prevede<br />
di dedicare all’argomento una riunione ministeriale per dare corpo politico al<br />
(2) Rèseau euro-méditerranéen des droits de l’Homme (REMDH), Conférence ministérielle<br />
Euromed migration - Note analytique et recommendations, novembre 2007.<br />
(3) V. C. RISI, Il partenariato euro-mediterraneo non realizza le sue ambizioni? E allora che<br />
fare?, in Quaderni di Relazioni Internazionali, n. 5/2007.