Ricchezza, povertà ma è l'amore che comanda - Pagine Ribelli
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Ricchezza, povertà, ma è l’amore che comanda Una breve pausa in salotto,in attesa che il pranzo venisse servito : il signor Uberto diede una rapida scorsa ai giornali mentre Matteo e sua madre erano andati a lavarsi le mani. “Uberto!E’ pronto!”. Lo avvertì poco dopo la signora Lea. L’uomo andò pure lui a lavarsi le mani e poi tutti e tre si sedettero nella sala da pranzo. indice 18
Ricchezza, povertà, ma è l’amore che comanda Primi contrasti col padre La stanza non era grande, come lo erano lo studio ed il salotto, ma aveva le caratteristiche di quelle in uso alla nobiltà. Mobilia strettamente indispensabile : solo un importante, massiccio e lungo tavolo che ospitava dodici eleganti sedie ed un’austera angoliera in cui erano riposti dei bicchieri e delle stoviglie. Il necessario per preparare la tavola era contenuto in un grande armadio a muro reso imponente da due grandi ed artistiche ante in legno. Ad una parete un grande dipinto del seicento raffigurante una natura morta composta da un’abbondante selvaggina e da caraffe colme di vino, che sembravano voler ingolosire i commensali. Le pareti erano decorate da stucchi di raro pregio ed l soffitto pur’esso da stucchi e da dipinti di tenue colore. Un sontuoso lampadario di cristallo con numerose braccia, provvedeva all’illuminazione del locale. Il cameriere,pantaloni neri e giacca bianca di prammatica, entrò nella sala spingendo un carrello, d’acciaio e cristallo, da cui prelevò,due alla volta,i piatti fondi contenti un densa crema di verdure, in parte ricoperta da crostini di pane e servì la signora Lea poi suo marito ed infine, il figlio Matteo. La caraffa dell’acqua e la bottiglia di cristallo contenente il vino erano già in tavola. Il cameriere,versato ad ognuno dei commensali o l’acqua o il vino richiesti, tornò in cucina ed i tre cominciarono allora a pranzare. Il signor Uberto,con il suo fiuto molto sensibile,aveva intuito, dal primo sguardo rivolto al figlio, che quel giorno era successo qualcosa di nuovo e che avrebbe dovuto essere chiarito al più presto. Non ammetteva,infatti, di essere tenuto allo scuro, anche di un evento di scarsa importanza, che interessasse la famiglia. Moglie e figlio, pensava, oltre che congiunti erano dei veri e propri beneficati in ogni senso. Aveva dato loro una residenza prestigiosa,quasi principesca, la possibilità di trascorrere una vita confortata da ogni possibile agio, al massimo protetta da qualsiasi estranea dannosa interferenza proveniente dall’esterno. Per merito suo,poi, potevano godere di particolari stima e considerazione in seno alla classe che contava e di cui lui era uno degli esponenti più considerati,più potenti. Gustata la crema, rimase in silenzio alcuni minuti,limitandosi a lanciare delle occhiate indagatrici sul figlio,probabilmente per sottolinear l’importanza di quello che avrebbe poi detto. Matteo comprese subito che, come succedeva di solito, il padre l’avrebbe costretto a confessare ciò che riteneva lo turbasse. Il giovane non si sentiva invece per nulla turbato. Si sentiva solo meno abulico e passivo del solito : l’aver dominato e forse vinta per sempre la sua timidezza, riuscendo in pochi minuti ad inserirsi nella vita di una compagna, verso cui si era sentito da tempo attratto, aveva provocato un brusco e salutare cambiamento nel suo stato d’animo. 19
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<strong>Ric<strong>che</strong>zza</strong>, <strong>povertà</strong>, <strong>ma</strong> <strong>è</strong> l’amore <strong>che</strong> co<strong>ma</strong>nda<br />
Una breve pausa in salotto,in attesa <strong>che</strong> il pranzo venisse servito : il signor Uberto<br />
diede una rapida scorsa ai giornali mentre Matteo e sua <strong>ma</strong>dre erano andati a lavarsi<br />
le <strong>ma</strong>ni.<br />
“Uberto!E’ pronto!”. Lo avvertì poco dopo la signora Lea.<br />
L’uomo andò pure lui a lavarsi le <strong>ma</strong>ni e poi tutti e tre si sedettero nella sala da<br />
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