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INFORMAZIONE PREVIDENZIALE - Inps

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Note a sentenza 649<br />

Dall’altro, il creditore attua la sua tutela "frazionata", senza un contemporaneo,<br />

eguale interesse, posto che, viceversa, l’interesse del creditore più meritevole di tutela<br />

può essere quello dell’adempimento, anche se coattivo, dell’intero credito.<br />

In sostanza, si vuol dire che (in contrasto con i principi di correttezza, buona fede<br />

e contemperamento dei contrapposti interessi) il creditore verrebbe in tal modo a realizzare,<br />

attraverso l’uso deviato di strumenti processuali predisposti dall’ordinamento<br />

ad altri fini, una situazione di privilegio, con ingiustificato danno del debitore.<br />

Ed, a tal fine, va sottolineato che il principio di correttezza e buona fede, secondo<br />

la Relazione ministeriale al Codice Civile, "richiama nella sfera del creditore la considerazione<br />

dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse<br />

del creditore ", operando, quindi, come un criterio di reciprocità.<br />

Una volta collocato nel quadro di valori introdotto dalla Carta costituzionale, poi,<br />

il principio deve essere inteso come una specificazione degli “inderogabili doveri di<br />

solidarietà sociale" imposti dall’art. 2 Cost. e la sua rilevanza si esplica nell’imporre, a<br />

ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare<br />

gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di<br />

quanto espressamente stabilito da singole norme di legge.<br />

In questa ottica, il principio della correttezza e della buona fede va selezionato<br />

anche sotto diverso profilo: quello dell’abuso del diritto e dell’abuso del processo.<br />

Con la formula "abuso del diritto" si vuole indicare un limite esterno all’esercizio,<br />

potenzialmente pieno ed assoluto, del diritto soggettivo, il cui riconoscimento<br />

implica l’attribuzione al soggetto di una duplice posizione, di libertà e di forza.<br />

L’abuso del diritto, lungi dal presupporre una violazione in senso formale, delinea<br />

l’utilizzazione alterata dello schema formale del diritto, finalizzata al conseguimento<br />

di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal Legislatore.<br />

Nel nostro codice non esiste una norma che sanzioni in via generale l’abuso del<br />

diritto.<br />

La cultura giuridica degli anni ‘30 fondava l’abuso del diritto, più che su di un principio<br />

giuridico, su di un concetto di natura etico - morale, con la conseguenza che colui<br />

che ne abusava era considerato meritevole di biasimo, ma non di sanzione giuridica.<br />

Questo contesto culturale, unito alla preoccupazione per la certezza del diritto -<br />

considerata la grande latitudine di potere che una clausola generale, come quella dell’abuso<br />

del diritto, avrebbe attribuito al giudice - impedì che fosse trasfusa nella stesura<br />

definitiva del codice civile italiano del 1942, quella norma del progetto preliminare (art.<br />

7) che proclamava, in termini generali, che "nessuno può esercitare il proprio diritto in<br />

contrasto con lo scopo per il quale il diritto medesimo gli è stato riconosciuto" (così<br />

ponendosi l’ordinamento italiano in contrasto con altri ordinamenti, ad es. tedesco e svizzero);<br />

preferendo, invece, ad una norma di carattere generale, norme specifiche che consentissero<br />

di sanzionare l’abuso in relazione a particolari categorie di diritti.<br />

Ma, in un mutato contesto storico, culturale e giuridico, un problema di tal fatta<br />

merita una maggiore attenzione.<br />

D’altra parte, l’ordinamento non può consentire - tornando al caso in esame -, da<br />

un lato il rischio di giudicati sostanziali praticamente contraddittori, collegati alla stessa<br />

vicenda storica - e ciò vale sia per l’azione di adempimento di un preesistente rapporto<br />

obbligatorio, sia per il riconoscimento dei danni per responsabilità aquiliana -

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