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Tavola Architettonica (Monografia) - Il Caos e la Creazione - panasur

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<strong>Il</strong> <strong>Caos</strong> e <strong>la</strong> <strong>Creazione</strong><br />

È facile associare al <strong>Caos</strong> il principio delle cose, l’origine di tuta <strong>la</strong> molteplicità che gli succede. Su<br />

questo carattere di origine primaria nessuno manifesta alcun tipo di dubbio. Le cose però si<br />

complicano allorché si tratti di invidiare più esplicitamente in cosa consista tale principio primo.<br />

<strong>Caos</strong> è un termine che appare, per <strong>la</strong> prima volta, nel<strong>la</strong> Teogonia di Esiodo dunque in<br />

un'opera greca dell'VIII secolo a.c. Superfluo notare che ogni nome rappresenta un concetto, ed<br />

ogni concetto fa riferimento a qualche tipo di realtà.<br />

Ebbene, appurato luogo e data di nascita del termine in esame subito affiora un altro tipo di<br />

problema: è possibile individuare questo stesso concetto, che <strong>la</strong> lingua greca esprime in uno dei suoi<br />

più antichi documenti, presso culture e tradizioni altre rispetto a quel<strong>la</strong> ellenica? Tutti saremmo<br />

portati a rispondere affermativamente.<br />

E nondimeno una riflessione prudente si impone. Infatti, solo dopo aver stabilito quale realtà è<br />

rappresentabile dietro il concetto di <strong>Caos</strong>, sarà possibile ritrovare, nascosto in differenti idiomi di<br />

differenti civiltà, quanto si va cercando.<br />

Ma sul<strong>la</strong> cosa, simboleggiata dal concetto e variamente espressa in molteplici lingue, non credo<br />

sarebbe poi così facile radunare il consenso unanime dei suoi indagatori.<br />

Tuttavia, non è compito di queste poche righe affrontare una così ampia disamina, di natura insieme<br />

storica e metastorica.<br />

Mi limiterò, pertanto, ad offrire solo alcuni elementi di giudizio, per una corretta valutazione del<br />

significante caos in re<strong>la</strong>zione ai significati che <strong>la</strong> tradizione cosiddetta occidentale pare avergli<br />

attribuito.<br />

La paro<strong>la</strong> in esame è connessa al verbo cainw o caakw, che significa spa<strong>la</strong>ncarsi, aprirsi.<br />

Ma sentiamo par<strong>la</strong>re Esiodo: a Dunque, per primo fu <strong>Caos</strong>, e poi Gaia dall'ampio petto, sede sicura<br />

per sempre di tutti gli immortali che tengono <strong>la</strong> vetta nevosa d'Olimpo, e Tartaro nebbioso nei recessi<br />

del<strong>la</strong> terra dalle ampie strade, poi Eros, il più bello fra gli immortali, che rompe le membra, e di tutti<br />

gli dei e di tutti gli uomini doma nel petto il cuore e il saggio consiglio. Da <strong>Caos</strong> nacquero Erebo e<br />

nera Notte. Da Notte provennero Etere e Giorno, che lei concepì a Erebo unita in amore. Gaia per<br />

primo generò, simile a sé, Urano stel<strong>la</strong>to, che l'avvolgesse tutta d'intorno, che fosse ai Beati sede<br />

sicura per sempre.<br />

<strong>Il</strong> poeta di Beozia associa dunque <strong>Caos</strong> al principio delle cose: esso à l'origine di tutta <strong>la</strong><br />

molteplicità che gli succede. Su questo carattere di origine prima nessuno manifesta alcun tipo di<br />

dubbio.<br />

Ma le cose si complicano allorché si tratti di individuare più esplicitamente in che consiste tale primo<br />

principio. Ecco allora avvicendarsi illustri spiriti dell'antichità c<strong>la</strong>ssica: Bacchilide, Aristofane,<br />

P<strong>la</strong>tone, Aristotele, i settanta dotti del<strong>la</strong> versione greca del Vecchio Testamento, l'imperatore<br />

filosofo Marco Aurelio, Plutarco. Giamblico. Essi identificheranno via via il <strong>Caos</strong> esiodeo con<br />

uno spazio vuoto e immenso, con l'immensa distesa dello spazio, l'immensità dell'aria, il<br />

vuoto, l'infinita durata del tempo, le tenebre sotterranee, il baratro, l'abisso, <strong>la</strong> materia<br />

cosmica, Tacqua, l’uno, e così via... E quel gigante del<strong>la</strong> letteratura <strong>la</strong>tina che risponde al nome di<br />

Publio Ovidio Nasone, in apertura delle sue Metamorfosi, così ebbe ad esprimersi: Prima del<br />

mare e del<strong>la</strong> terra e del cielo che tutto ricopre, unico e indistinto era l'aspetto del<strong>la</strong> natura<br />

in tutto l'universo, e lo dissero <strong>Caos</strong>, mole informe e confusa, nient'altro che peso inerte,<br />

ammasso di germi discordi di cose mal combinate.<br />

Bene, si dirà, che nobile parata di ingegni, tutti altruisticamente pronti a chiarirci l'arcano che<br />

circonda quelle quattro lettere greche...<br />

Ma donde proviene tutta questa scienza? Che i poeti, filosofi e sapienti citati abbiano assistito faccia<br />

a faccia al<strong>la</strong> creazione dell'universo a partire dal <strong>Caos</strong>? Anzi, meglio, forse ebbero anche il tempo e


l'occasione di scrutare quel<strong>la</strong> rudis indigestaque moles prima che <strong>la</strong> creazione avesse inizio? Si stenta<br />

a crederlo...<br />

A questo punto, <strong>la</strong>sciando da canto l'ironia, è forse necessario un chiarimento. Molti dei lettori<br />

sapranno certamente che il concetto di <strong>Caos</strong> ha un significato tecnico e operativo preciso all'interno<br />

del<strong>la</strong> tradizione ermetico-alchemica occidentale così come nelle tradizioni alchemiche orientali,<br />

ammesso che valga <strong>la</strong> pena distinguere fra una dottrina e l'altra. Ebbene, il fatto è che, in questo<br />

caso, chiunque adoperi questo termine, non si arroga <strong>la</strong> testimonianza di un'esperienza<br />

macrocosmica di cui mai fu spettatore, ma semmai descrive un singo<strong>la</strong>re ancorché sperimentabile<br />

stato di coscienza.<br />

Quindi, delle due l'una: o dobbiamo tacciare tutti i pensatori c<strong>la</strong>ssici sopracitati di fanfaronaggine<br />

manifesta o dobbiamo andare oltre <strong>la</strong> lettera dei loro testi. Intendiamoci bene: esistono, sono esistiti<br />

ed esisteranno uomini, spesso di indubbio valore, che, in virtù di quel tanto che sapevano con<br />

certezza, hanno avuto <strong>la</strong> tentazione di par<strong>la</strong>re anche di quel poco su cui occorreva astenersi. Uomini<br />

che hanno inteso le cosmogonie e le teogonie in senso letterale, come se Dio stesso, con barba e<br />

baffi, avesse dettato <strong>la</strong> storia delle sue opere. Ma chi scrive queste righe parte da un altro<br />

presupposto, da cui crede partissero anche quei saggi dell'antichità: le cosmogonie orientali, i Testi<br />

delle Piramidi egizi, l'Emma Elish babilonese, il libro del Genesi ebraico, <strong>la</strong> Teogonia esiodea, il<br />

Pimandro ermetico, le cosmogonie gnostiche, le moderne teorie scientifiche sull'origine<br />

dell'universo... sono miti.<br />

E che vuol dire mito? In greco logos o mutos significano entrambi discorso. La paro<strong>la</strong> italiana<br />

mitologia deriva dall'unione dei due termini. Perché? Potremmo tradurre mitologia con: discorso<br />

intorno a un discorso... Per far<strong>la</strong> breve, logos è il discorrere che fa appello a qualità piane, razionali,<br />

bidimensionali dell'essere umano; mutos è un discorso polivalente, polisemantico, simbolico e<br />

allusivo: per capirlo abbiamo sempre bisogno di una chiave, spesso nascosta.<br />

E allora? Allora occorre chiedersi se, oltre ai molteplici significati politici, ideologici e culturali che<br />

tutti i racconti mitologici indubbiamente hanno, non ve ne siano anche di altra specie.<br />

La creazione del Genesi è avvenuta in un tempo remotissimo o è qualcosa che non è avvenuto mai<br />

ma può sempre accadere? <strong>Il</strong> Pimandro ermetico ci sta par<strong>la</strong>ndo di un evento lontano nel tempo o di<br />

stati di realtà, sperimentabili dal singolo individuo, tanto nel<strong>la</strong> discesa - simboleggiante lo stato<br />

naturale dell'uomo, asservito alle potenze del fato astrale - quanto nel<strong>la</strong> ascesa, conseguenza diretta<br />

dell'avvenuta trasformazione del proprio piombo in oro?<br />

La rottura del pleroma gnostico e <strong>la</strong> sua ricostituzione sono eventi microcosmici o riguardano il<br />

microcosmo umano?<br />

L'apocalisse e il giudizio universale si attuano fra terra e cielo così come li vediamo, sopra le nostre<br />

teste, o in una terra e in un cielo interiori ?<br />

E soprattutto, le narrazioni concernenti i fondatori di nuovi culti religiosi sono davvero interpretabili<br />

come fecero e continuano a fare ierofanti e sacerdoti di tutte le <strong>la</strong>titudini?<br />

Persino in ambienti esoterici, teoricamente non sprovvisti di raffinate strumentazioni filologiche e<br />

storiche, oltre che di robuste chiavi esegetiche di matrice iniziatica, il letteralismo e una facile<br />

credulità trovano accoglienza trionfale.<br />

Limitandoci al<strong>la</strong> tradizione esoterica ebraica, sul<strong>la</strong> quale sono già apparsi pregevoli contributi in<br />

questa rivista (LUZ), vanno ormai moltiplicandosi libri ed opuscoli, sontuosamente tito<strong>la</strong>ti, che<br />

rinvengono singo<strong>la</strong>ri analogie tra dottrine cabalistiche sull'origine del cosmo manifestato e alcune<br />

tesi distil<strong>la</strong>te nei santuari scientifici contemporanei.<br />

E questo è il punto dolente, a mio avviso. Gli scienziati hanno dei dati sperimentali certi che però<br />

possono essere variamente interpretati. Tanto variamente che, per ogni spiegazione sull'origine<br />

dell'universo, ne sorge un'altra, diametralmente opposta e basata sulle stesse prove sperimentali.<br />

Di fatto, sono solo ipotesi e nessuno potrà mai appurare realmente quanto va sostenendo.<br />

Parimenti, il più grande maestro cabalista potrà solo offrirci un'ipotesi opinabile... a meno che...<br />

Si, a meno che uno scrittore che si richiami a una tradizione esoterica (come quel<strong>la</strong> cabalistica), non<br />

faccia un uso simbolico e anagogico del suo discorso. Lo scienziato potrà, al massimo, confezionare il


suo mito sul<strong>la</strong> genesi e costituzione del cosmo per tornaconti religiosi, ideologici, economici. Ad<br />

esempio, uno scienziato ebreo, cristiano o musulmano potrà sposare volentieri <strong>la</strong> teoria del<br />

Big Bang, che gli richiamerà al<strong>la</strong> mente il concetto di creazione, assorbito insieme al <strong>la</strong>tte<br />

del<strong>la</strong> nutrice. Uno scienziato cristiano sarà partico<strong>la</strong>rmente sensibile al<strong>la</strong> teoria che<br />

postu<strong>la</strong> una abnorme espansione dell'universo fino al<strong>la</strong> sua implosione, poiché sarà <strong>la</strong><br />

traduzione <strong>la</strong>ica dei noti concetti religiosi di apocalisse e giudizio universale. Così, per<br />

motivi specu<strong>la</strong>ri, lo scienziato agnostico potrà propendere per tesi opposte. E se i fondi per<br />

<strong>la</strong> ricerca hanno un'origine ben caratterizzata, i prodotti scientifici ne mostreranno le conseguenze.<br />

Chissà che le teorie sul<strong>la</strong> stabilità o meno del<strong>la</strong> materia totale dell'universo debbano più ai<br />

presupposti <strong>la</strong>tu sensu ideologici dei loro sostenitori che non all'analisi spassionata dei dati sperimentali.<br />

In merito a ciò, converrà citare quello che da molti è considerato il più grande scienziato<br />

contemporaneo, l'astrofisico Stephen Hawking: Qualsiasi teoria fisica è sempre provvisoria,<br />

nel senso che è solo un'ipotesi: una teoria fisica non può cioè mai essere provata. Per<br />

quante volte i risultati di esperimenti siano stati in accordo con una teoria, non si può mai<br />

essere sicuri di non ottenere <strong>la</strong> prossima volta un risultato che <strong>la</strong> contraddica. D'altra parte,<br />

si può confutare una teoria trovando anche una so<strong>la</strong> osservazione che sia in disaccordo con le sue<br />

predizioni.<br />

Ma torniamo a noi. Si diceva che uno scrittore di ascendenza esoterica può utilizzare <strong>la</strong> sua<br />

narrazione mitica nel senso più pieno e pregnante. Egli può adombrare, dietro l'apparente dramma<br />

microcosmico di cui non ha mai potuto fare esperienza, un effettivo percorso interiore, più volte<br />

sperimentato, in una drammatica lotta che l'ha condotto infine al<strong>la</strong> vittoriosa uscita dal caos, sino<br />

all'alba e al mezzogiorno di una nuova condizione esistenziale, frutto di una trasformazione riuscita.<br />

Ma potrà altresì narrare, con lo stesso gioco di specchi, tutti i percorsi, le insidie, le lotte, le sconfitte<br />

e le vittorie dell'anima umana, proiettandole sullo sfondo di una storia sacra di uno o più popoli o<br />

dissimu<strong>la</strong>ndole, abile giocoliere, discorrendo delle apparenti immensità del<strong>la</strong> natura naturata.<br />

Insomma, questo ipotetico scrittore potrà rive<strong>la</strong>re un percorso che riguarda il microcosmo umano<br />

come se si trattasse di una teogonia o di una cosmogonia, confidando che le perle del<strong>la</strong> giusta<br />

esegesi occorre guadagnarsele e che ci saranno tanti cui sarà sufficiente cibarsi del senso letterale<br />

dei testi, cosicché a ciascuno sarà dato secondo le sue capacità. Non solo: converrebbe ricordarsi che<br />

in Esiodo è <strong>la</strong> dea Gaia - <strong>la</strong> Terra - a generare Urano - <strong>Il</strong> Cielo - e non viceversa...<br />

<strong>Il</strong> Dio che sta nei cieli ha già creato miliardi di anni fa questo universo, o questi uomini che sono figli<br />

e polvere del<strong>la</strong> terra devono generare, a partire da questa stessa terra, un dio che sia figlio e sposo,<br />

al tempo stesso, di sua madre?<br />

Queste riflessioni, non sono, tuttavia, il frutto arrogante di una qualche stravagante ermeneutica<br />

partorita dall'autore di queste righe. Esse trovano, anzi, un preciso riscontro nelle parole di alcuni tra<br />

i più accorti esegeti dei testi sacri e delle tradizioni esoteriche d'Oriente e d'Occidente.<br />

II primo che vorrei citare è Elemire Zol<strong>la</strong> che così si esprime nel suo bel libro Che cos'è <strong>la</strong> Tradizione,<br />

a proposito del primo versetto del Genesi:<br />

Chi può sapere di che cosa par<strong>la</strong> il versetto se non chi ha qualche indizio del<strong>la</strong> realtà anteriore al<br />

tempo? Certo <strong>la</strong> lettera sembra par<strong>la</strong>re di un andare a ritroso nel tempo fino al punto in cui non si<br />

può più andare, dove il germe di tutto incomincia ad essere. In realtà un andare verso i confini del<br />

tempo o dello spazio è soltanto <strong>la</strong> metafora d'un andare al principio su cui tutto si regge. <strong>Il</strong> viaggio<br />

verso l'essenza dell'esistere si proietta, per rendersi un poco afferrabile, in un viaggio verso il confine<br />

estremo dell'esistente. La ricerca del massimamente lontano rappresenta così <strong>la</strong> ricerca del prossimo<br />

più prossimo a noi di noi stessi, più intimo al mondo del mondo stesso. Berechith è non l'inizio<br />

lontano, ma l'origine sempre presente. La creazione è una ricreazione continua, un “avvenne”, un<br />

“avverrà”, un “avviene” contemporanei. É adesso e qui nel<strong>la</strong> misura in cui è sempre e dovunque, in<br />

cui fonda il tempo. La genesi avviene sotto i nostri occhi se il nostro spirito solleva le palpebre sulle<br />

quali pesa il sonno, <strong>la</strong> suggestione delle forme quotidiane. La Qaba<strong>la</strong>h metaforeggia di Dio che Egli è<br />

un occhio senza palpebre, ma, dice un testo sublime degno d'immaginarsi dettato da divina ispirazio-


ne, <strong>la</strong> raccolta pervenutaci in siriaco e intito<strong>la</strong>ta Odi di Salomone (XXVI, 11-14): Chi può interpretare<br />

le meraviglie del Signore? / Chi le sapesse interpretare sarebbe dissolto, diventerebbe ciò che<br />

s'interpreta. / Basti sapere e stare nel<strong>la</strong> quiete, poiché nel<strong>la</strong> quiete stanno i cantori, / come un fiume<br />

dal<strong>la</strong> sorgiva abbondante che corre in soccorso di citi lo cerca. / Lode al Creatore.<br />

Così si esprime invece Julius Evo<strong>la</strong> ne La Tradizione Ermetica:<br />

...secondo <strong>la</strong> concezione ermetica, come gli elementi del cosmo corrispondono a quelli dell'uomo,<br />

così il processo del<strong>la</strong> creazione e quello con cui, mediante l'Arte, l'uomo reintegra se stesso, seguono<br />

una stessa via ed hanno uno stesso significato. II rapporto analogico fra l'Arte alchemica - kemeia - e<br />

l'azione demiurgica - kosmopouia - risale ai primi testi greci: Pe<strong>la</strong>gio, Comario, Zosimo. Nelle varie<br />

fasi del<strong>la</strong> realizzazione ermetica verrebbero dunque conosciute le fasi del<strong>la</strong> creazione: l'esperienza<br />

iniziatica darebbe <strong>la</strong> chiave del<strong>la</strong> cosmogonia, e viceversa: ogni cosmogonia tradizionale, ed altresì<br />

ogni mitologia, secondo l'esegesi ermetica, fra i vari significati, avrebbe quello di una esposizione<br />

figurata e ve<strong>la</strong>ta da enigmi delle varie operazioni e trasformazioni dell'Arte. Per rendersi conto di<br />

questo insegnamento, bisogna evidentemente sorpassare l'idea del<strong>la</strong> creazione come un fatto storico<br />

esauritosi nel passato, spaziale e temporale; bisogna concepir<strong>la</strong> in funzione di uno “stato creativo”,<br />

per sua natura metafisico, quindi sovraspaziale e sovratemporale, fuori sia del passato che del<br />

futuro, è più o meno lo stesso concetto che alcuni mistici, anche cristiani, designarono col nome di<br />

creazione eterna. A tale stregua, <strong>la</strong> creazione è un fatto sempre presente e <strong>la</strong> coscienza può sempre<br />

ripercorrer<strong>la</strong> con l'attuarsi in stati, i quali - secondo il “principio d'immanenza” - costituiscono delle<br />

possibilità del<strong>la</strong> sua natura profonda - del suo “caos” - mentre sono dati nel mito cosmogonico sotto<br />

forma di simboli, di dei e di figure e azioni primordiali. E siccome <strong>la</strong> meta “dell'ambu<strong>la</strong> ab intra",<br />

dell'ermetica “via interiore” che scende nell'interno del<strong>la</strong> terra, è appunto tale natura profonda, resta<br />

chiarito anche questo aspetto dell'insegnamento ermetico, e come gli alchimisti prendano per<br />

paradigma le varie fasi del<strong>la</strong> creazione esiodea o anche biblica, non solo, ma talvolta estendano<br />

altresì l'analogia agli stessi episodi del<strong>la</strong> vita del Cristo e soprattutto delle imprese eraclee e<br />

giasoniche, i quali a loro, parimenti, non valgono né come "fatti storici", né come "favole", ma come<br />

allusioni a stati e atti spirituali extratemporali. A ciò v'è da aggiungere che questo "vivere il mito" non<br />

ha, nell'ermetismo, una portata vagamente "mistica". Dall'idea ora esposta segue che "vivere il mito"<br />

significa giungere per via di simboli ad una percezione di quell’ordine super-storico, nel quale <strong>la</strong><br />

natura e lo stesso uomo sono, per così dire, allo stato di creazione e che dunque, fra l'altro, contiene<br />

il segreto delle energie che agiscono dietro e dentro le cose visibili e <strong>la</strong> corporeità umana.<br />

E Joseph Campbell, il più grande mitologo contemporaneo: ... non ci fu nessun Giardino dell'Eden su<br />

questa terra, né un tempo in cui il serpente poteva par<strong>la</strong>re, nessuna “Caduta” preistorica, nessuna<br />

cacciata dal Giardino, nessun Diluvio universale, nessuna Arca di Noè. La storia sul<strong>la</strong> quale si basano<br />

le principali religioni occidentali è un'antologia di fantasie. Ma, per quanto possa apparire curioso, su<br />

leggende di questo genere si fondano molte altre religioni. Se ne trovano dappertutto; eppure non c'è<br />

mai stato un giardino, né un serpente, né l'albero, né il diluvio.<br />

Potremmo aggiungere a chiarimento: il giardino, il serpente, l'albero o il diluvio ci sono<br />

sempre stati e continueranno ad esserci, ma come simboli, segni, notae, abili ma schietti<br />

travestimenti non a carattere morale o allegorico, bensì iniziatico e iperfisico. E chi vuole e<br />

può capire, capisca...<br />

Per concludere, in omaggio all'importanza che questa rivista tributa al<strong>la</strong> tradizione cabalistica,<br />

converrà menzionare Moshé Idel, il più acuto conoscitore dell'esoterismo ebraico, superiore, per<br />

originalità di metodo e ampiezza di vedute, persino a quell’eccellente pioniere e caposcuo<strong>la</strong> che fu<br />

Gershom Scholem.<br />

Ebbene, Moshé Idel ci mette a parte di un'interessante documentazione. Nel suo libro Kabba<strong>la</strong>h:<br />

New Perspectives (edito nel 1988 e tradotto in italiano otto anni più tardi ), all'interno del sesto<br />

capitolo, dedicato al<strong>la</strong> teosofia cabalistica, Idel riporta i testi di due autori in polemica con dei<br />

maestri chassidici che, a quanto pare, erano giunti a posizioni alquanto radicali e originali anche per<br />

lo stesso ambiente chassidico:


La prima e più importante trattazione appare nel Shever posh ‘im di David da Makkow: "Essi (I<br />

Chassidim) asseriscono che dal momento che tutti i mondi e qualsiasi cosa (si trovi) in essi, Sephiroth<br />

o Parzuphim, sono compresi nell'uomo, tutti i segreti interiori trasmessi oralmente sino a noi dai<br />

nostri santi antenati risalendo sino a Mosé sul Sinai e i loro santi libri che ci furono tramandati, come<br />

il libro dello Zohar e i Tiqqunim e il Bahir e altri come questi, gli ultimi (dei quali), non meno<br />

importanti, sono i notevoli scritti di Yishaq Luria (poiché egli ci ha spiegato tutti i segreti delle<br />

configurazioni dei santi mondi chiamati Attiq, Aroq, Ze'ir anpin, Giacobbe, Rachele e Lia), non<br />

significano ciò che sembrano a prima vista, ma sono tutti - Dio ne guardi - l'attributo dell'uomo e le<br />

sue potenze, inerenti a lui, e nient'altro. Non è vero che esistono configurazioni nei mondi celesti, ma<br />

<strong>la</strong> configurazione di Rachele - Dio ne guardi - è l'attributo umano dell'amore, e così Giacobbe amava<br />

Rachele, e <strong>la</strong> configurazione di Lia è l'attributo umano del timore reverenziale [...] e <strong>la</strong> configurazione<br />

di Giacobbe - Dio ne guardi - è l'attributo umano di Tiphereth, e via di seguito per tutte le altre configurazioni.<br />

Così le Sephiroth menzionate nello Zohar non significano ciò che sembrano a prima vista,<br />

secondo <strong>la</strong> spiegazione trasmessa a noi dagli antichi, ma ogni cosa è - come immaginano i loro cuori -<br />

l'attributo dell'uomo e le sue potenze [... ], allo stesso modo per ogni motivo e segreto descritto in un<br />

libro famoso, esse mutano di significato e si trasformano nell'attributo dell'uomo”.<br />

In questo modo tutta <strong>la</strong> sovrastruttura zoharica e luriana non è intesa solo come compresa<br />

nell'uomo, ciò che riscontriamo anche nei testi più antichi precedentemente presi in esame, ma<br />

esclusivamente nell'uomo, sul<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> testimonianza di David. Secondo le fonti chassidiche a me<br />

note, <strong>la</strong> Qaba<strong>la</strong>h rappresenta in primo luogo un paradigma del<strong>la</strong> psiche umana e delle<br />

attività dell'uomo, più che un sistema teosofico. Questo oppositore del Chassidismo <strong>la</strong><br />

confronta acutamente con 1’eresia filosofica dei tempi di Shelomò ben Avraham Ibn Adret. A<br />

quell’epoca infatti, come in quel<strong>la</strong> a lui contemporanea, le interpretazioni psicologiche del testo<br />

biblico erano al centro di un'accesa controversa. Tuttavia, mentre i filosofi ebrei del XIII Secolo<br />

reinterpretavano le storie bibliche, il loro contemporaneo Avraham Abu<strong>la</strong>fia reinterpretava sia le<br />

storie bibliche sia <strong>la</strong> Qaba<strong>la</strong>h teosofica. Con ciò non intendo affermare che David avesse in mente<br />

Abu<strong>la</strong>fia quando comparava il chassidismo all'allegorismo filosofico; le opinioni di Abu<strong>la</strong>fia sono<br />

comunque più vicine a quelle dei chassidim, dal momento che egli stesso fu un mistico che fece<br />

ampio uso di allegorie psicologiche.<br />

Ci sembra pertinente il raffronto di questa reinterpretazione di sistemi teosofici a un fenomeno<br />

simile discusso precedentemente: si tratta di sistemi considerati per il loro orientamento verso una<br />

finalità mistica che in essi è assente o marginale, <strong>la</strong> Devequth.<br />

Consulta nel<strong>la</strong> sezione Qaba<strong>la</strong>h - La Devequth<br />

Ancora una volta un approccio basi<strong>la</strong>re condiviso anche dal<strong>la</strong> Qaba<strong>la</strong>h abu<strong>la</strong>fiana servì ai primi<br />

maestri chassidici per fondare il loro partico<strong>la</strong>re sistema religioso.<br />

Esaminiamo adesso <strong>la</strong> testimonianza di Pinhas Eliyyà Horowitz, l'autore del Sefer ha-berit: Esistono<br />

(persone) che non si interessano di segreti e dicono che tutto ciò che è scritto nel racconto del<strong>la</strong><br />

<strong>Creazione</strong> e in quello del<strong>la</strong> Merkavah, nello Zohar, negli scritti di Yishaq Luria e in quelli degli antichi<br />

sono parabole e metafore delle potenze dell'uomo; le configurazioni di Lia e Rachele sono le potenze<br />

del timore reverenziale e dell'amore che si trovano nell'uomo, mentre <strong>la</strong> configurazione di Ze 'ir anpin<br />

è <strong>la</strong> potenza degli attributi del<strong>la</strong> vanità umana, e così per ognuna di esse. (Perciò) esaminale (le<br />

potenze) e studiale, poiché esse rappresentano il racconto del<strong>la</strong> <strong>Creazione</strong> e quello del carro e tutto<br />

ciò che si trova nelle parole degli antichi a proposito del segreto del carro, del<strong>la</strong> espressione delle<br />

configurazioni dei segreti delle lettere; ogni cosa è una veste esteriore, una parabo<strong>la</strong> e una metafora<br />

di tali potenze. Pertanto non abbiamo più a che fare con parabole e metafore, ma con il loro<br />

significato e il loro senso recondito: questa è <strong>la</strong> Torà dell'uomo e, per questo, ogni uomo le prenderà<br />

in esame secondo il suo intelletto.<br />

Benché Pinhas non menzioni esplicitamente i chassidim, è ovvio che in questo passo egli espone e<br />

attacca le loro posizioni.


Tali posizioni chassidiche radicali, citate da Moshé Idel, sono, evidentemente, in pieno accordo con<br />

quanto queste poche righe hanno voluto suggerire in merito all'ermeneutica dei testi cosiddetti<br />

sacri.

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