PENTECOSTALE - Assemblee di Dio in Italia

Periodico Mensile - Poste Italiane spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 2, DCB Vicenza
RISVEGLIO
PENTECOSTALE
Organo ufficiale delle Chiese Cristiane Evangeliche Assemblee di Dio in Italia
Numero 10 - Anno LXII
Ottobre 2008
«Mi ferve in cuore una parola soave;
io dico: “L’opera mia è per il re;
la mia lingua sarà
come la penna
di un abile
scrittore”»
(SALMO 45:1)

RISVEGLIO
PENTECOSTALE
Organo ufficiale
delle Chiese Cristiane Evangeliche
“Assemblee di Dio in Italia”
Ente Morale di Culto
D.P.R. 5.12.1959 n.1349
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2
R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008
EDITORIALE
Un avvenire
E UNA SPERANZA
(Geremia 29:1-14)
Al tempo del profeta Geremia il Signore
permise la deportazione del popolo
di Israele che a più riprese aveva dimostrato
essere un popolo dal “collo duro”, testardo
e ribelle: spesso aveva preferito abbandonarsi
all’adorazione di falsi dèi pagani,
piuttosto che ubbidire al proprio Dio e alla
Sua Parola.
A causa di questo suo comportamento,
come un padre disciplina i propri figli perché
li ama, così il Padre celeste, l’Iddio
Santo, dovette intervenire per disciplinare
il Suo popolo, perché potesse ritornare ad
essere luce e testimonianza per coloro che
vivevano nelle tenebre dell’idolatria.
Dio, talvolta, per amore applica la Sua
disciplina affinché il Suo popolo si ravveda.
“È vero che qualunque correzione sul
momento non sembra recar gioia, ma tristezza;
in seguito tuttavia produce un frutto di
pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati
per mezzo di essa” (Ebrei 12:1).
Dopo aver applicato la Sua disciplina,
come un buon padre non lascerebbe il
proprio figlio nella correzione per sempre
abbandonandolo al proprio destino, così il
nostro Padre celeste resta sempre vicino a
noi, mostrandoci la Sua misericordia!
In questa condizione di disciplina il
popolo d’Israele era così avvilito che non
vedeva più un futuro davanti a sé: ridotto
in schiavitù in un paese straniero, sconfitto,
abbandonato, quasi depresso... Ma Dio
non desidera che i Suoi figlioli siano depressi,
anzi, vuole renderli più che vincitori
in Cristo Gesù!
La parte migliore del popolo d’Israele,
ivi compresi dei sacerdoti e dei profeti, ma
anche loro evidentemente non trovavano
più la forza di incoraggiare
il popolo a riporre la fiducia
e la speranza in
Dio: anche i credenti più
maturi, coloro che amano
e servono Dio, possono
vivere momenti di scoraggiamento,
perciò Dio interviene
e incoraggia con
la Sua Parola!
Dio invia al Suo popolo
un messaggio particolare,
quasi anomalo, tenuto
conto del fatto che gli
israeliti si trovavano in un
paese nemico: “Costruite
case e abitatele; piantate
giardini e mangiatene il
frutto; prendete moglie e
generate figli e figlie; moltiplicate
là dove siete e non
diminuite. Cercate il bene
della città dove io vi ho fatti
deportare, e pregate il
Signore per essa; poiché dal
bene di questa dipende il
vostro bene” (Ger.29:5-7).
È come se il Signore
volesse dire: “Coraggio,
popolo mio, la vita continua...,
non sentirti schiacciato,
reagisci, perché desidero
farti del bene e desidero
nuovamente renderti
strumento nelle mie
mani e oggetto delle mie
benedizioni!”
Nonostante i problemi
o le circostanze, andiamo

ai piedi del nostro Padre Celeste, in Lui
c’è sempre una soluzione!
Coraggio, le prove permesse da Dio
sono solo per un tempo, perché Egli è il
“Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione,
il quale ci consola in ogni nostra
afflizione, affinché, mediante la consolazione
con la quale siamo noi stessi da Dio
consolati, possiamo consolare quelli che si
trovano in qualunque afflizione” (2 Cor.
1:2-4).
Se per la prova c’è un inizio, nel
Signore essa troverà anche il suo termine.
E se c’è un tempo di battaglia e di
prova, giunge anche il tempo della vittoria
e del riposo nel Signore, nel quale
ogni credente potrà affermare come
Paolo: “Io posso ogni cosa in colui che mi
fortifica” (Fil.4:13).
L’opera di Dio agisce sul credente
come una medicina (“Manderò ad effetto
per voi la mia buona parola…”) che necessita
di un tempo per operare efficacemente,
un tempo che Dio usa per cambiare
i nostri pensieri, le nostre attitudini
e i nostri sentimenti.
Il Signore ha ogni cosa sotto il Suo
controllo!
Il tempo della Sua risposta verrà:
“Infatti io so i pensieri che medito per voi,
dice il Signore, pensieri di pace e non di
male, per darvi un avvenire e una speranza”
(v.11).
Sappi che il Signore sta pensando al
tuo avvenire, ha un programma da portare
a compimento nella tua vita!
La risposta di Dio ha una condizione:
la preghiera sincera.
“Voi m’invocherete,
verrete a pregarmi e io vi
esaudirò. Voi mi cercherete
e mi troverete, perché mi
cercherete con tutto il vostro
cuore; io mi lascerò
trovare da voi, dice il Signore”
(v.12-13).
Dio non è lontano né
disinteressato, vuole lasciarsi
trovare!
Se lo cercherai con
tutto il cuore, la Sua
Parola promette che Egli
si farà trovare, unicamente
per l’immenso amore
che ha per le Sue
creature.
Non temere, non avere
paura, il Signore non
sta a guardare, ogni cosa
è sotto il Suo controllo,
anche nella circostanza
che stai attraversando
nella tua vita Egli ti è vicino,
e ti dice: “Coraggio,
reagisci, guarda
avanti, riprendi il cammino
e... non ti fermare,
io sono con te, la vita
continua!”
SOMMARIO
Ottobre 2008
Editoriale
Un avvenire
e una speranza pag.2
Quando il fuoco
si spegne
D.A.Womack pag.4
Un pastore per amico
Elio Varricchione pag.6
La chiamata al ministerio
Paolo Faia pag.8
Servitori ben preparati
Silvano Basile pag.10
Visti con gli occhi di Dio
Germano Giuliani pag.12
NOTIZIE
DALLE NOSTRE
COMUNITÀ pag.14
R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008
3

QUANDO
IL FUOCO
si spegne...
4
Il Movimento pentecostale dei nostri
giorni può correre il rischio di diventare
più un monumento, che continuare ad essere
un movimento, e vedere sbiadire le radici
che l’hanno caratterizzato. La Chiesa
deve restare sicura sul fondamento posto
da Cristo Gesù, il Quale disse: “edificherò
la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno
vincere” (Mat.16:18).
Affinché questo fondamento non venga
meno è necessario mantenere alta la
Parola che, per la guida dello Spirito Santo
è in grado di guidare in tutta la verità.
È lo Spirito Santo che riveste “di potenza
dall’alto” per testimoniare efficacemente
della salvezza in Cristo Gesù, e che
riempirà di nuovo zelo la Sposa di Cristo,
finché Egli venga.
«Esaminando la radice principale del
Movimento pentecostale, è evidente che
essa trae la sua particolare vita dalla Chiesa
del Nuovo Testamento.
Gesù Cristo, i Suoi apostoli e i più antichi
tra gli scrittori cristiani affermavano
che le dottrine, le esperienze di fede ed i
principi dell’etica del Nuovo Testamento
devono essere considerati come l’unico
modello per i credenti d’ogni epoca.
Si presume, quindi, che un semplice
ritorno al modello del Nuovo Testamento
dovrebbe essere la cosa più saggia da farsi
per ogni seria comunità cristiana. Per
quanto possiamo essere entusiasmati dalla
R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008
riscoperta delle fonti bibliche del Movimento pentecostale, dobbiamo,
però, rispondere ad alcune domande inquietanti.
Perché la Chiesa dell’era apostolica perdette le proprie caratteristiche
bibliche?
Esiste un metodo per scongiurare un eventuale deterioramento
del movimento pentecostale moderno?
Per rispondere al primo interrogativo dobbiamo analizzare le
cause che provocarono il distacco della Chiesa del primo secolo dal
modello biblico.
Per rispondere alla seconda domanda, invece, sarà necessario
trarre da una analisi della perdita della potenza dello Spirito Santo,
alcune valide lezioni per il futuro del Movimento pentecostale.
La fenditura si allarga
II fattore che più di tutti contribuì a deteriorare la Chiesa del
primo secolo fu il tempo, perché nel tempo l’uomo dimentica molto
facilmente le cose importanti. Con le nuove generazioni emergono
condizioni di vita, sociali ed ideologiche diverse. Già nel 50
d.C., quando Paolo predicava in Macedonia, Acaia ed Asia Minore
la maggioranza dei cristiani non aveva mai veduto Gesù Cristo personalmente.
Al tempo della distruzione di Gerusalemme, nel 70 d.C., la
maggior parte degli apostoli era ormai scomparsa. A questo periodo
segue uno dei maggiori vuoti nella documentazione storica, perché
dalla distruzione di Gerusalemme fino alla metà dell’ultima decade
del primo secolo si conosce pochissimo o quasi nulla della storia del
cristianesimo.
Con la morte di Giovanni, verso il 100 d.C., anche l’ultimo degli
apostoli era scomparso. Sorsero nuovi ministri che non avevano,
però, le spiccate qualità di coloro che li avevano preceduti.
Si era così creato un vuoto tra la dottrina del Nuovo Testamento
e quella seguente della chiesa, che si sarebbe poi sempre più ampliato
nei secoli successivi. Durante la prima metà del secondo secolo,
la maggioranza delle comunità cristiane non possedevano una

copia completa del Nuovo Testamento,
perché gli scritti degli apostoli erano riportati
su manoscritti costosissimi e, quindi,
rari.
L’Evangelo veniva trasmesso oralmente
con i rischi connessi a questo metodo.
Di conseguenza la mancanza di conoscenza
diretta delle Scritture allargò ancora
di più il tragico divario tra la Chiesa e le
sue fonti bibliche.
Un altro elemento che accentuava questa
diversità era rappresentato dallo spostamento
del centro d’influenza dal mondo
giudaico, a quello greco.
A Gerusalemme l’enfasi veniva posta
sul rapporto dell’Evangelo con la legge
mosaica.
Nel territorio greco, invece, l’Evangelo
veniva messo a confronto con lo spirito
critico della cultura greca.
Più tardi, quando il centro di influenza
si spostò verso occidente, cioè a Roma,
l’enfasi venne posta sulla struttura del governo
della Chiesa.
Quando il fuoco si spense
Uno dei primi segni dell’incipiente e
progressivo allontanamento dal modello
apostolico è da individuare nel fatto che la
Chiesa non proclamò più l’Evangelo, ma
cominciò a “difendere” la fede. Come risultato
si verificò un mutamento di atteggiamenti
nei confronti del “mondo” e una
drastica riduzione dell’evangelizzazione
personale diretta.
L’attività della chiesa dopo il 200 fu
circoscritta all’lmpero Romano e perciò le
comunità cristiane dell’India e del Nord
Europa vennero trascurate.
Sorse un clero “specializzato” e, di conseguenza,
la partecipazione dei credenti alla
vita comunitaria si ridusse al minimo.
La perdita del significato della missione
della Chiesa rappresenta uno dei segni
sintomatici dell’allontanamento dalle caratteristiche
apostoliche.
Un altro segno della perdita progressiva
della vita spontanea della Chiesa, è da
individuare nel sorgere di speculazioni
teologiche, invece della piana e semplice
esposizione della dottrina biblica.
Infine, un altro segno della perdita dei
metodi apostolici è da individuare nell’aumento
del formalismo che si tradusse nell’adozione
della liturgia, un metodo più
formale nel culto.
Abbiamo visto ciò che accadde alla chiesa in generale, nei primi
secoli, ora occorre sapere perché dopo i giorni entusiasmanti della
Chiesa dell’era apostolica, il battesimo e i doni dello Spirito Santo
non furono più realizzati dai credenti delle epoche seguenti.
Alla luce di tutta la storia del cristianesimo fino al 325 d.C.,
sembra chiaro che riguardo al battesimo nello Spirito Santo si sviluppò
un graduale disinteresse, man mano che gli anni passavano.
Durante il primo secolo tutti i cristiani erano battezzati nello
Spirito Santo e parlavano in altre lingue: nel secondo secolo, buona
parte dei cristiani aveva fatto questa esperienza; verso il terzo secolo
alcuni cristiani erano ripieni dello Spirito Santo e nel quarto secolo
il battesimo nello Spirito Santo era apparentemente dimenticato.
Questa graduale perdita dell’esperienza pentecostale può essere
meglio compresa con le seguenti testimonianze, relative ai diversi
periodi storici.
Nel 30 d.C. Luca affermava: “Tutti furon ripieni dello Spirito
Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito
dava loro di esprimersi” (Atti 2:4).
Nel 56 d. C Paolo scriveva: “Or io ben vorrei che tutti parlaste in
altre lingue” (I Corinzi 14: 5).
Verso il 150 d. C. Giustino Martire dichiarava: “I doni dello
Spirito rimangono tra noi fino al tempo presente”.
Dopo il 183 d.C. Ireneo affermava: “Allo stesso modo noi udiamo
anche molti fratelli nella chiesa, che posseggono doni profetici,
e che per mezzo dello Spirito parlano ogni tipo di lingue”.
Eusebio scriveva riferendosi alla fine del secondo secolo: “...Casi
di potenza divina e miracolosa ancora rimangono in alcune chiese”.
Verso il 200 d.C. il battesimo nello Spirito Santo e i doni che lo
accompagnavano cominciavano già a cadere in declino.
Verso il quarto secolo, riguardo ai doni dello Spirito Santo descritti
in 1 Corinzi 12-14, Crisostomo confessava: “L’intero passo è
veramente oscuro e l’oscurità è causata dalla nostra ignoranza dei
fatti e della cessazione di avvenimenti che erano comuni in quei
giorni, ma dei quali non ne abbiamo esempio nei nostri”.
Gli scrittori cristiani che seguirono non compresero totalmente
l’argomento. Molti di loro pensarono che il parlare in altre lingue
fosse inteso per scopi missionari tra gente straniera.
Riguardo al battesimo nello Spirito Santo, uno dei misteri della
testimonianza storica è costituito dal repentino declino dell’esperienza
intorno al principio del terzo secolo.
Ireneo affermava chiaramente che “v’erano molti fratelli che
parlavano in altre lingue”, verso la fine del secondo secolo, ma gli
scrittori del terzo secolo non menzionarono più tale esperienza a
meno che non si riferissero a quella degli apostoli» (tratto da D. A
Womack, Le radici del movimento pentecostale, ADI-media, Roma,
1989, pp. 67-81)
Anche se il fuoco un tempo potrà essersi quasi spento, la volontà
di Dio è di rinnovare l’effusione della Sua potenza in mezzo al
Suo popolo, battezzando nello Spirito Santo quanti glieLo chiedono.
La pienezza dello Spirito Santo è quella che ancora oggi è possibile
ricevere e bramiamo sperimentare, per proclamare a tutte le
genti il messaggio di “Tutto l’Evangelo”.
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6
DEDICATO AI GIOVANI
Un pastore
per amico
Per comprendere quale tipo di relazione può esistere
tra un giovane credente e il suo pastore, abbiamo nel
Sommo Pastore Gesù ogni esempio necessario. È di Lui
che parla il Salmo 23 (“L’Eterno è il mio pastore, nulla mi
mancherà...”): il Gesù-Pastore che offre il cibo migliore,
guida, custodisce, rassicura, rasserena, consola, educa,
difende. È di Gesù-Pastore che profeticamente si parla
in Isaia 40:11, interessato alla salute delle Sue pecore in
ogni fase della loro vita (“...Come un pastore, egli pascerà
il suo gregge: raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul
petto, condurrà le pecore che allattano...”); di Lui in contrasto
con i pastori infedeli parla l’intero capitolo 34 di
Ezechiele, tra i cui versi spiccano il 15 e il 16: “Io stesso
pascerò le mie pecore, io stesso le farò riposare, dice Dio, il
Signore. Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò
la ferita, rafforzerò la malata, ma distruggerò la grassa
e la forte: io le pascerò con giustizia”.
Si legga poi di Lui in Giovanni 10:1-18 (“Io sono il
buon pastore; il buon pastore mette la sua vita per le pecore...
Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie mi conoscono...”)
per scoprire il Gesù-Pastore disposto a dare
la Sua vita per le pecore, che Lui conosce ad una ad una
e da loro è conosciuto, seguito, ascoltato. E in Luca
15:4-7 troveremo il Gesù-Pastore che cerca la pecora che
si era smarrita (perché si era allontanata dal gregge), la
trova, la riporta a casa e fa festa con gli amici.
Quanto più il pastore somiglierà al Pastore-Gesù,
tanto più il Pastore-Gesù potrà usarsi di lui con efficacia
per il bene della Chiesa che gli è affidata.
Ma come vedono i giovani il proprio pastore? E come
lo vedi tu, proprio tu? È straordinario il legame che
R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008
si era creato tra l’apostolo Paolo e Timoteo. Di lui parla
prima di tutto come un padre: “Paolo... a Timoteo, mio
legittimo figlio nella fede” (1 Tim.1:1-2). Di Tito fa altrettanto:
“A Tito, mio figlio legittimo secondo la fede che ci è
comune” (Tito 1:4). Poi lo definirà anche “compagno e
collaboratore” (2 Cor.8:23).
Naturalmente questo rapporto paterno-filiale, basato
sulla stessa fede, perché sia vero deve essere vissuto da
entrambe le parti. Potrà un pastore trattare da “figlio” un
giovane che non lo considererà “padre”? E viceversa?
Lasciati esortare e incoraggiare dal tuo pastore, come
la Parola insegna a lui e a noi: “Non riprendere con asprezza
l’uomo anziano, ma esortalo come si esorta un padre; i
giovani, come fratelli; [...] le giovani, come sorelle, in tutta
purezza” (1Tim.5:1-2); ... “per incoraggiare le giovani ad
amare i mariti, ad amare i figli” [...]; “Esorta ugualmente i
giovani a essere saggi” (Tito 2:4,6); “Fuggi le passioni giovanili
e ricerca la giustizia, la fede, l’amore, la pace con quelli
che invocano il Signore con un cuore puro” (2Tim. 2:22);
“Giovani,vi ho scritto perché siete forti, e la Parola di Dio
rimane in voi, e avete vinto il maligno” (1 Giov.2:14) .
Lasciati guidare dal tuo pastore sulle orme di Gesù,
sui sentieri della fedeltà e del riposo, esattamente al contrario
di quel che accadeva in Geremia 50:6 “Il mio popolo
era un gregge di pecore smarrite; i loro pastori le avevano
sviate sui monti dell’ infedeltà; esse andavano di monte in
colle, avevano dimenticato il luogo del loro riposo”.
In questa dipendenza reciproca tra il giovane e il pastore
si manifestano la stima, la fiducia e l’ubbidienza,
disposizioni e virtù che permettono l’apertura ai meno
esperti della conoscenza della voce del Signore, come nel

caso di Eli e Samuele: “Il Signore chiamò di nuovo Samuele,
per la terza volta. Ed egli si alzò, andò da Eli e disse: Eccomi,
poiché tu mi hai chiamato. Allora Eli comprese che il Signore
chiamava il bambino. Ed Eli disse a Samuele: Va’ a coricarti; e,
se sarai chiamato ancora, dirai: Parla, Signore, poiché il tuo
servo ascolta” (1 Sam.3:8-9). Sottomissione e ubbidienza
producono la gioia e allontanano i sospiri, come ci ricordano
la Scrittura e l’esperienza pratica: “Pascete il gregge di Dio
che è tra di voi, sorvegliandolo, non per obbligo, ma volenterosamente
secondo Dio; non per vile guadagno, ma di buon animo;
non come dominatori di quelli che vi sono affidati, ma come
esempi del gregge [...] Così anche voi, giovani, siate sottomessi
agli anziani. E tutti rivestitevi di umiltà gli uni verso gli
altri, perché Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili” (1
Pie.5:2,3,5); “Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a
loro, perché essi vegliano per le vostre anime come chi deve renderne
conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando;
perché ciò non vi sarebbe di alcuna utilità” (Ebrei 13:17).
Ricordiamoci poi che, nel modo in cui ci poniamo, l’amore
guadagna ben più che l’autorità, come ben insegna l’apostolo
Paolo: “Perciò, pur avendo molta libertà in Cristo di
comandarti quello che conviene fare, preferisco fare appello al
tuo amore, semplicemente come Paolo, vecchio, e ora anche prigioniero
di Cristo Gesù” (Filem. v.8-9). Paolo avrebbe potuto
esercitare la sua autorità spirituale (che non trascenderà mai
nell’autoritarismo) su Filemone a favore del neo-convertito
Onesimo. Preferisce però metterla da parte e fare appello all’amore
e alla maturità spirituale di Filemone. Questa dovrebbe
essere la regola d’oro nei rapporti tra il pastore e il
giovane, rapporti basati sulla reciproca appartenenza a
Cristo e al Suo Corpo. In conclusione, qualche domanda.
Innanzitutto, hai un pastore? Hai soggezione del tuo pastore?
Il tuo pastore è pastore solo quando con te è affabile e
amabile, o anche quando è costretto ad essere severo?
Pretendi da lui trattamenti particolari, favoritismi?
Sei disposto a “servire” il tuo pastore come lui serve la
Chiesa? Lo sai che il tuo pastore è un uomo? Preghi per lui?
E come preghi?
Hai confidenza col tuo pastore? E ciò ti fa perdere la “riverenza”?
Riconosci il tuo pastore in mezzo a mille? Ne riconosci i
modi, sai interpretarne i gesti? Riconosci la sua voce?
Capisci quando ti incentiva ad esprimerti durante un culto
e quando si aspetta che tu lo faccia spontaneamente?
Se sei figlio di un pastore: è un privilegio o un limite? Se
sei figlio di pastore: puoi aiutarlo nel suo ministerio? Lo fai?
Un vero pastore sa ascoltare anche i consigli dei giovani:
sei pronto a dargliene?
Il tuo pastore può essere un consigliere: ma può anche
essere un amico? Hai mai detto al tuo pastore: “Ti voglio
bene”?
Caro giovane, questo non è un test a punti come molti
ne conosciamo, ma un’occasione per riscoprire te stesso e il
tuo pastore.
Sì, perché avere un pastore per amico, si può.
Elio Varricchione
Crediamo e accettiamo l’intera Bibbia
come la ispirata Parola di Dio,
unica, infallibile e autorevole regola
della nostra fede e della nostra condotta
(II Tim.3: 15 -17; II Pie.1:21;
Rom.1:16; I Tess.2:13).
Crediamo nell’unico vero Dio, Eterno,
Onnipotente, Creatore e Signore
di tutte le cose e che nella Sua unità
vi sono tre distinte Persone: Padre,
Figliolo e Spirito Santo (Efe.4:6;
Matt. 28:19; Luca 3: 21-22, I Giov.5:7).
Crediamo che il Signore Gesù Cristo
fu concepito dallo Spirito Santo
e assunse la natura umana in seno di
Maria vergine. Vero Dio e vero uomo
(Giov.1:1,2, 14; Luca 1:34,35;
Matt.1:23).
ARTICOLI DI FEDE
Crediamo nella Sua vita senza peccato,
nei Suoi miracoli, nella Sua morte
vicaria, come “prezzo di riscatto
per tutti” gli uomini, nella Sua resurrezione,
nella Sua ascensione alla
destra del Padre, quale unico mediatore,
nel Suo personale e imminente
ritorno per i redenti e poi sulla terra
in potenza e gloria per stabilire il
Suo regno (I Pie. 2:22; II Cor.5:21;
Atti 2:22; I Pie.3:18; Rom. 1:4; 2:24;
I Cor.15:4; Atti 1:9-11, Giov.14:1-3;
I Cor. 15:25; I Tim.2:5).
Crediamo all’esistenza degli angeli
creati tutti puri e che una parte di
questi, caduti in una corruzione e
perdizione irreparabili, per diretta
azione di Satana, angelo ribelle, saranno
con lui eternamente puniti
(Matt.25:41; Efe.6:11-12).
Crediamo che soltanto il ravvedimento
e la fede nel prezioso sangue
di Cristo, unico Sommo Sacerdote,
siano indispensabili per la purificazione
dal peccato di chiunque Lo accetta
come personale Salvatore e Signore
(Rom.3:22-25; Atti 2:38; I
Pie.1:18, 19; Efe.2:8).
Crediamo che la rigenerazione (nuova
nascita) per opera dello Spirito
Santo è assolutamente essenziale per
la salvezza (Giov.3:3; I Pie.1:23; Tito
3:5).
Crediamo alla guarigione divina, secondo
le Sacre Scritture mediante la
preghiera, l’unzione dell’olio e l’imposizione
delle mani (Isa.53:4-5;
Matt.8:16-17; I Pie.2:24; Mar.
16:17-18; Giac.5: 14-16).
Crediamo al battesimo nello Spirito
Santo, come esperienza susseguente
a quella della nuova nascita, che si
manifesta, secondo le Scritture, con
il segno del parlare in altre lingue e,
praticamente, con una vita di progressiva
santificazione, nell’ubbidienza
a tutta la verità delle Sacre
Scritture, nella potenza dell’annuncio
di “Tutto l’Evangelo” al mondo
(Atti 2:4; 2:42-46, 8:12-17; 10:44-
46; 11:14-16; 15: 7-9; 19:2-6; Mar.
16:20; Giov.16: 13; Matt.28:19-20).
Crediamo ai carismi e alle grazie dello
Spirito Santo nella vita dei cristiani
che, nell’esercizio del sacerdozio
universale dei credenti, si manifestano
per l’edificazione, l’esortazione e
la consolazione della comunità cristiana
e, conseguentemente, della
società umana (I Cor. 12:4-11;
Gal.5:22; Ebr.13:15; Rom.12:1).
Crediamo ai ministeri del Signore
glorificato, quali strumenti autorevoli
di guida, d’insegnamento, di edificazione
e di servizio nella comunità
cristiana, rifuggendo da qualsiasi
forma gerarchica (Efe.1: 22-23;
4:11-13; 5:23; Col.1:18).
Crediamo all’attualità e alla validità
delle deliberazioni del Concilio di
Gerusalemme, riportate in Atti 15:
28-29; 16:4.
Crediamo alla resurrezione dei morti,
alla condanna dei reprobi e alla
glorificazione dei redenti, i quali
hanno perseverato nella fede fino alla
fine (Atti 24:15; Matt.25: 46;
24:12, 13).
Celebriamo il battesimo in acqua
per immersione, nel nome del Padre
e del Figliolo e dello Spirito Santo,
per coloro che fanno professione
della propria fede nel Signore Gesù
Cristo come loro personale Salvatore
(Matt. 28:18-19; Atti 2: 38; 8:12).
Celebriamo la cena del Signore o
Santa Cena, sotto le due specie del
pane e del vino, rammemorando così
la morte del Signore e annunziandone
il ritorno, amministrata a chiunque
sia stato battezzato secondo le
regole dell’Evangelo e vive una vita
degna e santa davanti a Dio e alla società
(I Cor.11:23-29; Luca 22:19-
20).
R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008 7

8
La chiamata al
MINISTERIO
La chiamata al ministerio non è il prodotto di
uno studio teologico o il conferimento di un incarico
dato dagli uomini, ma è il dono che Cristo
Gesù il Signore ha dato mediante lo Spirito Santo
alla Sua Chiesa: “Ma a ciascun di noi la grazia è
stata data secondo la misura del dono largito da
Cristo. Egli è per questo che è detto: Salito in alto…ha
fatto dei doni agli uomini…Ed è Lui
[Cristo n.d.a.] che ha dato gli uni, come apostoli;
gli altri, come profeti; gli altri, come evangelisti; gli
altri, come pastori e dottori, per il perfezionamento
dei santi, per l’opera del ministerio, per la edificazione
del corpo di Cristo” (Efe.4:7,8,11-12).
Riconoscere la chiamata al ministerio
La chiamata al ministerio ha come primo elemento
un forte desiderio, originato da Dio, di
servirLo nella predicazione della Sua Parola.
Questo desiderio non è assolutamente generato
da ragioni egoistiche con lo scopo di soddisfare
le ambizioni umane o acquistare una posizione di
prestigio, ma ha come fine l’edificazione dei credenti
e l’evangelizzazione dei perduti: “Certa è
quest’affermazione: se uno aspira all’incarico di vescovo,
desidera un’attività lodevole” (I Tim.3:1).
Un predicatore affermava: “Se potete fare a
meno di predicare, se potete fare qualsiasi altra
cosa che annunciare l’Evangelo, fatelo pure perché
significa che non avete ricevuto la chiamata al
ministerio”.
I ministri dell’Evangelo sono “uomini mandati
da Dio” (cfr. Giov.1:6), pertanto non è la chiesa
che li nomina o li elegge.
Dio chiama e la chiesa riconosce il ministerio:
“Di lui rendevano buona testimonianza i fratelli
che erano a Listra e a Iconio” (Atti 16:2).
Il credente che ha ricevuto la chiamata al ministerio,
è un uomo fedele a Dio e ha la “capacità”
di predicare fedelmente la Parola di Dio:
R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008
“…affidale ad uomini fedeli, i quali siano capaci
d’insegnarle anche ad altri” (II Tim.2:2).
Requisiti della chiamata al ministerio
Il ministerio è un “compito” molto importante,
pertanto richiede necessariamente dei requisiti
che precedono e accompagnano la chiamata.
La Scrittura è chiara nell’indicare le qualità
spirituali e morali che devono caratterizzare i credenti
chiamati al servizio del Signore:
“Fratelli…dei quali si abbia buona testimonianza,
pieni di Spirito Santo e di sapienza” (Atti 6:3 D.).
Le prerogative del credente che serve il Signore
nel ministerio, riguardano il suo rapporto
con Dio, il servizio alla chiesa e la buona testimonianza
nei confronti di “quelli di fuori”.
La chiamata al ministerio esige delle qualità
imprescindibili: “Per questa ragione ti ho lasciato a
Creta: perché tu metta ordine nelle cose che rimangono
da fare, e costituisca degli anziani in ogni città,
secondo le mie istruzioni, quando si trovi chi sia
irreprensibile, marito di una sola moglie, che abbia
figli fedeli, che non siano accusati di dissolutezza né
insubordinati. Infatti bisogna che il vescovo sia irreprensibile,
come amministratore di Dio; non arrogante,
non iracondo, non dedito al vino, non violento,
non avido di guadagno disonesto, ma ospitale,
amante del bene, assennato, giusto, santo, temperante,
attaccato alla parola sicura, così come è stata insegnata,
per essere in grado di esortare secondo la sana
dottrina e di convincere quelli che contraddicono…
che non sia convertito di recente, affinché non
diventi presuntuoso e cada nella condanna inflitta
al diavolo. Bisogna inoltre che abbia una buona testimonianza
da quelli di fuori, perché non cada in
discredito e nel laccio del diavolo” (Tito 1:5-9; I
Tim.3:6, 7).
Nel servizio a Dio sono indispensabili dei sentimenti
puri e una condotta irreprensibile.

La chiamata al ministerio richiede consacrazione,
dedizione e progresso spirituale: “Esponendo
queste cose ai fratelli, tu sarai un buon servitore di
Cristo Gesú, nutrito con le parole della fede e della
buona dottrina che hai imparata... Ordina queste cose
e insegnale. Nessuno disprezzi la tua giovane età;
ma sii d’esempio ai credenti, nel parlare, nel comportamento,
nell’amore, nella fede, nella purezza.
Applicati, finché io venga, alla lettura, all’esortazione,
all’insegnamento. Non trascurare il carisma che è
in te e che ti fu dato mediante la parola profetica insieme
all’imposizione delle mani dal collegio degli anziani.
Occupati di queste cose e dèdicati interamente
ad esse perché il tuo progresso sia manifesto a tutti.
Bada a te stesso e all’insegnamento; persevera in queste
cose perché, facendo così, salverai te stesso e quelli
che ti ascoltano” (I Tim.4:6,11-16).
I credenti che hanno la responsabilità di predicare
la Parola di Dio sono tenuti a curare la loro vita
spirituale, si devono applicare alla lettura, allo
studio, alla meditazione della Sacra Scrittura e alla
preghiera: “Ma quant’è a noi, continueremo a dedicarci
alla preghiera e al ministerio della Parola” (Atti
6:4).
Responsabilità della chiamata al ministerio
La saggezza, la vigilanza, il discernimento, sono
requisiti che non debbono e non possono mancare
in chi è chiamato a predicare la Parola di Dio.
Il servitore di Dio ha la responsabilità di manifestare
nella sua vita le virtù cristiane, quali l’integrità
spirituale, morale e nella condotta; inoltre è
chiamato ad essere sempre onesto, sincero e dignitoso.
Egli non deve mai dimenticare la chiamata che
ha ricevuto e la grande responsabilità che ha nei
confronti di Dio e degli altri.
Deve essere diligente per non scadere nella mediocrità,
è tenuto a non lasciarsi attirare dalle “faccende
della vita” per ricercare le comodità, gli agi e
il plauso degli altri: “Ma tu sii vigilante in ogni cosa,
soffri afflizioni, fa’ l’opera d’evangelista, compi tutti i
doveri del tuo ministerio” (II Tim.4:5).
Il ministerio richiede responsabilità e attenzione
per la propria vita e nell’espletamento del compito
ricevuto: “Badate a voi stessi e a tutto il gregge,
in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi,
per pascere la chiesa di Dio, la quale egli ha acquistata
col proprio sangue” (Atti 20:28).
La fedeltà alla Parola di Dio e l’annuncio fedele
dell’Evangelo inducono il servitore a vivere e insegnare
il principio biblico: “non oltre quel che è scritto”
(I Cor.4:6).
La predicazione della Parola di Dio deve essere
sempre cristocentrica e biblica: “Vi ricordo, fratelli,
il vangelo che vi ho annunziato, che voi avete anche
ricevuto, nel quale state anche saldi, mediante il quale
siete salvati, purché lo riteniate quale ve l’ho annunziato;
a meno che non abbiate creduto invano.
Poiché vi ho prima di tutto trasmesso, come l’ho ricevuto
anche io, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo
le Scritture (I Cor.15:1-3).
Attraverso il ministerio della Parola i credenti
sono ammaestrati, istruiti ed edificati da coloro
che sono stati chiamati da Dio a svolgere un servizio
nella chiesa: “Io esorto dunque gli anziani che sono
fra voi, io che sono anziano con loro e testimone
delle sofferenze di Cristo e che sarò pure partecipe della
gloria che ha da essere manifestata: pascete il gregge
di Dio che è fra voi, non forzatamente, ma volonterosamente
secondo Dio; non per un vile guadagno, ma
di buon animo; e non come signoreggiando quelli che
vi sono toccati in sorte, ma essendo gli esempi del gregge.
E quando sarà apparito il sommo Pastore, otterrete
la corona della gloria che non appassisce” (I Pie.
5:1-4).
La chiamata al ministerio comporta pari dignità
tra i ministri dell’Evangelo, questo però, non
esclude la diversità di ruoli e di responsabilità in
seno all’opera di Dio: “Vi è diversità di ministeri,
ma non vi è che un medesimo Signore” (I Cor.12:5).
Nella Chiesa di Cristo Gesù non esiste gerarchia,
i servitori del Signore sono chiamati a contribuire,
“a lavorare e faticare nell’opera comune” (cfr. I
Cor.16: 16), secondo la chiamata, il dono e la responsabilità
ricevuti da Dio per le necessità locali e
nazionali.
“Se uno esercita un ministerio, lo faccia come con
la forza che Dio fornisce, onde in ogni cosa sia glorificato
Iddio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono
la gloria e l’imperio nei secoli dei secoli.
Amen”(I Pietro 4:11).
Paolo Faia
R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008 9

SERVITORI BEN PREPARATI
“Egli guardò, e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre calde, e una brocca
d’acqua... Egli si alzò, mangiò e bevve; e per la forza che quel cibo gli aveva dato, camminò
quaranta giorni e quaranta notti fino ad Oreb, il monte di Dio” (1 Re 19:6-8).
La circostanza di grave scoraggiamento vissuta dal profeta
Elia nel deserto rappresenta spesse volte lo stato di abbattimento
che il credente attraversa in momenti particolari della
vita, in cui le difficoltà, le prove e le avversità lo possono avvilire,
facendolo venir meno. Come soccorse il profeta, così
Dio è pronto a sostenerci, a prendersi cura d’ognuno di noi e
per realizzare questo si usa dei Suoi figliuoli, che possono essere
utilizzati per il conseguimento del Suo piano d’amore.
Che cosa preparò il Signore ad Elia per rafforzarlo? “Una
focaccia cotta su pietre calde e una brocca d’acqua” elementi genuini,
semplici, ma efficaci.
Pietre calde
In oriente il pane veniva cotto in diversi modi, tra questi
vi era l’usanza di cuocere l’impasto di farina su delle pietre
calde, infiammate precedentemente nel fuoco. Questo sistema
di cottura era praticato in luoghi lontani dalle proprie
abitazioni, e in situazioni di estrema necessità, proprio com’era
la condizione di Elia nel deserto. Noi dobbiamo essere come
quelle pietre!
Dio desidera servirsi di noi e per essere usati abbiamo bisogno
d’essere prima infiammati, preparati dal Divin Maestro,
passare cioè attraverso il fuoco. Molti sono quelli che
parlano nel nome di Cristo, ma le loro parole non raggiungono
il cuore, perché sono fredde, distaccate, disinteressate, dettate
dalle circostanze e non da una passione ardente dell’anima
(Atti 8:18,19 -19:13-15). Per questo ancora oggi abbiamo
la necessità di essere riscaldati dal:
• Fuoco dello Spirito Santo. “Ma voi riceverete potenza
quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in
Gerusalemme…” (Atti 1:8). Gesù in modo chiaro ci parla della
necessità che ogni credente ha del battesimo nello Spirito
Santo per essere testimone fedele in ogni tempo. Senza questa
potenza, siamo deboli e inefficaci. Abbiamo bisogno che la
10 R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008
nostra vita sia sempre ripiena dello Spirito Santo (Efe.5;18).
Potremmo anche possedere buone qualità naturali, ma se in
noi manca l’unzione ed il fuoco dello Spirito Santo, le nostre
parole e le nostre azioni produrranno solo una “focaccia fredda
e dura”.
• Fuoco della prova. La prova è un percorso nel quale viene
dimostrata la nostra fedeltà. È la “scuola del deserto”, un
sentiero che nel tempo ha forgiato uomini usati in modo particolare
e glorioso da Dio, come Mosè, Giovanni Battista, e il
Signore stesso, quale “Servo Fedele”. È un tempo in cui assimiliamo
e comprendiamo gli insegnamenti del Divin Maestro.
In questi momenti di solitudine impariamo a dipendere
unicamente da Lui (Ger.2:2).
• Fuoco dell’esperienza. “…quel che abbiamo udito, quel
che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato
e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita….quel
che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a
voi… (1 Giov.1:1,3; Atti 4: 19-20; Rom. 12:1,2). Il deserto, la
prova, le difficoltà ci forgiano per farci poi esperimentare personalmente
l’opera di Dio, la Sua volontà e la Sua gloria. Non
diventeremo dei maestri, ma l’esperienza ci maturerà ed aiuterà
il nostro servizio. Mentre parliamo agli altri, le nostre parole
avranno il calore dell’esperienza, l’impronta e il segno
della presenza del Signore nella nostra vita. “Essi, vista la franchezza
di Pietro e di Giovanni, si meravigliavano, avendo capito
che erano popolani senza istruzione; riconoscevano che erano stati
con Gesù” (Atti 4:13).
• Fuoco dello zelo (Ger.48:10; Rom.12:11). Noi non possiamo
servire il Signore svogliatamente, con negligenza e pigrizia.
Dobbiamo manifestare ardore, entusiasmo, impegno e
sentirci grandemente onorati d’essere strumenti utili al servizio
del Signore. “Mi ferve in cuore una parola soave;io dico:
"L’opera mia è per il re;la mia lingua sarà come la penna di un
abile scrittore" (Salmo 45:1)

• Fuoco della passione per i perduti. Viviamo in una società
evoluta, ma indifferente ai bisogni reali dell’uomo. Non possiamo
rimanere freddi e distaccati con tutto ciò che accade intorno a noi!
Oggi più che mai si odono le invocazioni d’aiuto di famiglie distrutte
dal vizio, dal peccato, uomini corrotti dalla passione e dalla
violenza. Coraggio fratelli, destiamoci, avvertiamo l’ardente spinta
di annunziare la Via della salvezza, l’Evangelo, e di proclamare che
ancora oggi c’è speranza di pace, di gioia e di vita eterna unicamente
in Cristo Gesù! (Rom.10:14-15). “Poi udii la voce del Signore che
diceva: "Chi manderò? E chi andrà per noi?" Allora io risposi: "Eccomi,
manda me!" “ (Isaia 6:8)
Brocca d’acqua
La brocca serviva a contenere olio, e ad attingere acqua dal pozzo
o dalla sorgente. Anche in questo oggetto scorgiamo l’intervento
di Dio, del Maestro, il “Vasaio” che ci forma nelle Sue mani per essere
vasi utili all’opera Sua, per porgere l’Evangelo ad un’anima assetata
“O casa d’Israele, non posso io far di voi quello che fa questo vasaio?
dice l’Eterno. Ecco, quel che l’argilla è in mano al vasaio, voi lo
siete in mano mia, o casa d’Israele! (Ger.18:6). Per poter essere usati
dal Signore e portare ad altri l’acqua di Cristo Gesù (Giov.7: 37-
38) dobbiamo essere simili ad una:
• Brocca sana. Dobbiamo vigilare per non guastarci, e per non
avere crepe. È indispensabile che conserviamo nel tempo una buona
testimonianza non solo nella chiesa locale, ma altrettanto fuori
tra le persone che ci circondano. (1Tim 3:7). In mezzo a questa
corrotta generazione, siamo chiamati a manifestare fede non finta
(2 Tim.1:5), umiltà (Mat.11:29), carità (1 Cor.13:3), integrità e fedeltà
(Giosuè 24:14).
• Brocca pura (1 Cor.3:16,17). Se la parte intima della nostra
vita non è netta, lavata, purificata dal sangue di Gesù, l’acqua che
noi porgeremo non potrà essere genuina e non produrrà alcun beneficio
agli assetati. Dobbiamo consacrarci, senza accettare compromessi
col mondo. Rimaniamo dei semplici vasi arresi nelle mani
del Signore (2 Tim.2:20-21)!
• Brocca guidata dallo Spirito Santo (Mar.14:12-14).
Quest’uomo che porta una brocca d’acqua ci parla figurativamente
dello Spirito Santo che guida i credenti verso il Signore, Cristo Gesù;
infatti Egli permette una comunione più intima con Dio (Rom.
8:26), conduce alla fonte (Giov.16:13, 14) e guida (Giov.16:13).
C’è un mondo attorno a noi che soffre ed è in travaglio, attendendo
qualcuno che possa porgergli da parte di Dio il soccorso opportuno,
anche alcuni credenti giacciono scoraggiati, abbattuti depressi
e stanchi sotto una “ginestra”.
Dio vuole usarsi di tutti noi come strumenti nelle Sue mani,
per portare sostegno e conforto, per rialzare quanti son caduti durante
il cammino.
Cari fratelli, com’è la nostra vita? Vogliamo essere delle pietre
preparate, infiammate e delle brocche adatte e disponibili, in modo
che ancora oggi altri possano mangiare del pane caldo e bere dell’acqua
pura che viene dal cielo! Ancora un po’ di tempo e poi anche
noi sentiremo la voce del nostro amato Signore che dirà: “…Va
bene, buono e fedel servitore; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò
sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore” (Mat.25:21).
Silvano Basile
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R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008 11

Il cristiano, per quanto riguarda il suo stato terreno,
fisico, caratteriale, è definito da Gesù Cristo “debole”
(Matteo 26:41). L’apostolo Paolo paragona questo modo
di essere dell’ uomo a un “vaso di terra”, pertanto
fragile: bisogna badare a che non si spezzi.
I molti consigli di ordine spirituale dati alla Chiesa,
sia da Gesù, sia dai Suoi apostoli, sono naturalmente
per la santificazione di essa, cioè per definirne l’appartenenza
a Dio, come popolo esclusivamente Suo, affinché
la debolezza della natura umana, guastata com’è dal
peccato, non prevalga sulla parte spirituale (1 Cor.9:
27). Quest’ultima è quella che assicura il buon approccio
con Dio che è la vita, anzi, la vita eterna, per mezzo
della fede in Gesù Cristo e della santificazione: “Siate
santi perché io sono santo”, dice l’Eterno! (Giov.3:16; 1
Pie.1:14-16). Tuttavia, finché si è sulla terra, santo non
significa ancora perfetto, bensì separato per Dio, a Lui
sottoposto:“Or il Dio della pace vi santifichi egli stesso; e
l’intero essere vostro, lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato
irreprensibile per la venuta del Signore nostro
Gesù Cristo” (1 Tess.5:23).
Per agevolare lo stato di santificazione e di dominio
sul corpo, il Signore ha provveduto la presenza e l’intervento
di uno straordinario personaggio: lo Spirito
Santo (Giov.14:1,15-18. Matteo 28:20b).
Situazioni critiche, fede provata
Il cristiano deve essere leale, sincero con se stesso,
coi suoi simili e con Dio, al fine di ritrovarsi ad essere
come il suo Creatore l’ha pensato, e anche per raggiungere
sulla terra una felice ed equilibrata esistenza (1
Tim.2:1-3), tale da definirlo “vero uomo”, secondo il
modello di Vero Uomo che Dio Padre ha posto nel
mondo come Salvatore: Gesù Cristo. Questa operazione,
che andrebbe a tutto vantaggio del genere umano,
deve caratterizzare in modo esemplare coloro che si
pongono come regola di vita la fede cristiana.
Tuttavia è per questa ragione, ovvero per il tentativo,
l’impegno, la volontà di realizzarsi pienamente come
“nuova creatura” (Giov.3:3, Rom.8:9) che, scoprendo
l’incapacità ad esserlo perfettamente, i veri cristiani,
dotati di una nuova sensibilità, entrano abbastanza fre-
12 R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008
Visti con gli occhi
DI DIO
quentemente in crisi. Ma Dio, formatore dell’uomo
dotato di spirito, ma anche di un corpo, visto ora come
“carne”, si è preso e tuttora si prende cura dell’uno e
dell’altro. Ripetiamo che il cristiano che intende vivere
seriamente la propria fede è soggetto a stati di perplessità,
di disagio spirituale nel constatare certi suoi fallimenti
etici, ma è questa la ragione per cui deve ulteriormente,
a tutti i costi, confidare nella potente, infallibile
assistenza di Dio, suo Padre celeste, per mezzo
dello Spirito Santo che gli è stato dato (Giov.3:5.
Fil.1:6).
Per l’autocontrollo, il vigilare sui sentimenti e sul
comportamento, sempre contando sull’assistenza dello
Spirito Santo, è il caso di soffermarsi sulla definizione
che Gesù ha precisato sulla natura umana: “Lo spirito è
pronto, ma la carne è debole”. Con ciò non si intende
giustificare l’errato comportamento dell’uomo, spalancare
le porte al peccato, si tratta piuttosto di un preavvertimento,
affinché, data la presenza di “prontezza”
dello spirito e di della “debolezza” della carne, si ricorra
allo Spirito Santo, a Colui che per la Sua potenza ci
rende padroni di noi stessi per piacere a Dio.
Il cristiano dunque non si perda d’animo, anzi, nella
debolezza intensifichi il suo fiducioso rapporto con
Dio, così com’è scritto (Sal.50:15, Sal.32:5,6), in modo
da giungere al traguardo della sua perfetta redenzione
(Efe.4:30).
A volte, benchè cristiani, avendo una coscienza viva,
tendiamo ad autogiudicarci, addirittura a condannarci
a seguito di certi errori commessi, fino a compromettere
la nostra relazione con Dio. Questo giudizio e
la causa che lo promuove provengono sicuramente dall’avversario,
dal diavolo (Matteo 16:23; Apo.12:10; Col.
2:13-14), il quale a volte coglie nel segno; egli tuttavia
non si limita a rimarcare le pecche dei figlioli di Dio,
ma li vorrebbe vedere definitivamente sconfitti, distrutti,
specialmente se impegnati in uno specifico servizio
a Dio (Zacc.3:1-5).
Ciò accade quando l’atto accusatorio appare fondato
e risulti poi un fardello insopportabile, schiacciante.
Data questa realtà ci viene spontaneo chiederci come,
una volta sinceramente pentiti, il Padre nostro ci

veda, come consideri la nostra duplice “personalità”, di
uomo naturale (carne) e di uomo spirituale (spirito).
Ci chiediamo se Egli si sia allontanato da noi o se sia
sempre deciso a perdonarci. Qui la fede viene provata.
Come risposta al quesito, risposta presente in tutte le
Scritture, prendiamo ad esempio le vicissitudini e l’esito
finale della vita di un personaggio in cui il cristiano
può anche rivedersi: Giacobbe.
Come eravamo, come siamo e come Dio ci vede
Il modo di essere di Giacobbe, nei primi decenni
della sua esistenza, nonostante un’educazione paterna
fondata sulla conoscenza del Dio unico vero, non riscuote
certamente l’approvazione di nessun cristiano.
Giacobbe derubò il fratello maggiore del benefico
diritto alla primogenitura; accolse l’influenza negativa
di una madre ingiusta; si dimostrò astuto più che accorto
nel curare i propri interessi terreni; fu caratterizzato
da una costante paura; visse per lungo tempo come
fuggiasco; nel tentativo di salvare se stesso, di fronte
ad un pericolo mise in prima fila i suoi più intimi famigliari.
Eppure dobbiamo constatare che Dio rivolse proprio
a lui una particolare, amorosa attenzione. Gli si rivelò
in un sogno-visione, perché capisse che niente
sfugge al Cielo di quel che accade sulla terra, cioè che
Dio è collegato all’uomo perché l’uomo si ricolleghi a
Dio. Dio scende sulla terra perché l’uomo salga al cielo
(La scala di Giacobbe - Gen.28:10-17).
In altra occasione Dio apparve al “fuggiasco” per
lottare con lui e modellarlo, fino a cambiarne la struttura
fisica. In quella circostanza Giacobbe ebbe cambiato
il nome dal Signore, divenne Israele, che appunto
significa Colui che ha lottato con Dio e con gli uomini
e ha vinto. In effetti aveva vinto perché era stato vinto
da un Dio che è pronto a dimenticare il passato e a
creare un nuovo presente per un migliore futuro. Da
“soppiantatore” quell’uomo si ritrovò ad essere di nome
e di fatto Israele, nome che sarebbe stato dato ad una
intera nazione.
Anche al cristiano, finché soggiorna sulla terra, accadrà
di sperimentare in sé due personalità: l’uomo
vecchio e l’uomo nato di nuovo e dovrà lottare per vincere,
lottare perché la vecchia difettosa natura non prevalga
su quella nuova di figliolo di Dio (1 Tim.6:12).
Perciò ci chiediamo: Dio come vede il cristiano di
cui intende servirsi, riguardo al suo passato?
Prendiamo come risposta un passo biblico glorioso
e determinante perché il credente abbia la stessa veduta,
lo stesso giudizio di Dio.“Ma tu, Israele, mio servo,
Giacobbe che io ho scelto, discendenza di Abraamo, l’amico
mio, tu che ho preso dalle estremità della terra, che ho
chiamato dalle parti più remote di essa, a cui ho detto:
"Tu sei il mio servo"... Tu, non temere... perché io sono
con te... io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la
destra della mia giustizia” (Isa.41:8-10).
È Dio che esprime queste incoraggianti parole, cariche
d’amore. Egli prima si rivolge all’uomo nuovo, a
Israele, poi al vecchio Giacobbe, perché non dimentichi
le proprie distorte origini e scopra così l’immensità
della grazia divina, nonché il mistero della vocazione e
dell’elezione.
Dunque come ci vede Dio nonostante quel che eravamo?
Oggi scopriamo che ci ha elevati alla dignità di
figlioli Suoi; che si fida di noi deboli ma rigenerati, fino
a farci Suoi servi.
Egli non manca di fortificarci; siamo amati da Lui
perché identificati con Abraamo, che dette il via al concetto
di fede che giustifica il peccatore.
Eravamo lontani, sperduti nel mondo, ma Lui ci seguiva
per poi chiamarci; non ha avuto e non ha alcuna
intenzione di rigettarci per quel che siamo stati, ci invita
a non smarrirci dietro ai nostri pregiudizi o giudizi e
tanto meno alle insinuazioni di Satana, perché Egli è il
nostro Dio, l’Onnipotente.
Il soccorso al momento opportuno viene da Lui; soprattutto
ci sostiene con la destra della Sua e non nostra
giustizia! (Rom.3:21-27,34;Matt.20:44).
Dio si fregia ancora oggi di essere l’Iddio di Abraamo,
di Isacco e di Giacobbe!
Germano Giuliani
R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008 13

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R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008
N C
OTIZIE DALLE NOSTRE OMUNITÀ
MISILMERI (PA) - XX INCONTRO GIOVANILE
Il 25 e 26 dicembre 2007 ha avuto luogo,
presso la Chiesa di Misilmeri, il XX Incontro
Giovanile al quale hanno preso parte
numerosi credenti delle province di
Palermo e Trapani. L’incontro ha avuto
inizio con il caloroso benvenuto del fratello
Francesco Infantino, il quale ha ringraziato
il Signore che ha dato vita all’opera
Sua nel corso degli anni. In un clima di
comunione fraterna, si sono quindi avvicendati
i vari momenti del raduno, caratterizzato
da due culti mattutini, uno studio,
dal titolo “Le prove di una fede autentica”
e due culti serali. Il tutto è stato intervallato
dai canti del gruppo di Misilmeri e
del coro di Palermo, e da benedetti momenti
di adorazione. Il fratello Giuseppe
Tagliavia, pastore a Castellammare del
Golfo (TP) e Montelepre (Pa), ha ministrato
la Parola durante il primo dei culti
mattutini esortando i giovani a camminare
secondo l’esempio di fede di quella grande
schiera di testimoni descritta nell’epistola
agli Ebrei al capitolo 11. Fedeli servitori e
serventi come Abele, Noè, Abraamo, Sara
e Mosè insegnano ancora oggi ad essere
veri adoratori, instancabili edificatori dell’opera,
figli ubbidienti, uomini e donne
fortificati dall’alto e servi che abbiano definitivamente
voltato le spalle all’Egitto. Il
fratello Rodolfo Arata, pastore a Palermo
via N.C. 1 e
membro del
C.Z. Sicilia, è
stato il relatore
dello studio e
predicatore dei
culti serali.
L’esposizione delle "prove di una fede autentica"
ha spronato tutti ad esaminare se
stessi per vedere se si è ancora nella fede.
L’ammaestramento biblico ha sottolineato
che tale verifica viene incoraggiata dalla
Scrittura con l’ausilio della prova dottrinale,
della prova etica e della prova sociale. In
un tempo come quello attuale, nel quale i
segni del ritorno di Cristo per la Chiesa albeggiano
sempre più, è determinante constatare
se verità, ubbidienza e amore sono
ancora le inscindibile prerogative della fede
di ogni credente. Il primo giorno del
raduno si è concluso con un benedetto
culto serale, in cui il fratello Arata ha esposto
una delle grandi verità inerenti il peccato:
o si domina, o si è dominati.
Mediante una incisiva scorsa del libro dei
Giudici, Israele è risultato ancora oggi un
importante monito del fatto che la convivenza
con il peccato ha sempre condotto
gli uomini all’infedeltà verso Dio. Tuttavia,
ha commentato il fratello, lo stesso libro
dei Giudici dimostra altresì che il Signore,
INCONTRO PROVINCIALE A CASTELLAMARE (TP)
Il 29 marzo si è svolto nella comunità di
Castellammare del Golfo un incontro
delle Chiese della provincia di Trapani. È
stata una gioia godere della comunione
fraterna e della presenza di Dio, che vuole
operare in questa provincia tanto provata.
Particolarmente toccante è stata la
testimonianza del fratello Antonino
Monreale pastore di Trapani in emeritazione,
che dopo 40 anni di servizio, tra
difficoltà e gioie riconosceva in Dio la
rocca, la fortezza e il liberatore, dichiarando
il suo amore per i fratelli in Cristo
e l’amore affettuoso verso il nostro
Signore. Per l’occasione il messaggio della
parola di Dio è stato portato dal fratello
Daniele Vitale, pastore a Pantelleria.
La Parola è stata predicata dal testo di
Nehemia capitoli 2 e 3. Lo Spirito Santo
ha parlato ai cuori spingendoci al servi-
zio. Nehemia,
uomo che viveva
in uno
stato di benessere,
non fu
sordo al richiamo
e all’amore
per la casa di Dio che giaceva in rovina.
Dio suscita i Suoi operai in ogni tempo
affinché prendano cura dell’opera Sua!
L’opera iniziò proprio dai sacerdoti che
ricostruirono la porta delle pecore (da essa
passavano le pecore offerte in sacrificio
a Dio). Essa è paragonabile alla porta
della nostra comunione con Dio, che
spesso deve essere ripristinata affinché ci
permetta di presentarci davanti a Dio.
La restaurazione della porta vecchia è
paragonabile al fondamento della nostra
fede, la sacra dottrina della parola di
nella Sua immensa fedeltà, ha operato e
ancora opera persino nelle situazioni più
compromesse. Il secondo giorno dell’incontro
ha avuto inizio mediante la predicazione
della Parola ad opera del fratello
Tiziano Amato, pastore a Marsala (TP). Il
testo biblico ha riguardato l’annunzio della
nascita di Giovanni il battista, letto dal
Vangelo secondo Luca al capitolo 1, ed il
messaggio è stato focalizzato sul profilo biblico
di Zaccaria. Nel ricordare che quest’ultimo
ricevette il dono elargitogli da
Dio, lo Spirito Santo ha esortato l’uditorio
a ricevere l’adempimento delle promesse
del generoso Signore per fede. Volgendo al
termine del raduno, il fratello Arata, dopo
aver approfondito l’ultima delle tappe dello
studio, ha ministrato il culto conclusivo
del 26 dicembre. L’avvincente storia raccontata
nel libro di Rut è divenuta protagonista
nel cuore dei fedeli accorsi nella
gremita sala della chiesa di Misilmeri, per
celebrare il nome del Signore. In Rut riecheggia
la storia della Chiesa, che non era
un popolo e non aveva ottenuto misericordia;
tuttavia proprio alla Chiesa, è stato
dato d’esser la Sposa eletta di Cristo Gesù,
al Quale, per ogni benedizione che ci ha
largito, va tutta la gloria! Francesco Infantino
Dio. Orefici e profumieri, gente dal lavoro
nobile si adoperarono come muratori
per ricostruire il tempio.
Tutti coloro che fecero parte alle ricostruzioni
ognuno nel suo compito facendolo
con ardore.
E noi come stiamo lavorando nel campo
del Signore?
La Parola di Dio ci ha spinto ad un nuovo
slancio nel servizio e, da parte nostra,
vogliamo metterci ogni impegno sapendo
che l’opera nostra è per il Re.
Ringraziamo il Signore per come ha guidato
ogni cosa.
La nostra certezza è che il nostro Dio
continuerà l’opera Sua in mezzo a noi
perché Egli vede lo zelo per la Sua casa e
benedice tutti coloro che si adoperano
per essa. Dio ci benedica.
Giuseppe Tagliavia

NOTIZIE DA SAN CIPIRELLO (PA)
Siamo grati a Dio per la gioia che ci ha
concesso il 3 maggio 2008 nel realizzare
un’evangelizzazione all’aperto in uno dei
quartieri del nostro paese. Per l’occasione
ha collaborato con noi il nostro fratello
Giuseppe Leopardi, pastore delle comunità
di Bagheria e Ficarazzi, il quale ha
predicato con la guida dello Spirito Santo
la Parola di Dio. È stato accompagnato
da un gruppo di credenti, che con canti e
testimonianze hanno rallegrato i nostri
cuori ed espresso
a tutti coloro
che ascoltavano
il loro amore
per l’opera di
Dio. Siamo certi
che il Signore
non mancherà di continuare la Sua opera
in quel quartiere e in tutto il paese. Alla
fine della serata ci siamo recati nel nostro
locale di culto e tutti insieme abbiamo
NOTIZIE DA S. AGATA MILITELLO - BARCELLONA P.G. (ME)
Desideriamo comunicare alla fratellanza i
benefici e le grazie che Dio ci ha largito, in
questi mesi, nelle chiese di S. Agata Militello
e Barcellona P.G. (Me). Abbiamo iniziato
l’anno con il buon proponimento e il
santo desiderio di cercare il Signore per ricevere
“la potenza che viene dall’alto”, e
dopo un lungo periodo di preghiera, nel
mese di febbraio, il Signore ha battezzato
nello Spirito Santo un giovane credente
della chiesa di Barcellona. Crediamo che
questo sia soltanto “un trampolino di lancio”,
per vedere tanti altri fedeli ripieni di
Spirito Santo. Nel mese di aprile, abbiamo
celebrato la Cena del Signore, dinanzi ai
simboli del pane e del vino. Il fratello Saja,
pastore della chiesa di Milazzo, ci ha somministrato
la Parola di Dio con chiarezza e
semplicità. Il 25
aprile, abbiamo
svolto un culto
speciale, unitamente
ai credenti
di S. Agata
Militello,
di Barcellona, della diaspora e della chiesa
di Villafranca Tirrena (Me), accompagnati
dal loro pastore, il fratello Armando Sofia.
Per l’occasione, il predicatore è stato il fratello
Francesco Infantino, pastore a Misilmeri
(Pa), e segretario del Comitato di
Zona Sicilia, che ha esposto la Parola di
Dio con grande franchezza e libertà, edificando
i presenti. L’ 11 maggio nella chiesa
di S. Agata Militello abbiamo tenuto un
culto di battesimi. È stato un’occasione di
29° ANNO DI ATTIVITÀ DEL CENTRO KADES
Sabato 17 maggio 2008 è stato un giorno
di grande gioia per la conclusione del ventinovesimo
anno di attività del Centro
Kades, nei pressi di Acqui Terme, in provincia
di Alessadria. “Va’ presto per le strade
e per le vie della città; e conduci qua poveri,
storpi, ciechi e zoppi” (Luca 14:21) è il verso
della Parola di Dio che ha accolto quanti
sono giunti per partecipare allo studio
biblico, presentato dal fratello Antonio
Felice Loria, pastore a Caccuri (KR) e
Cosenza, presidente delle Assemblee di
Dio in Italia. Lo studio ha avuto come tema
“Essere in Cristo”: in Cristo l’uomo è
una nuova creatura, le cose vecchie sono
passate, ecco sono diventate nuove! Nel
pomeriggio sono giunti al Centro Kades
con mezzi diversi oltre quattrocento credenti
provenienti anche da comunità lontane,
per stringersi in comunione e offrire
un culto al Signore. Nel culto, presieduto
dal fratello Vincenzo Specchi, pastore a
Padova e Vicenza e presidente del Centro
Kades, dopo l’apertura con la lettura del
Salmo 126 il ringraziamento è andato al
Signore per la Sua grande fedeltà. Il coro
della Chiesa di Grugliasco (TO) ha presentato
alcuni inni, seguiti da un tempo in
cui tutta l’assemblea
ha adorato
e ringraziato
il Signore. Il
fratello Loria ha
presentato il
consiglio della
Parola di Dio con il testo di Genesi 11:26-
32: “Tera… uscì… da Ur dei Caldei per
andare nel paese di Caanan. Essi giunsero a
Caran, e là soggiornarono” evidenziando
come ogni credente debba porre grande
impegno per non condursi spiritualmente
come Tera che, pur rispondendo alla chiamata
del Signore, non proseguì fino alla
meta proposta, ma si fermò per soggiornare
a Caran. In conclusione il fratello Lino
Brancato, direttore del Centro Kades, ha
presentato lo staff del servizio nell’unità
maschile e in quella femminile affinché
tutti potessero prendersi l’impegno di sostenerli
in preghiera. Attualmente al
Centro Kades sono presenti diciassette
ospiti e presso il reparto femminile Beser,
cinque. Tre di loro hanno portato a completamento
il programma al Centro.
Abbiamo potuto ascoltare le loro esperienze:
Michele aveva provato varie vie per
potuto realizzare ciò che dice la Sua Parola:
“Ecco quanto è buono e quanto è piacevole
che i fratelli dimorino insieme”
(Salmo 133:1). Certi che il Signore continuerà
a riempirci delle Sue grandi benedizioni,
continuiamo a ringraziarLo chiedendovi
di pregare insieme a noi affinchè
sempre più anime possano venire alla conoscenza
del nostro meraviglioso Salvatore
Gesù Cristo. Dio ci benedica.
Salvatore Faso
gioia, di festa e di grande commozione vedere
tre credenti scendere nell’acque battesimali
per fare patto con il Signore. La Parola
ci è stata predicata dal fratello Bruno
Carchedi, pastore delle chiese di Gioiosa
Jonica e Siderno (Rc).
Nella stessa comunità, la domenica successiva,
abbiamo celebrato la Cena del Signore.
Il messaggio dell’Evangelo, annunciato
dal fratello Melluso, pastore della chiesa di
Messina ha toccato i cuori degli astanti
pronti a rinnovare la personale consacrazione
alla Sua volontà. Per tutto questo
diamo gloria e onore al nostro grande
Signore e Maestro, che continua a prendersi
cura del Suo popolo. Davide Valentino
uscire dal tunnel della tossicodipendenza,
senza successo fino a che Dio si è rivelato
nel suo cuore, facendone un Suo figliolo.
Giovanni ha potuto realizzare l’intervento
della mano di Dio che lo ha preservato da
morte. Ripetutamente ha udito l’invito:
“Tu hai bisogno di Gesù” senza accettarlo,
fino al giorno in cui ha gridato al Signore,
permettendo a Gesù di agire. L’esperienza
di Martina ci ha reso partecipi di un lungo
oblio dovuto all’alcol. L’uso di questa sostanza
si è dimostrato così deturpante da
distruggere, come qualsiasi altra dipendenza,
anche una vita circondata dagli affetti
familiari. Ma il Signore, che è potente, ha
liberato Martina dandole una nuova vita
spirituale e sociale, con una nuova dignità,
e con la forza che proviene dall’alto! I cuori
di tutti i presenti si sono commossi alle
testimonianze visibili dell’opera di Dio nei
cuori, e il ringraziamento è scaturito spontaneo.
Arrivare ad una tappa, per quanto
gioiosa, non basta; l’esortazione per tutti è
quella di continuare, dal punto in cui siamo
arrivati, ad andare portando anime a
Gesù, Colui che vuole e può “ricostruire le
vite distrutte”.
Lino Brancato
R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008 15

N C
OTIZIE DALLE NOSTRE OMUNITÀ
BATTESIMI AD ANGRI (SA)
La comunità ADI di Angri (SA) è lieta di annunciare
che nel proprio paese il Signore
continua l’opera Sua per la salvezza delle anime.
Domenica 22 giugno 2008 due giovani
hanno testimoniato pubblicamente della loro
fede attraverso il battesimo in acqua. Per
l’occasione, la Parola di Dio è stata predicata
dal fratello Daniele Scarallo, pastore della
chiesa di Sorrento (NA), che dal passo di
Giovanni 1:35-42, dove si narra del primo
incontro tra Gesù e i discepoli di Giovanni il
Battista, ha evidenziato la domanda del Signore:
“Che cercate?” Da qui il messaggio è
stato incentrato sul bisogno dell’uomo di
trovare qualcosa o qualcuno per soddisfare la
BATTESIMI A CASALNUOVO
Il 22 giugno abbiamo avuto diciannove battesimi
consequenziali a un risveglio che il
nostro Dio ci ha concesso, battezzandone i
più nello Spirito Santo, di cui uno della comunità
di Brusciano, undici di Casalnuovo,
sei di Casoria, uno di Volla. In occasione del
servizio battesimale è stato con noi il fratello
Mattia Basile il cui messaggio ha invitato
tutti a onorare il Signore. Per la Santa Cena è
stato con noi il fratello Giovanni Scarallo,
del quale il Signore si è servito per distribuire
la Sua Parola mentre abbiamo ricordato “la
morte del Signore, finchè Egli venga”. Siamo
“Il mio Dio provvederà splendidamente a ogni
vostro bisogno secondo le sue ricchezze, in
Cristo Gesù” (Fil.4:19). Siamo grati al Signore
con tutto il cuore per ciò che sta compiendo
in nostro favore qui a Trieste. Qualche
mese fa perdemmo l’utilizzo del nostro locale
di culto a causa di un crollo del soffitto, grazie
a Dio avvenuto in una giornata in cui
non vi era riunione. Rimasti senza locale per
diversi mesi, abbiamo tenuto le riunioni in
casa di famiglie di credenti. Desideriamo ringraziare
il Signore perché ciò che si sarebbe
potuto rivelare una tragedia, Dio l’ha mutato
in benedizione.
Il Signore così ci ha riempiti di coraggio, ci
siamo messi alla ricerca di un nuovo luogo
da dedicare per il culto a Lui e lo abbiamo
trovato. Il giorno 28 giugno 2008 abbiamo
dedicato al Signore il nuovo locale che Lui
stesso ha provveduto in maniera splendida.
Per l’occasione abbiamo avuto tra noi il fratello
Salvatore Cusumano, pastore della chiesa
di Roma via Repetti, che ci ha esposto il
consiglio della Parola di Dio dal testo di
Apocalisse 3:7,8 “Ecco ti ho posto davanti una
porta aperta, che nessuno può chiudere…”.
Il Signore ha riempito i cuori di tutti coloro
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NUOVO LOCALE A TRIESTE
R ISVEGLIO P ENTECOSTALE - OTTOBRE 2008
propria vita e
per tutti c’è stato
un chiaro invito
a dare il
cuore a Cristo,
per realizzare la
pienezza della
Sua grazia e della vita eterna. Diversi hanno
ascoltato per la prima volta il messaggio
dell’Evangelo e questo ha rallegrato maggiormente
il cuore dei credenti, perché ancora
oggi “esso è potenza di Dio per la salvezza di
chiunque crede” (Rom.1:16). Il Signore benedica
l’opera Sua!
Pasquale Contrino
intenzionati a
impegnarci col
desiderio di
onorarLo e servirLo,
con la
certezza che
l’unzione del
Suo Santo Spirito è per tutti quelli che Lo
amano e Lo onorano. A Gesù, Capo e compitore
di fede, vada la nostra gratitudine per
quanto sta facendo. Pregate per noi… e che
Iddio vi benedica!
Stefano D’Alessandro
che erano convenuti
per l’occasioneparlando
ad ognuno,
ricordando che
una “porta aperta”
è un’occasione che nessuno potrà togliere.
Un locale di culto può essere raffigurato come
una porta aperta, per proclamare il nome
del Salvatore e Signore Gesù Cristo.
È un luogo per accogliere chi ha bisogno della
guarigione dell’anima, del conforto e della
consolazione che solo Gesù Cristo può donare.
È un luogo che raccoglie persone che
hanno qualcosa da dire e Qualcuno da additare,
la salvezza di Dio e Cristo, il Figlio di
Dio. Ed infine oltre quella porta c’è la Parola
di Dio: un locale di culto è un luogo dove
tutti possono ascoltare la voce di Dio che
parla al cuore. Desideriamo ringraziare il
Signore per come ci ha benedetto e ristorato
il cuore confermando la Sua volontà. Il nuovo
indirizzo del locale di culto della Chiesa
di Trieste è via del Destriero 19, le riunioni
si tengono il martedì e giovedì alle ore 19:30,
la domenica alle ore 10:30.
Vincenzo Calabrese
RISVEGLIO
PENTECOSTALE
Organo ufficiale delle Chiese Cristiane
Evangeliche“Assemblee di Dio in Italia”
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Legge 22.11.1988 n.517
Mensile a carattere religioso pubblicato dal
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