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INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps

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Corte di Appello 735<br />

dire la settima qualifica funzionale;<br />

- l’art. 5 dcpm n. 325/88 (secondo cui "il dipendente trasferito è collocato nel<br />

ruolo dell’amministrazione ricevente nell’ordine spettantegli in base all’anzianità di<br />

qualifica e conserva, ove più favorevole, il trattamento economico in godimento all’atto<br />

del trasferimento mediante l’attribuzione "ad personam" della differenza con il trattamento<br />

economico previsto per la qualifica di inquadramento") nulla dice riguardo<br />

alle mansioni ed alle qualifiche professionali, proprio perché, per effetto del trasferimento,<br />

si verifica una novazione soggettiva dal lato datoriale del rapporto di lavoro.<br />

talché non può ritenersi applicabile l’art. 2103 cc, trovando tale norma la sua ratio giustificatrice<br />

nell’ambito del medesimo rapporto di lavoro e non può essere, quindi, tout<br />

court applicata anche nei casi in cui detto rapporto si modifichi;<br />

- la F. era priva dei requisiti culturali per poter ricoprire la posizione professionale<br />

nell’area C, poiché, secondo il CCNL, per il profilo professionale di infermiere è<br />

richiesto il diploma universitario di infermiere professionale, conseguito ai sensi dell’art;.<br />

6 legge n. 502/92, nel mentre il diploma di infermiere professionale da lei posseduto<br />

(ai sensi dell’art. 32 del regolamento approvato con rd n. 2330/29) è stato sì equiparato<br />

al diploma universitario di infermiere per effetto di dm 27.7.2000, "ma detta<br />

equipollenza - per espressa previsione contenuta nel decreto stesso - non produce, per<br />

il possessore del titolo, alcun effetto sulla posizione funzionale rivestita e sulle mansioni<br />

esercitate in ragione del titolo nei rapporti di lavoro dipendente già sussistenti alla<br />

data di entrata in vigore del decreto".<br />

3. — Osserva la Corte che, con i motivi di gravame sinteticamente esposti nell’istorico<br />

di lite, l’appellante ha censurato le prime due argomentazioni, ma nient’affatto<br />

la terza, che pure, autonomamente dalle altre, è idonea a sostenere la decisione del<br />

primo Giudice (e ciò, beninteso, senza che a tal fine rilevi la sua intrinseca condivisibilità).<br />

Trova quindi applicazione, nella fattispecie, il condiviso insegnamento del<br />

Supremo Collegio secondo cui, allorché la sentenza di primo grado pronunci sulla<br />

domanda in base ad una pluralità di autonome ragioni, ciascuna di per sé sufficiente a<br />

giustificare la decisione, come al giudice è consentito, qualora egli, ritenendo di poter<br />

fondare la decisione sopra una determinata ragione di merito, ritenga utile valutare<br />

anche un’altra concorrente ragione, parimenti di merito, al fine di fornire adeguato<br />

sostegno alla decisione adottata, anche per l’eventualità che il giudice dell’impugnazione<br />

reputi erronea la soluzione della questione preliminarmente affrontata, la parte<br />

soccombente ha l’onere di censurare con l’atto d’appello ciascuna delle ragioni della<br />

decisione, non potendosi, in difetto, trattare successivamente della ragione non tempestivamente<br />

contestata e non potendosi, conseguentemente, più nemmeno utilmente<br />

discutere, sotto qualsiasi profilo, della stessa statuizione che nella detta ragione trova<br />

autonomo sostegno, a nulla valendo a tal fine la richiesta di integrale riforma della sentenza,<br />

poiché la non contestata autonoma ragione di decisione resta anche in tal caso<br />

idonea a sorreggere la pronunzia impugnata, non potendo il giudice d’appello estendere<br />

il suo esame a punti non compresi neppure per implicito nei termini prospettati dal<br />

gravame, senza violare il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato<br />

(cfr, ex plurimis, Cass., n. 7809/2001).<br />

In forza di tale principio deve quindi escludersi l’accoglibilità dell’appello con

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