<strong>Ric<strong>che</strong>zza</strong>, <strong>povertà</strong>, <strong>ma</strong> <strong>è</strong> l’amore <strong>che</strong> co<strong>ma</strong>nda An<strong>che</strong> la <strong>ma</strong>dre,signora Lea, pri<strong>ma</strong> intuì e poi venne a conoscere dalle stesse confidenze di Matteo, <strong>che</strong> or<strong>ma</strong>i l’ ambita unione con la famiglia Marcoli, tramite quella dei rispettivi eredi,era del tutto sfu<strong>ma</strong>ta. Addio all’apparire sulla scena del vertice della classe eletta, del mondo imprenditoriale,dell’alta finanza, di una coppia affascinante,aristocratica, di impensabile signorilità ed eleganza, quella di Matteo e di Maria Antonietta, continuatori della fa<strong>ma</strong> dei Puricelli e dei Marcoli! La signora Lea non accusò il colpo, non si addolorò come Matteo avrebbe pensato. La pretenziosa signora d’un tempo era divenuta una semplice donna, convinta an<strong>che</strong> lei di essere di carne ed ossa come tutte. Pensava raramente alle sue ric<strong>che</strong>zze,ad devoto rispetto col quale le ami<strong>che</strong> dello stesso ceto, <strong>ma</strong> ora decadute o dal patrimonio di ordinario peso, usavano mostrarglielo per ingraziarsi il vasto potere <strong>che</strong> lei ed il <strong>ma</strong>rito potevano esercitare con un semplice virtuale cenno. Aveva preso,costretta a prendere per l’esattezza,l’abitudine di riflettere profondamente ed a lungo. Pensava alle tribolazioni dei parenti,lasciati nel dimenticatoio, persino alla numerosa servitù <strong>che</strong>,chissà, senza controllo, <strong>ma</strong> più ancora per la <strong>ma</strong>ncanza della sua guida,autorevole e <strong>ma</strong>gistrale, forse si sarebbe sentita abbandonata. Matteo! Lo pensava,certo. Ma non appena le appariva nella mente febbrile il suo nuovo aspetto di giovane or<strong>ma</strong>i <strong>ma</strong>turo, quasi di uomo padrone del proprio destino, fino a poco tempo pri<strong>ma</strong> ,giovane timido,desideroso di essere imboccato di saggi consigli, si intimoriva : il suo spirito rifuggiva ora, perché or<strong>ma</strong>i,prossimo a spegnersi,da un onesto esame di coscienza da parte sua. La povera donna, meno incline ad un operare cinico come il <strong>ma</strong>rito, serbava però in sé la capacità di a<strong>ma</strong>re, an<strong>che</strong> se nei limiti di una spiritualità subordinata ai doveri <strong>che</strong> le imponeva l’appartenenza alla sua classe sociale. Ogni riflessione <strong>che</strong> faceva sulle persone <strong>che</strong> le stavano vicino o con le quali aveva rapporti, venivano pertanto da lei improntate ad un ro<strong>ma</strong>ntico sentimento di comprensione e di amore, accentuato dalla tristezza, <strong>che</strong> l’inguaribile morbo infondeva in lei. Gradualmente, con l’inesorabile decorso della <strong>ma</strong>lattia, divenne indifferente a quello <strong>che</strong> succedeva attorno a lei,in famiglia,ai successi del <strong>ma</strong>rito,alla strada <strong>che</strong> aveva preso Matteo. L’unione <strong>che</strong> aveva desiderato tanto,tra Matteo e Maria Antonietta ed in particolar modo con i Marcoli,non ri<strong>ma</strong>se <strong>che</strong> un pallido ricordo. Si spegneva serenamente,quella donna, tra il dolore <strong>che</strong> il <strong>ma</strong>rito sentiva davvero,particolarmente nelle pause dell’ininterrotta attività e quello di Matteo, <strong>che</strong> sconfinava sovente nella sincera disperazione. Livia, di bontà squisitamente sensibile,provava persino un dolore affettuoso per quella signora, <strong>che</strong> non aveva <strong>ma</strong>i conosciuto. Tanto poi sentiva la necessità di confortare Matteo, <strong>che</strong> un pomeriggio,uno degli ultimi vissuti da sua <strong>ma</strong>dre, lo accompagnò nella triste visita. Forse fu il miracolo <strong>che</strong> premia l’amore sincero,forse fu un gesto d’affetto verso il figlio, forse addirittura un modo di benedire la sua volontà di scegliere come compagna della sua vita quella giovane <strong>che</strong> stentava persino a <strong>ma</strong>ntenersi agli studi, <strong>che</strong> fece prendere alla moribonda, con le proprie, le <strong>ma</strong>ni di Matteo e di Livia 64
<strong>Ric<strong>che</strong>zza</strong>, <strong>povertà</strong>, <strong>ma</strong> <strong>è</strong> l’amore <strong>che</strong> co<strong>ma</strong>nda unendole con la forza <strong>che</strong> le era ri<strong>ma</strong>sta, con un sorriso assieme di amore, di augurio e di soddisfazione per il gesto compiuto. Ai due giovani spuntarono le lacrime agli occhi per la commozione. E quelle lacrime uscirono a lungo, poco dopo, quando il cuore della signora Lea cessò di battere. All’estre<strong>ma</strong> agonia partecipò an<strong>che</strong> il <strong>ma</strong>rito, liberatosi per la circostanza, dai soliti improrogabili impegni. Il dolore di Matteo per la morte della <strong>ma</strong>dre fu tanto profondo, da coinvolgere an<strong>che</strong> l’animo di Livia. L’amore tra i due giovani si radicò ancor di più accentuando la propria componente di affettuosità. A quel triste luttuoso evento seguì un lungo periodo di reciproco forte impegno di portare a termine gli studi, di tensione ideale, con la visione di un futuro <strong>che</strong> si sentivano sicuri di conquistare con la forza delle idealità, <strong>che</strong> or<strong>ma</strong>i avevano in loro stessi. indice 65
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Prefazione Ricchezza, povertà, ma
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