<strong>Ric<strong>che</strong>zza</strong>, <strong>povertà</strong>, <strong>ma</strong> <strong>è</strong> l’amore <strong>che</strong> co<strong>ma</strong>nda notizie <strong>che</strong> l’ avrebbero rallegrato, si alzò e dopo aver ringraziato e salutato con un “ arrivederci “ caloroso Matteo, si alzò,uscì dal caff<strong>è</strong> e riprese il proprio cammino,ora meno frettoloso di pri<strong>ma</strong>. indice 12
<strong>Ric<strong>che</strong>zza</strong>, <strong>povertà</strong>, <strong>ma</strong> <strong>è</strong> l’amore <strong>che</strong> co<strong>ma</strong>nda Un nuovo Matteo allar<strong>ma</strong> i genitori Matteo si fermò per seguire con lo sguardo Livia fino a quando non la perse di vita. A passi lenti,riflettendo,si incamminò an<strong>che</strong> lui verso casa e senza prendere l’autobus,come invece aveva fatto la compagna, perché la sua villa non era lontana, in un aristocratico quartiere vicino al centro. Tanti pensieri gli si affollarono nella mente,nel suo spirito quasi sempre addormentato, an<strong>che</strong> se, inconsciamente, sempre in cerca di qualcosa di indefinibile,<strong>ma</strong> <strong>che</strong> gli provocava una certa ansia di cui non sapeva rendersi conto. E Livia era proprio quel qualcosa <strong>che</strong>, lo sentiva, avrebbe fatto emergere dal profondo dell’ani<strong>ma</strong> pensieri ed emozioni latenti, <strong>che</strong> gli avrebbero rivoluzionato la vita. E si accorse <strong>che</strong> qualcosa stava cambiando e prepotentemente in sé stesso,proprio quella <strong>ma</strong>ttina,nel vedere Livia, la compagna <strong>che</strong> fino a quel momento l’aveva ignorato, uscire improvvisamente dall’aula,quasi scappando, sconvolta. Attraversato giardino, entrò in casa. Una cameriera lo aiutò a togliersi il cappotto, <strong>che</strong> poi mise in una cabina ar<strong>ma</strong>dio, accessibile dalla grande anticamera. “E’ in casa la signora?”-chiese Matteo”. “E’ andata dalla sarta, <strong>ma</strong> credo <strong>che</strong> rientrerà fra poco”. Fu la risposta. Matteo andò nello studio del padre e diede un’occhiata all’archivio in cui ogni raccoglitore era dedicato alla società in aveva propri interessi. I raccoglitori erano più di una dozzina. Data una scorsa ai vari nominativi, giunse alla conclusione <strong>che</strong> per lo meno alle società <strong>che</strong> avevano sede in città, ed in cui il padre faceva parte del consiglio di amministrazione, avrebbe potuto essere chiesta e perorata l’assunzione a tempo parziale della sua compagna. Il padre era un personaggio influente e quindi una richiesta del genere,avanzata nei dovuti ed opportuni modi,sarebbe stata accontentata. Così pensava Matteo. In attesa della <strong>ma</strong>dre, si sedette in una poltrona a sfogliare la stampa quotidiana. Fece poi una pausa e si guardò attorno. Comprese, allora, perché, in casa sua non era così timido come quando era fuori,all’Università,per esempio. Il posto dove si trovava lo rendeva sicuro,padrone di sé, al riparo dal frastuono, dal traffico cittadino,da tante visioni <strong>che</strong> avevano il potere di emozionarlo. Sentiva una stretta al cuore nel trovarsi davanti,nel suo cammino, an<strong>che</strong> nelle vie del centro, ad uomini dall’aspetto umile e sofferente ed an<strong>che</strong> ad esseri miserevoli,dalle vesti consunte,seduti per terra con la <strong>ma</strong>no stesa, per chiedere la carità, a bambini con in corpo la gioia di vivere, <strong>ma</strong> nel medesimo tempo an<strong>che</strong> i segni di una spaventosa miseria, denutriti,vestiti di stracci, <strong>che</strong> correvano a piedi nudi, forse nella speranza di sfuggire ad un triste destino. Lui si trovava invece in una grande ed accogliente stanza,dalle pareti rivestite con arte da legno pregiato,col pavimento quasi interamente ricoperto da preziosi tappeti,arredata da austeri mobili antichi,dal soffitto con i cassettoni decorati da artisti<strong>che</strong> pitture. 13
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