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la Biblioteca di via Senato
mensile
Milano
anno II
n.2 – febbraio 2010
Una mostra
per Curzio,
l’intellettuale
arcitaliano
Maurizio Serra
La XXI Mostra
del Libro Antico
Andrea Bosco
Speciale: la
Libreria de’ Volpi
Annette Popel Pozzo

la Biblioteca di via Senato - Milano
MENSILE DI BIBLIOFILIA – ANNO II – N.2 – MILANO, FEBBRAIO 2010
Sommario
5
13
25
41
La Mostra del Libro Antico
PARADISO DEL BIBLIOFILO
E SUO INFERNO INSIEME
di Andrea Bosco
Curzio, l’arcitaliano in mostra
MALAPARTE: VOLTI E
MASCHERE DI UN ESTETA*
di Maurizio Serra
inSEDICESIMO – Speciale bibliofilia
LA LIBRERIA DE’ VOLPI
E LA STAMPERIA
COMINIANA
di Annette Popel Pozzo
Un intellettuale e i “suoi” autori
L’EDITORE IDEALE PIERO
GOBETTI ALLA BIBLIOTECA
DI VIA SENATO
di Matteo Noja
51
59
63
Libri illustrati in BvS
NEL SEGNO DEL POCHOIR,
VOLUMI PREZIOSI
E COLORATI A MANO
di Chiara Nicolini
BvS: il “libro ritrovato”
LA GRANDE OPERA
DEL SANTORINI
di Chiara Bonfatti
BvS: un’utopia sempre in fieri
RECENTI ACQUISIZIONI
DELLA NOSTRA BIBLIOTECA
di Chiara Bonfatti, Giacomo
Corvaglia e Annette Popel Pozzo
*tratto dal catalogo Malaparte
arcitaliano nel mondo

Consiglio di amministrazione della
Fondazione Biblioteca di via Senato
Marcello Dell’Utri (presidente)
Giuliano Adreani, Carlo Carena,
Fedele Confalonieri, Maurizio Costa,
Ennio Doris, Paolo Andrea Mettel,
Fabio Perotti Cei, Fulvio Pravadelli,
Carlo Tognoli
Segretario Generale
Angelo De Tomasi
Collegio dei Revisori dei conti
Achille Frattini (presidente)
Gianfranco Polerani,
Francesco Antonio Giampaolo
Fondazione Biblioteca di via Senato
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Chiara Bonfatti sala Campanella
Sonia Corain segreteria teatro
Giacomo Corvaglia sala consultazione
Claudio Ferri direttore
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Matteo Noja conservatore della
Biblioteca
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e ufficio stampa
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del Fondo Antico
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a regolare eventuali diritti
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Malaparte a Capri
negli anni ‘40
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Unione Stampa Periodica Italiana
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Bollettino mensile della
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distribuito gratuitamente
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11/03/2009

MENSILE DI BIBLIOFILIA – ANNO II – N.2 – MILANO, FEBBRAIO 2010
Editoriale
la Biblioteca di via Senato - Milano
Già Montesquieu, in materia di letteratura e
cronaca letteraria, parlando di pagine e
testate che discettano di libri, non aveva
alcun dubbio: “La grande colpa dei giornalisti è
che parlano solo ed esclusivamente dei libri nuovi;
come se la verità sia mai stata nuova. Mi sembra
che, qualora un uomo abbia letto tutti i libri
antichi, non avrebbe alcun motivo di preferirgli
quelli più recenti” (Lettres persanes, CVIII).
Anche senza voler peccare di vanità, il nostro
piccolo quaderno non può che essere fiero del
sincero complimento, pur involontario e “per
contrappasso”, rivoltogli da cotanto intellettuale,
colonna portante dell’Illuminismo francese e penna
acuminata come poche altre. Parole che
condividiamo appieno e che facciamo nostre ogni
giorno, e a maggior ragione oggi che siamo giunti
all’atteso appuntamento con la Mostra del Libro
Antico, organizzata dalla nostra Fondazione,
evento che è diventato “grande” già ben prima di
questo ventunesimo compleanno.
Un’intensa tre giorni che trasforma il Palazzo
della Permanente in una vera e propria biblioteca
delle meraviglie e che fa di Milano la capitale
riconosciuta del grande collezionismo librario.
Quello attento alla rarità delle edizioni e al
prestigio delle legature, ma anche e soprattutto
all’autorevolezza degli autori e alla forza delle idee
che in quelle pagine prendono corpo, raccontando
epoche, tradizioni, sogni e mondi diversi.
Un appuntamento dedicato non solo ai
bibliofili, ma anche a tutti gli amanti dei libri.
Proprio come l’accorata prefazione con cui
Domenico Volpi volle presentare al mondo la sua
“Domestica Libreria”, quando scelse di darla alle
stampe nel 1756. Poche e intense pagine che qui vi
consigliamo di leggere nel commento che celebra
l’intramontabile memoria dei libri.

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 5
La ventunesima edizione della Mostra del Libro Antico
Ventuno anni: qualche... secolo fa, delimitava
l’ingresso alla cosiddetta “maggiore età”. Un
traguardo raggiunto anche dalla Mostra del Libro
Antico. E se ventuno anni sono quasi un terzo della
vita media di un uomo, per una mostra che propone incunaboli,
rare edizioni e introvabili stampe, sono una
eternità. In un mondo in cui tutto cambia rapidamente,
la Mostra rappresenta una sfida all’ovvio, al banale, al
serial. Una cocciuta affermazione di qualità, un sapere
indagato non attraverso la riproduzione, la replica, ma
sovente direttamente dalla Storia.
Esemplari stampati a Venezia, dai torchi di un tipografo
entrato nella leggenda. Scritti autografi. Carte
geografiche firmate. Uniche prove
d’autore.
Panta rei: tutto scorre, spiegavano
gli antichi. Diciamo... “quasi”
tutto. Perché collezionare rarità librarie
può essere un costoso hobby,
un investimento, una speculazione.
O magari una necessità di lavoro. Alla
base, tuttavia, c'è sempre una in-
PARADISO DEL BIBLIOFILO
E SUO INFERNO INSIEME
Un appassionato ritratto della grande kermesse milanese
A sinistra: Gaztañeta De Iturribalzaga
(Antonio de) Norte de la Navegación
hallado por el cuadrante de reducción.
Sevilla, Juan Francisco de Blas, 1692;
Libreria Bardon Mesa.
A destra: Libro d’ore all’uso di Parigi,
Parigi 1410-1415; Giuseppe Solmi
Studio Bibliografico
ANDREA BOSCO*
colmabile aspirazione al sapere. Il bibliofilo è un uomo
che non si accontenta. Un uomo che cerca in continuazione
risposte. Un uomo che viaggia, nelle idee altrui.
Che studia con rigorosa disciplina, attingendo dalle fonti.
È un viaggio solitario quello del bibliofilo. E non potrebbe
essere diversamente. Il bibliofilo è un cacciatore costantemente
alla ricerca di un “suo” Graal. Ma il bibliofilo
è anche un samurai: un guerriero braccato dal tempo,
difensore di tradizioni accantonate se non vilipese. Una
missione, la sua, che coincide con la ricompensa: carte di
stracci che non si producono più. Impresse da caratteri
sbavati eppure ancora netti. Ricompensa che è nell’odore
e nella polvere della carta. Nel cuoio e nei fregi consumati
di una legatura. Nei colori sorprendentemente
sfavillanti, a distanza
di secoli, di una miniatura.
Emozioni imparagonabili. Un
paio di anni fa ho avuto modo di vedere,
sfiorare (munito di guanti) un
raro esemplare della Biblioteca Ambrosiana:
un Decameron finemente
decorato, dalla lunga e avventurosa
storia e dall’inestimabile valore. È
stato un momento che non ho pudore
a definire “mistico”. L’opera era lì
con la sua grandezza, la sua forza, la
sua Storia. L’opera che aveva viaggiato
indenne per secoli, era lì a testimoniare
la sua maestosa magnificenza,
ad un uomo che stava usando
microfoni, luci e telecamere.
Ho percepito che la stessa

6 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
Sopra: Pietro Andrea Mattioli. I discorsi … nelli sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo della materia medicinale. Venezia,
Vincenzo Valgrisi, 1568; Antiquariato Librario Bado e Mart. A destra: Liber chronicarum, Nuremberg, Anton Koberger
per Sebald Schreyer e Sebastian Kammermeister, 12 Luglio 1493; Studio bibliografico Paolo Rambaldi.
emozione che io stavo provando l’avrebbero avvertita
Umberto Eco o Mario Scognamiglio, ben più di me
adusi a incontri di questo tipo. E ho capito che in quel
momento l’anacronismo eravamo io e i miei collaboratori
con i nostri strumenti di lavoro, la nostra presuntuosa
tecnologia, la nostra pretesa di piegare in immagini
tanta perfetta bellezza.
Ventuno edizioni. Molte cose sono cambiate. La
prima, dal 29 marzo al 1 aprile 1990 al Palazzo della Pennanente
di Milano, si chiamava “Mostra del Libro e della
Stampa antichi”. Apriva i contributi Silvio Berlusconi,
scrivendo: «Chi abbia a cuore lo sviluppo dell’uomo, oggi
come sempre, deve difendere la lettura, momento di riflessione,
di confronto intellettuale e spirituale...» Era un
catalogo con un retro gusto da bibliofili e il prestigio delle
edizioni Rovello, tempio venerato in Europa.Un catalogo
che riproduceva fmemente una pagina della Biblia Latina
(Mainz. Johann Gutenberg e Johann Fust, 1455).
Libro mitico, il primo libro a stampa dell’inventore
della medesima praticata con tipi mobili. Per la cronaca
della Biblia si aveva e si ha notizia di 46 esemplari
nel mondo, tra completi e scompleti .
Esordio si direbbe oggi in alta definizione. Da
Aristoteles riprodotta in greco antico, una pagina
dell’Opera omnia Graece, Impressum Venetii (immancabile),
Aldi Manucii Romani, 1495-1498.
Un Depero futurista - Edizione Dinamo Azari,
Milano-New York-Paris-Berlin, 1927. Un Gabriele
D’Annunzio - L’Oleandro, con litografie originali di
Giuseppe G. Boelmer - Verona, Officine Bodoni 1936.
Tiratura in 180 esemplari numerati di cui i primi 20 in
carta giapponese.

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 7
A chi sarà andato? Chi ne ha avrà capito la rara bellezza?
I libri ci inseguono a volte per una vita. Come una
bella signora, amano essere corteggiati, ricercati, prima
di... concedersi.
Possiedo una considerevole biblioteca sulla Storia
dell’Ovest Nordamericano. L’ho costruita a partire dal
1972. Prima di allora possedevo non più di una decina di
libri ereditati dalla mia stagione bambina: Salgari, Cooper
e un Indiani di Piero Pieroni che allora era sul tema,
praticamente un vangelo. Ma una sera vado a vedcre
un film con Burt Reynolds. Brutto e melenso. Nei titoli
di coda, l’indicazione della storia griffata Rizzoli:
un racconto di una specialista della Frontiera .
Quella stagione milanese aveva un guru, libraio in
Piazza Cavour: Renzo Cortina. Ci vado, trovo quanto
cerco e sprofondo nel mio segnato destino: La terza di
copertina. Altri titoli, che ovviamente rimandavano ad
altri. Rammento di essere uscito dalla libreria Cortina
quella sera con una ventina di volumi e un olio di Jacono,
pittore che illustrava i Gialli Mondadori.
I libri hanno bibliografie. E le bibliografie signifi-
Per il ventunesimo anno
consecutivo, il Palazzo della
Permanente di Milano
si trasforma per tre giorni in una
vera e propria biblioteca
delle meraviglie.
Dal 12 al 14 marzo, infatti,
i nobili spazi di via Turati ospitano
la XXI Mostra del Libro Antico (info:
www.mostradellibroantico.it), quasi
sicuramente l’appuntamento più
atteso dai collezionisti e dai bibliofili
di tutta Italia e non solo. Organizzata
dalla Fondazione Biblioteca di via
Senato (con il patrocinio della
Provincia di Milano, della Regione
Lombardia e della Rappresentanza
a Milano della Commissione
Europea), infatti, questa pregiata
mostra-mercato riunisce circa 60
tra le migliori biblioteche antiquarie
italiane e internazionali
per presentare un’infinita selezione
di veri e propri gioielli bibliografici
e artistici dalla sorprendente varietà.
Senza quasi colpo ferire,
si passa, così, dagli incunaboli di fine
Quattrocento ai libri miniati
del Rinascimento alle fotografie
e ai documenti delle avanguardie
del Novecento, dalla letteratura
al teatro, dall’arte alla storia e dai
fumetti alla grafica pubblicitaria.
Tra i tomi dal fascino più
antico, si segnalano il manoscritto
miniato Libro d'ore ad uso di Parigi,
risalente al 1410-15 (presentato
da Giuseppe Solmi), l'incunabolo
cano altre spese. Ma un autore, Francis Franklin, e un titolo,
Come l’America diventò Nazione, risultavano introvabili:
un Politecnico Einaudi stampato alla fine degli
anni Quaranta, scovato da Vittorini e nel quale gli Stati
Uniti relativamente alle Guerre Coloniali non facevano
una bella figura. Esasperato da molte e infruttuose ricerche,
alla fine chiesi (gentilmente ottenute) fotocopie dell’opera,
direttamente a Torino. Poi, per oltre vent’anni,
il silenzio. Sempre introvabile, nascosto in chissà quali
scaffali. Un giorno da una libreria antiquaria di Firenze,
mi arriva un catalogo con una inequivocabile offerta: te-
DAGLI INCUNABOLI DI FINE QUATTROCENTO AI FUMETTI D’AUTORE, PASSANDO PER PASOLINI
Liber Chronicarum di Harmann Schedel
del 1493 (Rambaldi), la rara edizione
“Ventisettana” del Decameron
di Giovanni Boccaccio, stampata
a Firenze nel 1527 (Chartaphilus),
le favole di Esopo pubblicate a Venezia
nel 1505 (Malavasi) e la prima
edizione del 1490 del Convivio
di Dante Alighieri (Pregliasco),
ma, come annunciato, si arriva fino alla
stretta contemporaneità con le edizioni
più rare dei fumetti di Andrea Pazienza
(Little Nemo).
Evento nell’evento, una grande
esposizione dedicata a Pier Paolo
Pasolini, a 35 anni dalla sua scomparsa,
con libri, manoscritti e fotografie
che poi troveranno spazio nei locali
della Biblioteca di via Senato.

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 9
A sinistra: Katsuma Ryusui Umi no
sachi (La ricchezza del mare). Edo,
1778; Lella e Gianni Morra Stampe e
Libri giapponesi. A destra: Munari,
Bruno-Le macchine di Munari. Einaudi,
1942. Antiquariat Hans Lindner
lefonata, ordinazione, arrivo contrassegno,
pagamento e finalmente
il piacere di avere tra le mani il libretto
riottoso. Imbolsito, piagato dall’usura,
ma sostanzialmente ancora
in buona salute.
Un mese dopo. Trenta giorni. I
milanesi la rammenteranno la libreria
Einaudi nella Galleria che ospita
il Teatro Manzoni. Svendita per trasferimento locali. Da
Torino avevano inviato anche fondi di magazzino. Ci vado
per altra ricerca, una Storia della Gondola riccamente
illustrata. E con la sicurezza svogliata di chi non deve più
cercare. Ma i libri hanno un’anima e una volontà: sanno
dove e da chi vogliono andare. E allora flash di un attimo,
eccolo, sul quarto scaffale! Per prenderlo ci vuole la scala,
ma è lui: INTONSO. Copertina e pagine perfette.
Lui, il diabolico Francis Franklin che in risarcimento per
tanta attesa mi fa un regalo: accanto, spudoratarnente
Sotto: Andrea Pazienza, Glamour Book 1984;
Libreria Antiquaria Little Nemo, Torino
disinvolto, inclinato di sessanta gradi,
quasi un gemello, saggetto sulla
Rivoluzione Americana, a sua volta dispettosamente
irreperibile.
Ho fatto tombola!
Una storia. Ne ho sentite raccontare
di incredibili da Armando
Torno, Matteo Collura e Salvatore
Carrubba, amici bibliofili .
Quel primo catalogo della
Mostra del Libro Antico, pubblicato
dalle edizioni Rovello, certamente
potrebbe raccontarne di
strabilianti.
Un bibliofilo convive con molti tormenti e qualche
piacere. Il tormento dell’incertezza, il tormento di
sapere di non sapere. «Quanti libri tiene il mondo/ non
saziar l’appetito mio profondo quanto ho mangiato! E
del digiun pur moro» scriveva Tommaso Campanella
nel sonetto Anima Immortale. Non esiste pozzo che
possa placare la sete del bibliofilo. Autoinferta, trova
appena sollievo nel contatto con una nuova scoperta.
Piccolo piacere subito cancellato dall’ansia della ricerca
di un nuovo, essenziale, tassello.

10 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
La biblioteca di un uomo... è una specie di harem,
spiegava Emerson.
Ecco, la Mostra del Libro Antico è una sorta di
meraviglioso serraglio, dove puoi trovare le più incredibili
e seducenti odalische del sapere.
È un po’ cambiata
la Mostra. Ha un
approccio più moderno,
più disponibile,
meno sacrale. L’ultima
volta il catalogo è
stato stampato a Vicenza,
con foto e colore,
venti anni fa inconcepibili.
È cambiata la
carta, più commerciale,
semplificata la grafica.
Ma l’approccio è
rimasto intatto. Lo
stesso staff di collabo-
ratori, il medesimo dominus, il senatore Marcello
Dell’Utri, bibliofilo e ricercatore. L’uomo che ha fondato
la prestigiosa Biblioteca di Via Senato - sede di
mostre, pubblicazioni, convegni e incontri - e che ha
inventato e voluto la rassegna estiva nota come “Teatro
di Verdura”.
La XX edizione ha aperto con il Malleus Maleficarum,
codice manoscritto del XV secolo, Johann Sprenger
e Heinrich Institor. Colonia 1494: prima edizione del
più famoso manuale per inquisitori, Il Martello delle Streghe,
proposta dallo Studio Bibliografico Paolo Rambaldi,
uno degli oltre cento espositori della rassegna.
Sopra: Giovanni Battista Franco, detto Il Semoleo
(1511– 1561 o 1580), L’Arca collocata dai Filistei nel tempio
di Dagone; DANStampe, Zanè. A sinistra: Fausto
Veranzio, Machinae Novae Fausti Verantii Siceni. Cum
declaratione latina, italica, hispanica, gallica et germanica,
(1616 ca.); Libreria Malavasi, Milano

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 11
Sopra: Dante Alighieri, Commedia di Dante insieme con uno dialogo circa el sito forma et misure dello inferno, Firenze,
Filippo Giunta, 20 agosto 1506; Libreria Antiquaria Philobiblon, Milano
Numero stabile in venti anni di incontri. Espositori
italiani, espositori stranieri. Rarità, qualità. Molta
invidia, qualche ostacolo, qualche polemica. Nuove entrate
e inevitabili distacchi. Alcuni necessari congedi.
La cronaca ordinaria parla di un numero crescente di
visitatori. Dagli iniziali 5.000 agli oltre 10.000 dell’ultima
edizione. La cronaca giudiziaria racconta di un furto
con destrezza avvenuto negli stand pur sorvegliatissimi.
Pedaggio inevitabile in un periodo così ampio di tempo.
E paradossale conferma dell’eccellenza della manifestazione,
confortata dalla critica e in generale favorevolmente
celebrata dai media.
L’attesa per la XXI edizione è già alta. Il nuovo catalogo
in realizzazione: non filtrano indiscrezioni. Ma
come sempre sarà una festa del sapere. Occasione di incroci
per i collezionisti, occasione di irripetibili affari,
occasione anche di rimpianti se l’incertezza, l’indeci-
sione o l’indisponibilità economica penalizzeranno
l’incontro. Negli stand della Mostra del Libro Antico
l’attimo è permanentemente fuggente. Non saperlo cogliere
può diventare il rimpianto di una vita.
Consci, tuttavia, i bibliofili, che ogni nuova pagina,
ogni lettura, l’irrobustirsi della conoscenza portano
quasi inevitabilmente al piacere della misoginia. Come
sosteneva Feuerbach, «Quanto più s’allarga la conoscenza
dei buoni libri, tanto più si restringe la cerchia
degli uomini la cui compagnia ci è gradita» .
Un prezzo alto da pagare. Un prezzo che ogni bibliofilo
sa di dover onorare. Con una soglia, peraltro variabile:
la generosità. Benché la metrica indichi il contrario, fa certamente
più rima con amore che con disponibilità.
* Andrea Bosco, giornalista e appassionato bibliofilo,
è vicecaporedattore Cultura della Rai Regionale di Milano e
curatore della rubrica “Libri” del TGR Lombardia

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 13
Dal 2 marzo al 26 settembre in mostra alla Biblioteca di via Senato
Vi sono molte ragioni, tutte legittime, per non
amare Malaparte uomo, scrittore e personaggio.
Ma nessuna, a nostro avviso, per negargli un posto
di primo piano tra gli interpreti più singolari di un
Ventesimo secolo le cui inquietudini si prolungano nel
nostro. Questo «maledetto toscano» di respiro autenticamente
internazionale (e non solo europeo, ché l’Europa
dopo il 1945 gli andava stretta) rappresenta infatti un
paradigma non eludibile dell’intellettuale contemporaneo,
un modello che molti dopo di lui hanno cercato (e
cercano) di imitare senza riuscire a uguagliare il suo stile,
la sua algida presenza, e naturalmente il suo talento. È
giunto ormai il momento, a oltre centodieci anni dalla
nascita e più di cinquanta dalla morte, di sgombrare il
campo dagli stereotipi che, complice in buona misura
l’interessato, hanno a lungo ostacolato la comprensione
della sua opera e della sua figura. Mi-
tomane, esibizionista, affabulatore
finché si vuole, Malaparte non è stato
il voltagabbana da manuale che
abbandona una dopo l’altra le cause
perse per correre incontro ai vincitori,
quali che essi siano, con noncurante
disinvoltura. Personalità irta
di contraddizioni e di esigenze spesso
in conflitto tra loro, è stato guidato,
o dominato, in ogni scelta più dal
suo temperamento che dagli eventi.
La sua coerenza interna può non
piacere alle anime belle, ma è indiscutibile,
come lo è il suo coraggio.
Se da camaleonte ha saputo adattarsi
MALAPARTE: VOLTI E
MASCHERE DI UN ESTETA
Scritti e scatti per ricordare Kurt e Curzio, arcitaliano nel mondo
MAURIZIO SERRA
Maurizio Serra, diplomatico e saggista,
attualmente ambasciatore d’Italia
all’UNESCO e docente di relazioni
internazionali al’Università LUISS
Guido Carli-Roma, sta scrivendo
un’ampia biografia di Malaparte che
sarà pubblicata nel 2011 a Parigi
dall’editore Grasset. Il suo ultimo
volume, Fratelli Separati. Drieu La
Rochelle. Aragon. Malraux ha ottenuto
nell’edizione italiana (Settecolori) il
Premio Acqui Storia 2008 e in quella
francese (La Table Ronde) il Prix du
rayonnement dell’Académie française.
a tutte le circostanze, la vocazione di esteta armato è riuscita
a preservarlo dalle complicità peggiori, dalle scelte
più caduche e ha finito per innalzarlo sopra le stesse
mode che aveva contribuito a inventare. È stato essenzialmente
un inviato speciale nella terribilità della storia,
capace di passare senza muovere un muscolo del volto
marmoreo dai salotti alle trincee, dalle rivoluzioni alle
conferenze diplomatiche, dai campi da golf a quelli di
sterminio, da Mussolini a Hitler, da Stalin a Mao, dagli
anarchici al Papa. Un solitario “eroe (o antieroe) del nostro
tempo”, che ha respirato l’aria mefitica delle ideologie
totalitarie senza esserne intossicato e ha cercato di riproporre
una visione dell’Uomo moderno ricalcata dai
tragici greci che tanto amava, impasto di grandezza e cinismo,
di ideali e servitù – in cui, da buon Narciso, rispecchiava
se stesso.
Questa bella iniziativa della
Fondazione Biblioteca di Via Senato,
presieduta dal sen. Marcello Dell’Utri,
che ha in programma anche il
riordino dello sterminato archivio
dello scrittore pratese, ci permette di
seguire le tappe salienti della formazione
di Malaparte e della sua attività
non solo letteraria, ma politica, giornalistica,
teatrale, cinematografica,
operistica, fotografica, con una
straordinaria contaminazione di generi
– compresi quelli minori della
rivista e del varietà – che ne fa sen-

14 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
z’altro, dopo D’Annunzio e accanto a Savinio
il più rinascimentale fra gli scrittori
italiani, e forse non solo italiani, del Novecento.
Grazie alla dedizione impareggiabile
di Matteo Noja e dei suoi
collaboratori, il visitatore può così ripercorrere
a partire da documenti
prevalentemente originali e inediti
l’intero arco di un’esistenza realmente
inimitabile ma che non fu, come capita ai
dilettanti sia pure di genio, il capolavoro di
Malaparte. Fu semmai il complemento o il
serbatoio di una produzione molto complessa non
solo per la vastità, ma per il ricambio incessante tra vita e
opera, la prima essendo in buona misura il brogliaccio o
la stesura preliminare della seconda.
«Posso scrivere solo delle cose che ho viste e vissute»,
dichiarerà in un’intervista del 1949: certo, ma a modo
suo, senza saper distinguere il più delle volte fra realtà
e finzione. La rappresentazione contava per lui assai più
IL FUOCO delle passioni giovanili,
degli studi proficui, degli incontri che
possono cambiare la vita: il fuoco che
brucia le energie ma solo per alimentarle
e moltiplicarle. Un fuoco positivo ma
anche quello negativo che brucia la vita,
che uccide e sconvolge la natura. Perché
il fuoco per Malaparte è anche quello
dei lanciafiamme nel bosco di Courton,
vicino a Bligny, durante la Prima guerra
mondiale vissuta in Francia e sulle
Dolomiti; il fuoco è anche quello che gli
ucciderà migliaia di compagni intorno,
molti dei quali partiti come lui ancora
bambini, volontari per una guerra
che potevano solo romanticamente
fraintendere e non capire. È il fuoco
delle bombe all’iprite che gli minano
i polmoni e la salute per l’avvenire.
Questo il fuoco, dunque, che gli fa vivere
intensamente tutta una vita nel breve
volgere di qualche anno e che, meglio
di tante università, lo educa e gli insegna
un cinismo e un realismo degni degli
antichi filosofi, facendogli maturare un
interiore scetticismo circa le aspettative
e i sogni della vita. Dal certificato
di nascita alle prime prove poetiche
dedicate alla mamma, ma anche ai poeti
Sem Benelli e Giovanni Marradi, il
percorso si snoda attraverso i documenti
e le foto dell’esperienza militare, del suo
indubbio coraggio e valore sui campi
di battaglia, dei primi passi nella
diplomazia e della scoperta dell’Europa.
L’ARIA che fa girare il mondo, che
spinge un moderno ancora da definirsi,
che provoca nel primo Dopoguerra
rivoluzioni politiche in tutta Europa.
L’aria che stuzzica e raffina i sensi
e l’intelligenza del giovane Suckert,
conducendolo ad analizzare e descrivere
meglio e più acutamente di tanti suoi
del risultato e questo spiega la sua costitutiva
frigidità umana, la solitudine del dandy,
ma anche il suo disinteresse e la sua incapacità
di procedere fino al raggiungimento
dello scopo prefisso con la
tenacia di ogni vero uomo di potere:
presa una direzione, gliene si aprivano
immediatamente davanti altre dieci
e non voleva né poteva rinunciare ad
alcuna. Non è un caso né (del tutto) una
posa che alla compagnia dei suoi simili
preferisse la fedeltà degli animali, specie gli
amatissimi cani.
Le quattro sezioni in cui si articola la mostra hanno
un ordine non solo cronologico ma tematico e ci riportano
alla supremazia della natura con i suoi elementi
costitutivi (il fuoco, l’aria, la terra, l’acqua) in uno
scrittore pur così intriso, si può dire a ogni momento e a
ogni pagina, di senso storico e impegno civile. Ma dalla
storia e dalla politica, vissute con lo stesso trasporto
LE QUATTRO SEZIONI DELLA MOSTRA IN BVS SONO NEL SEGNO DEI QUATTRO ELEMENTI
contemporanei quello che sta accadendo
intorno a lui: pochi scrittori e uomini
politici lo possono eguagliare in finezza
nell’interpretazione delle situazioni
contingenti. Ma è anche l’aria violenta del
periodo tra le due Guerre che vede
affermarsi fascismo, nazismo e comunismo
in Europa; l’aria che soffia nella sua vita di
giovane scrittore e che porta incontro a lui
personaggi diversissimi, molti interessati e
molti animati da pura amicizia; l’aria che
gli fa mutare il cognome in Malaparte;
l’aria che lo porta a organizzare una delle
più belle e interessanti riviste italiane
dell’epoca, “Prospettive”. Ma soprattutto
l’aria che soffia nelle vele della sua fortuna
e contribuisce alla sua affermazione
in Italia e ancor più all’estero, addensando,
allo stesso tempo, tempestose nubi sul suo
capo: dal licenziamento come direttore
della “Stampa” alla lite con Italo Balbo,
che lo manderà al confino a Lipari, dalla

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 15
della letteratura se pur con ben minor successo,
Malaparte è sempre entrato e uscito
a piacimento, prendendone quel che
gli serviva e gettandolo quando non
gli serviva più, come i «capitani di
sventura» della Controriforma, eletti
a modello dei suoi vent’anni, prelevavano
una cantiniera nella taverna di
un villaggio per abbandonarla poi in
quella successiva.
La storia, di cui contestava qualsiasi valore oggettivo,
l’ha interessato solo nella misura in cui poteva
tingerla come una stoffa, secondo le innovazioni tecniche
introdotte nelle filature pratesi da suo padre, eccentrico
inventore venuto dalla Sassonia. La storia, ha scritto
a più riprese, è la morte, ma questa equivalenza non gli
ispira alcuna attrazione morbosa, alcun cupio dissolvi; occorre
qui affrancarsi da un altro luogo comune, perché
fine dell’amore con Virginia Bourbon
imposta dal suocero di lei, il senatore
Giovanni Agnelli, alla partecipazione
come corrispondente di guerra al
Secondo conflitto, ai continui problemi
con il regime fascista e con i tedeschi.
LA TERRA su cui rovina
fragorosamente un intero continente,
in cui vengono gettati diritti e dignità
di milioni di persone, la terra e la polvere
delle macerie dei bombardamenti che
crollando travolgono drammaticamente
anche i valori di una civiltà antica come
quella europea: la terra avvilita e offesa
che Malaparte vede nel suo vagabondare
di giornalista durante la Seconda guerra
mondiale; quella che per lui rappresenta
il disfacimento morale e civile di tutta
una generazione, la sua, e che descrive
magistralmente, con parole dure ma
sincere, nei suoi capolavori, Kaputt e La
pelle. La terra di una rivoluzione epocale
che precipitando su se stessa avrebbe
portato a un futuro ancora sconosciuto;
la stessa terra che, ne è sicuro, avrebbe
condotto alla necessaria resurrezione di
tutto un popolo. La terra dei suoi libri
che lo confermano tra i più importanti
scrittori al mondo, che gli procurano
gioie e dolori, sottoponendolo anche a
una serie di contestazioni e persecuzioni.
La terra solida della fama indiscussa su
cui edificare il proprio avvenire; la terra
natia la cui conoscenza lo aiuterà
ad affrontare una realtà tante volte
allontanata e esorcizzata nella scrittura.
L’ACQUA che tutto lava, che tutto
può travolgere con impeto, come tutto
può rispettare, avvolgendolo. L’acqua
simbolo di un lavacro rituale, di una
pulizia soprattutto morale da tutte le
impurità e le scorie accumulate durante
una vita. L’acqua che circonda la terra e
rende l’uomo stesso un’isola nella ricerca
Malaparte è stato uno degli autori meno decadenti
e più vitalistici delle patrie lettere.
Il mestiere in lui prevaleva infallibilmente
sull’emozione. Anche negli effetti
più plateali, nelle descrizioni più
violente, egli rimane impassibile di
fronte a uno specchio che riflette il
mondo circostante e vi è sempre il sospetto
che si diverta e goda alle reazioni
inorridite dei lettori. Non per nulla
dirà di Kaputt, il suo capolavoro, che
«dentro non c’è altro che soldati, cadaveri,
cani, girasoli, cavalli e nuvole». Sono, ancora una
volta, gli elementi che lo interessano nella loro scomposizione
e disaggregazione primordiale, come in un quadro
di Francis Bacon, il pittore coevo che gli assomiglia di
più in quella fase centrale della sua opera. Ma guai a farsi
catturare da quelle scene di tortura, a crederci sul serio e
fino in fondo.
Da qui nasce, ci sembra, l’errore di rimproverar-
di purificazione, di tranquillità dopo molti
tormenti. L’acqua che circonda quello che
rimarrà per i tempi futuri, il contributo
artistico più originale, inusuale per un
uomo di lettere come lui, quella “Casa
come me”, sua unica, sincera e ideale
“autobiografia”, ideata e progettata da
Malaparte, costruita caparbiamente sulla
punta Massullo a Capri, che ancora oggi
in tutto il mondo è additata come uno dei
più begli esempi di architettura moderna.
L’acqua dove tutto si specchia, come lo
scrittore si specchia e continua a
rappresentarsi nelle creazioni del suo genio
originale: nelle incursioni nel mondo del
cinema, con il film realizzato – il Cristo
proibito con Raf Vallone – e con i mille
altri solo progettati; nei molteplici tentativi
– non sempre fortunati ma comunque
significativi e degni di essere ripresi – di
affacciarsi sul palcoscenico del teatro,
affrontando con coraggio perfino il terreno
scabroso della rivista di avanspettacolo.

16 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
gli una flessibilità amorale, un fiuto innato per sapersi
barcamenare nelle situazioni più scabrose, laddove
prevale invece in lui una sorta d’indifferenza minerale
di fronte alle passioni che dominano gli uomini e le folle.
La sua traiettoria apparentemente ondivaga diventa
così di una razionalità impeccabile e ci obbliga a rendere
omaggio allo stoicismo, la parola non sembra eccessiva,
che egli ha mostrato nel coltivare il suo personaggio
fin sul letto di morte. Malaparte è stato un condottiero
senza truppe, un eterno bastian contrario, un uomo
di minoranza permanentemente alla ricerca del
consenso e permanentemente frustrato di non trovarne
abbastanza.
Come Truman Capote, è sempre pronto a giocarsi
un amico per una battuta, ma anche a rispondere alla
battuta altrui con un’ingiuria o con una sfida a duello
(ne collezionerà una ventina, e nessuno per motivi sentimentali).
Per tutta la vita, lui che pur sapeva essere un
fine diplomatico quando voleva, è stato dominato dal
demone dell’esibizione e della polemica. Non stupisce,
allora, che nessuna delle sue passate famiglie politiche,
di destra come di sinistra, gli abbia reso l’onore delle ar-
mi e voglia annoverarlo oggi nel salotto buono dei propri
precursori.
Il primo tempo è quello del fuoco della passione
e degli ideali. Precoce in tutto, il quattordicenne
Kurt Suckert (quasi mai la polizia fascista, che gli ha dedicato
decine di rapporti, diligentemente rubricati all’Archivio
Centrale dello Stato, riuscirà a ortografarne
correttamente il cognome: è forse anche per questo che
Mussolini gli suggerì nel 1926 di scegliersi uno pseudonimo
“italico”?) ha già trovato tra i banchi dell’esclusivo
liceo Cicognini e nelle agitazioni della Prato operaia e
socialista, l’ideale a cui rimarrà sempre legato: repubblicano
e antiborghese, soprattutto anticonservatore e,
malgrado la “conversione” finale, anticlericale. L’interventismo
è il passo successivo, che lo condurrà nel 1914 a
fuggire di casa per arruolarsi come volontario garibaldino
in Francia. Anche se è dubbio che abbia avuto allora il
battesimo del fuoco, rischiava comunque la fucilazione,
se catturato dai tedeschi, in quanto suddito del Kaiser
non ancora naturalizzato italiano. Dal 1915 al 1918 farà

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 17
in prima linea tutta la spaventosa “guerra bianca” sulle
Dolomiti, da soldato poi da ufficiale, e nel giugno-luglio
del 1918 ritornerà sul fronte francese a Bligny, dove «i
meravigliosi pazzi contadini abruzzesi e umbri, toscani e
calabresi» della Brigata delle Alpi, rimasti senza viveri né
munizioni, «non potendo fare altro, fecero il miracolo»,
al prezzo di tre quarti degli effettivi, bloccando per due
giorni e due notti con ripetuti assalti col lanciafiamme e
l’arma bianca l’offensiva delle Sturmtruppen di von Mudra
sulle Argonne. Chissà se un novello Borges ci proporrà
l’incontro, nelle mischie delle tempeste d’acciaio,
fra Curzio e il coetaneo fante scelto Ernst Jünger.
È stata sicuramente la pagina più autentica della
sua vita, forse perché non era ancora Malaparte ma un
anonimo combattente; non per nulla ne tornerà costante
il refrain o la nostalgia in tutta la sua opera. E sono i polmoni
offesi dai gas nemici che lo porteranno poi, non ancora
sessantenne, alla morte.
Nel clima incerto del Dopoguerra, rientrato in Italia
dopo una parentesi diplomatica alla conferenza della
pace a Parigi e alla legazione a Varsavia, esita, come tanti
giovani dotati e impazienti, nel trovare la propria strada e
le prova un po’ tutte. Per darsi un tono nella bohème romana
inventa un proprio effimero movimento, “l’oceanismo”,
inizia a coltivare l’immagine del bel tenebroso
anche perché, già alto e snello di suo, deve spesso saltare i
pasti e pubblica con un titolo provocatorio un primo e a
tratti bellissimo libro, Viva Caporetto!, che gli frutta anche
il primo dei suoi tanti successi di scandalo e lo obbliga
a lasciare l’esercito e l’amministrazione. Il paradosso è
che, come spesso gli accadrà, il testo afferma esattamente
l’opposto di quello che proclama: infatti, se si scaglia
contro l’insipienza degli alti comandi,
Curzio non mostra alcuna simpatia
per la massa cieca degli sbandati e
dei fuggiaschi, incapaci di portare
avanti sino in fondo la loro protesta e
d’impadronirsi del potere. Per farlo,
occorre che la rivolta sia guidata da
un nucleo di capi freddi e determinati,
gli ufficiali e i sottufficiali di truppa
che hanno salvato il Paese dall’urto
nemico, prima e dopo Caporetto.
A questo punto, e siamo già entrati
nella prospettiva che porterà a Tecnica
del colpo di stato dieci anni più tardi,
l’opzione di Curzio non può essere
che il bolscevismo o il fascismo: e poiché il suo fondo è
nazionalista - e a nostro avviso lo sarà sempre, l’Italia,
“mamma marcia”, rimanendo per lui la misura di ogni
cosa nel bene e nel male - sceglie il secondo.
Arriviamo così alla seconda tappa della mostra:
il Moderno che avanza. E il moderno che nell’Europa
degli anni Venti si chiama in letteratura Tzara, Breton,
Joyce, Hemingway, Eliot, Pound, Ehrenburg, Morand,
Brecht, Toller, Dos Passos ecc. che ritrova a Parigi la sua
capitale ufficiale e si traveste in Italia da rivoluzione fascista,
divorando e poi fagocitando le poche ma autentiche
esperienze avanguardiste d’anteguerra, dai futuristi
ai vociani. Curzio però non esita: non vuole restare fuori
dal corso degli eventi, sin da allora la scrittura intesa come
torre d’avorio o ricerca solitaria non ha il minimo fascino
ai suoi occhi. Entra nelle file del sindacalismo fascista
e si lancia nella battaglia d’idee in appoggio allo squadrismo,
animando una delle riviste più radicali del movimento,
“La Conquista dello Stato”. Ma non parteciperà
alla marcia su Roma, cosa che gli verrà rimproverata dai
puri e duri del partito, inducendolo a sostenere il contrario
nella Tecnica salvo ristabilire la verità nei memoriali
difensivi del 1945-46: un esempio delle tante contraffazioni,
incastrate una dentro l’altra come bamboline russe,
che rendono tuttora così scivoloso il discorso su Malaparte
e il fascismo.
La realtà è per una volta più semplice della finzione
e la documentazione oggi disponibile permette di ricostruirla
in tutti i suoi passaggi: come molti intellettuali (e
non) del suo ceto e della sua epoca, egli è stato indiscutibilmente,
genuinamente fascista sino
all’inizio degli anni Trenta. Ma
non si è dimesso dal Partito nel 1931,
come ha poi preteso, e non è stato arrestato
e mandato al confino nel
1933-34 a Lipari (prima di essere
trasferito a Ischia poi a Forte dei
Marmi, infine graziato) per attività
antifasciste, bensì per aver calunniato
il suo ex protettore Italo Balbo, la
cui popolarità era ormai una spina
nel fianco del Duce. Lo fece nel tentativo
di acquisire meriti agli occhi di
Mussolini, con quel tipo di spregiudicata
operazione auto-promozio-

18 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
nale che gli era riuscita alcuni anni prima al momento del
delitto Matteotti. Certo, frondista era da sempre, per carattere
ma anche per convinzione: lo dimostrò sin dal
1929, precipitandosi, da direttore de “La Stampa” fresco
di nomina, a descrivere la realtà sovietica in una serie di
magnifiche corrispondenze che indignarono i lettori
benpensanti. E non vi è dubbio che durante il soggiorno
(non esilio) francese del 1931-33, egli abbia dato motivo
di alimentare, con atteggiamenti provocatori o semplicemente
incauti, le voci complottiste che gli informatori
dell’Ovra spargevano sul suo conto. Ma il Duce, che conosceva
i suoi uomini, non ne tenne alcun conto, evitandogli
la comparizione e la condanna davanti al Tribunale
speciale. La lezione che volle dargli era in sostanza un
ammonimento prima di riprenderlo a bordo, «che beva
un po’ della sua medicina» come disse al direttore del
“Corriere della Sera”, Borelli, venuto a implorare la causa
dell’amico.
In tal modo gli fece un grande regalo, permettendo
al Malaparte post-1943 di inventarsi dei titoli di antifascismo
retrodatati, mentre egli restò nell’orbita del sistema
fino al 25 luglio, firmando pagine non proprio esemplari
e presto (da lui) dimenticate sulla guerra di Spagna e l’attacco
alla Grecia. Chiese anche a più riprese di riavere la
tessera del Pnf, che non gli fu restituita, sempre su ordine
di Mussolini, onde non consentirgli di sposare Virginia
Agnelli e diventare «il padrone della Fiat»: ennesimo piano
campato in aria, in cui riuscì solo a farsi, come
se già non ne avesse già abbastanza, altri
potenti nemici. Ma il mancato ritorno
nei ranghi del partito non gli impedì,
a cavallo degli anni Trenta-
Quaranta, di ridiventare, dopo
la direzione della Stampa nel
1929-31, una delle firme più
influenti (e meglio retribuite)
del giornalismo italiano,
e anche questo lo dovette
soprattutto, oltre che al
proprio talento, alla benevolenza
dell’inquilino di Palazzo
Venezia.
Si dirà che la duplicità
era imposta dagli eventi e che,
pagando quell’obolo, Malaparte
riusciva contemporaneamente a pubblicare,
se non tutti, molti suoi libri “ve-
ri”, a far circolare in Italia, tramite una rivista del livello
di “Prospettive”, le grandi correnti spirituali ormai condannate
a fermarsi alle nostre frontiere, dalla psicanalisi
al surrealismo, e a dare a molti giovani, specie quelli di
provincia in cui più si riconosceva, l’opportunità di venire
alla ribalta. Tutto vero. Com’è vero che dal 1941 in poi
le sue corrispondenze dalla Russia e dalla Finlandia acquistano
un tono sempre più ostile all’Asse, anche se non
fu arrestato dalla Gestapo ed espulso dal fronte orientale
come ha poi preteso.
Basterebbero queste autentiche benemerenze –
senza dimenticare che non si è mai prestato alle purtroppo
frequenti delazioni tra intellettuali e non ha mai firmato
una riga di propaganda antisemitica - a dimostrare
che, sull’arco del ventennio e sul bilancio di un’intera generazione,
Malaparte aveva meno da farsi perdonare di
altri suoi colleghi, più abili di lui a riciclarsi e riproporsi
nel Dopoguerra. Ma è stato lui stesso, con i suoi travestimenti
tanto incessanti quanto superflui, con la sua psicologia
contraddittoria fino all’autolesionismo (com’è
proprio dei grandi narcisi) ad alimentare le voci peggiori,
negando contro ogni evidenza tutto quel che il suo
amato e odiato “padre padrone” aveva fatto per lui.
Nella biografia di Malaparte, temperamento anaffettivo
per il quale gli uomini contavano poco e solo nel
bisogno o nell’azione, e le donne ancor meno, due soli
personaggi si stagliano con la drammaticità degli interlocutori
mancati: Gobetti e Mussolini. Il primo,
fratello separato non indurito dalla guerra,
rappresenta la cultura disordinata
ma onnivora, il radicalismo angelico
di pensiero, la preferenza del
paradosso sullo sberleffo, il rigetto
dei potenti e del percorso
obbligato e deteriore della
storia italiana vista come
insanabile lotta di fazioni:
tutto ciò insomma che egli
vorrebbe possedere e non
possiede. Il motivo per cui
l’amore non travalica nell’odio
(Malaparte poteva essere
feroce nelle sue invidie) è perché
Gobetti ha perso, e lui no.
Il secondo è il demiurgo, il
padre autorevole che non ha avuto, il
grande politico realista della stoffa dei

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 19
Bonaparte e dei Lenin, che diventerà più tardi il «grande
imbecille» perché Malaparte non gli perdonerà mai di
aver fallito, l’uomo forte che non si è rivelato tale fino in
fondo e che, soprattutto, ha commesso l’errore imperdonabile
ai suoi occhi di non prenderlo sul serio.
Malaparte, che sogna invano di sedere alla destra
del Capo, come Malraux poi con de Gaulle, non ha mai
potuto accettare che il Duce gli impartisse carezze e rimbrotti,
(molte) carote e (poco) bastone, senza mai elevarlo
a suo deuteragonista, trattandolo sempre come il maestro
tratta un allievo dotato ma discolo: si veda quel che il
duce ne dice al de Begnac, i cui Taccuini mussoliniani ci
paiono su questo punto affidabili. Dalle carte della Segreteria
particolare del duce e del Ministero della Cultura
Popolare emerge che il vero protettore di Malaparte,
ancora dopo il confino e fino alla caduta del regime, non
fu Ciano, di cui lo scrittore si limitò a sfruttare l’ammirazione
sincera e non ricambiata, bensì, ancora una volta
Mussolini, che dietro le quinte continuò ad autorizzare i
finanziamenti, non enormi, ma puntuali e indispensabili,
sia a “Prospettive” che a Malaparte in persona, e questo
letteralmente fino alla vigilia del 25 luglio. È significativo
che l’unico momento di pietas che il dittatore
sconfitto gli ispiri è quando lo vede (in realtà non lo vide
di persona) appeso per i piedi a Piazzale Loreto e gli appare
come una delle povere bestie che, dai muli fracassati
nei burroni alpini del Sole è cieco ai vitelli maciullati nel
Cristo proibito, sole suscitano in lui un trasporto sincero di
cristiana commiserazione.
Siamo così entrati nel terzo tempo, quello della
guerra civile che distrugge la civiltà. Dopo di allora,
nella democrazia italiana faticosamente risorta, Malaparte
resterà attratto, e non solo per opportunismo, dai
politici che danno il senso della forza, o quantomeno dell’energia:
Togliatti, De Gasperi, Fanfani, perfino Tambroni.
Ma ciò non basterà a ridargli fiducia nella possibilità
del Paese di mettere fine alle sue lotte intestine, alla
contrapposizione tra i guelfi e ghibellini redivivi, «i due
cappelli di paglia d’Italia», che Guareschi illustrerà allora,
con una genialità popolare che i soloni della cultura
non gli hanno mai riconosciuto, nei personaggi di Don
Camillo e Peppone. Il morbo che dilaga tra i vincitori e i
vinti assimila inesorabilmente i primi ai secondi: si sa che
Malaparte avrebbe voluto intitolare La Peste quella che
diventerà La Pelle, se Camus non fosse arrivato prima.
La procedura di epurazione, che si trascina per un

20
paio d’anni e si concluderà a suo favore
dopo un probabile intervento
dell’ex guardasigilli Togliatti, gli
ispira nel Giornale segreto pagine
amare contro il «fascismo dell’antifascismo
e i fascisti senza camicia nera».
Dopo di che, sceglie di “esiliarsi”
nuovamente (ed è un nuovo uso
improprio dell’espressione) a Parigi,
da cui medita di ritornare nella
Penisola onusto di gloria letteraria e
mondana, come D’Annunzio nel 1915, senza dimenticare
il tarlo della politica che continua a roderlo. La delusione
non potrebbe essere più cocente: malgrado il successo
di Kaputt, del Volga nasce in Europa e di La Pelle, i
francesi hanno la memoria lunga e non stentano a ricordare
l’atteggiamento ambiguo da lui assunto nel giugno
1940, al momento della dichiarazione di guerra.
Confortato dall’amicizia di pochi grandi vecchi come
Cocteau e Cendrars e dei giovani “ussari” riuniti intorno
alla Table Ronde, nostalgici dell’impero e difenso-
Durante tutta la durata della
mostra sono organizzate visite
guidate pomeridiane, nella
pausa pranzo o serali, a cura della
Fondazione Biblioteca di via Senato,
in collaborazione con Ad Artem
e Opera d’Arte. Per maggiori
informazioni e per consultare
il calendario degli appuntamenti
consultare il sito internet:
www.bibliotecadiviasenato.it, oppure
telefonare allo 02.76215323-314-318
VISITE GUIDATE
Visita guidata pomeridiana
Mercoledì 10 marzo, 21 aprile
e 5 maggio. Punto di ritrovo: h. 16.00
presso la biglietteria della mostra
Iniziativa gratuita con prenotazione
obbligatoria al n. 02.76215323-314.
Durata: 45’
Pausa pranzo in mostra -
Visita guidata con aperitivo
Mercoledì 24 marzo, 14 aprile e 12
maggio. Punto di ritrovo: h. 13.00 presso
la biglietteria della mostra, €5,00 con
prenotazione obbligatoria. Durata: 1 h.
(30’ visita guidata + 30’ aperitivo)
Visita guidata e happy hour
Giovedì 29 aprile e 20 maggio
Punto di ritrovo: h. 19.00 presso la
biglietteria della mostra, €5,00 con
prenotazione obbligatoria. Durata: 1 h.
(30’ visita guidata + 30’ aperitivo)
VISITA LABORATORIO
Destinata ai ragazzi della scuola
primaria (secondo biennio) o secondaria
di primo grado, è un utile strumento per
approfondire materie come Italiano,
Arte e immagine, Storia
la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
ri a spada tratta dell’Algeria francese,
che condividono il suo romanticismo
orfano della nazione, Malaparte
è però tagliato fuori dalla voga
dell’esistenzialismo e della letteratura
impegnata: Sartre, Camus, Aragon,
Eluard, Malraux, le nuove stelle
del firmamento parigino, lo ignorano
a bella posta. Decide allora di
sfidarli sul loro terreno, mettendo in
scena due commedie scritte direttamente
in francese. Tutto quel che ottiene è di rischiare
l’ennesimo duello con un critico che paragona il pubblico
che lascia il teatro per protesta, ai fuggiaschi dell’esodo
del 1940, «mitragliati sulle strade di Francia dall’aviazione
fascista degli amici di Malaparte»: leggenda che
purtroppo sopravvive tutt’oggi Oltralpe, mentre, a parte
ogni considerazione umanitaria, la caccia italiana non
aveva allora le possibilità tecniche di condurre operazioni
così in profondità. Ma sono soprattutto le rivelazioni
particolareggiate sui suoi trascorsi fascisti, che filtrano
VISITE GUIDATE, APERITIVI, CONFERENZE E LABORATORI: TUTTI GLI EVENTI DELL’EVENTO
Fuoco, aria, terra, acqua
nella vita di un uomo
La mostra rappresenta un’ottima
occasione per conoscere la storia italiana
nella prima metà del ’900, attraverso
la narrazione della vita di un personaggio
di grande levatura internazionale. Durante
la visita i ragazzi fanno conoscenza con
Malaparte, collegando alle varie fasi della
sua vita i principali avvenimenti storici:
Prima e Seconda guerra mondiale,
avvento dei totalitarismi, ricostruzione...
Documenti, poesie, testi letterari e
fotografie arricchiscono il percorso, prima
dell’approdo agli spazi di laboratorio messi
a disposizione dalla Biblioteca. I ragazzi
vengono coinvolti in un lavoro sulle
fotografie di Malaparte, per comprendere
come si realizza un reportage fotografico.
€75,00; durata: 90’ circa.
Per info e prenotazioni: tel. 02.6597728

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano
dagli ambienti degli ex fuoriusciti
italiani, a convincere Malaparte a fare
i bagagli prima del previsto per ritrovare
un’Italia dove vivrà l’ultimo
decennio della sua vita sostanzialmente
da esule in patria, ma anche da
figlio spurio di una «vecchia Europa
spacciata», in cui non crede più. Appena
può, ricomincia a viaggiare
lontano dal vecchio continente diviso
dalla cortina di ferro, vorrebbe
tornare in Russia, ma i comunisti, malgrado l’amicizia di
Togliatti, che senza dar nell’occhio continua a investire
su di lui, gli rimangono ostili.
Si consola con il Cile e l’Uruguay e annuncia che attraverserà
gli Stati Uniti pedalando, con la sponsorizzazione
della Coca Cola, per raggiungere Grace Kelly (ancora
nubile) a Hollywood e offrirle un’ampolla dell’acqua
purissima di Capri, trovando anche qualcuno che ci crede
e gli regala una bicicletta di lusso. Il suo protagonismo,
più smodato che mai, sembra ormai girare a vuoto: non
VISITA GUIDATA CON LETTURE
Pensata per le scuole secondarie di
secondo grado o gruppi
di adulti. Racconti di un arcitaliano
Ai visitatori viene proposta una
modalità di fruizione che permette
di entrare in sintonia con Malaparte
e di apprezzare fino in fondo l’unicità
del percorso espositivo. La conoscenza
del personaggio viene infatti affidata,
oltre che al commento dei materiali
esposti, alla lettura guidata di una
selezione dei suoi scritti.
€65,00 (60’ circa) per le scuole
secondarie di secondo grado; €90,00
(60’ circa) per i gruppi. Per informazioni
e prenotazioni: 02.6597728
VISITE GUIDATE PER RAGAZZI
(8-12 ANNI) E ADULTI
Sabato 17 aprile, 22 maggio
e 29 maggio.
Racconti di un arcitaliano
Ai visitatori giovani e adulti viene
proposta una modalità di fruizione che
permette di entrare in sintonia con
Curzio Malaparte e conseguentemente
di apprezzare fino in fondo l’unicità del
percorso espositivo. La presentazione
del personaggio viene infatti affidata,
oltre che al commento dei materiali
esposti, alla lettura guidata di una
selezione dei suoi scritti. Al termine
della visita i ragazzi vengono coinvolti
in un lavoro sulle fotografie di
Malaparte, per comprendere meglio
come si realizza un reportage
fotografico. €5,00 bambino - €2
adulto; durata: 90’ circa. Per info e
prenotazioni: tel. 0276215323-314
CONFERENZA E VISITA GUIDATA
Ideata per scuole secondarie
di secondo grado, studenti universitari
e pubblico generico. Un incontro/
conferenza, corredato dalla proiezione
21
ha più a disposizione una tribuna, un
grande giornale, una grande casa
editrice, la radio e la nascente televisione
lo ignorano, ai premi letterari
ha dichiarato guerra, dopo che La
Pelle ha perso lo Strega nel 1950 contro
La Bella estatedi Pavese, e naturalmente
rompe con la nuova casta culturale
di cui coglie e denuncia molti
vizi che vi albergano tuttora: snobismo,
arrivismo, conformismo ideologico
e, last but not least, permissività dei costumi.
La sua speranza è il cinema, e gira su e giù per via Veneto
in una grande decappottabile americana, da precursore
della dolce vita: ma, dopo Il Cristo proibito, che oggi i
cinefili riscoprono quale opera d’indubbio anche se discontinuo
valore, non riesce più a raccogliere i soldi per i
mille soggetti o copioni che sforna a getto continuo. Ritenta
il teatro a Venezia e Milano con Anche le donne hanno
perso la guerrae un altro critico spiritoso scrive che ha perso
lui una buona occasione di tacere; si lancia nella satira
di immagini digitali, per tracciare le linee
di contesto, di volta in volta storico,
sociale e artistico degli anni di attività di
Malaparte. All’incontro conferenza farà
poi seguito la visita guidata alla mostra.
Arte di regime, arte di opposizione
Dagli anni ’20 agli anni ’50 l’Italia è
terreno di incontro e scontro di grandi
artisti che devono “fare i conti” con la
situazione politica; dall’adesione al regime
fascista alla resistenza la dialettica delle
diverse posizioni di alcuni grandi artisti:
da Sironi a Guttuso, a Corrente l’arte
racconta la storia degli italiani.
Malaparte e gli architetti
“Regista” della sua splendida Villa
di Capri, Malaparte ci accompagna a
scoprire i maestri dell’architettura europea
del primo ’900. Conferenza+Visita guidata
scuole secondarie di secondo grado
€70,00; 90’ circa. Conferenza + Visita
guidata gruppi €90,00; 90’ circa. Per info
e prenotazioni: tel. 0276215323-314

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 23
di costume con una rivista di varietà,
Sexophone, esibendosi nei luoghi di
villeggiatura nel ruolo di fine dicitore
tra ballerine in boa di struzzo, raccogliendo
più fischi che incassi. Fa il
giurato ai concorsi di bellezza in Versilia,
racconta a puntate per un settimanale
francese il suicidio di un’attricetta
americana che ha avuto la
pessima idea di innamorarsi di lui,
firma sulla rivista di una compagnia
petrolifera l’appello per un campionato
automobilistico a Capri, proprio
lui che vi ha ideato e costruito una delle ville più belle
e inaccessibili; e sembra preferire le classifiche delle riviste
di moda, che lo pongono infallibilmente in testa agli
uomini più eleganti del Belpaese, a quelle librarie.
Molti, amici e nemici, si chiedono se queste comparsate
non siano la conseguenza di un calo di creatività:
il Malaparte di quegli anni pubblica poco, un solo successo
di pubblico e di genere minore, i bozzetti di Maledetti
toscani. Eppure – ennesimo paradosso – i suoi cassetti
rigurgitano di work in progress, almeno due dei quali,
pur incompleti, sono ai suoi livelli migliori: Mamma
marcia e Il ballo del Cremlino. Forse allora, in anticipo sui
nostri tempi, ha capito che in un’epoca di frenetica contaminazione
come quella che s’annuncia alle porte, la
letteratura da sola non basta più né a fare, né a mantenere
la fama di uno scrittore?
L’unica impresa che gli riesca di portare avanti con
una continuità interrotta solo dalla morte lo riporta a un
suo amore degli inizi, il giornalismo. Il “Tempo” settimanale
(da non confondere con il quotidiano romano “Il
Tempo”, al quale pure collabora) gli offre una rubrica intitolata
Battibecco in cui sfoga il proprio estro e i propri
umori, sui temi più diversi, da precursore di quello sport
nazionale che è la tuttologia: si va da un incontro con
Churchill (mai incontrato) al ritratto della dama bianca
di Fausto Coppi che divide allora l’Italia, dalla campagna
per ristrutturare l’ospedale di Prato all’ordinanza “antibaci”
del pretore di Torino. Alcune di queste pagine sono
ancora graffianti, nel loro misto di rabbia e vanità, e annunciano
il Pasolini degli Scritti corsari, come quella in
cui Gesù bambino si mette a fustigare i mercanti del
mercimonio natalizio: ed era il primo, modesto consumismo
italiano degli anni del boom, cosa direbbe oggi?
Come Pasolini, anche se per motivi opposti, o co-
me l’amico-nemico Longanesi, Malaparte
mitizza un’Italia pre-borghese,
povera e sana, strapaesana e
aristocratico-proletaria, in cui una
parte di lui si riconosce realmente,
anche se tutto il resto della sua vita la
contraddice. Contemporaneamente,
aizza l’altro sport nazionale, quello
della protesta indiscriminata contro
i potenti, in una sezione intitolata
Scrivetemi e avrete giustizia, dove
strizza l’occhio al qualunquismo. Ma
l’obiettivo, al di là della pensione
della vecchietta o dell’impiego per l’ex carcerato, è in
realtà un altro: Malaparte non ha perso la speranza di tornare
in politica e questo cocktail populista lo inebria fino
a fargli credere che le lettere di plauso si tradurranno in
voti. Il risultato è l’ultima solenne bocciatura, quando si
presenta alle elezioni a Prato nelle file del PRI, l’unico
partito che l’abbia messo in lista: e litiga subito, all’indomani
della sconfitta, con i dirigenti perché non gli hanno
dato un posto sicuro.
Si arriva così all’acqua della purificazione, ultima
sezione della mostra, con il viaggio in Russia e in Cina
che può finalmente intraprendere nell’ultimo anno della
sua vita, mentre quello negli Stati Uniti, sempre rinviato,
non avrà più luogo. La premessa è il riavvicinamento
a Malaparte di alcuni intellettuali comunisti, come Davide
Lajolo e Maria Antonietta Macciocchi, giovanissima
direttrice di “Vie Nuove”, che non condividono più la
messa al bando dello scrittore decretata dai quadri più
retrivi del PCI e trovano una sponda discreta ma convinta
nel solito Togliatti. Ottenuti i visti, Malaparte si mette
in viaggio per Mosca, via Svezia, nel fatidico ottobre
1956, quando scoppia la rivoluzione di Budapest, su cui
non scriverà un rigo, pur parlando vagamente degli «errori
di Stalin», ormai riconosciuti dagli stessi sovietici.
L’Urss, nonostante la lunga attesa, lo interessa poco e,
passando per la Siberia, ha fretta di arrivare alla meta reale
del suo viaggio: la Cina ancora misteriosa di Mao. Ma è
già un uomo malato, molto più di quanto non lasci presagire
l’affaticamento che si porta dietro fin dalla partenza
da Roma. Del popolo cinese ama tutto, la gentilezza, la
bontà, la toccante semplicità di modi, al punto che sembra
ignorare la ferocia della dittatura di Mao, il quale si

24 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
accinge a lanciare il disastroso piano d’industrializzazione
del “grande balzo in avanti”, che provocherà decine di
milioni di vittime della carestia. L’accusa non è forse del
tutto fondata, perché Malaparte, com’era suo solito,
avrebbe probabilmente rivisto in senso più distaccato le
sue cronache, una volta tornato in patria, ma ciò non gli
fu possibile. Fa appena in tempo a essere ricevuto da
Mao, al quale avrebbe chiesto di liberare i monaci e le
suore detenuti nelle carceri comuniste, ottenendone assicurazioni:
ma anche qui il condizionale è d’obbligo
perché disponiamo della sua sola versione dell’incontro.
Dopo di che, deve essere ricoverato d’urgenza a milleduecento
chilometri da Pechino. La diagnosi dei solerti
medici cinesi, che lo circondano con i loro macchinari
rudimentali e le loro cure antiquate, è proprio quella giusta:
carcinoma dei bronchi.
Malaparte è spacciato e se ne avvede quasi subito.
Le sue lettere ad amici e familiari non lasciano dubbi al
riguardo: l’uomo si sa, è, coraggioso e appartiene a una
civiltà contadina, più forte della nostra, per cui la morte è
un fatto naturale. Del resto, anche l’agonia può servire
alla spettacolarizzazione della sua opera-vita. Non ha
forse appena dichiarato a un intervistatore francese che il
giudizio che teme di più è il silenzio?
Nei lunghi mesi di degenza, prima in Cina poi in
una clinica romana, riuscirà a mettere in scena una
straordinaria cerimonia degli addii, dove tutta la Roma
che conta, politica e giornalistica, mondana e artistica,
sfila al suo capezzale, in quella che diventa nelle cronache
dei rotocalchi la mitica camera 32. Al di là della vicenda
controversa della sua conversione, è lì che si gioca anche
l’ultimo atto della recita tra Don Camillo e Peppone, con
Fanfani e Togliatti che si contendono le sue ultime volontà.
Chi vinca è difficile dirlo: malgrado un grande
sfoggio di memoriali e confessioni, da una parte e dall’altra,
Malaparte si è portato il suo segreto nella tomba.
Nel centenario della nascita (1998) l’Italia gli ha
dedicato un francobollo che accosta, con un’intuizione
rara nelle commemorazioni ufficiali, l’inizio e la fine
della sua epopea. Si vede in primo piano il viso sempre
bello ma spettinato e divorato dal male dell’inquilino
della stanza 32 e sullo sfondo i reticolati e le trincee della
grande guerra. Sintesi audace ma corretta. Aveva iniziato
la sua vita adulta nel combattimento e la terminò da
inesausto combattente: quel che aveva dato – e ricevuto
- di migliore.

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 25
inSEDICESIMO
LA MEMORIA DEI LIBRI: I FRATELLI VOLPI E LA STAMPERIA COMINIANA
RIFLESSIONI A MARGINE DEL PREGIATO “CATALOGO”
SETTECENTESCO, NOVITÀ DEL NOSTRO FONDO ANTICO
Un prezioso e recente acquisto
per il Fondo antico della
Biblioteca di via Senato è la rara
princeps de La libreria de’ Volpi, e la
stamperia Cominiana illustrate con utili
e curiose annotazioni, catalogo
compilato da Gaetano Cristoforo Volpi e
stampato a Padova presso i fratelli Volpi
e Giuseppe Comino nel 1756.
Quest’unica edizione, pubblicata
in sole 200 copie circa a spese
dell’Autore, “che del presente Libro,
stampato alle particolari mie spese,
essendosi impresse dugento, o poco più,
Copie, e perciò costandomi care”, è
complessa e contiene il catalogo dei
libri conservati nella “Vulpiorum
Bibliotheca Domestica” con “Appendix I”
e “Appendix II”, seguito dal “Catalogo
cronologico de’ Libri usciti sinora dalla
picciola Stamperia Cominiana”, insieme
al “Catalogo alfabetico, illustrato con
varie Osservazioni” e finalmente le
“Varie avvertenze utili, e necessarie agli
amatori de’ buoni Libri, disposte per via
d’Alfabeto”.
Si tratta di una sola pubblicazione
che unisce in realtà tre libri di
argomento ben distinto: il catalogo
di una biblioteca privata, il catalogo
completo della stamperia (parte
cronologica e parte alfabetica
ragionata) e quello che si chiamerebbe
oggi un glossario bibliografico, però
DI ANNETTE POPEL POZZO
La rara princeps
dell’ammirata Libreria
di Gaetano Cristoforo
Volpi, presentata
attraverso la sua
prefazione, una vera
dichiarazione d’amore
per i libri e le “raccolte”
mescolato con fatti stravaganti ormai
spesso dimenticati.
Nella bella prefazione, “Agli
amatori de’ libri”, Volpi spiega le ragioni
che lo hanno portato alla stampa.
La principale è il desiderio iniziale
di far conoscere “il semplice e succinto
Catalogo della nostra Domestica
Libreria, per conservare in tal guisa la
memoria de’ Libri in tanti anni” e per
evitare che le collezioni risultino “dopo
la morte de’ raccoglitori e possessori,
del tutto smembrate, distratte, e poste
in totale e perpetua dimenticanza”.
Riferendosi alla “utilità de’ Cataloghi
delle Pubbliche, e delle Private Librerie”,
ovviamente sempre “affinchè resti
almeno la memoria dell’ottimo gusto e
discernimento de’ pratici e diligenti
raccoglitori”, Volpi sottolinea
l’importanza di far conoscere i cataloghi
delle biblioteche private, “siccome
le Pubbliche Librerie sono stabili,
e permanenti, e spesso aperte a chi vuol
valersene, e hanno, per lo più, sufficienti
Cataloghi da potersi scorrere
opportunamente, così non è tanto
necessaria la pubblicazione di questi”.
Tanto più perspicua, dunque, l’utilità
di pubblicazioni di volumi come quelli
curati da Giacomo Filippo Tomasini
sui “Codici MSS. di tutte le Librerie
Pubbliche e Private di Venezia
e di Padova” (si tratta di Bibliothecae
Patavinae manuscriptae publicae
& privatae, Udine, 1639 e Bibliothecae
Venetae manuscriptae publicae
& privatae, Udine, 1650); Volpi lamenta
inoltre la mancanza di cataloghi
di celebri biblioteche del passato, quali
la “stupenda Libreria d’Aldo il giovane,
formata di ben’ ottanta mila Volumi”;
e menziona infine quattro biblioteche
contemporanee delle quali varrebbe
la pena pubblicare il catalogo:
le biblioteche del marchese Giovanni
Poleni (1683-1761), dell’anatomista
Giovanni Battista Morgagni (1682-
1771), dello scienzato e biologo Antonio
Vallisneri (1661-1730) e del conte
Guglielmo Camposampiero (fl. 1729).
Con spirito molto bibliofilo, Volpi
indica i diversi motivi che determinano
la rarità dei libri, che “può nascere da
varie cagioni; cioè dalla pochezza degli

26 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
esemplari impressine; […] dalla
singolarità dell’edizioni; dal frequente
uso fattone; […] e finalmente dalla
curiosità delle materie in essi trattate,
che stimola i Leggitori a provvedersene,
e ad incettarli”. Nota inoltre che benché
fosse partito con l’idea di compilare
“un semplice e succinto Catalogo”, si
accorse poi della necessità di presentare
un catalogo più complesso, che unisse
la biblioteca privata, il catalogo
ragionato della stamperia
e un glossario: “Mutai il primo disegno,
e risolvetti di accrescerlo piuttosto
coll’aggiugnere a molti Libri vari
Osservazioni Storiche, e Critiche,
Bibliotecarie, Ascetiche, e che so io”.
Pertanto ha aggiunto “due Cataloghi di
quella; uno Cronologico e breve; l’altro
cogl’interi Frontispicj de’ Libri da essa
usciti, arricchito di varie e curiose
Notizie intorno a’ medesimi, e delle
orrevoli Testimonianze”.
Queste dichiarazioni mostrano
chiaramente come il catalogo di Volpi
cerchi di unire la prospettiva
dell’enciclopedista con quelle
dell’erudito e del bibliofilo. Una prima
divisone tra biblioteca privata, catalogo
editoriale e glossario bibliofilo sparisce a
favore di un insieme pensato a spiegare
e unire a vicenda. I libri posseduti dai
Volpi diventano strumenti scientifici per
la pubblicazione cominiana. Le stimate
introduzioni di Gaetano e Giovanni
Antonio si basano sullo studio delle loro
proprie copie. L’esemplare del Dante
“esposto dal Daniello. 4. Ven. 1568”
posseduto dai Volpi figura anche come
fonte dell’edizione cominiana della
Divina Commedia nel catalogo
editoriale. La bibliofilia dei fratelli Volpi
significa amare, possedere e stimare
i propri libri antichi al punto di metterli
al servizio degli altri proponendo
a spese proprie pubblicazioni critiche
nella loro tipografia. In un contesto
editoriale e imprenditoriale (talvolta
a rischio finanziario) significa decidere
sulla memoria dei libri e degli autori.
A questo punto sia permessa
qualche osservazione sull’impresa
editoriale-tipografica Volpi-Cominiana,
che si colloca tra le più celebri
stamperie italiane del Settecento
ed è nota per le sue edizioni molto ben
curate che si riconoscono subito grazie
all’impresa incisa raffigurante uno
scavatore di anticaglie circondato dal
verso d’Orazio, “Quidquid sub terra est,
in apricum proferet aetas”, o dall’altra
usata a partire dal 1741 con due aratri,
uno in primo piano tirato da un solo
bue, l’altro sullo sfondo tirato da due,
coronata dal motto di Catone “Laudato
ingentia rura, exiguum colito”.
È lo stesso Volpi a spiegare
la scelta e la trasformazione
dell’impresa: “La prima Impresa […]
volendo noi con ciò alludere al mettere
in chiaro, che per noi in essa si fa,
gli scritti famosi degli ottimi Autori
in ogni genere di Letteratura, quasi
sepolti e trascurati […] ed è un Aratore
d’un campo con un solo giuvenco […]

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano
volendo accennare con ciò, esser meglio
far poco e bene, che molto
e negligentemente”.
La tipografia fu fondata nel 1717
da Giovanni Antonio (anche
Gianantonio) Volpi (1686-1766) assieme
al fratello Gaetano Cristoforo (1689-
1761) nella loro casa di Padova per la
stampa di opere letterarie ed erudite,
affidandone la gestione tecnica
a Giuseppe Comino (fine del sec. XVII-
1756?), che era stato a sua volta
apprendista nell’officina dello
stampatore Giambattista Conzatti.
I fratelli Volpi erano uomini
di grande cultura e in contatto con noti
intellettuali dell’epoca. Giovanni Antonio
fu professore di filosofia e poi di lettere
greche e latine presso l’università, mentre
Gaetano, che era stato ordinato
sacerdote, fu un appassionato bibliofilo.
Grande capacità e serietà scientifica
guidavano Gianantonio per la scelta dei
testi, raffinatezza bibliofila e acribia
nella correzione delle bozze erano
il contributo di Gaetano
e professionalità e sensibilità estetica per
l’aspetto tipografico da parte
di Comino davano una combinazione che
fu alla base del successo dell’officina nel
primo Settecento.
In quarant’anni di attività,
Comino stampò oltre duecento edizioni
per conto dei fratelli Volpi. Dal catalogo
si nota la prevalenza di edizioni di testi
classici latini e italiani (Catullo, Lucrezio,
Plauto, Properzio, Sallustio, Virgilio,
Boccaccio, Dante, Petrarca, Tasso)
e la presenza di opere di autori
contemporanei di argomento scientifico,
di antiquaria e di erudizione. La prima
opera stampata nella tipografia
Cominiana – presente nel Fondo antico
della Biblioteca di via Senato – sarebbe
dovuta essere gli Opera omnia di Andrea
Navagero (contenente il ritratto
dell’autore e una prefazione
di Gianantonio Volpi). Si legge però
nel “Catalogo alfabetico” che questo
del Navagero “fu il primo Libro
che si principiasse a stampare nella
Cominiana, l’idea della quale è spiegata
nella Prefazione; ma se ne intermise la
stampa per compiacere i Signori
Professori Morgagni, e Poleni
nell’Edizioni di alcune loro Opere”.
Con i De motu aquae mixto libri duo del
professore di astronomia Giovanni
Poleni (1683-1761), pubblicati nel 1717,
e con gli Adversaria anatomica omnia
27
(1719) del medico padovano Giovanni
Battista Morgagni (1682-1771),
la stamperia consolida la sua posizione
a favore di opere di autori contemporanei.
Il catalogo editoriale contiene
naturalmente anche preziosità bibliofile
come l’esemplare unico del
De consolatione philosophiae di Boezio
stampato nel 1721 in pergamena, del
quale Volpi ricorda: “Ne conserviamo un
unico Esemplare impresso in
MEMBRANA, legato in D.C.O.C.D.P.A. [i.e.
Damaschino Cremisino con Ornamenti
d’oro, Carte Dorate, Passettini

28 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 29
d’Argento]”; ma anche Le vite di Dante,
e del Petrarca dell’Aretino, stampate
nel 1727: “Una delle pochissime copie
uscite da sé (trovandosi unite tutte
l’altre al Primo Tomo del nostro Dante),
e unica stampata in MEMBRANA.
P.O.C.D. [i.e. Pergamena con Ornamenti
d’oro, Carte Dorate]”. L’esemplare unico
dell’appena uscita edizione porta già
tutte le caratteristiche del tesoro
bibliofilo nel tempo.
Nel Catalogo alfabetico sono
enumerate diverse recensioni apparse
nel Giornale de’ Letterati d’Italia
di Venezia e nelle Novelle Letterarie
di Firenze nonché le polemiche
degli intellettuali dell’epoca intorno
alle edizioni cominiane. A proposito
dell’edizione delle Opere volgari … cioè
l’Arcadia di Jacopo Sannazzaro (1723) –
anch’essa presente nel Fondo antico –,
Volpi cita fiero il commento degli
Accademici della Crusca: “Si citano
alcune delle migliori, e più corrette
Edizioni, cioè quella de’ Giunti
di Firenze, e la moderna del Comino
di Padova”; e poi: “Della Frottola
abbiamo citato l’Esemplare stampato
nella moderna Edizione di Padova
del 1722. in 8. presso Giuseppe Comino;
della quale ancora ci siamo alcuna volta
serviti qualora era manifestamente
scorretta quella di Lione”.
Nella chiusa della prefazione, Volpi
osserva con fierezza che, “costandomi
care, come altresì per la minutezza
de’ caratteri, pel gran tempo impiegato,
e per l’enorme fatica sofferta in comporlo,
e in correggerlo, non occorrerà
stupirsi se il prezzo di esso eccederà
notabilmente quello degli altri
Cominiani Libri di egual mole.
Con che alla vostra buona grazia
mi offero e raccomando”.
Molto noto e studiato nel catalogo è
il Glossario riportato nella sezione delle
“Varie avvertenze”. Vanno ricordati
gli studi di Angelo Paredi, del quale
la Biblioteca di via Senato possiede
una copia nell’edizione bibliofila limitata
non venale (G. Volpi, Varie avvertenze
utili e necessarie agli amatori de’ buoni
libri disposte per via d’alfabeto, Milano,
1962), di Giulio Peruzzi (Librai, stampatori
e polemiche antiche, in “L’Esopo,
Rivista trimestrale di bibliofilia” 2,
giugno 1979, pp. 37-46), di Gianfranco
Dioguardi (Gaetano Volpi, Del furore
d’aver libri, Palermo, Sellerio, 1988),
e di Edoardo Barbieri (Gaetano Volpi,
Avvertenze utili e necessarie
agli amatori de’ buoni libri [1756],
con note e illustrazioni, Milano,
Università Cattolica, 2006).
Oltre ai lemmi istruttivi,
il Glossario ne riporta molti inusuali,
divertenti e ormai in parte dimenticati:
“CANI. Convien bandirli affatto dalle
Librerie, atteso il loro instinto d’alzar
la gamba nell’orinare; principalmente

30
dove le scanzie sono quasi fino in terra;
essendo a’ Libri perniciosissima la loro
orina”, o “INSETTI. Tenendo i Libri aperti,
restano esposti all’infestazione, e alle
ingiurie di varj insetti, e principalmente
delle sporche e insolenti mosche, che
alle volte ricamano tutti i frontispicj
di essi co’ loro escrementi; alcuni
de’ quali facilmente si levano: altri
riescono indelebili. I Naturalisti
sapranno addurre di ciò la ragione”.
Sulle “LIBRERIE PUBBLICHE”
si legge che “per lo più vengono poco
ben tenute” e che la “POLVERE”
è “Nemica capitale de’ Libri”. Divertente
anche il lemma “POVERTÀ. Sotto
pretesto di essa alcuni Religiosi legano
i loro Libri in maniera sordidissima
e orribile, adoprando vilissime
pergamene, anche scritte, cartoni
rozzissimi, e carte di riguardo scritte,
o stampate: in oltre, gran quantità
di colla e di filo”.
Uno si stupisce di imparare che
i libri hanno un proprio odore: “ODORI.
I Libri di varj paesi odorano,
a chi ciò avverte, diversamente.
Quei d’Inghilterra hanno un odor grave
e tetro, e così, presso a poco, ancor
quei di Germania, benchè diverso:
migliore l’hanno quei di Francia, e
d’Ollanda: poco sensibile quei d’Italia”.
Contrariamente alle “Varie
avvertenze”, l’enorme sezione della
“Bibliotheca Domestica”, lunga quasi
400 pagine incluse le due Appendici,
si rivela poco studiata, ma molto ricca,
dal punto di vista quantitativo
e qualitativo. Ritroviamo incunaboli
come “Aldi Manutii senioris Gram.
Graeca. 4. Ven. ab ipso excusa 1497”
(probabilmente facente riferimento
all’edizione di Urbanus Bolzanius,
Institutiones graecae grammaticae,
stampata a Venezia presso Aldo
Manuzio il vecchio nel 1497/1498);
Rufius Festus Avienus, Arati
phaenomena, Venezia, Antonius
de Strata de Cremona, 1488; De situ
orbis di Dionysius Periegetes
nell’edizione di Venezia, Franciscus
Renner de Heilbronn, 1478; l’Aesopus
moralisatus in latino e volgare
nell’edizione di Venezia, Manfredus
de Bonellis de Monteferrato, 1491;
l’edizione De Generosa educatione
liberorum di Jacobus Comes
Purliliarum, stampata a Treviso
da Gerardus de Lisa de Flandria
nel 1492; o il trattato di astronomia
più diffuso nel Medio Evo Sphaera
mundi di Johannes de Sacro Bosco,
legato con Theorica planetarum di
Gerardus Cremonensis, ed entrambi
stampati a Venezia presso Adam
de Rottweil nel 1478.
Del resto ci sono tutte
le importanti edizioni di Aldo Manuzio
il vecchio: Aulus Gellius, Noctium
Atticarum libri undeviginti (1515);
Giovanni Aurelio Augurelli (1505);
Gli Asolani di messer Pietro Bembo
del 1505; il Commentariorum de bello
Gallico libri VIII. di Cesare del 1513;
la rara ed importantissima prima
edizione aldina di Dante (“DANTE,
stampato tutto in elegantissimi
capretti. 8. Venezia presso Aldo 1502.
legato in Damaschin cremese,
colle carte dorate”) del 1502
e quella del 1515; Hecuba, et Iphigenia
in Aulide Euripidis tragoediae nella
traduzione di Erasmo del 1507;
l’esemplare di Giovanni Battista
Recanati della Poemata di Horatius
Flaccus del 1509 (“Exemplar nitidiss.
Ex Bibliotheca Jo. Baptistae Recanati
Viri Clariss. Ven. Patricii, cujus insignia
praefert”); l’edizione del Lucanus
del 1502; Ovidii Metamorphoseon libri
XV. del 1502; Fastorum. Libri VI. De
tristibus. Libri V. De Ponto. Libri IV.
la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
del 1502-1503 (nel catalogo
erroneamente con la data del 1501);
l’edizione latina di Francesco Petrarca
del 1501 (Librorum Francisci Petrarche
impressorum annotatio)
e Le cose volgari di messer Francesco
Petrarcha, sempre del 1501; l’edizione
del Quintilianus del 1514;
o le Scriptores rei rusticae del 1514.
Troviamo anche la contraffazione
stampata nel 1729 da Stefano
Orlandelli coi torchi di Pasinello a
Venezia del Decamerone di Boccaccio,
che Volpi descrive come segue: “Copia
esatta di quello del 1527. 4. Venezia
col nome e coll’insegna de’ Giunti
di Firenze”. Dopo che abbiamo visto che
la biblioteca privata nutre il catalogo
editoriale non stupisce il fatto che ci sia
un numero elevato di testi classici,
spesso nelle curate edizioni dei
Manuzio e dei Giunta. Prevalgono
le edizioni del Cinquecento, ma anche
numerose opere del Seicento
(per esempio le edizione degli Elzevier)
e del Settecento.
Resta da dire che alla morte
di Giuseppe Comino, avvenuta
presumibilmente nel 1756, la tipografia
con l’intero fondo del negozio venne
venduta nel 1758 al figlio del Comino,
Angelo (-1814), che proseguì l’attività
del padre per circa venti anni dal 1763
al 1782. Usando sempre il nome
e la marca del padre Giuseppe, Angelo
Comino riuscì a stampare circa
un centinaio di opere prima che la
tipografia fallisse, nel 1780.
Concludendo si può affermare
con convinzione che l’impresa felice
Volpi-Comino, durante quest’attività
di più di sessant’anni, riuscì
a contribuire notevolmente
alla conservazione e alla trasmissione
della memoria dei libri.

34 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 35
UN BREVE SAGGIO SULLA VOLONTÀ DI CATALOGARE
PER PRESENTARSI “AGLI AMATORI DE’ LIBRI”
Io vi presento un Libro incominciato da
me con un disegno, proseguito poscia,
e terminato con un altro. Il primo fu di
pubblicare il semplice e succinto Catalogo
della nostra Domestica Libreria, per
conservare in tal guisa la memoria de’
Libri in tanti anni, con non poca spesa e
sollecitudine ragunati, e con particolar
cura ed affetto conservati; sperando
d’incontrare anche così il genio vostro, per
aver avuto la sperienza di molti vostri
pari, che volentieri l’hanno visitata e
scorsa, benché alla sfuggita, come suole
accadere: laddove voi assai
comodamente, e a tutto vostro bell’agio
potrete riandarla, e considerarla;
coll’assicurarla altresì, in parte, dalla
solita fatal disgrazia di moltissime
Librerie, della nostra senza comparazione
anche più ricche e riguardevoli, d’essere,
dopo la morte de’ raccoglitori
e possessori, del tutto smembrate,
distratte, e poste in totale e perpetua
dimenticanza; e ciò con danno
considerabile degli Studiosi, a’ quali
importa informarsi de’ buoni e rari Libri;
che sempre s’incontrano nelle Librerie
poste insieme da periti e diligenti
formatori di esse. E vaglia il vero, se ne
trovano in alcune alle volte o MMS.
o stampati di tanto rari, che si arriva da’
disperati di poterli vedere, dopo lunghe
e accurate ricerche, a dubitare fin di loro
esistenza: come è succeduto a noi
d’osservare in certi Letterati di Germania,
che dubitavano in tal maniera della
Veneta Giuntina Edizione dell’Opere
de’ celebri Fracastoro, e Navagero
nel 1555, unitamente pubblicate in 4°
e così delle Lettere del primo, scritte
DI GAETANO VOLPI (1689 – 1761)
Ecco le appassionate
parole della prefazione
con cui il Volpi spiega
gli obiettivi e le ragioni
della sua preziosissima
“Domestica Libreria”,
dedicata ai “dilettanti”
e alla maggior gloria
dell’Altissimo
intorno al Crescere del fiume Nilo; e pure
quella noi possediamo, ed è quì registrata
a carte 74, e queste si sono da noi
aggiunte, per far loro unicamente piacere,
e per toglierli da un tal sospetto, nella
nostra II Edizione de’ Versi di quell’insigne
Poeta, Filosofo e Medico Veronese, tratte
dalla Raccolta de’ Viaggi, fatta da
Giovambatista Rannusio, dotto nostro
Concittadino, stampata più volte dagli
stessi Giunti in III Vol. in foglio.
Lo che pur successe al Ch. Muratori
in un altro Libro, come si può vedere nella
sottoposta Annotazione.
La rarità di alcuni Libri può
nascere da varie cagioni; cioè dalla
pochezza degli esemplari impressine;
(come è avvenuto nel presente) dalla
singolarità dell’edizioni; dal frequente
uso fattone; lo che accadde al rarissimo
Virgilio Aldino in 8° del 1501, il primo
Libro stampato nel carattere detto
Corsivo, da Aldo inventato: alle Pistole
Famigliari di Cicerone d’ottime antiche
stampe, e a parecchj altri sì fatti Libri,
malmenati e distrutti da’ fanciulli nelle
scuole: e finalmente dalla curiosità delle
materie in essi trattate, che stimola
i Leggitori a provvedersene,
e ad incettarli. Quando però si sa per via
de’ Cataloghi, dove annidano, si può
facilmente o in persona, o per mezzo di
amici, e consultarli, e spogliarli de’ passi
occorrenti, e trarne ancor copia. Grande
adunque si è l’utilità de’ Cataloghi
delle Pubbliche, e delle Private Librerie:
ed essendo questa stata conosciuta
e avvertita meglio finora dagli Eruditi
Oltramontani, che da’ nostri Italiani,
benchè al par di essi studiosi, perciò
e dell’une, e dell’altre moltissime ne’ lor
paesi li han pubblicati, a notabilissima
comodità degli applicati alle buone
lettere; a’ quali si dilata così
la cognizione degli Scrittori, e degli
Argomenti da essi maneggiati, potendosi
altresì mettere in pratica agevolmente
l’Omnia probate, quod bonum est,
tenete, suggeritoci dall’Apostolo.
Ma siccome le Pubbliche Librerie sono
stabili, e permanenti, e spesso aperte
a chi vuol valersene, e hanno, per lo più,
sufficienti Cataloghi da potersi scorrere
opportunamente, così non è tanto
necessaria la pubblicazione di questi,
come è di quelli delle Private celebri
e doviziose Librerie, affinché resti almen
la memoria dell’ottimo gusto
e discernimento de’ pratici e diligenti
raccoglitori, e di molti Libri che forse
non mai più sotto gli occhj verranno
de’ Leggitori.
Quattro al presente (per quanto
a me sien note) ne sono quì in Padova le

36
quali ben meriterebbero d’aver stampati
Cataloghi. Quella del Ch. Signor Marchese
Giovanni Poleni, Pub. Prof. composta
d’ottimi Libri di Fisica, e di tutte le parti
della Matematica, ragunati da esso
con gran cura, e senza alcun risparmio
di spesa da tutta Europa. L’altra,
del Ch. Signor Giovambatista Morgagni,
Pub. Prim. Anatomico di XL e più anni in
questa Università, abbondante di scelti
Volumi di Medicina, ma principalmente
di Notomia, alcuni de’ quali sono tanto
rari, che certi forestieri molto dediti
a quella utilissima e nobilissima facoltà,
dopo d’averli diligentemente ricercati
in varj paesi, finalmente, con loro grande
ammirazione e godimento, li ritrovarono
in quella, manifestando al possessore
il lor dubbio ch’essi fossero soltanto
ideali, e citati o da qualche impostore,
o da alcun troppo credulo.
La terza, del fu celebre Sig. Cavaliere
Antonio Vallisnieri, pur nostro per gran
tempo Pub. Prof. arricchita d’ottimi Libri
Medici, Fisici, e specialmente
di Naturale Istoria, di cui avea posto
insieme altresì un raro Museo, di molto
accresciuto, insieme colla Libreria,
e poscia donato generosamente dal
Signor Antonio, suo degno figliuolo, a
questa Università, e illustrato da esso colle
sue dotte ed erudite Lezioni, come Pub.
Prof. di così necessaria e amena facoltà:
del quale ancora, utilissimo e molto
accetto riuscirebbe l’esatto Inventario.
La IV finalmente è quella
la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
del Nobile Signor Guglielmo
Camposanpiero, fornita di quasi tutti
i Libri citati nel famoso Vocabolario
de’ Signori Accademici della Crusca, (de’
quali egli è un distinto ed illustre Socio)
e di tutte le loro differenti Edizioni,
raccolti da esso con grande impegno,
e generosa profusione; onde si può una
tal raccolta piuttosto chiamar Tesoro,
che Libreria.
Per mancanza di tai Cataloghi,
niente da noi si sa della stupenda
Libreria d’Aldo il giovane, formata di ben
ottanta mila Volumi, (cosa, a dir vero,
quasi incredibile per que’ tempi; ma,
se pure ciò è vero, di quanti al presente
comporre se ne potrebbero?) donata
da esso, come si dice, alla Università

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38 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
di Perugia: niente, di quella affatto
insigne di Vincenzo Pinelli in mar
naufragata: niente, delle sceltissime
e preziose d’Agostin Baldo, o Valdo,
e di Pier Montagnana tanto celebrate
dal nostro Scardeone, come
di letteratissimi Padovani.
Grazie però immortali da noi
si rendano all’eruditissimo pur nostro
Cittadino Jacopo Filippo Tomasini,
Vescovo di Capodistria, per aver in due
Volumi registrati i Codici MSS. di tutte
le Librerie Pubbliche e Private di Venezia
e di Padova, avendoci arrecato con ciò,
riguardo a quei che ancora in esse
conservansi, giovamento e profitto, col
potersi da noi consultare e collazionare:
e, rispetto a quei che per varj accidenti
mancano, (che son moltissimi) ciò non
ostante, lume, contento, ed erudizione.
Onde per sì fatti motivi, replico, il mio
primo disegno fu di tessere un succinto
accurato Catalogo Alfabetico, per via,
per lo più, de’ Cognomi degli Autori
de’ Libri; ma vedendo che il Volume così
riusciva di poca mole, e non volendo
ingrossarlo coll’imitar quello della
Libreria del Cardinale Imperiali, dettato
dal Fontanini, e pubblicato in Roma
nel 1711, in un grosso Tomo in foglio,
in cui si annoverano non solo i Libri,
ma tutti gli Opuscoli d’altri Autori in essi
contenuti; istituto utile per gli studiosi,
e perciò imitato da parecchj, e più proprio
per le Pubbliche Librerie; ma poco atto per
far concepir facilmente una giusta idea
della vastità, e ricchezza delle Librerie;
potendosi ripetere anche a tal proposito il
Rari nantes in gurgite vasto; cioè esserci
pochi Volumi a paragone degli annoverati
Componimenti, Trattati, e Opere in essi
racchiuse, che ingombrano e intralciano
gli stessi Cataloghi. Una tale idea assai
meglio si concepisce da quella della
doviziosissima e sceltissima Biblioteca di
Niccolò Einsio stampato in Leiden nel
1682, formante un copioso Volume in
12° di minutissimo carattere, in cui sono
registrati i semplici sugosi titoli de’ Libri.
Io adunque non volendo imitar
somiglianti Cataloghi, per le addotte
ragioni, e affinché actum non agerem;
(che per altro, ciò facendo, il Volume
sarebbe arrivato a mole assai decorosa)

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 39
mutai il primo disegno, e risolvetti
di accrescerlo piuttosto coll’aggiungnere
a molti Libri varie Osservazioni Storiche,
Critiche, Bibliotecarie, Ascetiche, e che so
io. Che se alcune parranno a certi
moderni schizzinosi Critici o troppo
semplici, o troppo minute, io addurrò per
iscolpa di esse l’autorevolissimo esempio
di due gran Personaggi Letteratissimi,
cioè di Monsignor Daniele Uezio,
e dell’Eminentissimo Sig. Cardinal
Querini, i quali ne’ Comentarj che
scrissero de Rebus suis, raccontano, con
piacere de’ Leggitori,a proposito
e gentilmente, cose ancora più semplici
e più minute. Nella seconda Appendice,
ch’è de’ particolari miei Libri, registrati
spesso per via di Materie, troverete
alcune Annotazioni di Argomento Sacro
alle volte un pò lunghe, che avrete
la benignità di donare al mio carattere
di Sacerdote; tractant enim fabrilia fabri.
Pensando in oltre di gradire a
molti, e massime a’ favoreggiatori della
Stamperia Cominiana, (che per buona
sorte non sono sì pochi) ho aggiunto due
Cataloghi di quella; uno Cronologico
e breve; l’altro cogl’interi Frontispicj
de’ Libri da essa usciti, arricchito di varie
e curiose Notizie intorno a’ medesimi,
e delle orrevoli Testimonianze per lo più
tratte dal celebre Giornale de’ Letterati
d’Italia, e dalle Osservazioni del Ch.
Apostolo Zeno sopra la Biblioteca
dell’Eloquenza Italiana del Fontanini,
trascurandone tante, e poi tante, altre
di eruditissimi Soggetti, non per farne
noi poca stima; che anzi protestiamo
a tutti per esse eterna obbligazione;
ma per essermi quelle più a mano, e più
unite, e per non far crescere a dismisura
il Volume, pur troppo ingrossato, contra
il mio primiero divisamento.
Benché eziandío intorno alle
suddette, quì da me addotte e coacervate,
potrà pensare più d’uno, essere stata
questa una gran vanità, Laus enim in ore
proprio fordescit. Ma, oltrechè tali lodi
sono veramente ex ore alieno,
e non mai da noi imboccategli con
suggerimenti od estratti, come da molti si
usa, e perciò spontanee e sincere, intendo
ora e solennemente mi dichiaro di tutte
attribuirle e indirizzarle all’Altissimo Padre

40 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
de’ lumi, da cui dipende omne datum
optimum, & omne donum perfectum; fra’
quali non è l’ultimo il bello ed utilissimo
istinto, donatoci da esso, senz’alcun
nostro merito, di correggere con particolar
diligenza molti buoni Libri, benchè con
viste assai imperfette, e, come dicesi dal
Poeta, più corte d’una spanna; mentre
senza l’ajuto di lui saremmo stati più
negligenti di quei Correttori de’ quali
tutto dì giustamente si dolgono i Letterati.
E, siccome, al dir dell’Arcangelo
condottiere del buon Tobia, Opera Dei
manifestare honorificum est, non mi
vergognerò di dire, essere stato sempre
mio costume prima d’accingermi alla
correzione, d’indirizzarla alla maggior
gloria del Signore, e d’invocare, per riuscire
in essa, l’assistenza del Santo Angelo
Tutelare, a cui Deus mandavit de me ut
custodiat me in omnibus viis meis; una
delle quali, conforme alla sotto addotta
sentenza dell’Apostolo, può riputarsi sì
fatta onesta incombenza ed applicazione.
Per tanto, se in ciò v’è stata qualche
buona riuscita, a Dio solo tutta ne sia la
gloria, dicendoglisi da me di tutto cuore:
Tibi laus, honor, & gloria: mihi confusio,
per que’ molti difetti che infallibilmente
anche in ciò spesso avrò pur troppo
commessi. Finalmente, avendo io in tanti
anni con qualche particolare attenzione
osservato varie cose appartenenti a’ Libri,
e alle Librerie, ho voluto quì stenderle,
affinchè non perissero, e a comun
benefizio, con isperanza che, partecipando
alcun poco della tanto accetta grazia di
Novità, (mentre non saprei dove si
trovassero buona parte di queste così
espresse) sien per gradirsi da voi, Dilettanti
de’ buoni Libri; a’ quali, pria di terminare
questa mia diceria, parmi di dover
soggiugnere, che del presente Libro,
stampato alle particolari mie spese,
essendosi impresse dugento, o poco più,
Copie, e perciò costandomi care, come
altresì per la minutezza de’ caratteri, pel
gran tempo impiegato, e per l’enorme
fatica sofferta in comporlo, e in
correggerlo, non occorrerà stupirsi se il
prezzo di esso eccederà notabilmente
quello degli altri Cominiani Libri di egual
mole, con che alla vostra buona grazia mi
offero e raccomando.

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 41
L’editore ideale Piero Gobetti
alla Biblioteca di via Senato
La seconda puntata del catalogo ragionato del grande torinese
Come già anticipato nello scorso numero di questa nostra
rivista [gennaio 2010 – anno II, numero 1],
l’occasione di questo inedito “catatalogo ragionato”
delle opere date alle stampe dal Gobetti editore nasce dal recente
ingresso nelle collezioni della Biblioteca di via Senato
proprio dell’intero corpo delle pubblicazioni edite dalla piccola
casa editrice che portò il nome dell’eclettico intellettuale torinese,
uno dei rari letterati che seppe riflettere davvero in
profondità sulla figura dell’editore, sulle sue responsabilità e
sul significato del suo lavoro.
Un ruolo, quello dell’editore, che per Piero Gobetti assomigliava
assolutamente a un vero e proprio impegno civile,
come si evince dalla grande mole dei
carteggi tra lui e i “suoi” autori, e ancor
più dalla lettura del suo L’editore
ideale, affascinante testo pubblicato solo
nel 1966 da Vanni Scheiwiller. Pagine
lievi e intense al tempo stesso, da
cui scaturiscono, come naturalmente,
tutta la frenesia intellettuale di Gobetti
e tutto il suo amore per le “carte” e
per il libro, sia come oggetto, sia come
privilegiato medium di informazioni e
suggestioni altrimenti irripetibili.
Pagine che sono, quindi, una sorta
di sua autobiografia ideale, il perfetto
testamento spirituale di un uomo
che, oltre ad aprire una casa editrice,
fondò riviste (“Energie Nuove” e “Rivoluzione
Liberale”, anch’esse integralemte
presenti negli archivi della Bi-
Un intellettuale e i “suoi” autori
MATTEO NOJA
blioteca di bia Senato) e collaborò con molte altre (la gramsciana
“Ordine Nuovo” in testa), ma lavorò anche come libraio
commissionario e libraio antiquario, oltre a coltivare
spesso l’idea di acquistare prima una libreria tradizionale e
poi, addirittura, un chiosco di libri in piazza San Carlo.
Ma torniamo allo scopo di queste nostre pagine, e quindi
alla celebrazione della sua accorata attività di editore.
Un’avventura incominciata nel 1922, quando si mise in società
con Felice Casorati e Arnaldo Pittavino – titolare della
Tipografia Sociale di Pinerolo –, fondando la propria casa
editrice con una sigla ancora provvisoria, la “Arnaldo Pittavino
e C. Editori”, marchio che solo poco più di un anno dopo
lasciò il posto alla “Piero Gobetti
editore” per via dell’arresto dello stesso
Pittavino, di Gobetti e del di lui padre
Giovanni Battista, anche se i torchi
usati per almeno 32 dei 114 titoli editi
continuarono a essere quelli della tipografia
di Pinerolo.
Una produzione non così esigua,
se si conta che venne data alle stampe in
poco più di tre anni, ma soprattutto
un’attività editoriale di ampissimo respiro,
visto che si dedicò ai temi più diversi,
spaziando dalla storia alla politica
e dalla poesia all’arte e al teatro.
Molto vario anche il novero degli autori
pubblicati, molti dei quali scelti tra i
maestri e gli amici dell’università, alcuni
indubbiamente tra le migliori
penne della nostra tradizione liberale.

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 43
In fondo a ogni scheda, compare il numero di riferimento
della pubblicazione di Maria Accame Lanzillotta,
Le edizioni e i tipografi di Piero Gobeti. Studio
di bibliografia storica, edito nel 1980 dal Centro studi
Piero Gobetti di Torino
Malaparte, Curzio - Italia barbara
Torino : Piero Gobetti editore, 1925 - 126 p. ; 20 cm
Curzio Malaparte [Kurt Erich Suckert, 1898-1957],
grande gionalista e scrittore italiano. Con Gobetti ebbe a
dispetto delle diverse posizioni politiche una solida amicizia
che sfociò in una proficua collaborazione. Con questo
libro edito da Gobetti, assunse ufficialmente e definitivamente
al rpogettato cognome Malaparte.
[M. Accame Lanzillotta, n. 86].
Mar Nicolosi, Vito - Guido Gozzano
Torino : P. Gobetti, 1925 - 77 p. ; 19 cm
Vito Mar Nicolosi, catanese, professore al Liceo Severino
Grattoni di Voghera. Gobetti gli pubblicò il saggio
senza intervenire sui contenuti, forse perché dava un giudizio
oltremodo negativo dell’opera del poeta torinese.
Tradusse dal francese.
[M. Accame Lanzillotta, n. 78]
Marchesini, Maria - Omero
Torino : Le edizioni del Baretti, 1926 - 119 p. ; 20 cm
Tra gli studenti fondatori con Piero Gobetti di “Energie
Nuove”, dedicherà nel n. 5 del 5 luglio 1919 un articolo di
aspra critica alla “Ronda”. Fu sentimentalmente legata a
Carlo Levi nel 1924.
[M. Accame Lanzillotta, n. 103]
Merlino, Francesco Saverio - Politica e magistratura
dal 1860 ad oggi in Italia
Torino : Piero Gobetti Editore, 1925 - XI, 106 p. ; 20 cm
Francesco Saverio Merlino [1856-1930] fu un noto attivista
e teorico anarchico socialista. Nel 1889 diresse la
“Rivista critica del socialismo” cui collaboravano Georges
Sorel, Enrico Leone e Arturo Labriola. Nel 1901 assunse
la difesa dell’anarchico Bresci accusato di regicidio.
[M. Accame Lanzillotta, n. 47].
Mignosi, Pietro - L’eredità dell’Ottocento
Torino: Gobetti, 1925 - 114 p. ; 20 cm
Mignosi [1895-1937], palermitano, fu scrittore e insegnante
di filosofia. Fondò la rivista “La Tradizione”.
[M. Accame Lanzillotta, n. 77].
Mill, John Stuart - La libertà ; con prefazione di Luigi
Einaudi
Torino : Piero Gobetti Editore, 1925 - 181 p. ; 20 cm
(Quaderni della Rivoluzione Liberale)
[M. Accame Lanzillotta, n. 42].
Missiroli, Mario - Il colpo di Stato
Torino : P. Gobetti, 1924 - 79 p. ; 20 cm
Mario Missiroli [1886-1974], brillante giornalista, nel
primo dopoguerra fu direttore del “Resto del Carlino” e
del “Secolo”. Gobetti gli rifiutò un articolo sulla “Rivoluzione
Liberale” perché lo riteneva una sostanziale giustificazione
del fascismo. Dopo la seconda guerra mondiale,
politicamente vicino a De Gasperi, fu direttore del “Messaggero”,
del “Corriere della Sera” e del “Corriere d’informazione”.
[M. Accame Lanzillotta, n. 38].
Mobac, Domingo [Domenico Comba] - Epistola
sermoneggiante alla Società degli Apoti
Torino ; Pinerolo : Pittavino e C., [1922?] - 37 p. ; 19 cm
Medico torinese, Domenico Comba fu anche giornalista
e scrittore.
[M. Accame Lanzillotta, n. 6].
Montale, Eugenio – Ossi di seppia
Torino: Gobetti, 1925 - 100 p.; 20 cm
Eugenio Montale [1896-1981] uno dei massimi poeti italiani
del Novecento. Questo è il suo primo libro di poesie
e comprende liriche scritte dal 1920 al 1925. Gobetti per
l’uscita del volume aveva escogitato un “sistema di vendita
minima con prenotazione” (così scrisse a Montale): il
poeta ligure riuscì a malapena a mettere insieme 25 nomi
interessati, compreso il suo.
[M. Accame Lanzillotta, n. 69] .
Monti, Augusto - Scuola classica e vita moderna
[Torino ; Pinerolo?] : Pittavino e C., [1922] - XVI, 204 p. ;
25 cm
Amico di Gobetti e Gramsci, Augusto Monti [1881-
1966] collaborò alla “Rivoluzione Liberale”. Fino al 1934
insegnò al Liceo Massimo d’Azeglio di Torino dove ebbe
tra i suoi allievi alcuni notevoli personaggi della cultura
torinese e italiana: Cesare Pavese, Leone Ginzburg e
Massimo Mila. Nel ’34 fu arrestato e condannto dal tri

44 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
bunale speciale per antifascismo a 5 anni di carcere. Partecipò
alla resistenza nel Partito d’Azione.
[M. Accame Lanzillotta, n. 2].
Mucci, Renato - Natura morta
Torino : Gobetti, 1925 - 106 p. ; 17 cm
Renato Mucci [1893-?] poeta e traduttore, nato a Roma.
[M. Accame Lanzillotta, n. 87].
Navarra Masi, Tecla - La rivoluzione francese e la letteratura
siciliana
Torino : Gobetti, 1923 - X, 106 p. ; 20 cm
La scrittrice siciliana si interessò anche di problemi legati
al femminismo. La prefazione del volume è di Giovanni
Gentile. In realtà il volume fu stampato a Noto nel 1919
dalla Libreria La Verità e Gobetti si limitò a ricopertinare
e a coprire il nome del vecchio editore con un cartellino
stampato.
[M. Accame Lanzillotta, n. 17].
Nitti, Francesco Saverio - La tragedia dell’Europa :
che farà l’America?
Torino : Gobetti, 1924 - 314 p. : 1 ritr. ; 20 cm
Francesco Saverio Nitti [1868-1953], legato intelletualmente
a Giustino Fortunato, fu professore di scienza delle
finanze a Napoli. Al problema del meridione dedicò alcuni
saggi fondamentali. Nel 1904 iniziò la carriera politica
tra i radicali; fu quindi ministro dell’Agricoltura, Industria
e Commercio con Giolitti [1911-14], del Tesoro
con Orlando [1917-19] e infine presidente di Consiglio e
ministro degli Interni [1919-20]. Si dimise in seguito alle
violente reazioni al suo intervento contro l’impresa di
D’Annunzio a Fiume. Antifascista, fu proprio con i volumi
editi da Gobetti che fece conoscere il suo pensiero.
Costretto a emigrare si recò prima in Svizzera e poi a Parigi.
Dopo esser stato deportat dai tedeschi, rientrò in Italia
nel 1945, riprendendo l’attività politica e fondando
con Croce, Bonomi e V.E. Orlando l’Unione Nazionale
per la Ricostruzione.
[M. Accame Lanzillotta, n. 35].
Nitti, Francesco Saverio - La pace
Torino : Gobetti, 1925 - 235 p. : 1 ritr. ; 21 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 56].
Nitti, Vincenzo - L’opera di Nitti
Torino : Piero Gobetti Editore, 1924 - 274, XI p. ; 21 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 39].
Papafava dei Carraresi, Novello - Badoglio a
Caporetto
Torino : P. Gobetti, 1923 - 71 p. ; 20 cm
Novello Papafava dei Carraresi [1899-1973], discendente
di una famiglia d’antica nobiltà, era figlio dell’economista
Francesco Papafava, uno degli esponenti del liberismo più
cari a Gobetti; fu scrittore di ricordi militari legati alla prima
guerra mondiale e di teorie liberiste. Ricoprì anche la
carica di direttore della RAI dal 1961 al 1964. La sorella
Margherita sposò Lucangelo Bracci Testasecca, che con
lui, Vincenzo Torraca e Giovanni Marchi fondò e animò la
rivista romana “Volontà”, cui collaborò anche Gobetti.
[M. Accame Lanzillotta, n. 9].
Papafava dei Carraresi, Novello - Fissazioni liberali
Torino : Piero Gobetti, 1924 - 105 p. ; 20 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 32].

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 45
Papafava dei Carraresi, Novello - Da Caporetto a
Vittorio Veneto : l’azione del 27. Corpo d’Armata, la ritirata
dall’Isonzo al Tagliamento, la battaglia del Piave, la battaglia
di Vittorio Veneto, la questione Cadorna
Torino : Gobetti, 1925 - 209 p. ; 19 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 75].
Passerin d’Entreves, Alessandro - Il fondamento della
filosofia giuridica di G. G. F. Hegel ; con prefazione di G. Solari
Torino : Gobetti, 1924 - 134 p. ; 20 cm
Lo storico delle idee e del diritto Gioele Solari [1872-
1952] insegnò filosofia a Cagliari, Messina e dal 1918 a
Torino, presso la Facoltà di Giurisprudenza. Instancabile
animatore di studi e formatore di numerose generazioni
di notevoli docenti universitari, ebbe tra i suoi allievi, oltre
a Gobetti che gli fu sempre affezionato, l’autore di
questo volume, Alessandro Passerin d’Entreves, assieme
al fratello Ettore, Norberto Bobbio, Giorgio Colli, Franco
Antonicelli, Aldo Garosci, Aldo Mautino, Felice Balbo,
Luigi Firpo e molti altri. Con lui Gobetti preparò la
sua tesi su Vittorio Alfieri.
[M. Accame Lanzillotta, n. 28].
Pea, Enrico - Rosa di Sion
Torino : Gobetti, 1923 - 46 p. ; 18 cm
(In app.: Il teatro di Enrico Pea di Piero Gobetti)
Enrico Pea [1881-1958] poeta e narratore lucchese. Visse
ad Alessandria d’Egitto dove conobbe e frequentò Ungaretti;
grazie al suo interessamento, cominciò a pubblicare
le sue prose e i suoi versi. Il libro edito da Gobetti era già
stato stampato a Napoli dalla Diana nel 1920.
[M. Accame Lanzillotta, n. 14].
Pignato, Luca - Pietre
Torino : Pietro Gobetti, 1925 - 59 p. ; 20 cm
Poeta siciliano legato al gruppo che animava la rivista
“Coscientia” di Gangale. A chi gli chiedeva notizie sulla
sua vita, Pignato rispondeva di leggere questo libro di
versi. Dapprima stimato negli ambienti dell’antifascismo
siciliano, si avvicinò poi al fascismo. Fu amico di Quasimodo,
Vann’Antò [G.A. Di Giacomo] e Salvatore Pugliatti.
[M. Accame Lanzillotta, n. 64].
Pini, Cesare Guglielmo - Adua : brevi cenni sulla
guerra italo-etiopica-mahdista degli anni 1895-96 : da Amba
Alage a Cassala
Torino : Le Edizioni del Baretti, 1926 - 49 p. ; 20 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 107].
Poggi, Alfredo - Socialismo e cultura
Torino : Piero Gobetti Editore, 1925 - 244 p. ; 20 cm
Alfredo Poggi [1881-1974] di Sarzana, uomo politico e
letterato. Socialista, collaborò alla “Rivoluzione Liberale”
e entrò in contatto con i fratelli Rosselli e il gruppo di
Giustizia e Libertà. Tra i suoi allievi fu anche Giorgio Caproni.
[M. Accame Lanzillotta, n. 67].
Prezzolini, Giuseppe - Io credo
Torino-Pinerolo : Pittavino e C. Editori, 1923 - XII, 168
p. ; 25 cm
Giuseppe Prezzolini [1882-1982] fu direttore di quella
“Voce” cui Gobetti guardava come a un modello da imitare
nella sua attività editoriale. Fu in contatto con Gobetti
sin dai tempi di “Energie Nuove” continuando a

46 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
collaborare anche più assiduamente nelle altre riviste. La
loro amicizia rimase inalterata nonostante alcuni dissensi
soprattutto politici; Prezzolini fu molto vicino a Gobetti
nei primi giorni dell’esilio e durante la malattia che lo
portò alla morte. Dopo esser stato a Parigi presso l’Institut
de coopération intellectuelle, organo della Società
delle Nazioni, si trasferì negli Stati Uniti dove fu per vent’anni
professore di Letteratura italiana alla Columbia
University di New York.
[M. Accame Lanzillotta, n. 8]
Prezzolini, Giuseppe - Giovanni Papini
Torino : P. Gobetti, 1924 - 99 p. ; 20 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 41]
Prunas, Oliviero - Il volto di satana : dramma in quattro
atti
Torino : Piero Gobetti, 1925 - 120 p. ; 20 cm
Oliviero Prunas, scrittore e fondatore della rivista “Sud”,
diretta dal figlio Pasquale, fu anche direttore dell’accademia
militare della Nunziatella a Napoli.
[M. Accame Lanzillotta, n. 88]
Pugliese, Filippo Maria - Poesie
Torino : Gobetti, 1925 - 226 p. ; 18 cm
(In cop.: Le ediz. del Baretti, 1926)
[M. Accame Lanzillotta, n. 85]
Ricci, Carlo - Capitolato-tipo per l’assistenza medico
chirurgica nei comuni del Regno
Torino : P. Gobetti, 1924 - 23 p. ; 18 cm
(Redatto per il Congresso di Trieste e inviato alla Presidenza
generale dell’A.N.M.C. [Associazione nazionale
medici condotti] il 5 dicembre 1923).
Carlo Ricci fu medico condotto dalle tendenze socialiste
e collaborò a molte riviste della sinistra.
[M. Accame Lanzillotta, n. 36]
Ricci, Carlo - Politica sanitaria
Torino : Gobetti, 1925 - 488 p. ; 20 cm
(Nel front.: Libro dedicato specialmente ai medici condotti)
[M. Accame Lanzillotta, n. 52]
Ricciardi, Achille - Scritti teatrali
Torino : Gobetti, 1925 - 99 p. ; 19 cm
Achille Ricciardi fu tra i primi a varare un progetto di riforma
del teatro italiano, auspicando un rinnovamento
della messa in scena attraverso il colore.
[M. Accame Lanzillotta, n. 57]
Riguzzi, Biagio ; Porcari, Romildo - La cooperazione
operaia
Torino : Gobetti, 1925 - 470 p. ; 21 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 58]
Riva, Ubaldo - Passatismi
Torino : Gobetti, 1925 - 135 p. ; 19 cm
Ubaldo Riva, legato al movimento sindacalista di “Pagine
Libere”, collaborò alla “:Rivoluzione Liberale”. I suoi
articoli furono postillati in modo dissenziente da Gobetti.
Le poesie di questo libro sono legate all’esperienza militare
dell’autore. Riva ebbe una funzione di un certo rilievo
nel Club Alpino Italiano.
[M. Accame Lanzillotta, n. 66]

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 47
Ruffini, Francesco - Diritti di liberta
Torino : Gobetti, 1926 - 229 p. ; 20 cm
Francesco Ruffini [1863-1934] fu come Gobetti allievo
di Gioele Solari. Divenne professore di Storia del diritto
a Perugia. Nel 1931, come il padre Francesco, non prestò
giuramento di fedeltà al regime fascista e fu il più giovane
docente italiano a essere dimesso dalla cattedra.
[M. Accame Lanzillotta, n. 92].
Salvatorelli, Luigi - Nazionalfascismo
Torino : Gobetti, 1923 - 181 p. ; 19 cm
Luigi Salvatorelli [1886-1974] professore di Storia del
cristianesimo all’Università di Napoli, collaborò a
molti giornali e riviste, fino a divenire condirettore della
“Stampa” di Torino. Collaborò anche a “Rivoluzione
Liberale”; questo suo libro, nel quale il fascismo veniva
interpretato come un’espressione dei ceti piccolo-borghesi,
ebbe un fortunato successo e vide numerose ristampe.
[M. Accame Lanzillotta, n. 10]
Salvemini, Gaetano [1873-1957] - Dal Patto di Londra
alla Pace di Roma : documenti della politica che non fu fatta
Torino : Piero Gobetti, 1925 - LXXII, 360 p. ; 20 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 54]
Sapegno, Natalino - Frate Jacopone
Torino : Edizioni del Baretti, 1926 - 194 p. ; 20 cm
Natalino Sapegno [1901-1990] fu uno dei maggiori critici
e storici della letteratura italiana. Amico di Gobetti,
collaborò a “Energie Nuove”, “Rivoluzione Liberale” e il
“Baretti”. Laureatosi nel 1922, rielaborò la sua tesi su Jacopone
in questo volume.
[M. Accame Lanzillotta, n. 95]
Sardagna, Filiberto - Il disegno di guerra italiano nell’ultima
guerra contro l’Austria : studio critico
Torino : Gobetti, 1924 - 281 p. ; 20 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 40]
Sciortino, Giuseppe - L’epoca della critica
Torino : Gobetti, 1924 - 40 p. ; 20 cm
Giuseppe Sciortino [1900-1971] fu scrittore e critico
d’arte. Collaboratore della “Coscientia” di Gangale, fu
vicino a “Rivoluzione Liberale” e diresse la segreteria politica
del gruppo che portava lo stesso nome della rivista a
Palermo.
[M. Accame Lanzillotta, n. 29]
Sciortino, Giuseppe - Ventura
Torino : Gobetti, [1925?] - 41 p. ; 19 cm
(Sulla cop. la data è: 1926)
[M. Accame Lanzillotta, n. 89]
Solari, Pietro - La Piccioncina : canovaccio per romanzo
Torino : Gobetti, 1925 - 125 p. ; 19 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 49]
Stolfi, Giuseppe - La Basilicata senza scuole
Torino : Gobetti, [1923?] - 86 p. ; 24 cm
Redattore sportivo della “Stampa”, Giuseppe Stolfi
[1902-1976] collaborò a vari giornali. Lucano trasferito a
Torino si interessò e partecipò a numerose iniziative culturali
e politiche, legate anche ai problemi del Mezzogiorno.
Scrisse per “Energie Nuove” e per “Rivoluzione
Liberale”.

48
[M. Accame Lanzillotta, n. 11]
Sturzo, Luigi - Popolarismo e fascismo
Torino : Gobetti, 1924 - 398 p. ; 21 cm
Luigi Sturzo [1871-1959] fu una delle figue più significative
del cattolicesimo politico della prima parte del Novecento.
Gobetti che ne apprezzava l’azione politica gli
propose di pubblicare alcuni volumi e collaborare a “Rivoluzione
Liberale”. Nel 1919 fondò il Partito popolare;
nel 1924 fu indotto dalla Santa Sede a lasciare l’Italia, in
accordo col governo di Mussolini. Si stabilì prima a Londra
e poi a New York. Tornò in Italia nel 1946 e venne nominato
senatore a vita.
[M. Accame Lanzillotta, n. 27]
Sturzo, Luigi - Pensiero antifascista
Torino : Gobetti, 1925 - 280 p. ; 21 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 51]
la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
Sturzo, Luigi - La libertà in Italia
Torino : P. Gobetti, 1925 - 57 p. ; 20 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 61]
Tilgher, Adriano - Lo spaccio del bestione trionfante :
stroncatura di Giovanni Gentile : un libro per filosofi e non filosofi
Torino : P. Gobetti, 1925 - 89 p. ; 21 cm
Adriano Tilgher [1887-1941] filosofo e saggista italiano,
amico di Ernesto Buonaiuti. Fu tra i firmatari del Manifesto
degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce.
[M. Accame Lanzillotta, n. 63]
Vaccarella, Giovanni - Poliziano
Torino : Gobetti, 1925 - 114 p. ; 19 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 55]
Viana, Mario – Perché la vita è cara
Torino : P. Gobetti, 1925 - 100 p. ; 19 cm
Mario Viana [1883-1976] scrittore legato al movimento

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 49
nazionalista, fu tra i primi a far conoscere in Italia il pensiero
di Georges Sorel. Dopo aver partecipato alla prima
guerra mondiale continuò la sua attività politica sino a
quando il nazionalismo aderì al fascismo. Si ritirò nella
tenuta della moglie, la scrittrice Antonietta Annaratone,
a Fusignano in Romagna.
[M. Accame Lanzillotta, n. 90].
Vincenti, Leonello - Il teatro tedesco del Novecento
Torino : Gobetti, 1925 - 50 p. ; 20 cm
Leonello [o Lionello] Vincenti [1891-1963] giornalista e
germanista, corrispondente della “Stampa” da Monaco
di Baviera. Collaborò alla “Rivoluzione Liberale” e al
“Baretti”: il libro è tratto appunto da un lungo articolo
apparso sul n. 11 del “Baretti”, anno II, del luglio 1925.
[M. Accame Lanzillotta, n. 91]
Vinciguerra, Mario - Il fascismo visto da un solitario :
batti ma ascolta
Torino : Gobetti, 1923 - 70 p. ; 19 cm
Mario Vinciguerra [1887-1972], redattore del “Resto del
Carlino” e del “Mondo” di Amendola con il quale ebbe
stretti rapporti. Collaborò sia alla “Rioluzione Liberale”
che al “Baretti”.
[M. Accame Lanzillotta, n. 12]
Vinciguerra, Mario - Un quarto di secolo : 1900-1925
Torino : P. Gobetti, 1925 - 83 p. ; 19 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 45]
Vinciguerra, Mario - Interpretazione del petrarchismo
Torino : Edizioni del Baretti, 1926 - 111 p. ; 19 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 98]
Zadei, Guido - L’ abate Lamennais e gli italiani del suo
tempo
Torino : Gobetti, 1925 - 278 p. ; 20 cm
[M. Accame Lanzillotta, n. 82]

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 51
La tecnica di colorazione delle
immagini a stampa definita
“pochoir” consiste nell’applicazione
manuale del colore
attraverso mascherine traforate,
dette appunto “pochoirs” in francese.
In Europa, essa fu inizialmente
utilizzata per decorare carte da gioco,
stampe popolari e tappezzerie.
Poi, a partire dalla seconda metà
dell’Ottocento, la voga dell’arte
giapponese, nella quale il pochoir
era impiegato da secoli, contribuì al
suo sviluppo soprattutto in Francia,
dove questo metodo raggiunse la
sua massima fioritura, nel periodo
dell’Art Nouveau e dell’Art Déco.
Durante le prime decadi del
Novecento, i francesi colorarono al
pochoir illustrazioni per lussuose
riviste di moda, per campionari di
tessuti e tappeti, per magnifici volumi
figurati. Uno di questi è proprio
il Traité d’Enluminure d’Art au
Pochoir di Jean Saudé (Paris, Aux
Éditions de l’Ibis, 1925), sontuoso
manuale interamente dedicato alla
tecnica, scritto da uno dei suoi più
grandi esecutori. Nella prefazione,
il designer Édouard Bénédictus,
Libri illustrati in BvS
Nel segno del pochoir, volumi
preziosi e colorati a mano
Le due versioni del Traité di Saudé e il mondo che rivelano
CHIARA NICOLINI
che contribuì al libro anche con
belle testatine Art Déco (FIG 6),
disse che Saudé aveva trasformato
un umile attrezzo inventato per
semplici decorazioni in un versatile
medium artistico in grado di riprodurre
qualsiasi tipo di immagine a
colori senza l’intervento di macchine.
Basta scorrere le pagine e le tavole
di questa voluminosa pubblicazione
– il risultato di trent’anni di
studi – per avere un’idea sia del talento
di Saudé, sia delle molteplici
possibilità d’uso del pochoir.
La Biblioteca di via Senato
possiede una delle 60 copie della tiratura
di testa del Traité che, oltre a
essere firmate da Saudé sono arricchite
da due tavole supplementari ed
eccezionalmente da una mascherina
in rame utilizzata per colorare una
delle illustrazioni del libro (FIG 3).
Ma anche senza questi extra, il Traité
resta comunque un libro davvero
ricco, perché tutte le sue 500 copie
contengono: quattro tavole sciolte
decorate con uno splendido motivo
floreale déco (FIG 4) e destinate a
essere utilizzate come sguardie nel
caso di un’eventuale legatura (l’edi-
zione fu, come d’uso in Francia,
pubblicata a fogli sciolti); trentadue
tavole al pochoir (FIG 10), alcune
delle quali mostrano i differenti stati
di colorazione di una medesima immagine;
16 decorazioni al pochoir
nel testo (FIGG 6, 7 e 11) e numerose
illustrazioni al tratto di attrezzi;
una sequenza di quattordici dimostrazioni
pratiche con le relative
spiegazioni in calce (FIGG 8 e 9); e,
infine, due decorazioni pochoir da
applicare al piatto anteriore e posteriore
della “chemise”.
Dal punto di vista dei contenuti
testuali, il Traité non è meno
prodigo: l’esecuzione di un pochoir
è infatti raccontata nei minimi dettagli.
Il primo passo consisteva nella
scelta del procedimento con il
quale stampare le parti in nero dell’illustrazione:
per le immagini con
margini ben definiti si prediligeva
l’impressione al tratto, mentre la litografia
veniva ritenuta più adatta a
illustrazioni sfumate con tonalità di
grigi (FIGG 1-2).
Lo stadio successivo era la
creazione delle mascherine – una
per ciascun colore – che venivano

52
realizzate ritagliando sottili fogli di
zinco o di rame. Lo zinco è più duttile,
ma anche meno resistente del
rame, e dunque le tirature più grandi
richiedevano pochoirs in rame.
Un artigiano specializzato
preparava quindi le necessarie gradazioni
di colore, che venivano poi
affidate, assieme alla relativa mascherina
e pennello, ai coloristi dell’atelier.
I pennelli erano solitamente
fatti di setole di maiale e, a seconda
del loro uso, avevano forme, misure
e nomi differenti (FIG 7 e 9).
L’ultima, ma non meno complessa
operazione era la rimozione
delle mascherine, che doveva essere
compiuta con grande attenzione e
la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
2
perizia, in modo da non far sbavare
il colore.
Non manca al Traité una concisa
storia dell’arte del pochoir dalle
sue origini leggendarie (pare che
i re medioevali analfabeti come
Carlo Magno usassero mascherine
per siglare decreti e documenti uf-
3
4

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 53
ficiali) fino al suo utilizzo nell’industria
delle cartoline agli inizi del
Novecento. Il saggio termina con
brevi commenti alle tavole e un
elenco di quelle che Saudé considerava
le migliori pubblicazioni illustrate
al pochoir dal 1900 al 1925.
Una più dettagliata storia del
pochoir e una più approfondita analisi
dei migliori esecutori di questa
tecnica si trova nel moderno saggio
di Giuliano Ercoli Art Déco Prints
(New York, Rizzoli, 1989). L’autore
spiega ad esempio che la diffusione
del pochoir in Francia fu determinata
in particolare dalla pubblicazione
di due cataloghi di moda disegnati
e illustrati da Paul Iribe (1883-
1935) e da Georges Lepape (1887-
1971) per il celebre haute couturier
parigino Paul Poiret.
Les Robes de Paul Poiret Racontées
par Paul Iribe (1908) contiene
10 tavole impresse al tratto con eleganti
e sofisticate scene in cui solo
le modelle e i loro abiti sono colorati
al pochoir. Les Choses de Paul Poiret
vues par Georges Lepape (1911) è
arricchito da 12 pochoir caratterizzati
da colori brillanti e intensi. Lepape
non volle riprodurre gli abiti
di Poret in modo accurato, ma offrire
“impressioni” della sua fantastica
collezione ispirata all’arte araba,
persiana e indiana.
La passione di Poiret per l’Oriente,
di cui il pochoir fu uno dei
principali mezzi d’espressione, culminò
con una ricevimento dato dallo
stilista nella sua seicentesca dimora
parigina il 24 giugno 1911. Agghindato
con uno sfarzoso costume turco,
Poiret accoglieva gli ospiti se-
dendo su un trono; il suo giardino era
invaso da fenicotteri, pappagalli,
scimmie e pavoni bianchi; melodie e
fragranze arabe provenivano da un
mercato gremito di mercanti, astrologi
e schiavi, allestito nel parco del
palazzo.
Eventi come questo furono di
grande ispirazione per molti dei più
famosi illustratori parigini dell’epo-
ca – ad esempio Lepape, Georges
Barbier e Umberto Brunelleschi.
Le Jardin des Caresses (1914),
illustrato da Léon Carré e colorato
al pochoir da Saudé, è un meraviglioso
esempio di come la moda per
le scenografie e i costumi orientali
abbia influenzato l’illustrazione di
5

54 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
quel periodo. Pubblicato da Henri
Piazza, che si era affermato stampando
le edizioni francesi dei capolavori
di Edmund Dulac, il Jardin è
anche uno dei libri che segnò l’inizio
dell’età dell’oro dei “livres de
luxe” francesi.
Barbier e Brunelleschi sono
due tra i maggiori illustratori di livres
de luxe adornati da tavole al pochoir.
La breve ma prolifica carriera
del primo ebbe inizio con contributi
a riviste di moda e con due album
di tavole ispirate ai balletti
russi che conquistarono Parigi nel
1909. Le sue immagini decorative e
spesso apertamente sensuali sono
caratterizzate da linee sottili, chiare,
sinuose ma controllate, e da eleganti
combinazioni di colori accesi.
6
Brunelleschi nacque in Toscana
e studiò a Firenze. Si trasferì a
Parigi nel 1900, dove cominciò a
contribuire a noti periodici di
stampo satirico come L’Assiette au
Beurre. Il suo linguaggio grafico è
per certi versi simile a quello di
Barbier, soprattutto per il suo elegante
ornamentalismo; tuttavia le
illustrazioni di Brunelleschi appaiono
più morbide e forse più evocative,
in particolare quelle ambientate
in una decadente Venezia
settecentesca e abitate da malinconici
personaggi in maschera.
Con il passare degli anni, lo
stile dell’artista perse l’iniziale freschezza
e divenne piuttosto affettato;
ma i suoi colori, sempre applicati
con l’uso di pochoirs, rimasero
comunque vibranti e piacevolmente
armonizzati, come si può notare
ne L’Ingénu di Voltaire (FIG 2) e
nella Madame Bovary (FIG 1) pubblicati
a Parigi da Gibert Jeune nel
1948 e nel 1953, di cui la Biblioteca
di via Senato possiede copie in tiratura
limitata.
Oltre ai livres de luxe, due generi
che si avvalsero ampiamente, e
con profitto, della colorazione al
pochoir furono le riviste di moda e i
campionari di stoffe, tappeti e tappezzerie.
I tre più celebri periodici
di moda francesi decorati al pochoir
videro tutti la luce nel 1912:
Modes et Manières d’Aujourd’hui
(1912-1922), il Journal des Dames et
des Modes (1912-1925), e la Gazette
du Bon Ton (1912-1932).
Modes et Manières è soprattutto
noto per i suoi splendidi supple-
7

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 55
menti annuali (sette in tutto) limitati
a poche centinaia di copie e
stampati su pergamena, e per i contributi
di Lepape e Saudé ai primi
numeri. Il Journal des Dames, fondato
e diretto da Tom Antongini,
segretario di Gabriele d’Annunzio,
riproduce favolosi disegni di Barbier,
Boutet de Monvel, Brunelleschi
e Gerda Wegener. La Gazette
du Bon Ton fu comunque quello dei
tre che ebbe più successo di pubblico
e la sua lunga vita lo rende un eccellente
repertorio delle evoluzioni
del gusto nel vestire e nella grafica
tra il 1912 e il 1925.
I campionari di fantasie per
tessuti erano stati in voga fin dagli
anni dell’Art Nouveau, in cui sinuosi
motivi floreali venivano riprodotti
con vivide cromolitografie.
Con il Déco, lo stile ornamen-
8
tale si fece sempre più geometrico e
la colorazione al pochoir sostituì la
riproduzione cromolitografia. Tale
transizione è evidente nello stile di
Eugène Séguy (1890-1985), il cui
Les Fleures et Leurs Applications Décoratives
(1901) ricorda ancora l’opera
di Eugène Grasset e di Alphonse
Mucha, mentre i suoi più
tardi Insects (1925 ca.), Papillons
(1925 ca.) e Prismes (1931) mostrano
un’evidente influsso Art Déco.
Édouard Bénédictus (1878-
1930) disegnò tessuti per firme
prestigiose e creò album che sono
veri e propri capolavori della grafica,
tra cui Variations (1924), decorato
con favolosa opulenza cromatica
da Saudé, e Relais (1930), ricco di
motivi astratti colorati con fredde
tonalità che ricordano quelle del
cubista Robert Delaunay.
Artisti cubisti come Fernand
Léger, Dealunay e sua moglie Sonia,
e Gino Severini si avvalsero
tutti del pochoir, creando opere
quali lo straordinario Fleures et
Masques (1930), disegnato da Severini
e colorato da Saudé, e Sonia Delaunay.
Ses Peintures, ses Objets, ses
Tissus Simultanés ses Modes (1925),
che contiene motivi decorativi per
tessuti ispirati alla ricerca della pittrice
sul colore e sulla luce.
Ma il pochoir non fu appannaggio
esclusivo dei libri per adulti.
Nel 1919 Édouard (Edy) Legrand
(1892-1970) scrisse e illustrò Macao
et Cosmage, che con la sua grafica
rivoluzionaria infuse nuova vita
nella tradizione francese dell’albo
per ragazzi. Anche in questo caso i
9

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 57
colori furono applicati nell’atelier
di Saudé.
Parigi resta il fulcro della
produzione di pubblicazioni colorate
con questa tecnica, che tuttavia
riscontrò un certo favore anche
in Inghilterra negli anni Trenta e
Quaranta, soprattutto ad opera di
Harold Curwen. La Curwen Press
stampò infatti volumi illustrati da
artisti del calibro di Paul Nash e
dell’americano Edward McKnight
Kauffer, colorati al pochoir da
Curwen con innovative mascherine
in celluloide – materiale trasparente
e facile da ritagliare.
Tra i numerosi artisti italiani
che si avvalsero del pochoir, vi sono,
oltre al già citato Brunelleschi,
Vittorio Accornero (1896-1982),
vincitore di una medaglia d’oro all’Esposizione
Internazionale di
Arti Decorative e Industriali Moderne
tenuta a Parigi nel 1925 e
celebre illustratore di libri per
bambini, e Giovanni Meschini
(1888-1977), prolifico designer di
stampe e cartoline. Meschini conobbe
Brunelleschi a Parigi e ne
rimase inizialmente influenzato,
soprattutto nella scelta dei soggetti,
prediligendo Pierrot, maschere
e scene carnevalesche, odalische, e
costumi ispirati alla Venezia del
Settecento.
Al termine dell’esperienza
parigina, Meschini aprì a Terni lo
studio Ars Nova, nel quale, tra il
1925 e il 1930, produsse serie di
splendide cartoline colorate al pochoir.
Divenuto il principale esecutore
italiano di questa tecnica,
l’artista si trasferì in seguito Roma.
Esportò la sua opera anche in
Francia e negli Stati Uniti.
Dopo la Seconda guerra
mondiale, la colorazione al pochoir
fu quasi del tutto abbandonata.
Una delle rare pubblicazioni che se
ne è avvalsa in tempi recenti è la
magnifica edizione delle favole di
Esopo stampata nel 1973 dall’Officina
Bodoni. Impresse sia in italiano,
sia in inglese, Le Favole di Esopo
riproducono le 68 xilografie dell’e-
11
dizione di Esopo pubblicata a Verona
nel 1479, nuovamente incise e
colorate al pochoir nell’atelier parigino
di Daniel Jacomet (FIG 5).
La Biblioteca di via Senato possiede
sia l’edizione in italiano, rilegata
in pergamena e marocchino rosso,
sia quella in inglese, con i piatti in
pergamena e il dorso in marocchino
verde.

58 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 59
La grande opera del Santorini
Il suo atlante anatomico dal fondo bodoniano in Sala Campanella
Santorini, Giovanni Domenico
(Venezia, 1681–1737). Jo. Dominici
Santorini Anatomici summi Septemdecim
tabulae quas nunc primum
edit atque explicat iisque alias addit De
structura mammarum et De tunica testis
vaginali Michael Girardi in Regia
Parmensi Universitate Anatomes Professor
Primarius et Caesar. Leopold. Carol.
Acad. Natur. Curios. Socius. Parma,
Stamperia Reale e Giambattista
Bodoni, 1775.
In folio (mm 313x232); [8],
xxxv, [1], 217, [3] p. Ritratto dell’Autore
inciso su rame in antiporta e 21
tavole anatomiche incise su rame
(umbratae), ciascuna delle quali è seguita
da una tavola che offre una versione
schematica (lineares), quasi fosse
uno schizzo, corredata di lettere
alfabetiche di riferimento al testo.
Legatura ottocentesca in mezza pelle
con titolo, filetti e fregi floreali in
oro su dorso liscio.
Prima edizione postuma a cura
di Michele Girardi (1731-
1797) che sottoscrive la dedica
al duca di Parma Ferdinando I e l’avvertenza
ai lettori. Si tratta dell’unica
significativa edizione di argomen-
Antiporta calcografica su disegno
di G. Battista Piazzetta con il ritratto
di Giovanni Domenico Santorini.
BvS: il “libro ritrovato”
CHIARA BONFATTI
to medico impressa dallo stampatore
ducale parmense Giambattista Bodoni,
di grande interesse anatomico
per il ricco apparato iconografico.
Giuseppe De Lama non include
l’edizione del Santorini nel suo
Catalogo cronologico delle edizioni bodoniane,
secondo volume della Vita del
cavaliere Giambattista Bodoni (Parma,
Stamperia Ducale, 1816), né vi fa riferimento
alcuno, e l’unico richiamo
a Michele Girardi è l’inclusione dell’Epigramma
latino (impresso nel
1784) scritto dal protomedico parmense
in lode al re di Svezia Gustavo
III. E anche il Brooks nella sua Compendiosa
bibliografia di edizioni bodoniane
(Firenze, Barbera, 1927) cita
l’edizione delle Septemdecim tabulae
nell’Aggiunta in fine alla sua bibliografia,
come titolo h incluso nell’ultimissima
numerazione 1417 alla
quale dà il titolo collettivo di Elenco di
libri scolastici stampati nella Stamperia
Reale vivente Bodoni. Uniche informazioni
aggiuntive sono: “in-fol.
picc. È figurato. Brunet, V, 135”.
L’edizione fu dunque fatta
stampare, con il consenso ducale, a
Giambattista Bodoni nella Stamperia
Reale da Michele Girardi, che in
seguito usò il testo e l’apparato iconografico
per le sue lezioni di Anatomia
presso l’Università di Parma,
nella quale era professore.
Al medico Giovanni Domenico
Santorini si deve la scoperta anatomica
del dotto pancreatico minore
o accessorio, scoperta che egli intendeva
pubblicare nella seconda edizione
delle sue Observationes anatomicae
(aggiungendo al titolo quibus
inventorum plurima, tabularum non
modica accessio adjuncta est) per la quale
aveva anche preparato 17 disegni
supplementari tra i quali quello inciso
nella tavola XIII, che mostra appunto
il nuovo condotto pancreatico.
Prima di lui, Albrecht von Haller,
Frederik Ruysch e Jacques-Bénigne
Winslow descrissero il condotto
pancreatico minore, ma commisero
l’errore di considerarlo come un’anomalia
anatomica, mentre il medico
veneziano lo identificò come
un’effettiva componente pancreatica,
se pur di minore importanza e in
certi casi assente nel corpo umano.
Al nome di Santorini si legano anche
i contributi scientifici nel campo dell’anatomia
cerebrale (vasi emissari
del Santorini), la scoperta di un muscolo
facciale (risorius) e delle cornicula,
cartilagini della laringe.
L’anatomista realizzò bellissime
tavole affidandosi per i disegni a
uno dei pittori più celebri, il Piazzetta,
e per l’intaglio a una dei pochi incisori-donna
del tempo, Fiorenza
Marcello, molto apprezzata nonostante
la sua produzione fosse assai

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 61
limitata; Santorini non ebbe però il
tempo di vederle pubblicate in seguito
a morte improvvisa, dovuta a
un’infezione contratta durante
un’autopsia. Con le incisioni, rimase
perciò sconosciuto ai suoi pari anche
il suo contributo nel campo medico.
All’epoca della morte del Santorini,
era professore di anatomia all’università
di Padova l’illustre
Giambattista Morgagni (1682-
1771), geniale innovatore dell’anatomia
normale e patologica. Quest’ultimo
invitò un suo allievo, il conte
Giovanbatista dal Covolo (1739-
1768), a predisporre i disegni dell’amico
e collega Santorini affinché
fossero pubblicati; tuttavia, anche
Giovanbatista dal Covolo fu colto da
morte improvvisa per annegamento
e il testimone dell’impresa passò a un
altro allievo di Morgagni, Michele
Girardi (1731-1797), professore di
anatomia all’università di Parma e
protomedico del Duca, alla cui cura
si deve pertanto la pubblicazione postuma
dell’edizione.
Michele Girardi fu aiutato nella
sua realizzazione dall’allievo Pier
Antonio Gasparotti (1751-1799) e
l’opera fu pubblicata nel 1775, a cinque
anni dalla morte del Morgagni,
venti da quella del Piazzetta e trentotto
dalla scomparsa del suo principale
Autore. Michele Girardi, dopo
avere rivisto il testo di Santorini e di
Giovanbatista dal Covolo, e arricchitolo
di commenti, aggiunse i suoi
contributi scientifici relativi alla
stuttura mammaria e alla tunica vaginale
del testicolo e con essi anche
ulteriori tavole supplementari, delle
quali le prime due, non firmate, sono
di Giovanbatista dal Covolo e le due
successive dello stesso Curatore, incise
da Giuseppe Patrini su disegno
di Ignazio Gasparotti: di queste due
Le due versioni della Tabula I con la raffigurazione dei muscoli facciali, incisa
da Fiorenza Marcelli su disegno di Giovanni Battista Piazzetta.
ultime tavole, la prima raffigura una
sezione mammaria; la seconda la sezione
di un feto di circa sei mesi.
Nella prefazione dell’edizione
parmense Michele Girardi informa
di quanta cura l’Autore delle Tabulae
avesse profuso nella realizzazione
dei disegni a partire da osservazioni
empiriche dei cadaveri; in ciò fu aiutato
dalla maestria del Piazzetta, da
lui considerato il migliore dei pittori
viventi, al quale si deve anche il ri-
tratto di Santorini che compare in
antiporta, e dall’attenzione e finezza
con cui Fiorenza Marcello realizzò
le incisioni, che nella prima raffigurazione
non schematica sono racchiuse
in testa e ai lati da una cornice
come quella delle note tavole anatomiche
di Bartolomeo Eustachi.
Le 17 doppie incisioni per le
tavole del Santorini, così come l’antiporta,
sono prive di firma e quasi
parrebbero disegni a matita per la finezza
del tratto e nitidezza nel raffi-

62 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
gurare le diverse sezioni di organi. E
così recita infatti la Praefatio alle pp.
vii-viii: «Hinc juxta veteres, novasque
observationes plures Anatomicas
Tabulas ad cadavera faciendas curaverat;
atque in hisce delineandis,
ne quidquam desideraretur, cel. Jo.
Baptistae Piazzetta summi, ut Pictoribus
notum, eo in genere Viri, opera
usus est […], easque industri Caelatrici
Florentiae Marcellae commisit,
ut qua peculiari peritia ipsa pollebat,
Santorino caeteroquin dirigente,
non sine permagno taedio, atque labore
diligentissime, tenuissimoque
stylo sculperentur».
Potrebbe sembrare curioso il
fatto che il Santorini si fosse servito
del massimo pittore veneziano dell’epoca
per i disegni e che, per le incisioni,
non avesse poi contattato il
Pitteri, collaboratore del Piazzetta.
Fiorenza Marcello pare ignota alla
maggior parte dei repertori di incisioni:
si possono però rinvenire interessanti
testimonianze su di lei in un
articolo di Rodolfo Gallo, L’incisione
nel ‘700 a Venezia e a Bassano, pubblicato
sull’Ateneo Veneto (a CXXXII,
vol. 128, nn. 5-6-7, Maggio-Giugno-Luglio
1941-XIX), in cui viene
annoverata tra «quanto di meglio vi
fosse allora in Venezia» assieme alla
più nota Felicita Sartori Hoffmann
(1700-1760), proveniente dalla bottega-casa
di Rosalba Carriera, e a p.
109 della Mostra degli incisori veneti
del Settecento. Catalogo a cura di Ro-
Bibliografia:
Bodoni. Quand la simplicité
devient art. Catalogo a cura di
Pasquale Di Rienzo e Michel Wittock,
(Exposition: 17 giugno-9
settembre 2000), Bruxelles, Bibliotheca
Wittockiana, 2000.
Ralph H. Major, Storia della
dolfo Pallucchini, Sale del Ridotto:
28 giugno - 30 settembre 1941 (Venezia,
Carlo Ferrari, 1941), in cui si
parla di un’antiporta incisa a granito
per la Vita di San Bernardino da Siena
(Venezia, Andrea Poletti, 1745).
Ma la collaborazione del Piazzetta
con Fiorenza Marcello si ritrova
anche in un’edizione delle Œuvres
di Jacques Bénigne Bossuet impressa
dall’amico stampatore Giambattista
Albrizzi tra il 1736 e il 1757, ed è particolarmente
rilevante la sua partecipazione
alla grande impresa editoriale
dell’edizione dei cugini Zanetti,
Delle antiche statue greche e romane
(Venezia, G.B. Albrizzi, 1740-1743),
per la quale incise due tavole, ovvero
la Giulia di Tito per il primo volume e
il Gladiatore seduto per il secondo: per
capire la grandezza dell’artista va
sottolineato che all’edizione parteciparono
tutti i più grandi incisori veneti
dell’epoca. Nonostante la sua
importanza, fu travisata in “Marcello
di Fiorenza” e catalogata come incisore
fiorentino.
Fiorenza Marcello fu attiva
nella prima metà del ’700 e lavorò
nella zona di San Giacomo dall’Orio;
si presume fosse allieva dell’Orsolini
per la stretta somiglianza nei
tratti stilistici. Di lei Giannantonio
Moschini a p. 86 del suo Dell’incisione
a Venezia (Venezia, Zanetti, post
1924), scrisse: «Tornò a grande onore
di Fiorenza eziandio che il chiaris-
medicina, Firenze, Sansoni, 1959,
vol. II.
Giannantonio Moschini,
Dell’incisione a Venezia. Venezia,
Zanetti, [post 1924].
Mostra degli incisori veneti
del Settecento. Catalogo a cura di
Rodolfo Pallucchini(Sale del “Ri-
dotto”: 28 giugno-30 settembre
1941), 2 a ed., Venezia, Carlo Ferrari,
1941.
Museo Civico di Bassano del
Grappa (a cura di), Donne artiste
nelle collezioni del Museo di Bassano.
Catalogo a cura del Comitato
8 Marzo (Palazzo Agostinelli,
simo uomo Gian-Domenico Santorini,
di cui pure intagliò il ritratto, la
scegliesse a condurre le tavole per le
sue Osservazioni anatomiche. Io leggeva
in un Ms. presso i Gradenigo,
essere ella stata sorella ad un medico
condotto nell’isola di Burano […]”.
Potrebbe essere un altro spunto per
il legame con l’ambiente medico.
Tornando al Santorini, il professor
Pietro Capparoni nei suoi
Profili bio-bibliografici di medici e naturalisti
celebri italiani dal sec. XV al sec.
XVIII (Roma, Istituto naz. medico
farmacologico Serono, 1926), a proposito
della fama dell’Autore delle
Septemdecim tabulae, così informa:
«la sua scuola salì ad altissima considerazione
e potè accogliere tutto
quello che vi era di più distinto nella
scienza. Scolari innumeri, magistrati,
curiosi e dotti stranieri correvano
ad udire le sue lezioni dall’alto intendimento
scientifico e dalla forma
corretta, purgata ed elegante» (p.
85). «E Haller – aggiunge - di lui dice:
Insignis potissimus incisor, caeterum
protomedicus Venetiis manus et consiliis
medicinam fecit, in artem obstetriciam
etiam praelegit, vir in disserendo accuratus
et inventor» (p. 87). Così avvenne
che la popolarità gli garantì tale
tenace impegno da parte di amici e
colleghi, che la sua opera vide la luce
nonostante i numerosi ostacoli e
contattempi, e fu da allora considerata
come uno dei più brillanti atlanti
anatomici del XVIII secolo.
15 marzo-6 aprile 1986), [s.l.,
s.n.], stampa 1986 (Bassano, Tassotti).
Roy Porter (a cura di), Dizionario
biografico della storia della
medicina e delle scienze naturali
(Liber Anatomicum), Milano,
FMR, 1989, tomo IV (Q-Z).

febbraio 2010 – la Biblioteca di via Senato Milano 63
Azzolini, Lorenzo (1583-
1633). Scelta di poesie di monsignor Lorenzo
Azzolino edite ed inedite. Firenze,
Piatti, 1836.
Oltre ai componimenti poetici
dell’Autore l’edizione contiene una
descrizione del Castello di Monte
Falcone e una nota biografica estratta
da Mazzucchelli, Scrittori d’Italia,
vol. I, parte seconda. Monsignor Lorenzo
Azzolini, nato da un’illustre
famiglia di Fermo, fiorì ai tempi di
Papa Urbano VIII, che lo volle come
suo Segretario e Consigliere di Stato.
L’Azzolini coltivò la sua passione
per la poesia volgare lirica, pur ottenendo
maggiore gloria in quella satirica
per la quale è soprattutto noto
come Autore di una satira contro la
Lussuria e di una contro l’Invidia.
Bianchini, Lodovico (1803-
1871). Principî del ben vivere sociale e
della economia pubblica e degli stati di
Lodovico Bianchini. Seconda edizione.
Napoli, Stamperia Reale, 1855.
Seconda edizione e continuazione
della prima, stampata a Palermo
da Lao nel 1845, come ci informa
lo stesso Autore nelle Note alle pp.
XI-XII. Lodovico Bianchini fu uno
dei numerosi importanti economisti
BvS: un’utopia sempre in fieri
Recenti acquisizioni della
Biblioteca di via Senato
Trattati politici, parodie letterarie e pubblici elogi dal Seicento a noi
Chiara Bonfatti,
Giacomo Corvaglia
e Annette Popel Pozzo
e studiosi politici ottocenteschi del
Regno; se pur poco conosciuto fu influenzato
da Vico, Giannone, Filangieri,
Genovesi, Muratori e da altri
“padri della patria” del Settecento.
Bonavilla, Aquilino. Dizionario
etimologico di tutti i vocaboli usati in teologia,
diritto canonico, storia e letteratura
ecclesiastica, magia, divinazione,
giurisprudenza e politica, che traggono
origine dal greco. Compilato da Bonavilla
Aquilino coll’assistenza del professore
di lingua greca abate d. Marco Aurelio
Marchi. Nuova edizione dedicata a
d. Carlo M. Rosini vescovo di Pozzuoli.
Napoli, Stamperia della Società Filomatica;
Raffaele Marotta & G. Nicola
Vanspandoch, 1822.
Edizione in un volume del Dizionario
etimologico di Aquilino Bonavilla,
letterato e scrittore morto a
Milano nel 1820. Nello stesso anno
uscì anche un’edizione in due volumi
impressa dagli stessi editori mentre
la prima edizione fu impressa a Milano
nel 1819 dal Pirola. Il Dizionario
etimologico del Bonavilla, con il Dizionario
tecnico-etimologico-filologico
del Marchi (ispirato proprio all’opera
del Bonavilla), è tra i capostipiti
ottocenteschi di quelle opere di les-
sicografia italiana originali e non tradotte,
contenenti termini medici, tra
cui vanno ricordati soprattutto i grecismi
“storici” e i neologismi occasionali
con scarso valore d’uso, che
influenzeranno la successiva produzione
dei dizionari specializzati.
Borghi, Giuseppe (1790-
1847). Nelle nozze di sua eccellenza il signor
cavaliere D. Andrea de’ Principi
Corsini colla nobil donzella signora Luisa
Scotto canto di Giuseppe Borghi. Firenze,
Guglielmo Piatti, 1826.
Edizione per nozze che racchiude
il Canto del poeta casentinese
Giuseppe Borghi, accademico della
Crusca e ben noto traduttore di Pindaro.
La maggior parte dei suoi componimenti
poetici furono divulgati a
Palermo e trovarono voce in pubblicazioni
periodiche finché lui stesso li
raccolse in due volumi che furono
pubblicati dal Magheri nel 1841.
Germano, Girolamo (1568-
1632). Vocabolario italiano et greco, nel
quale si contiene come le voci italiane si
dicano in greco volgare. ... Composto dal
P. Girolamo Germano della Compagnia
di Giesu. Roma, Alessandro Zanetti,
1622.

64 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2010
Seconda edizione interamente
ricomposta: contiene il testo corretto
seguendo le emendazioni dell’errata
nella prima tiratura. Raro dizionario
seicentesco italiano-greco con
la relativa pronuncia; precedono il
vocabolario ampie nozioni di grammatica
greca.
Giuliani, Giacomo (1772-
1841). L’antisocialismo confutato opera
filosofica di Giacomo Giuliani conventuale
vicentino. Vicenza, Bartolomeo
Paroni, 1803.
Prima edizione di quest’opera
“politica” in cui l’Autore prende in
esame le affermazioni degli antisocialisti
opponendosi in particolare
alle teorie di Rousseau e Raynal.
Guardione, Francesco (n.
1848). Giuseppina Turrisi Colonna terza
impressione corretta e ampliata. Torino;
et al., Paravia; et al, 1922.
Opera che tratta la vita e le opere
della poetessa Giuseppina Turrisi
Colonna, famosa per i temi civili e
patriottici dei suoi componimenti,
considerata la “Santa Rosalia del Risorgimento”.
Delle tre tavole contenute,
una riproduce la lapide del
Pantheon palermitano con i profili
di Giuseppina Turrisi Colonna e
della sorella pittrice Annetta morta
anch’essa precocemente.
Leopardi, Monaldo (1776-
1847). Le parole di un credente come le
scrisse l’abate F. de La Mennais quando
era un credente. Modena, G. Vincenzi
& C., 1836.
Prima edizione di questa parodia
dell’opera omonima di La Mennais
con cui Monaldo era in polemica.
«Sui primi del 1836 era venuta in
luce, ma senza data di luogo e senza
nome di autore, un’altra operetta dal
titolo I pensieri d’un credente, lodata al
cielo da taluni, creduta da altri scritta
con sottile malizia, tanto che si disse
approvata ed encomiata dallo stesso
La Mennais. Monaldo che con costui
se la sentiva un po’ calda per le
ragioni che sappiamo, fece la prova
egli con le sue Parole d’un credente, e
queste non dovettero essere davvero
approvate dal sig. abate francese. Ne
parlarono e ne riportarono capi interi
o copiosi estratti La voce della verità
(novembre 1836) e Il cattolico di Lugano
(30 apr. 1837). Furono tradotte
in francese per un Canonico di Aosta
(Lyon-Paris 1837) sotto il cui nome
si credette celarsi il canonico Borne,
amicissimo di Monaldo» (Leopardi,
Monaldo, Autobiografia, Roma, A.
Befani, 1883). Ma il vero traduttore
fu il curato di Aosta Schwertfeger.
Mangili, Giuseppe (1767-
1829). Elogio di Felice Fontana orazione
inaugurale degli studi recitata il dì 12
novembre 1812 nella grand’aula della
R. Università di Pavia dal professore
Giuseppe Mangili. Milano, Stamperia
Reale e Leonardo Nardini, 1813.
Elogio fatto dal professore
Giuseppe Mangili, ecclesiastico e
naturalista, in apertura dell’anno accademico
dell’Università di Pavia in
memoria del fisico italiano Felice
Fontana (1730-1805), famoso tossicologo
e studioso dell’apparato oculare
umano.
Mangili, Giuseppe (1767-
1829). Elogio di Lorenzo Mascheroni
orazione inaugurale degli studi recitata
il dì 10 dicembre 1811 nella grand’aula
della R. Università di Pavia dal professore
Giuseppe Mangili. Milano, Stamperia
Reale e Leonardo Nardini, 1812.
Discorso del professore Giuseppe
Mangili in apertura dell’anno
accademico dell’Università di Pavia
in memoria di Lorenzo Mascheroni
(1750-1800), matematico e letterato
italiano noto per i suoi contributi all’analisi
matematica, alla geometria
e alla scienza delle costruzioni.
Marchand, Jean-Henri (m. ca.
1785). Hylaire, par un métaphysicien.
Amsterdam, E. van Harrevelt, 1767.
Parodia del Bélisaire di J. François
Marmontel a opera dell’avvocato
Jean-Henri Marchand, noto per
scritti irriverenti e opere satiriche.
Rossetti, Domenico (1774-
1842). Alle belle triestine. Per la solenne
riapertura del casino vecchio di Trieste.
Trieste, eredi Coletti, 1816.
Raccolta di dieci anacreontiche
composte dal nobile Domenico Rossetti
de Scander, avvocato triestino di
formazione classica e grande collezionista
di libri antichi, manoscritti
miniati, stampe e opere d’arte, soprattutto
di Petrarca e Piccolomini.
Tonso, Prospero (1743-1823).
La moderna democrazia smascherata
ossia Paralello tra lo stato democratico e
lo stato monarchico orazione sacro-politica
del P. Prospero Tonso de’ Predicatori
provicario generale del S. Uffizio di
Alessandria recitata in quella cattedrale
nel giorno del solenne Te-Deum dopo la
resa della cittadella seguita li 21 luglio
1799 corredata di note dal medesimo.
Torino, Guaita, [1799].
Prima edizione del discorso
dell’inquisitore Prospero Tonso,
nella cattedrale di Alessandria in occasione
del Te Deum per la riconquista
della città da parte delle truppe
austro-russe di Bellegarde il 21 luglio
1799. Il frate contesta l’ideologia
rivoluzionaria e sostiene la naturalità
della monarchia d’ancien régime.