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INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps

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652 Note a sentenza<br />

del rapporto da cui deriva il debito, con indubbio vantaggio per le ulteriori azioni e con<br />

la conseguenza che l’eventuale giudicato, di cui avvalersi negli altri giudizi, si presenterebbe<br />

come corretta utilizzazione degli strumenti che l’ordinamento appresta.<br />

Le SS.UU., rimeditando il precedente orientamento, con la sentenza che oggi si<br />

commenta, ribaltano totalmente tale prospettiva.<br />

La domanda sottesa alla nuova pronuncia delle SS.UU. è se il processo possa rappresentare<br />

uno strumento per dare un assetto ai propri interessi, a prescindere dalla<br />

questione sostanziale sottesa dallo stesso, e in caso affermativo, entro quali limiti esso<br />

possa esercitarsi.<br />

Si pone dunque il problema del rapporto tra potere di disposizione sostanziale e<br />

potere di disposizione processuale.<br />

Le SS.UU. qualificano espressamente la disarticolazione, da parte del creditore,<br />

dell’unità sostanziale del rapporto (sia pur nella fase patologica della coazione all’adempimento),<br />

come abuso del processo, in quanto attuata nel processo e tramite il processo.<br />

Tale parcellizzazione giudiziale del credito viola il precetto inderogabile, cui l’interpretazione<br />

della normativa processuale deve viceversa uniformarsi, del processo giusto.<br />

Secondo la Corte l’attribuzione della potestas agendi per la tutela dell’interesse<br />

sostanziale rappresenta il limite, oltre che la ragione, dell’attribuzione al titolare del<br />

diritto processuale di azione.<br />

L’esercizio di tale diritto deve tener conto del duplice obiettivo della "ragionevolezza<br />

della durata" del procedimento e della "giustezza" del "processo", inteso come risultato<br />

finale (della risposta cioè alla domanda della parte), con la conseguenza che "giusto"<br />

non potrebbe essere ove frutto di abuso, per esercizio dell’azione in forme eccedenti, o<br />

devianti, rispetto a quelle tipiche rispondenti alla tutela dell’interesse sostanziale.<br />

Inoltre l’effetto inflattivo riconducibile ad una siffatta (ove consentita) moltiplicazione<br />

di giudizi non sarebbe adeguato rispetto all’obiettivo, costituzionalizzato nello<br />

stesso art. 113, della "ragionevole durata del processo", per l’evidente antinomia che<br />

esiste tra la moltiplicazione dei processi e la possibilità di contenimento della correlativa<br />

durata.<br />

Secondo le SS.UU. la avvenuta costituzionalizzazione della regola di correttezza e<br />

buona fede - siccome specificativa (nel contesto del rapporto obbligatorio) degli "inderogabili<br />

doveri di solidarietà", il cui adempimento è richiesto dall’art. 2 della Costituzione,<br />

rappresenta il parametro dei comportamenti giudicati processualmente abusivi.<br />

Così come il criterio della buona fede costituisce lo strumento, per il giudice, atto<br />

a controllare, anche in senso modificativo o integrativo, lo statuto negoziale, in funzione<br />

di garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi, a maggior ragione deve ora<br />

riconoscersi che un siffatto originario equilibrio del rapporto obbligatorio, in coerenza<br />

a quel principio, debba essere mantenuto fermo in ogni successiva fase, anche giudiziale,<br />

dello stesso e non possa quindi essere alterato, ad iniziativa del creditore, in<br />

danno del debitore.<br />

Ciò conduce ad un possibile controllo da parte del giudice sulla meritevolezza<br />

della tutela richiesta.<br />

Tale meritevolezza viene valutata dalle SSUU in considerazione non solo dell’utilità<br />

perseguita dal soggetto che agisce in giudizio, e dunque in una prospettiva esclusivamente<br />

privatistica, ma tenuto conto dei principi e dei valori che presidiano l’ordi-

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