INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps
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710 Sezioni Civili<br />
prevede che il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alla prestazione di vecchiaia,<br />
invalidità e superstiti si intende verificato anche quando i contributi non siano<br />
effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale, sempreché<br />
il rapporto di lavoro risulti da documenti o prove certe come si è verificato nel<br />
caso in questione". Per la cassazione di tale sentenza l’I.N.P.S. propone ricorso affidato<br />
ad un unico complesso motivo e notificato a F. R. quale vedova di D. A. (deceduto<br />
nelle more del giudizio).<br />
L’intimata F. R., ut supra, resiste con controricorso e deposita memoria ex art.<br />
378 cod. proc. civ..<br />
DIRITTO —1 — Con l’unico motivo di ricorso l’Istituto ricorrente - denunciando<br />
"violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., 2697 e 2116 cod. civ., 4 della legge<br />
n. 222/1984; nonché vizio di motivazione" - rileva criticamente che "l’onere di provare<br />
la sussistenza del presupposto rapporto di lavoro non può ritenersi assolto in sede processuale<br />
mediante la sola produzione delle attestazioni contenute nel libretto di lavoro"<br />
ed addebita al Giudice di appello di "avere omesso di pronunciarsi su un punto decisivo<br />
della controversia, che aveva formato oggetto di specifico gravame da parte di esso<br />
ricorrente, non consentendo un adeguato controllo sul criterio logico seguito nell’iter<br />
valutativo posto a fondamento del proprio convincimento".<br />
2 — II ricorso come dianzi proposto è meritevole di accoglimento.<br />
Al riguardo, il Tribunale di Chieti nell’affermare applicabile il principio dell’automaticità<br />
delle prestazioni previdenziali in relazione alla (ritenuta) esistenza di due<br />
diversi rapporti di lavoro intrattenuti dal D. alle dipendenze di differenti datori di lavoro<br />
- ha considerato provata la domanda dell’originario ricorrente in base al contenuto<br />
del libretto di lavoro prodotto in giudizio dall’interessato: libretto di lavoro che, quindi,<br />
è stato ritenuto "prova certa" sulla sussistenza dei rapporti di lavoro indicati in detto<br />
documento di parte.<br />
Siffatta statuizione si appalesa errata in quanto - come statuito da questa Corte<br />
con giurisprudenza consolidata (ex plurimis: Cass. n. 10519/1996, Cass. n. 9290/2000,<br />
Cass. n. 7767/1992) - le annotazioni e le dichiarazioni contenute nel libretto di lavoro<br />
(istituito con finalità meramente burocratiche dalla legge 10 gennaio 1935 n. 112),<br />
aventi natura di scrittura privata e consistenti in dichiarazioni unilaterali del datore di<br />
lavoro, non valgono da sole a dimostrare con certezza la durata e il contenuto del rapporto<br />
di lavoro, potendo solo costituire un valido indice presuntivo che può essere utilizzato<br />
esclusivamente in concorso con altri idonei elementi probatori: per cui le relative<br />
indicazioni, mentre sono contrastabili con ogni rituale mezzo di prova (perché il<br />
divieto sancito dall’art. 2722 cod. civ. è limitato alla prova contro documenti che racchiudano<br />
una convenzione fra le parti), possono essere apprezzate - solo in rapporto ad<br />
idonee risultanze probatorie - dal giudice competente nell’ambito del suo potere di<br />
valutazione discrezionale ex art. 116 cod. proc. civ..<br />
Nella specie, pertanto, la parte non poteva ricavare elementi di prova a proprio<br />
favore, al fine del soddisfacimento dell’onere di cui all’articolo 2697 cod. civ., da mere<br />
dichiarazioni aventi valenza indiziaria, nè poteva essere esonerata dal cennato onere da<br />
parte del giudice del merito - il quale, al contrario, avrebbe dovuto pervenire alla decisione<br />
assunta in base alla valutazione complessiva della risultanze probatorie proces-