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INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps

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666 Note a sentenza<br />

non imperativo.<br />

La norma esprime cioè una preferenza del legislatore per un certo assetto di<br />

interessi, che le parti sono libere di disattendere. In assenza di ragioni che giustifichino<br />

una deroga, questa preferenza legislativa non ha però motivo di essere disattesa<br />

ancorché la fattispecie in questione abbia carattere non contrattuale. Del resto<br />

l’art. 1324 c.c. dispone espressamente l’applicabilità delle norme che regolano i<br />

contratti, in quanto compatibili, agli atti unilaterali a contenuto patrimoniale. Ed è<br />

questo il caso, essendo la cessione ex art. 1 comma 9 del D.L. 668/85, un atto unilaterale<br />

che il datore di lavoro ha il potere di compiere alle condizioni previste dalla<br />

legge.<br />

In conclusione, la ricostruzione della fattispecie oggetto della pronuncia in commento<br />

più conforme al sistema avrebbe dovuto comportare un’estensione analogica<br />

dell’art. 1198 c.c., in base alla quale l’estinzione del debito contributivo del datore di<br />

lavoro che abbia scelto, ex art. 1 comma 9 del D.L. 668/85, di cedere il credito di cui è<br />

titolare nei confronti dello Stato o di altro ente pubblico, è subordinata alla riscossione<br />

del credito ceduto da parte dell’ente previdenziale.<br />

Ma la strada prescelta dalla sentenza in commento non costituisce soltanto un<br />

indebito sviamento rispetto alle regole che presiedono al diritto comune delle obbligazioni<br />

ma, anche sotto il profilo pratico, un passo indietro rispetto al precedente orientamento<br />

giurisprudenziale.<br />

Per estinguere il debito contributivo la giurisprudenza riteneva infatti necessaria<br />

non già la riscossione, come secondo quanto mostrato in questa nota sarebbe corretto,<br />

ma almeno la cessione di un credito esigibile, di un credito cioè che non presenti ostacoli<br />

giuridici alla soddisfazione dell’interesse del creditore e che, dunque, consenta<br />

all’ente previdenziale di recuperare giudizialmente le somme. Nella presente pronuncia,<br />

invece, la Cassazione anticipa ulteriormente il momento in cui il datore di lavoro<br />

può estinguere il debito contributivo, consentendogli di beneficiare dell’effetto solutorio<br />

con la semplice cessione di un qualsiasi credito, ancorché inesigibile, vantato nei<br />

confronti della P.A.<br />

In altri termini, se si considerano i tre momenti della maturazione (e cioè della<br />

nascita del credito), della esigibilità (e cioè della mancanza di ostacoli alla riscossione<br />

del credito), e della riscossione (e cioè della soddisfazione del credito) come segmenti<br />

logicamente e cronologicamente successivi della vicenda obbligatoria, sarebbe stato<br />

più ragionevole, alla luce delle considerazioni svolte, spostare in avanti il momento in<br />

cui si verifica l’effetto estintivo.<br />

In definitiva, l’esito interpretativo a cui perviene la sentenza annotata non<br />

convince sia perché sotto il profilo teorico segna una frattura ancora più profonda<br />

tra la disciplina di diritto comune della cessione solutoria e quella particolare cessione<br />

solutoria prevista dall’art. 1 co. 9 del d.l. 668/85, sia perché sotto il profilo<br />

pratico rende ancor più difficile la soddisfazione del credito da parte dell’ente previdenziale.<br />

Un ulteriore problema sul quale è opportuno svolgere qualche breve considerazione,<br />

ancorché non sia stato affrontato dalla pronuncia in commento, è quello relativo<br />

alla possibilità di ritenere sussistente a carico del debitore cedente una qualche ipotesi<br />

di omissione o evasione contributiva, dato che ciò comporterebbe l’applicabilità delle

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