INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps
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Tribunali 767<br />
Affinchè, invece, possa ritenersi rilevante ai fini contributivi, la sospensione dell’attività<br />
lavorativa deve costituire il frutto dell’incontro delle reciproche volontà del<br />
datore di lavoro e del lavoratore, la cosiddetta "sospensione consensuale".<br />
Né può ritenersi che la prova articolata dal ricorrente nell’atto introduttivo possa<br />
adeguatamente fornire la prova in giudizio della sussistenza della sospensione consensuale<br />
o concordata.<br />
L’articolato di prova non fa riferimento ad una causa di contrazione dell’attività<br />
lavorativa, a specifiche esigenze dell’azienda, ovvero a specifici accordi intercorsi tra<br />
le parti in tema di sospensione della prestazione lavorativa.<br />
Vale la pena precisare che una cosa è dimostrare che il rapporto lavorativo si sia<br />
svolto con caratteristiche di autonomia - circostanza che, come detto non assume significativa<br />
rilevanza ai fini della decisione - altra cosa è dimostrare l’intervenuta sospensione<br />
consensuale o concordata.<br />
Per quanto afferisce, inoltre, la contestazione, formulata da parte ricorrente con le<br />
memorie conclusive, inerente la mancata indicazione da parte dell’INPS del CCNL<br />
applicato, va osservato che la stessa non può essere accolta in quanto tardiva.<br />
Ed infatti, alcuna contestazione al riguardo risulta essere stata mossa con il<br />
ricorso introduttivo del giudizio, sicché dovendo considerarsi dato pacifico non bisognevole<br />
di prova, qualsiasi altra contestazione non può che ritenersi tardivamente<br />
sollevata.<br />
Con precipuo riguardo al rito del lavoro è dimostrazione di detto principio l’art.<br />
416 c.p.c., che, appunto contemplando il comportamento del convenuto che intenda<br />
resistere alle pretese avversarie, contestandole in tutto od in parte, lo configura come<br />
onere di "prendere posizione in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione"<br />
e lo riferisce espressamente ai "fatti affermati dall’attore a fondamento della<br />
domanda".<br />
Non a caso si fa riferimento, nella fattispecie specifica, all’art. 416 c.p.c, attesa la<br />
natura del giudizio di opposizione, che impone di considerare l’ opponente in qualità di<br />
convenuto in senso sostanziale e l’opposto, viceversa, attore in senso sostanziale.<br />
Orbene, colui che intenda resistere alle pretese avversarie deve contestarle,<br />
prendendo posizione in maniera precisa in ordine ai fatti costitutivi del diritto, altrimenti<br />
il fatto si ha per non contestato o controverso e assume rilevanza ai fini della<br />
decisione.<br />
Dunque, in ordine alle conseguenze della non contestazione, fermo restando il<br />
comune presupposto della sola rilevanza ai casi di non contestazione di fatti, ovvero<br />
dei fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, va osservato che la stessa<br />
ha effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio<br />
del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, proprio per la ragione che<br />
l’atteggiamento difensivo delle parti, valutato alla stregua dell’esposta regola di condotta<br />
processuale, espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti.<br />
Detto in altri termini, la mancata contestazione, a fronte di un onere esplicitamente<br />
imposto dal dettato legislativo, rappresenta, in positivo e di per sé, l’adozione di una<br />
linea difensiva incompatibile con la negazione del fatto (v. Cass. 23.05.1995 n. 5643;<br />
Cass. 18.07.2000 n. 9424; cass. Sez. unite 761/02).<br />
Nella fattispecie de qua - vale la pena ripeterlo alcuna specifica contestazione è