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«Il teatro non si può tradire» Profilo di Gianna Giachetti

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE<br />

FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea in Progettazione e Gestione <strong>di</strong> Eventi e Imprese dell’Arte e<br />

dello Spettacolo<br />

Anno Accademico 2006-2007<br />

Te<strong>si</strong> in Storia del Teatro Contemporaneo<br />

<strong>«Il</strong> <strong>teatro</strong> <strong>non</strong> <strong>si</strong> <strong>può</strong> <strong>tra<strong>di</strong>re»</strong><br />

<strong>Profilo</strong> <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

Relatrice Can<strong>di</strong>data<br />

Prof.ssa Teresa Megale Elena Bassanelli


«… se ho un talento è quello <strong>di</strong> amare quel piccolo mondo racchiuso tra le<br />

spesse mura <strong>di</strong> questo e<strong>di</strong>ficio e soprattutto mi piacciono le persone che<br />

lavorano in questo mondo piccolo, fuori <strong>di</strong> qui c’è il mondo grande e qualche<br />

volta capita che il mondo piccolo riesca a rispecchiare il mondo grande tanto<br />

da farcelo capire un po’ meglio… in ogni modo riusciamo a dare a tutti<br />

coloro che vengono qui la pos<strong>si</strong>bilità se <strong>non</strong> altro per qualche minuto, per<br />

qualche secondo, <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare il duro mondo che è là fuori… il nostro<br />

<strong>teatro</strong> è un piccolo spazio fatto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina, coscienza, or<strong>di</strong>ne e amore».<br />

Da Fanny e Alexander <strong>di</strong> Ingmar Bergman.


INDICE<br />

PREMESSA 1<br />

CAPITOLO PRIMO 3<br />

IL PERCORSO ARTISTICO DALL’ACCADEMIA ALLA DURA SCUOLA DEL PALCOSCENICO<br />

1.1 Gli stu<strong>di</strong> e l’esor<strong>di</strong>o sulla scena teatrale. 3<br />

1.2 Orazio Costa maestro e regista. 5<br />

1.3 Gli anni romani. 8<br />

1.4 L’attrice ai Teatri stabili <strong>di</strong> Genova e Torino. 12<br />

1.5 La breve stagione al Teatro Stabile <strong>di</strong> Palermo. 17<br />

1.6 In scena con Giorgio De Lullo e Romolo Valli. 19<br />

1.7 Nuovi ruoli e nuovi personaggi. 26<br />

1.8 Lavorare con Tino Buazzelli. 31<br />

1.9 Dopo il <strong>si</strong>lenzio. 33<br />

1.10 I lavori più recenti. 39<br />

1.11 Il cinema e la televi<strong>si</strong>one. 42<br />

CAPITOLO SECONDO 45<br />

DA “LA CAMERIERA BRILLANTE” A “IL VENTAGLIO”: LE INTERPRETAZIONI GOLDONIANE<br />

2.1 <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> interprete goldoniana. 45<br />

2.2 I rusteghi, anali<strong>si</strong> dello spettacolo. 53<br />

2.3 La libertà <strong>di</strong> Siora Felice. 57<br />

DOCUMENTI 66<br />

Foto degli spettacoli e ritratti. 67<br />

L’album dell’Accademia. (Vol. II)<br />

APPENDICE 99<br />

I L’attrice <strong>si</strong> racconta 100<br />

II Antologia critica. 111<br />

III Teatrografia. 143<br />

IV Cinematografia. 156<br />

V Apparizioni televi<strong>si</strong>ve. 158<br />

VI Letture recitative. 166<br />

BIBLIOGRAFIA. 168


PREMESSA<br />

La storia del Teatro italiano del Novecento, è ricca <strong>di</strong> artisti che<br />

talvolta ne sono stati, e ne sono, protagonisti per decenni, seguendo o<br />

determinandone i cambiamenti, le cri<strong>si</strong>, le evoluzioni. Personalità forti e<br />

determinate che col loro “mestiere” hanno scritto o contribuito a scrivere tale<br />

storia, grazie ad una carriera pluriennale e ad un lavoro costante. Tra questi<br />

nomi <strong>si</strong>curamente ha un posto <strong>di</strong> rilievo l’attrice fiorentina <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>,<br />

artista che dalla fine degli anni Cinquanta calca le scene affrontando ruoli<br />

anche profondamente <strong>di</strong>ver<strong>si</strong> da loro, appartenenti a gran<strong>di</strong> testi <strong>di</strong> autori<br />

italiani e stranieri , scegliendo un percorso <strong>di</strong> libertà che l’ha portata a<br />

cambiare Compagnia e ad accettare nuove sfide.<br />

Ricostruire la carriera artistica <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> <strong>si</strong>gnifica ripercorrere<br />

una strada a ritroso negli anni, nella quale incontriamo i maggiori registi,<br />

autori e attori del nostro <strong>teatro</strong>. Perfetta nei ruoli femminili della comme<strong>di</strong>a<br />

goldoniana, riesce a misurar<strong>si</strong> con i personaggi e le tematiche del dramma<br />

borghese <strong>di</strong> Cechov o <strong>di</strong> Strindberg, con la sottile p<strong>si</strong>cologia dei testi <strong>di</strong><br />

Pirandello e <strong>di</strong> Shakespeare.<br />

La sua carriera <strong>non</strong> riguarda tuttavia solo il <strong>teatro</strong>. L’attrice ha infatti<br />

partecipato con la sua esperienza recitativa in molti film, talvolta d’autore, ed<br />

ha instancabilmente lavorato anche in televi<strong>si</strong>one e alla ra<strong>di</strong>o.


Nata in una famiglia in cui già era presente l’amore per il <strong>teatro</strong> ed il<br />

cinema grazie alla figura del noto attore Fosco <strong>Giachetti</strong> 1 , cugino del padre <strong>di</strong><br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, ben presto, in età adolescenziale, le <strong>si</strong> è manifestato il<br />

de<strong>si</strong>derio <strong>di</strong> calcare le scene, un sogno che ha finito per <strong>di</strong>ventare un<br />

obiettivo preciso, perseguito con lo stu<strong>di</strong>o e l’impegno, durante anni <strong>di</strong> prove<br />

e <strong>di</strong> viaggi, <strong>di</strong> succes<strong>si</strong> e <strong>di</strong>fficoltà, speranze e delu<strong>si</strong>oni, con coraggio,<br />

carattere e determinazione.<br />

La storia, in definitiva, <strong>di</strong> una grande attrice, con un ricco passato da<br />

raccontare, pronta ad affrontare un calendario <strong>di</strong> impegni nuovi e futuri.<br />

1 Fosco <strong>Giachetti</strong> (Sesto Fiorentino 1904-Roma 1974). Attore <strong>di</strong> <strong>teatro</strong>, cinema e televi<strong>si</strong>one.<br />

Dopo aver lavorato in <strong>teatro</strong> dal 1927 con la compagnia Ricci-Bagni e con quella <strong>di</strong> Tatiana<br />

Pavlova con un buon successo <strong>di</strong> critica, passò nel 1934 al cinema. Attore dalla recitazione<br />

sobria e dall’espres<strong>si</strong>one chiusa e accigliata, fu interprete <strong>di</strong> personaggi drammatici, virili e<br />

militareschi. Molto seguito dal pubblico dal 1936 al 1943, <strong>non</strong> riuscì ad inserir<strong>si</strong> con uguale<br />

successo nel cinema italiano del dopoguerra. Vinse la Coppa Volpi due volte, come<br />

protagonista in Benga<strong>si</strong> e Un colpo <strong>di</strong> pistola.<br />

Nel 1958 recitò <strong>di</strong> nuovo in <strong>teatro</strong> a fianco della grande attrice Marta Abba in La nuova<br />

colonia <strong>di</strong> Pirandello (Teatro Stabile <strong>di</strong> Napoli). Come attore televi<strong>si</strong>vo recitò in: La Signora<br />

Rosa (1960), L’ammutinamento del Caine (1962) e La giustizia (1964).<br />

Ricor<strong>di</strong>amo tra i suoi lavori teatrali Nina <strong>di</strong> B. Frank e Un giorno d’ottobre <strong>di</strong> G. Kaiser. Tra i<br />

film citiamo: Squadrone bianco e Tre<strong>di</strong>ci uomini e un can<strong>non</strong>e (1936), Sentinelle <strong>di</strong> bronzo<br />

e Scipione l’africano (1937), Carmen fra i ros<strong>si</strong> (1939), L’asse<strong>di</strong>o dell’Alcazar (1940), Luce<br />

nelle tenebre (1941), Noi vivi, Ad<strong>di</strong>o Kira!, Benga<strong>si</strong> e Un colpo <strong>di</strong> pistola (1942), Giuseppe<br />

Ver<strong>di</strong> (1938), Orgoglio (1939), I fratelli Karamazoff (1948), I falsari (1953), Casa Ricor<strong>di</strong><br />

(1954). Sulla biografia dell’attore <strong>si</strong> veda: Fabrizio Borghini, Fosco <strong>Giachetti</strong>, Prefazione <strong>di</strong><br />

Fernaldo Di Giammatteo, E<strong>di</strong>zioni Play Time, Firenze 1989.<br />

2


CAPITOLO PRIMO<br />

IL PERCORSO ARTISTICO DALL‟ACCADEMIA ALLA DURA SCUOLA DEL<br />

PALCOSCENICO<br />

1.1 GLI STUDI E L‟ESORDIO SULLA SCENA TEATRALE<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> nasce a Sesto Fiorentino il 24 luglio 1935 da Gino<br />

<strong>Giachetti</strong> e Albertina Gherardeschi. Suo padre lavora per molti anni come<br />

operaio nella fabbrica Richard Ginori <strong>di</strong> Sesto e suo fratello Romano 1 sarà un<br />

noto giornalista e critico cinematografico. Vi<strong>si</strong>tando Sesto ci <strong>si</strong> accorge <strong>di</strong><br />

quanto la famiglia <strong>Giachetti</strong> <strong>si</strong>a nota in questa citta<strong>di</strong>na alle porte <strong>di</strong> Firenze 2 .<br />

Camminando per le vie del centro, troviamo infatti una bella galleria intitolata<br />

a Fosco, costruita in omaggio all‟attore sestese e al cinema. Inoltre, presso<br />

la Biblioteca pubblica “Ernesto Ragionieri” <strong>si</strong> trova la Fondazione Romano<br />

<strong>Giachetti</strong>, costituita da ben 5000 volumi <strong>di</strong> letteratura americana<br />

1 Romano <strong>Giachetti</strong> (Sesto Fiorentino 1930-1999). Giornalista e scrittore molto attivo fu<br />

corrispondente dagli Stati Uniti, dove abitò dal 1960, per «La Repubblica», «L‟Espresso» e<br />

«Epoca». Dal 1966 insegnò Letteratura Italiana presso l‟Adelphi Univer<strong>si</strong>ty <strong>di</strong> New York. Fu<br />

traduttore <strong>di</strong> scrittori e poeti americani. Nel 1997 <strong>di</strong>resse il men<strong>si</strong>le «Americana».<br />

Fra i molti libri citiamo: Il bacio, Idealibri, Milano 1984, Lo scrittore americano, Garzanti,<br />

Milano 1987, Nel letto <strong>di</strong> Marylin, Rizzoli, Milano 1994, Il giovane Salinger, Bal<strong>di</strong>ni & Castol<strong>di</strong>,<br />

Milano 1998, Quaderno americano, a cura <strong>di</strong> Luca Scarlini, Marcos Y Marcos, Milano 2001.<br />

Tra i saggi ricor<strong>di</strong>amo: Porno power: pornografia e società capitalistica, Guaral<strong>di</strong>, Bologna<br />

1971.<br />

2 Sulla storia dei citta<strong>di</strong>ni illustri <strong>di</strong> Sesto Fiorentino ve<strong>di</strong>: Gianni Batistoni, Sesto Fiorentino<br />

tra racconti e ricor<strong>di</strong>, E<strong>di</strong>zioni Agemina, Sesto Fiorentino, Firenze 1992.


contemporanea in lingua originale appartenenti al giornalista e donati<br />

all‟istituto dalla famiglia dopo la sua morte.<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> cresce quin<strong>di</strong> in un ambiente familiare in cui ha<br />

modelli <strong>di</strong> personalità forti e creative, tanto da stimolare la sua intelligenza<br />

artistica e la sua ambizione. All‟età <strong>di</strong> quattor<strong>di</strong>ci anni partecipa con curio<strong>si</strong>tà<br />

e gioia al suo primo spettacolo teatrale. Si tratta <strong>di</strong> un‟esperienza che<br />

accende in lei la pas<strong>si</strong>one della recitazione.<br />

La comme<strong>di</strong>a è Lo sbaglio <strong>di</strong> essere vivo <strong>di</strong> Aldo De Benedetti, con la<br />

regia <strong>di</strong> Dante Nello Carapelli, e la scena è quella del Selt Valdarno, oggi<br />

sede dell‟Enel, in via del Sole a Firenze. La messa in scena piace molto al<br />

pubblico in sala, che la ripaga con genero<strong>si</strong> applau<strong>si</strong>. L‟attrice recita anche<br />

con un gruppo che lavora su testi contemporanei, “L‟affratellamento”, <strong>di</strong>retto<br />

da Ghigo Prate<strong>si</strong>, attivo presso i Festival delle Filodrammatiche.<br />

La giovane attrice, spronata dall‟amico e attore Beppe Menegatti,<br />

decide <strong>di</strong> iscriver<strong>si</strong> all‟Accademia d‟arte drammatica “Silvio D‟Amico” 3 <strong>di</strong><br />

Roma. Si <strong>di</strong>ploma nel 1957 in<strong>si</strong>eme ad artisti che <strong>di</strong>verranno gran<strong>di</strong><br />

protagonisti del nostro <strong>teatro</strong> e cinema come Giuliana Lojo<strong>di</strong>ce, Ferruccio<br />

Soleri, Gian Maria Volontè, Umberto Or<strong>si</strong>ni, Mario Mis<strong>si</strong>roli.<br />

Inizia per lei un duro percorso <strong>di</strong> formazione, <strong>si</strong>amo alla fine degli anni<br />

Cinquanta ed il <strong>teatro</strong> italiano <strong>si</strong> caratterizza per un ricco fermento <strong>di</strong> idee e<br />

la voglia <strong>di</strong> cambiamento. La <strong>di</strong>minuzione degli spettatori registrata in questi<br />

anni è causata dalla concorrenza <strong>di</strong> cinema e televi<strong>si</strong>one, che nel 1954 dà il<br />

via alle trasmis<strong>si</strong>oni ufficiali, ma anche da una cri<strong>si</strong> più profonda. La lotta<br />

contro gli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> censura, la cri<strong>si</strong> delle compagnie minori, la presenza <strong>di</strong><br />

3 La fondazione dell‟Accademia d‟arte drammatica <strong>di</strong> Roma <strong>si</strong> deve a Silvio D‟Amico (Roma<br />

1887 – ivi 1955), scrittore, storico teatrale, critico e organizzatore culturale. E‟ la prima<br />

scuola <strong>di</strong> recitazione e regia in Italia, nella quale <strong>si</strong> sono formati i migliori attori italiani.<br />

Figura fondamentale <strong>di</strong> critico, D‟ Amico scrisse opere <strong>di</strong> grande rifles<strong>si</strong>one sul <strong>teatro</strong><br />

italiano. Citiamo: Storia del <strong>teatro</strong> drammatico (1939-40), Il <strong>teatro</strong> dei fantocci (1920),<br />

Tramonto del grande attore (1929), Invito a <strong>teatro</strong> (1935), Il <strong>teatro</strong> <strong>non</strong> deve morire (1945).<br />

Critico attivis<strong>si</strong>mo, prese po<strong>si</strong>zione per un rinnovamento del <strong>teatro</strong> italiano e introdusse la<br />

concezione <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> regia. Opera imponente <strong>di</strong> cui fu ideatore e <strong>di</strong>rettore è l‟Enciclope<strong>di</strong>a<br />

dello Spettacolo, pubblicata in nove volumi (1954-62), con un decimo volume <strong>di</strong><br />

aggiornamento.<br />

4


un <strong>teatro</strong> chiuso e vecchio come quello ufficiale, portano alla nascita <strong>di</strong> un<br />

tentativo <strong>di</strong> innovazione e <strong>di</strong> rivolta attraverso alcuni registi come Giorgio<br />

Strehler, Dario Fo, Luigi Squarzina, Ugo Betti, i quali lavorano per un <strong>teatro</strong><br />

caratterizzato dall‟impegno culturale e politico-sociale 4 .<br />

In questo panorama ricco e complesso inizia il percorso <strong>di</strong> attrice <strong>di</strong><br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, che già in età giovanile recita sotto la <strong>di</strong>rezione artistica <strong>di</strong><br />

gran<strong>di</strong> registi. E‟ interessante notare quanto ogni sua interpretazione <strong>si</strong>a un<br />

passo avanti lungo una strada coerente <strong>di</strong> seria formazione profes<strong>si</strong>onale,<br />

attraverso esperienze in rappresentazioni teatrali <strong>di</strong> alto livello <strong>di</strong> cast e <strong>di</strong><br />

regia.<br />

1.2 ORAZIO COSTA MAESTRO E REGISTA<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> apprende i primi insegnamenti all‟Accademia da<br />

importanti maestri, tra i quali ricor<strong>di</strong>amo Wanda Capodaglio, Ione Morino,<br />

Elma Criner, Sergio Tofano, Giorgio Bassani, Niccolò Gallo, e da un regista e<br />

attore tra i mas<strong>si</strong>mi esponenti del <strong>teatro</strong> italiano come Orazio Costa 5 ,<br />

4<br />

Cfr. Roberto Tessari, Teatro italiano del Novecento, Fenomenologie e strutture 1906-1976,<br />

Casa E<strong>di</strong>trice Le Lettere, Firenze 1996.<br />

5<br />

Orazio Costa Giovangigli (Roma 1911 – Firenze 1999), attore e regista. Allievo attore nella<br />

Regia Scuola “Eleonora Duse”, poi allievo regista all‟Accademia d‟arte drammatica <strong>di</strong> Roma<br />

già dalla sua fondazione, <strong>si</strong> forma con i maestri Silvio D‟Amico prima e in seguito a Parigi con<br />

Jacques Copeau. In Italia <strong>si</strong> va formando la scuola registica e Costa è uno degli elementi<br />

primari della Compagnia dell‟Accademia, creata da D‟Amico, per la quale mette per ben sette<br />

e<strong>di</strong>zioni in scena in modo innovativo il Mistero della vita e Pas<strong>si</strong>one <strong>di</strong> N.S., tratto dallo<br />

stesso D‟ Amico dalle Lau<strong>di</strong> Umbre. Cura la regia <strong>di</strong> testi <strong>di</strong> Shakespeare, Goldoni, Fabbri,<br />

Cechov, Strindberg. I suoi spettacoli segnano la nascita <strong>di</strong> molti gran<strong>di</strong> attori, e<br />

rappresentano nella memoria del <strong>teatro</strong> italiano innovative e originali interpretazioni che<br />

tuttora insegnano. Fonda il Piccolo Teatro della città <strong>di</strong> Roma, soppresso nella metà degli<br />

anni ‟50, e il Teatro Romeo, che ricor<strong>di</strong>amo per la messa in scena <strong>di</strong> un bellis<strong>si</strong>mo Poverello<br />

<strong>di</strong> Copeau. Nel 1979 a Firenze fonda il Centro <strong>di</strong> Avviamento all‟Espres<strong>si</strong>one, presso il quale<br />

<strong>si</strong> forma la concezione <strong>di</strong> un Metodo Mimico particolare. Negli ultimi anni il suo <strong>teatro</strong> <strong>si</strong> fa<br />

sempre più <strong>di</strong>fficile, c‟è l‟incontro con il poeta Mario Luzi per Rosales, ed altri lavori<br />

5


insegnante e teorico del <strong>teatro</strong> che <strong>di</strong>ffonde un suo metodo <strong>di</strong> insegnamento<br />

per la formazione dell‟attore che <strong>di</strong>verrà una teoria generale del <strong>teatro</strong>, in<br />

Italia e <strong>non</strong> solo, sulla quale <strong>si</strong> basa l‟Accademia d‟arte drammatica <strong>di</strong> Roma<br />

fino al 1976 6 .<br />

Nella concezione <strong>di</strong> Orazio Costa l‟attore è importante, ma deve<br />

rimanere coerente rispetto al testo e all‟autore del testo, e tutti gli elementi<br />

devono trovare la loro unità sotto la guida del regista, che svolge un ruolo<br />

fondamentale <strong>di</strong> natura etica e <strong>di</strong> armonizzazione dello spettacolo, <strong>non</strong> solo<br />

in senso coreografico, senza limitarne l‟originalità stilistica. Il suo<br />

insegnamento <strong>si</strong> colloca nell‟ambito dei tentativi <strong>di</strong> aggiornamento del <strong>teatro</strong><br />

italiano, impe<strong>di</strong>ti da una tra<strong>di</strong>zione che risale alla fine dell‟Ottocento, ferma<br />

al dominio dei gran<strong>di</strong> “mattatori”, attori sulla cui recitazione <strong>si</strong> basava l‟intero<br />

spettacolo, fino alla fondazione dell‟Accademia d‟arte drammatica <strong>di</strong> D‟Amico,<br />

nella quale <strong>si</strong> va formando un nuovo tipo <strong>di</strong> attore, che pur conservando<br />

in<strong>di</strong>scusse gran<strong>di</strong> qualità, permette la concezione <strong>di</strong> uno spettacolo che trova<br />

nella figura del regista il momento <strong>di</strong> coe<strong>si</strong>one <strong>di</strong> tutti gli elementi 7 .<br />

L‟attrice recita durante gli anni dell‟Accademia in alcuni importanti<br />

allestimenti <strong>di</strong> Orazio Costa, confrontando<strong>si</strong> con il rigore <strong>di</strong> una regia <strong>di</strong> forte<br />

ten<strong>si</strong>one spirituale, permeata da una concezione <strong>di</strong> sacralità del <strong>teatro</strong> che<br />

contrad<strong>di</strong>stingue la scuola del regista. Il 30 marzo 1956 l‟allieva <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> recita con successo nel ruolo principale della Madonna in Donna del<br />

Para<strong>di</strong>so, Mistero della Natività, Pas<strong>si</strong>one e Resurrezione <strong>di</strong> Nostro Signore,<br />

testo tratto da lau<strong>di</strong> dei secoli XIII e XIV ad opera <strong>di</strong> Silvio D‟Amico. L‟evento<br />

è de<strong>di</strong>cato alla memoria <strong>di</strong> Silvio D‟ Amico, nel primo anniversario della sua<br />

sperimentali. Nel 1992 il Centro viene chiuso per mancanza <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> e nell‟in<strong>di</strong>fferenza del<br />

Comune <strong>di</strong> Firenze.<br />

6 Orazio Costa <strong>non</strong> ha pubblicato gli scritti che riguardano la sua concezione <strong>di</strong> regia e<br />

metodo mimico, tuttavia e<strong>si</strong>stono numero<strong>si</strong> suoi appunti, oggi depo<strong>si</strong>tati presso l‟ETI a<br />

Firenze, detti “Quaderni”. Completo ed esauriente è il Quaderno XVI, Lettera al nipote<br />

Nicola, inizio scrittura il 29/08/1966, (segue nel Quaderno XVII).<br />

7 Ve<strong>di</strong> su questo argomento e sulla nascita della regia in Italia, Mirella Schino, La nascita<br />

della regia teatrale, E<strong>di</strong>zioni Laterza, Roma Bari, 2003.<br />

6


scomparsa, e rappresenta per l‟attrice un vero e proprio banco <strong>di</strong> prova,<br />

superato con grazia e capacità.<br />

Critiche po<strong>si</strong>tive e lo<strong>di</strong> per la sua interpretazione le giungono <strong>si</strong>a dai<br />

maestri dell‟Accademia che dalla stampa:<br />

Fra i trentasei allievi dell‟Accademia ha avuto modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguer<strong>si</strong> <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> nella parte della Madonna. Questa giovane allieva <strong>si</strong> è rivelata una<br />

<strong>si</strong>cura promessa della nostra scena <strong>di</strong> prosa. In platea, un autorevole cugino<br />

della giovane attrice, Fosco <strong>Giachetti</strong>, era vi<strong>si</strong>bilmente commosso del<br />

successo della sua congiunta 8 .<br />

Nel mese <strong>di</strong> luglio dello stesso anno Orazio Costa mette in scena Liolà<br />

<strong>di</strong> Luigi Pirandello, per commemorare i 20 anni trascor<strong>si</strong> dalla morte del<br />

drammaturgo e celebrare i primi 20 anni <strong>di</strong> attività dell‟Accademia, e l‟attrice<br />

vi recita nel ruolo <strong>di</strong> una giovane conta<strong>di</strong>na. Poco più tar<strong>di</strong> interpreta una<br />

delle anime in L‟angelo <strong>di</strong> Luigi Santucci, dramma <strong>di</strong>retto da Orazio Costa,<br />

con la regia <strong>di</strong> Mario Ferrero, che le dà l‟occa<strong>si</strong>one <strong>di</strong> conoscere l‟attore<br />

Giorgio Albertazzi.<br />

Il saggio finale dell‟Accademia, il 27 marzo 1957, è Nostra Dea 9 , <strong>di</strong><br />

Mas<strong>si</strong>mo Bontempelli , piéce complessa e metateatrale, nella quale l‟attrice<br />

recita nel ruolo <strong>di</strong>fficile e principale <strong>di</strong> Dea, <strong>di</strong>retta da una giovane regista ex<br />

allieva dell‟Accademia. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> interpreta un personaggio che<br />

cambia carattere e atteggiamento in funzione dell‟abito che indossa, ruolo<br />

che la fa <strong>di</strong>stinguere per la capacità e il coraggio con il quale affronta la<br />

8<br />

Onorato, Donna del Para<strong>di</strong>so mistero religioso ad opera <strong>di</strong> Silvio D‟Amico al Quirino, in<br />

Poltrona aggiunta, <strong>«Il</strong> Travaso», 8 aprile 1956.<br />

9<br />

Scritta nel 1925, venne messa in scena nello stesso anno al Teatro degli Un<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> via<br />

Odescalchi con grande successo. Mas<strong>si</strong>mo Bontempelli scrisse il testo per Marta Abba, e<br />

utilizzò il lancio clamoroso dell‟attrice in questa prima rappresentazione. Mas<strong>si</strong>mo<br />

Bontempelli, (Como 1898-Roma 1960) fu scrittore e drammaturgo. Tra i testi per il <strong>teatro</strong><br />

ricor<strong>di</strong>amo La guar<strong>di</strong>a alla luna, 1916 – Siepe a Nordovest, 1919 - Minnie la can<strong>di</strong>da, 1928<br />

– La fame, 1934. La sua intera opera <strong>si</strong> confrontò con quella <strong>di</strong> Luigi Pirandello, con il<br />

Movimento Futurista e con un sottile crepuscolarismo. Nostra Dea è una figura femminile<br />

metaforica, una donna manichino che cambia personalità in base all‟abito indossato, «qui<br />

Bontempelli sgonfia i miti dell‟Eros e aggre<strong>di</strong>sce inoltre la retorica del potere (il popolo delle<br />

Marionette <strong>si</strong> fa imbonire dal <strong>di</strong>scorso degli eroi del Balcone e <strong>si</strong>amo nel 1919…), ma in<br />

cambio inizia il suo rapporto osses<strong>si</strong>vo colla figura dell‟automa, colla maschera senza volto,<br />

coll‟attore <strong>di</strong>sanimato», testo tratto da P.P., Bontempelli, «Sipario», n. 458-459, luglioagosto<br />

1986, pp.108-109.<br />

7


prova. L‟attrice scopre sorpresa <strong>di</strong> suscitare, con la sua interpretazione <strong>di</strong><br />

Dea, la risata del pubblico e riceve meritati applau<strong>si</strong> e critiche po<strong>si</strong>tive:<br />

(…) Certo, <strong>di</strong>ciamolo subito, c‟è voluto un gran coraggio a scegliere «Nostra<br />

Dea» per una recita <strong>di</strong> allievi; <strong>si</strong> pen<strong>si</strong>, per raccontare in breve la trama, che<br />

la protagonista <strong>di</strong> questa comme<strong>di</strong>a è una <strong>si</strong>mpatica, bella giovane che<br />

cambia <strong>di</strong> carattere, <strong>di</strong> temperamento, a seconda del vestito che indossa.<br />

Un personaggio come <strong>si</strong> vede, che farebbe drizzare i capelli anche alla più<br />

esperta, alla più quotata delle attrici <strong>di</strong> prosa, una comme<strong>di</strong>a che metterebbe<br />

nelle pettole il più bravo dei nostri registi. (…)<br />

Protagonista della comme<strong>di</strong>a e della serata era <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, allieva del<br />

terzo anno. La giovane <strong>Gianna</strong>, oltreché essere bella, ha anche della stoffa;<br />

se ci <strong>si</strong> permette fare un‟osservazione (a carattere generale però: un <strong>di</strong>fetto<br />

<strong>di</strong> tutti questi attori), è che gesticola troppo 10 .<br />

Finita l‟esperienza <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e formazione dell‟Accademia, l‟attrice inizia<br />

a lavorare nell‟agosto del 1957, ed ottiene una piccola parte nel coro delle<br />

ancelle in Ifigenia in Tauride <strong>di</strong> Euripide, ancora con la regia <strong>di</strong> Orazio Costa<br />

e Mario Ferrero, accanto ad alcuni importanti attori come Lilla Brig<strong>non</strong>e,<br />

Enrico Maria Salerno, Alberto Lupo.<br />

1.3 GLI ANNI ROMANI<br />

Legata alla sua città, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> <strong>si</strong> trova a dover lasciare casa e<br />

famiglia per inseguire la sua pas<strong>si</strong>one e realizzare il percorso <strong>di</strong> attrice, e <strong>si</strong><br />

trasferisce a Roma, dove reciterà nei primi importanti spettacoli. Nel 1958, a<br />

soli ventitre anni, è in scena con una comme<strong>di</strong>a mu<strong>si</strong>cale, Lina ed il<br />

Cavaliere, occa<strong>si</strong>one che la fa lavorare accanto a Franca Valeri, Vittorio<br />

Caprioli, Giuseppe Patroni Griffi in un genere che riscuote un buon successo<br />

<strong>di</strong> pubblico 11 . In questa occa<strong>si</strong>one <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> interpreta una giovane<br />

10 Vice, Saggio <strong>di</strong> regia all‟Accademia d‟Arte drammatica, <strong>«Il</strong> Paese», 28 marzo 1957.<br />

11 Nel 1950 gli attori romani Vittorio Caprioli, Franca Valeri e Alberto Bonucci fondarono il<br />

Teatro dei Gobbi, primo, fortunato e raffinato esempio <strong>di</strong> cabaret all‟italiana. Vi<br />

8


“svanita” e provocante. Viene notata dal grande pubblico oltre che per la<br />

bellezza ed il fascino, per la capacità <strong>di</strong> vestire, all‟interno <strong>di</strong> uno stesso<br />

spettacolo, ruoli <strong>di</strong>ver<strong>si</strong> tra loro con <strong>di</strong><strong>si</strong>nvoltura e ironia.<br />

(…) <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, autentica rivelazione dello spettacolo, ha<br />

spadroneggiato nei panni della Mina, a volte racchia a volte vamp a seconda<br />

della moda e delle operazioni <strong>di</strong> plastica <strong>non</strong> soltanto facciale. (…) 12<br />

La stampa la definisce la giovane “pin up” della prosa:<br />

(…) Una giovane attrice, che per le sue doti fi<strong>si</strong>che potrebbe essere<br />

agevolmente inclusa nel novero delle «maggiorate», ha compiuto in questi<br />

giorni il suo ingresso ufficiale nel palcoscenico, e proviene dalla più severa e<br />

tra<strong>di</strong>zionale delle scuole, dall‟Accademia d‟Arte Drammatica. E‟ <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>, è bruna, formosa. Ha gli occhi a mandorla, le caviglie sottilis<strong>si</strong>me.<br />

Raul Ra<strong>di</strong>ce e Orazio Costa, suoi maestri, l‟hanno ritenuta degna <strong>di</strong><br />

interpretare il <strong>di</strong>fficile personaggio <strong>di</strong> «Nostra Dea» nella comme<strong>di</strong>a omonima<br />

<strong>di</strong> Mas<strong>si</strong>mo Bontempelli. Questo personaggio trent‟anni ad<strong>di</strong>etro portò<br />

fulmineamente al rango <strong>di</strong> prima attrice Marta Abba 13 .<br />

Sempre nel 1958 l‟incontro con Luchino Visconti 14 , con la<br />

partecipazione al dramma familiare Veglia la mia casa, angelo, comme<strong>di</strong>a<br />

sperimentarono un tipo <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> definito “da camera”, nel quale le scenette comiche <strong>si</strong><br />

perfezionavano seguendo gli insegnamenti della scena francese.<br />

12 G. B., Lina e il cavaliere al Valle, <strong>«Il</strong> Secolo d‟Italia», 18 gennaio 1958.<br />

13 La bruna <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> è la «pin up» della prosa, a cura della redazione, <strong>«Il</strong> Giorno»,<br />

22 aprile 1957.<br />

14 Luchino Visconti (Milano 1906 – Roma 1976), conte, nato in una nobile e colta famiglia<br />

lombarda, fu uno dei più importanti registi italiani <strong>di</strong> cinema, prosa e opera. Fin da giovane<br />

coltivò questi tre amori, ebbe una educazione mu<strong>si</strong>cale e teatrale, soggiornò a lungo in<br />

Francia dove con Une partie de campagne (1936) debuttò nella regia cinematografica.<br />

Tornato in Italia abbracciò le idee antifasciste, e realizzò il controverso film Osses<strong>si</strong>one<br />

(1943), che contiene già alcuni elementi del neorealismo. Dopo la Liberazione finanzia un<br />

gruppo teatrale con gli attori Rina Morelli e Paolo Stoppa, all‟Eliseo <strong>di</strong> Roma, iniziando un<br />

rinnovamento del <strong>teatro</strong> privato italiano. La sua regia (<strong>di</strong>ciotto film, quarantacinque<br />

spettacoli e ventuno opere), fu unica e irripetibile per il profes<strong>si</strong>onismo maniacale, il<br />

coraggio <strong>di</strong> una rilettura coraggiosa e in chiave universale dei testi, per la grande<br />

suggestione e impeto drammatico ed espres<strong>si</strong>vo. Citiamo tra i film La terra trema (1948),<br />

Senso (1954), Rocco e i suoi fratelli (1960), Il Gattopardo (1963), Morte a Venezia (1971).<br />

Per la prosa ricor<strong>di</strong>amo I parenti terribili e Adamo (1945), Zoo <strong>di</strong> vetro (1946), Troilo e<br />

Cres<strong>si</strong>da e Oreste (1949), Morte <strong>di</strong> un commesso viaggiatore (1951), La Locan<strong>di</strong>era e Tre<br />

sorelle (1952), Zio Vanja (1955), Contes<strong>si</strong>na Giulia (1957), Uno sguardo dal ponte (1958), Il<br />

giar<strong>di</strong>no dei ciliegi (1965), La monaca <strong>di</strong> Monza (1967). Importante la regia rivoluzionaria<br />

nell‟opera lirica, citiamo dal 1954 al 1957 La sonnambula, La traviata, Anna Bolena e Ifigenia<br />

in Tauride. Dal 1960 ecco Simon Boccanegra, Trovatore, Salomè ed altre, fino all‟ultima<br />

opera: Ma<strong>non</strong> Lescaut (1973).<br />

9


americana tratta da un vecchio romanzo <strong>di</strong> Thomas Wolfe. Il Teatro è il<br />

Quirino <strong>di</strong> Roma e la Compagnia è quella <strong>di</strong> Lilla Brig<strong>non</strong>e, attrice <strong>di</strong> grande<br />

esperienza, formata<strong>si</strong> con registi come Giorgio Strehler e Luchino Visconti.<br />

La giovane <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> recita con lei ed altri bravi interpreti quali<br />

Adriana Asti , Corrado Pani, Tino Bianchi, e molti altri:<br />

(…) Luchino Visconti ha mosso con la consueta perizia un folto gruppo <strong>di</strong><br />

interpreti, circa una ventina, via via animandoli sullo sfondo delle scene<br />

veristiche <strong>di</strong> Mario Garbuglia. Ed ha ottenuto effetti eccellenti in ognuno dei<br />

cinque quadri della comme<strong>di</strong>a. (…)<br />

Applau<strong>si</strong> a scena aperta e alla fine <strong>di</strong> ogni quadro. Dopo l‟ultimo, gli attori e il<br />

regista, sono stati calorosamente evocati più volte al proscenio 15 .<br />

Veglia la mia casa, angelo è un affresco <strong>di</strong> vita provinciale, vi <strong>si</strong><br />

raccontano i conflitti familiari, la solitu<strong>di</strong>ne e l‟incompren<strong>si</strong>one che talvolta vi<br />

regna, tanto da soffocare aspirazioni e creare incapacità <strong>di</strong> comunicazione tra<br />

genitori e figli:<br />

(…) Ambiente <strong>di</strong>sper<strong>si</strong>vo e opprimente quello della famiglia Gant, dove ogni<br />

intimità <strong>di</strong> vita domestica è sacrificata alla convivenza con gli ospiti della<br />

Pen<strong>si</strong>one Dixieland tenuta da Eliza Gant, una donna autoritaria e<br />

incompren<strong>si</strong>va sempre rivolta a combinare affari vantaggio<strong>si</strong> per l‟avvenire<br />

economico della famiglia. (…)<br />

Sfrutta la figlia Helen, benché già maritata, servendosene come d‟una<br />

domestica nel mandare avanti la pen<strong>si</strong>one. (…)<br />

Ma Luchino Visconti è artista d‟una intelligenza e d‟una sen<strong>si</strong>bilità alle quali<br />

<strong>non</strong> sfugge mai il motivo profondo d‟un testo; e, pur avendo badato a<br />

rendere l‟atmosfera confu<strong>si</strong>onaria e opprimente della vita della pen<strong>si</strong>one, la<br />

sua regia ha mirato fin da principio a farvi avvertire il sottinteso <strong>di</strong> quel<br />

conflitto, graduandone le rivelazioni, così che esso esplode con tanto maggior<br />

forza nel commovente finale. 16<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> recita nel ruolo della figlia Helen, sposata ma<br />

<strong>non</strong>ostante questo sfruttata dalla madre egoista e autoritaria, che le fa<br />

svolgere il ruolo della domestica nella conduzione della pen<strong>si</strong>one che lei<br />

15 Raul Ra<strong>di</strong>ce, Veglia la mia casa, angelo <strong>di</strong> Ketty Frings al Teatro Quirino, <strong>«Il</strong> Giornale<br />

d‟Italia», 12 ottobre 1958.<br />

16 Ancora un dramma familiare, a cura della redazione, «Sipario», n. 151, novembre 1958, p.<br />

23.<br />

10


stessa gestisce con grande senso affaristico. La comme<strong>di</strong>a riscuote un buon<br />

successo <strong>di</strong> critica e <strong>di</strong> pubblico e rappresenta per l‟attrice un notevole<br />

esercizio recitativo, guidata dalla regia equilibrata e sapiente <strong>di</strong> Visconti.<br />

(…) Tra gli altri interpreti ricor<strong>di</strong>amo <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, piuttosto vera nella<br />

parte della figlia. (…) Di un gusto minuto e preciso le scene <strong>di</strong> Mario<br />

Garbuglia facevano America quanto le canzoni <strong>di</strong> Nino Rota. Quattro applau<strong>si</strong><br />

a scena aperta, molte chiamate alla fine agli interpreti ed al regista 17 .<br />

Nel 1959 l‟attrice, sempre a Roma, ottiene una parte che la fa<br />

apprezzare <strong>si</strong>a dal pubblico che dalla critica, in Le ragazze bruciate ver<strong>di</strong>, <strong>di</strong><br />

Gian Paolo Callegari, con la regia <strong>di</strong> Daniele D‟Anza. Il tema trattato fa<br />

<strong>di</strong>scutere e, dopo i succes<strong>si</strong> avuti all‟estero, lo spettacolo incontra in Italia<br />

ostacoli e perples<strong>si</strong>tà da parte della censura, poiché <strong>si</strong> ispira ad un fatto <strong>di</strong><br />

cronaca, il co<strong>si</strong>ddetto “affare Monte<strong>si</strong>”, che fa emergere il ritratto <strong>di</strong> una<br />

piccola-me<strong>di</strong>a borghe<strong>si</strong>a priva <strong>di</strong> principi e moralità.<br />

Il 1959 rappresenta per l‟attrice un‟ ottima scuola, nella capitale<br />

ottiene infatti un altro ruolo in una comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Alessandro De Stefani,<br />

Portava la maschera, con la regia <strong>di</strong> Giorgio Ban<strong>di</strong>ni. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> recita<br />

accanto a Renzo Giovampietro, Carlo D‟ Angelo, Lia Zoppelli, in una piéce che<br />

ha come temi il tra<strong>di</strong>mento coniugale, la gelo<strong>si</strong>a, rappresentati in una<br />

atmosfera <strong>di</strong> sogno.<br />

Un‟ esperienza nuova che la porta dopo pochi me<strong>si</strong> a confrontar<strong>si</strong> con<br />

un grande attore <strong>di</strong> cinema, Ugo Tognazzi, stavolta impegnato sulle scene<br />

teatrali in Gog e Magog, riduzione <strong>di</strong> Gabriel Arout, al Teatro Quirino <strong>di</strong><br />

Roma. La comme<strong>di</strong>a, che ha le sue origini nel giallo poliziesco, <strong>si</strong> basa sul<br />

motivo antico del so<strong>si</strong>a e sullo sdoppiamento della personalità del<br />

protagonista, un Tognazzi timido e remis<strong>si</strong>vo, amato e incoraggiato solo<br />

dalla moglie, una brava <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, cui <strong>si</strong> sostituisce in<strong>si</strong>nuando<strong>si</strong> nelle<br />

sue azioni un “doppio” scaltro e immorale. La comme<strong>di</strong>a, ricca <strong>di</strong> sorprese,<br />

17 Giorgio Prosperi, Veglia la mia casa, angelo al Quirino, <strong>«Il</strong> Tempo», 12 ottobre 1958.<br />

11


misteri, e intrisa <strong>di</strong> risvolti p<strong>si</strong>cologici, riscuote un buon successo, anche<br />

grazie all‟interpretazione degli attori:<br />

Ugo Tognazzi è entrato con tanta <strong>di</strong>screzione nel personaggio del<br />

protagonista, ne ha <strong>di</strong>segnato lo sdoppiamento con mano così leggera e<br />

qua<strong>si</strong> timida, da dar l‟impres<strong>si</strong>one che egli <strong>si</strong> <strong>di</strong>fendesse con una recitazione<br />

scolorita dal sospetto <strong>di</strong> voler portare sulla scena <strong>di</strong> prosa le forzature<br />

comiche dell‟attore <strong>di</strong> rivista. (…)<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (la moglie), Antonella Steni (la suocera), Mico Cundari<br />

(l‟Ispettore), col Severini e il Carloni, hanno contribuito al successo dello<br />

spettacolo che ha procurato numerose chiamate a Tognazzi e ai suoi<br />

collaboratori 18 .<br />

1.4 L‟ATTRICE AI TEATRI STABILI DI GENOVA E TORINO<br />

Negli anni 1960-63 alcuni importanti teatri <strong>di</strong>ventano Stabili; tra i<br />

maggiori vi sono quelli delle tre città industriali Genova, Milano e Torino. Il<br />

problema che <strong>si</strong> presenta è la forte ingerenza degli organi centrali dello Stato<br />

sulla produzione degli Stabili, attraverso l‟arma delle sovvenzioni pubbliche.<br />

Da un lato il <strong>teatro</strong> ha bisogno dei fon<strong>di</strong>, dall‟altro rischia una limitazione <strong>di</strong><br />

libertà espres<strong>si</strong>va a causa del controllo statale. Tuttavia il miglior <strong>teatro</strong> <strong>di</strong><br />

regia sta continuando nel suo percorso, <strong>non</strong>ostante i limiti imposti dalla<br />

burocrazia politica 19 .<br />

L‟impegno <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> continua nei due importanti Teatri<br />

Stabili <strong>di</strong> Genova e Torino, dove la <strong>di</strong>rezione artistica rispettivamente <strong>di</strong> Luigi<br />

Squarzina 20 e Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o 21 , conduce la prosa a eccellenti risultati.<br />

18<br />

Gog e Magog <strong>di</strong> Gabriel Arout, In attesa dei gros<strong>si</strong> spettacoli, Lo spettatore, a cura della<br />

redazione, «Sipario», n. 175, novembre 1960, p. 29.<br />

19<br />

Cfr. Roberto Tessari, Teatro italiano del Novecento, Fenomenologie e strutture 1906-1976,<br />

Casa E<strong>di</strong>trice Le Lettere, Firenze 1996.<br />

20<br />

Luigi Squarzina, nato a Livorno nel 1922, regista e drammaturgo, stu<strong>di</strong>a all‟Accademia S.<br />

D‟Amico negli anni 1942-1945. La prima prova <strong>di</strong> regia da profes<strong>si</strong>onista è nel 1947 con<br />

12


Nel febbraio 1961 a Genova l‟attrice recita in Uomo e Superuomo <strong>di</strong><br />

George Bernard Shaw, nella Compagnia <strong>di</strong> Alberto Lionello, <strong>di</strong>retta da Luigi<br />

Squarzina. Il tema trattato dall‟autore è quello del<br />

(…) Superuomo come prodotto, motore e guida della Forza Vitale della quale<br />

la donna è soltanto la parte ostinatamente riproduttiva, e la rappresentazione<br />

del mito <strong>di</strong> Don Giovanni portato ai nostri tempi, e naturalmente capovolto<br />

nel personaggio <strong>di</strong> John Tanner catturato dalla donna malgrado le sue<br />

continue fughe. 22<br />

Il regista mette in scena il testo <strong>di</strong> Shaw in modo eccellente, la<br />

bellezza della scenografia <strong>di</strong> Pier Luigi Pizzi e la buona recitazione <strong>di</strong> Alberto<br />

Lionello e degli altri attori, sono elementi vincenti <strong>di</strong> uno spettacolo riuscito.<br />

Nel settembre dello stesso anno <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> incontra il regista<br />

Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o e inizia un periodo <strong>di</strong> lavoro intenso sotto la sua<br />

<strong>di</strong>rezione artistica, al Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino. La prima esperienza con<br />

questa regia è La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui <strong>di</strong> Bertolt Brecht, un dramma<br />

nel quale i temi sociali e politici cari all‟autore, emergono nel personaggio <strong>di</strong><br />

Arturo Ui, impersonato da Franco Parenti 23 , attore e regista che sarà<br />

Erano tutti miei figli. Dirige il Teatro Stabile <strong>di</strong> Genova, in collaborazione con Ivo Chiesa, dal<br />

1962 al 1976, e vi allestisce spettacoli che suscitano scalpore come Il <strong>di</strong>avolo e il buon Dio <strong>di</strong><br />

Sartre (1962). Affronta Goldoni, Ibsen, Pirandello, ma anche la drammaturgia moderna. Dal<br />

1976 <strong>di</strong>rige il Teatro Stabile <strong>di</strong> Roma, e dall‟83 sceglie la libera profes<strong>si</strong>one. La sua regia<br />

mantiene coerentemente una propria cifra stilistica, rispettosa della realtà storica e sociale,<br />

libera dalle costrizioni del passato. Citiamo tra le sue opere da drammaturgo: I cinque sen<strong>si</strong>,<br />

Tre quarti <strong>di</strong> luna e Emmetì.<br />

21 Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o (Verona 1924), regista. Noto per i suoi esperimenti volti alla<br />

riscoperta <strong>di</strong> Ruzante e del suo <strong>di</strong>fficile linguaggio, lavora anche su testi <strong>di</strong> Goldoni, Molière e<br />

compie allestimenti importanti su testi del Novecento, ad esempio <strong>di</strong> Svevo. Dal 1958 <strong>di</strong>rige<br />

il Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino e dal 1968 al 1998 è sovrintendente dell‟Ente lirico <strong>di</strong> Verona.<br />

Citiamo tra i suoi lavori: La Moscheta (rappresentata nel 1950-56-60-62), I Dialoghi del<br />

Ruzante (1965), La Betia (1969), tratti da Ruzante; La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui <strong>di</strong><br />

Brecht (1961), Le mani sporche <strong>di</strong> Sartre (1964), Se questo è un uomo <strong>di</strong> Levi (1966), poi<br />

ricor<strong>di</strong>amo Le donne gelose (1985), Le donne de casa soa (1986), Le baruffe chiozzotte<br />

(1988), La bottega del caffè (1989) tratti da Goldoni, L‟avaro <strong>di</strong> Molière (1992), Un marito <strong>di</strong><br />

Svevo (1983). Del suo impegno nel campo della lirica ricor<strong>di</strong>amo gli importanti allestimenti <strong>di</strong><br />

opere <strong>di</strong> Wagner e <strong>di</strong> Ver<strong>di</strong>.<br />

22 Roberto Rebora, A Genova - Una regia impeccabile e un Lionello in gran forma per <strong>non</strong><br />

parlare dell‟autore, «Sipario», n. 180, aprile 1961, pp. 28-29.<br />

23 Franco Parenti (Milano 1921 – ivi 1989), regista, attore e autore drammatico. Sen<strong>si</strong>bile e<br />

versatile interprete, pur essendo nato come attore comico riesce durante la lunga carriera a<br />

misurar<strong>si</strong> con personaggi e generi <strong>di</strong>ver<strong>si</strong>, dal tragico alla rivista, dal cabaret alla poe<strong>si</strong>a,<br />

13


compagno <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> e <strong>di</strong> vita dell‟attrice in questi anni importanti. Il testo<br />

viene portato in scena da De Bo<strong>si</strong>o in modo efficace e la stessa <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> riceve meritati applau<strong>si</strong> in<strong>si</strong>eme agli altri attori, tra i quali emergono<br />

oltre a Franco Parenti , Mimmo Craig e Adriana Asti:<br />

(…) Di <strong>si</strong>nceri impeti Adriana Asti, e fortemente drammatica <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

Duane nelle gramaglie della vedova <strong>di</strong> Dollfuss. Successo caloroso 24 .<br />

Il dramma viene messo in scena nell‟ambito <strong>di</strong> un corso <strong>di</strong><br />

rappresentazioni che comprende La Moscheta <strong>di</strong> Ruzante e La cameriera<br />

brillante <strong>di</strong> Goldoni. Per <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> lavorare in questi importanti<br />

allestimenti <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o, <strong>si</strong>gnifica misurar<strong>si</strong> con tre fondamentali<br />

autori del <strong>teatro</strong> italiano.<br />

La Moscheta, ovvero la comme<strong>di</strong>a del parlar fino <strong>di</strong> Angelo Beolco<br />

detto Ruzante, drammaturgo rinascimentale padovano riscoperto a partire<br />

dalla seconda metà dell‟Ottocento, viene rappresentata più volte 25 da<br />

Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o, che compie un approfon<strong>di</strong>to stu<strong>di</strong>o trentennale<br />

sull‟autore. L‟attrice è chiamata a recitare nell‟applau<strong>di</strong>ta e<strong>di</strong>zione del 1962,<br />

in scena in Italia ed in tournèe a Barcellona e Madrid.<br />

dall‟antico al moderno. Diplomato all‟Accademia dei Filodrammatici nel 1940 con Giorgio<br />

Strehler, lavora nel 1941 con Paolo Gras<strong>si</strong> per la ricerca <strong>di</strong> una drammaturgia italiana e<br />

interpreta ruoli importanti a <strong>teatro</strong>. Dal ‟50 collabora con la Rai per la produzione <strong>di</strong> testi <strong>si</strong>a<br />

per la ra<strong>di</strong>o che per la televi<strong>si</strong>one, e nel ‟53 scrive con Dario Fo e G. Durano Il <strong>di</strong>to<br />

nell‟occhio e Sani da legare. La sua attività registica <strong>si</strong> svolge negli anni 1959-1960 al Piccolo<br />

Teatro <strong>di</strong> Genova, poi passa fino alla fine del 1962 al Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino dove collabora<br />

con Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o. Nel 1963 è Direttore del Teatro Stabile <strong>di</strong> Palermo e l‟anno<br />

succes<strong>si</strong>vo è chiamato a recitare con Eduardo De Filippo. La sua attività <strong>di</strong> regista e attore è<br />

ricca <strong>di</strong> succes<strong>si</strong> e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>menticabili interpretazioni, citiamo un commovente Ambleto <strong>di</strong><br />

Giovanni Testori in scena a Milano nel 1973. Nasce nel 1972 la Cooperativa Teatro Franco<br />

Parenti, a Milano, Salone Pier Lombardo, idea <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> vitale e innovativo.<br />

24 Eligio Possenti, La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui <strong>di</strong> Brecht, in 10 anni <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> (cronache<br />

drammatiche) <strong>di</strong> Eligio Possenti, E<strong>di</strong>tore Nuova Accademia, Milano 1964, p.343.<br />

25 Debutto al Teatro Odeon <strong>di</strong> Buenos Aires, 17 agosto 1960, durante una tournée in<br />

America Latina dal titolo Il sentimento popolare nel <strong>teatro</strong> italiano. Debutto in Italia nel 1961<br />

all‟XI Festival Nazionale <strong>di</strong> Prosa a Bologna, poi al II Festival della Prosa <strong>di</strong> Reggio Emilia e<br />

nello stesso anno in tournée al Théatre des Nations <strong>di</strong> Parigi. Nel 1962 in scena in Italia e<br />

partecipazione al Festival del Teatro Latino <strong>di</strong> Barcellona. La produzione è del Teatro Stabile<br />

<strong>di</strong> Torino.<br />

14


(…) La nuova e<strong>di</strong>zione della Moscheta è molto bella. Nella pesante scena <strong>di</strong><br />

Scandella, giustamente pesante come la sorvegliata parlata dei personaggi,<br />

la vicenda <strong>di</strong> quel povero essere che è Ruzzante <strong>di</strong> fronte alla bella moglie e<br />

ai suoi amanti <strong>si</strong> svolge con una misura stilistica ineccepibile. Soltanto il<br />

bravis<strong>si</strong>mo Parenti ha dato a Ruzzante qualcosa in più del necessario. Cioè la<br />

volontà e la determinazione, che a tratti sono risultate evidenti, hanno reso il<br />

personaggio uomo forte, il che è contrario alla sua realtà. Ma al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong><br />

questa osservazione Parenti <strong>non</strong> è che da elogiare nel suo continuo<br />

progre<strong>di</strong>re. Con lui sono stati applau<strong>di</strong>tis<strong>si</strong>mi il <strong>di</strong>vertentis<strong>si</strong>mo Espo<strong>si</strong>to,<br />

l‟impetuosa <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, il sorprendente Zernitz, e il <strong>si</strong>mpaticis<strong>si</strong>mo<br />

Cavalieri 26 .<br />

Al Festival Latino <strong>di</strong> Barcellona, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> riceve il premio come<br />

migliore attrice, per la recitazione nel ruolo <strong>di</strong> Betìa, in <strong>di</strong>aletto patavino del<br />

1500.<br />

L‟e<strong>si</strong>to fu appagante, al Festival del Teatro Latino a Barcellona (1962), dove<br />

la compagnia ottenne la maggior parte dei premi in palio, regia,<br />

interpretazione, allestimento: la proposta parve innovativa, la presenza del<br />

personaggio popolare al centro del <strong>di</strong>scorso teatrale fu accolta con emozione<br />

dal pubblico catalano, ben attento allora a qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> umore conformista. 27<br />

Dopo Ruzante l‟attrice incontra Carlo Goldoni, autore a lei caro,<br />

chiamata a recitare nel ruolo principale <strong>di</strong> Argentina ne La cameriera<br />

brillante, un personaggio furbo, allegro, cui <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> regala una<br />

grande energia ed una fresca comicità. Si tratta <strong>di</strong> una comme<strong>di</strong>a scritta da<br />

Goldoni dopo la riforma da lui operata sul <strong>teatro</strong>, in un attimo <strong>di</strong> svago e <strong>di</strong><br />

spasso, in quanto tale intreccio riprende quello clas<strong>si</strong>co e strutturale della<br />

comme<strong>di</strong>a dell‟arte 28 . Un buon successo <strong>di</strong> pubblico, una comme<strong>di</strong>a riuscita<br />

con una Compagnia formata da attori come Franco Parenti, Sergio Tofano,<br />

Adriana Asti e naturalmente una ventiseienne <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> che vanta già<br />

una buona esperienza teatrale.<br />

26<br />

Alcuni ottimi spettacoli vecchi e nuovi, a cura della redazione, «Sipario», n.188, <strong>di</strong>cembre<br />

1961, p. 118.<br />

27<br />

Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o, Un trentennio <strong>di</strong> lavoro sul Ruzante, in Giovanni Calendoli (a cura<br />

<strong>di</strong>), Ruzante sulle scene del secondo dopoguerra: catalogo della mostra a Padova 25<br />

maggio-15 giugno 1983, Grafiche Piesse, Mogliano Veneto 1983.<br />

28<br />

La comme<strong>di</strong>a tuttavia contiene alcuni elementi originali, tra cui la trovata geniale <strong>di</strong><br />

Argentina <strong>di</strong> far recitare agli altri personaggi una comme<strong>di</strong>ola pensata da lei e che vede gli<br />

attori calati in parti contrarie ai loro caratteri. Quin<strong>di</strong> <strong>si</strong> ha l‟originalità <strong>di</strong> questa invenzione<br />

che <strong>si</strong> pùo definire “<strong>teatro</strong> nel <strong>teatro</strong>”, con l‟aspetto interessante <strong>di</strong> mettere i personaggi a<br />

nudo <strong>di</strong> fronte ai propri <strong>di</strong>fetti.<br />

15


Nel novembre del 1961 l‟attrice va in scena sempre con la regia <strong>di</strong> De<br />

Bo<strong>si</strong>o in Don Giovanni involontario <strong>di</strong> Vitaliano Brancati, comme<strong>di</strong>a pervasa<br />

da un triste sarcasmo che impegna gli attori in una <strong>non</strong> facile<br />

interpretazione, e riscuote un tiepido successo <strong>di</strong> pubblico e <strong>di</strong> critica:<br />

(…) La bella comme<strong>di</strong>a, che <strong>si</strong> crea sulle <strong>si</strong>llabe, è stata presentata in<br />

un‟e<strong>di</strong>zione variamente giu<strong>di</strong>cabile. Mi è sembrato che questa volta il regista<br />

Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o <strong>non</strong> abbia trovato che a tratti la unitarietà dei toni della<br />

rappresentazione. (…)<br />

Nella bella e intelligente scena <strong>di</strong> Emanuele Luzzati (suoi anche i costumi) il<br />

protagonista Renzo Giovampietro ha dato un‟altra prova delle sue attuali<br />

capacità. (…) Con lui sono da ricordare il bravo Franco Parenti, comico e<br />

patetico nella parte <strong>di</strong> Rosario Zappulla, giovane che <strong>non</strong> riesce con le donne;<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, che deve stare attenta a <strong>non</strong> ripetere troppo lo stesso<br />

personaggio; Cecilia Sacchi, al suo debutto, e dobbiamo accogliere con<br />

piacere la sua prova totalmente po<strong>si</strong>tiva; la brava Giovanna Pellizzi, Isabella<br />

Riva così comunicativa, Annamaria Bottini, Cristiano Cen<strong>si</strong>, Giulio Oppi,<br />

Mimmo Craig, Carla Parmeggiani 29 .<br />

L‟attrice rimane fino alla fine del 1962 allo Stabile <strong>di</strong> Torino, e va in<br />

scena in novembre ne L‟ufficiale reclutatore <strong>di</strong> George Farquhar, comme<strong>di</strong>a<br />

del 1706 <strong>di</strong>retta da De Bo<strong>si</strong>o e Parenti, che per certi aspetti <strong>di</strong> vita rusticana<br />

e per il suo <strong>di</strong>vertire attraverso una satira politica e amara riporta l‟attrice in<br />

un‟ atmosfera <strong>si</strong>mile a quella creata da Ruzante. Lo spettacolo tuttavia <strong>non</strong><br />

ottiene buoni risultati e gli stes<strong>si</strong> attori offrono interpretazioni <strong>non</strong><br />

completamente convincenti:<br />

(…) La vicenda dell‟Ufficiale reclutatore è tenue e tutt‟altro che peregrina: i<br />

ca<strong>si</strong> amoro<strong>si</strong> con i consueti <strong>di</strong>spetti, equivoci e travestimenti valgono a creare<br />

un arioso bozzetto <strong>di</strong> mondo conta<strong>di</strong>no, tra il provinciale e il rusticano, con<br />

caratteri <strong>di</strong> ribalderia e <strong>di</strong> sanguigno colore locale che fanno venire in mente<br />

la tra<strong>di</strong>zione italiana, <strong>non</strong> solo i comici dell‟arte, ma i più acri Plauto e<br />

Ruzante. (…)<br />

Nel proporre sulla scena questa complessa vi<strong>si</strong>one del mondo la regia <strong>di</strong><br />

Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o e Franco Parenti ha scelto una soluzione <strong>di</strong><br />

compromesso. (…)<br />

Il compromesso, poi, ha messo gli attori <strong>di</strong> fronte a grosse <strong>di</strong>fficoltà e <strong>non</strong><br />

tutti sono stati sempre all‟altezza della <strong>si</strong>tuazione che li voleva, secondo<br />

l‟occa<strong>si</strong>one, calati nel personaggio oppure in una po<strong>si</strong>zione critica. Se Giulio<br />

Oppi, Osvaldo Ruggieri e Mimmo Craig (finalmente in una parte a lui<br />

29 Roberto Rebora, Don Giovanni involontario, «Sipario», n. 189, gennaio 1962, pp. 16-17.<br />

16


congeniale <strong>di</strong> “Miles gloriosus”) hanno fatto tutto molto bene e con agilità,<br />

Franco Parenti poteva essere più in<strong>si</strong>nuante e meno caricaturale, Carla<br />

Gravina <strong>si</strong> è <strong>di</strong>mostrata, per quanto piena <strong>di</strong> buona volontà, ancora acerba, e<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> ha avuto risultati un po‟ monocor<strong>di</strong> 30 .<br />

1.5 LA BREVE STAGIONE AL TEATRO STABILE DI PALERMO<br />

Nel 1963 Franco Parenti assume l‟incarico <strong>di</strong> Direttore del Teatro<br />

Stabile <strong>di</strong> Palermo, struttura che in questi anni collabora con lo Stabile <strong>di</strong><br />

Torino in varie occa<strong>si</strong>oni. La scelta <strong>di</strong> un artista completo e <strong>di</strong> un autore <strong>di</strong><br />

ricerca come Parenti sembra rappresentare il tentativo della città e degli<br />

addetti ai lavori <strong>di</strong> superare i gran<strong>di</strong> problemi e gli ostacoli che incontra il<br />

<strong>teatro</strong> in quest‟area, <strong>si</strong>a per lo scarso interesse degli stes<strong>si</strong> spettatori che per<br />

l‟insufficiente volontà della classe politica 31 .<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> è chiamata a seguire il regista e attore, nelle nuove<br />

produzioni da lui allestite al Teatro Stabile <strong>di</strong> Palermo, bagaglio <strong>di</strong> nuove<br />

esperienze che l‟attrice affronta con il consueto impegno e la pas<strong>si</strong>one per la<br />

recitazione che le dà la forza e l‟entu<strong>si</strong>asmo <strong>di</strong> accettare nuove sfide. In<br />

cartellone vi sono Pirandello, Molière, Brancati. Vengono mes<strong>si</strong> in scena due<br />

testi importanti, L‟uomo, la bestia e la virtù <strong>di</strong> Luigi Pirandello, che offre<br />

l‟occa<strong>si</strong>one a <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> <strong>di</strong> recitare nel ruolo della Signora Perella, e<br />

J.B. <strong>di</strong> Archibald Mac Leish, precedentemente rappresentato e <strong>di</strong>retto dallo<br />

stesso Franco Parenti al Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino.<br />

La stagione teatrale continua, il primo marzo 1964, con Don Giovanni<br />

<strong>di</strong> Molière, testo ambientato in Sicilia, rielaborato da Bertolt Brecht e <strong>di</strong>retto<br />

30 Guido Bour<strong>si</strong>er, L‟Ufficiale reclutatore, «Sipario», n. 201, gennaio 1963, pp. 38-39.<br />

31 Sulla realtà teatrale <strong>di</strong> Palermo ve<strong>di</strong> inchiesta a cura <strong>di</strong> Guido Val<strong>di</strong>ni, L‟incertezza nella<br />

Palermo teatrale, «Sipario», n. 380, gennaio 1978, pp. 52-53.<br />

17


dallo svizzero Benno Besson, che aveva collaborato con Brecht alla riduzione<br />

e ne era stato il primo regista.<br />

Il Don Giovanni <strong>di</strong> Molière, immagino, lo conoscono tutti e tutti sanno che <strong>si</strong><br />

tratta <strong>di</strong> un‟opera scritta in fretta per ovviare, con la ripresa <strong>di</strong> un tema alla<br />

moda, a un‟improvvisa carenza <strong>di</strong> repertorio determinata dalla proibizione <strong>di</strong><br />

Tartuffe, e <strong>di</strong> un‟opera maledetta come poche del repertorio clas<strong>si</strong>co: quin<strong>di</strong>ci<br />

repliche soltanto vivo l‟autore e poi qua<strong>si</strong> più niente, anche in Francia, per tre<br />

secoli, <strong>si</strong>no alla famosa ripresa <strong>di</strong> Louis Jouvet del 1947. (…)<br />

Lo spettacolo accentua il carattere sostanzialmente irriverente dell‟opera.<br />

Ogni personaggio viene tipicizzato in gesti e mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> parlare risolutamente<br />

caricaturali e ridotto alla <strong>di</strong>men<strong>si</strong>one unilaterale della macchietta. (…) 32<br />

Lo spettacolo risulta tra i più interessanti della stagione, provocatorio<br />

e a tratti surreale, la Compagnia <strong>di</strong> attori, per la maggior parte giovani e alle<br />

prime esperienze, offre una buona prova ed un grande sforzo a livello<br />

organizzativo.<br />

(…)<br />

In questo senso è una serata indubbiamente provocatoria e spesso<br />

affascinante, anche se il risultato pratico <strong>non</strong> è sempre all‟altezza delle<br />

intenzioni che lo hanno originato. Va tenuto presente che questa del Teatro<br />

Stabile <strong>di</strong> Palermo è una compagnia <strong>di</strong> giovani, alcuni dei quali salvo errore<br />

alle loro prime esperienze profes<strong>si</strong>onistiche, che devono talvolta supplire con<br />

la buona volontà a un‟evidente immaturità <strong>di</strong> mezzi. Tra gli interpreti hanno<br />

fatto spicco Gigi Reder, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Mino Bellei e soprattutto Franco<br />

Parenti. (…) 33<br />

Ma nello stesso anno, proprio durante una replica a Cesena del Don<br />

Giovanni, Franco Parenti, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e gli altri attori della Compagnia<br />

apprendono la notizia dell‟incen<strong>di</strong>o che ha gravemente danneggiato la<br />

struttura del Teatro Bellini, l‟ottocentesco <strong>teatro</strong> Carolino <strong>di</strong> Palermo, fatto<br />

grave che porta l‟operazione <strong>di</strong> Teatro stabile condotta dallo stesso regista ad<br />

una forzata e prematura fine. Per molti anni <strong>si</strong> avrà un abbandono delle due<br />

strutture teatrali <strong>di</strong> Palermo, il Teatro Bellini e il Teatro Garibal<strong>di</strong>, e <strong>si</strong><br />

dovranno aspettare ad<strong>di</strong>rittura gli anni Novanta per la riapertura del<br />

co<strong>si</strong>ddetto “Ridotto” del Teatro Biondo Stabile.<br />

32 Arturo Lazzari, Don Giovanni secondo Brecht, «Sipario», n. 216, aprile 1964, pp. 38-39.<br />

33 Ibidem.<br />

18


1.6 IN SCENA CON GIORGIO DE LULLO E ROMOLO VALLI<br />

L‟incontro più importante, il sodalizio artistico e affettivo <strong>di</strong> maggiore<br />

inten<strong>si</strong>tà, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> lo ebbe con Giorgio De Lullo 34 e Romolo Valli 35 .<br />

L‟attrice li ricorda e li racconta con grande emozione e rispetto, e a noi <strong>non</strong><br />

resta che con<strong>si</strong>derare quali gran<strong>di</strong> succes<strong>si</strong> sono stati realizzati da questo<br />

felice incontro <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> personalità del <strong>teatro</strong>, attraverso le esperienze della<br />

Compagnia dei Giovani al Teatro Eliseo <strong>di</strong> Roma, ed in seguito allo<br />

scioglimento della stessa.<br />

Nel 1965 le viene offerto da De Lullo il ruolo della bella Natascha in<br />

una importante e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Le tre sorelle <strong>di</strong> Anton Cechov, con i bei costumi e<br />

le scenografie <strong>di</strong> Pier Luigi Pizzi. Nel curare la regia Giorgio De Lullo <strong>si</strong> ispira<br />

alla memorabile e<strong>di</strong>zione del 1955 <strong>di</strong> Luchino Visconti, nella quale aveva<br />

recitato nella parte <strong>di</strong> Tusenbach. Lo spettacolo, che vanta un cast<br />

34 Giorgio De Lullo (Roma 1921-1981), attore e regista. Diplomato all‟Accademia d‟Arte<br />

drammatica <strong>di</strong> Roma, recita in molti spettacoli, ed entra nella Compagnia Morelli-Stoppa<br />

(1946-47 e 1951). Come attore <strong>si</strong> forma con Visconti, e recita in una tournèe in Sudamerica.<br />

Nel 1954-55 <strong>si</strong> unisce a Buazzelli-Falk-Guarnieri-Valli nella Compagnia dei giovani, e nel ‟56<br />

ne assume la <strong>di</strong>rezione con Romolo Valli, dopo aver esor<strong>di</strong>to come regista. Minore successo<br />

con il cinema.<br />

35 Romolo Valli (Reggio Emilia 1925 – Roma 1980), attore. Dopo la Laurea in giurisprudenza,<br />

fa il suo ingresso a <strong>teatro</strong> nella Compagnia itinerante <strong>di</strong> Fanta<strong>si</strong>o Piccoli, che passerà a<br />

lavorare allo Stabile <strong>di</strong> Bolzano. Al Piccolo <strong>di</strong> Milano, dove lavora con Giorgio Strehler,<br />

incontra Giorgio De Lullo che sarà suo compagno <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> <strong>teatro</strong>. In<strong>si</strong>eme a lui fonda nel<br />

1954, con Rossella Falk, Annamaria Guarnieri e Tino Buazzelli, la Compagnia dei Giovani,<br />

che <strong>si</strong> scioglierà nel 1973, al termine <strong>di</strong> un ciclo de<strong>di</strong>cato alla drammaturgia <strong>di</strong> Luigi<br />

Pirandello. Attore intellettuale e colto, effettua un profondo stu<strong>di</strong>o dei testi e uno scavo<br />

interiore della p<strong>si</strong>cologia dei personaggi interpretati, in maggior parte pirandelliani. Citiamo<br />

tra i gran<strong>di</strong> succes<strong>si</strong>: Sei personaggi in cerca d‟autore (1963-64), Il gioco delle parti (1965-<br />

66), L‟amica delle mogli (1968-69). Il suo lavoro con De Lullo continua con Il malato<br />

immaginario <strong>di</strong> Molière (1974), per tornare a Pirandello con Tutto per bene (1975-76) e<br />

Enrico IV (1977-78). Sue ultime interpretazioni: Terra <strong>di</strong> nessuno <strong>di</strong> Pinter, Divagazioni e<br />

delizie <strong>di</strong> John Gay, Prima del <strong>si</strong>lenzio, scritta per lui da Giuseppe Patroni Griffi. Tra le<br />

interpretazioni cinematografiche ricor<strong>di</strong>amo: Boccaccio ‟79, Il Gattopardo, Morte a Venezia, Il<br />

giar<strong>di</strong>no dei Finzi Contini, Gruppo <strong>di</strong> famiglia in un interno, <strong>di</strong>retti da Luchino Visconti e<br />

Novecento, <strong>di</strong>retto da Bernardo Bertolucci.<br />

19


d‟eccezione ed una rilettura curata, riscuote il <strong>si</strong>ncero e convinto applauso del<br />

pubblico e buone critiche.<br />

(…) In una comme<strong>di</strong>a povera <strong>di</strong> acca<strong>di</strong>menti esteriori, ma ricca <strong>di</strong><br />

un‟atmosfera creata dall‟azione interiore <strong>di</strong> molti personaggi nessuno dei<br />

quali ha una funzione <strong>di</strong> protagonista, tutti sullo stesso piano dai padroni <strong>di</strong><br />

casa agli ospiti e ai due vecchi servitori, solo l‟eccellenza d‟ogni <strong>si</strong>ngolo<br />

recitante <strong>può</strong> far sì che quell‟atmosfera <strong>si</strong> formi e <strong>si</strong> risolva in poe<strong>si</strong>a. Questo<br />

è avvenuto e ne va resa ampia lode a Giorgio De Lullo regista che nella scelta<br />

degli interpreti è stato avveduto e li ha guidati in modo da portarne l‟in<strong>si</strong>eme<br />

a una rara perfezione. Quanto a De Lullo attore, che <strong>si</strong> era riservata la parte<br />

del fallito e tormentato Andrej, l‟ha resa con una sen<strong>si</strong>bilità che,<br />

nell‟irrompere della pena nascosta, gli ha guadagnato un applauso a scena<br />

aperta. Le sorelle, <strong>di</strong> cui Elsa Albani era la buona e saggia Olga, Rossella Falk<br />

l‟inquieta e dolorosa Mascia, Elena Cotta la dolce e delusa Irina, hanno<br />

formato un terzetto strettamente legato nella <strong>di</strong>ver<strong>si</strong>tà dei caratteri,<br />

commovente nella sua aspirazione alla irraggiungibile Mosca. Stupendo<br />

Romolo Valli nel personaggio del colonnello Verscinin. Bella e o<strong>di</strong>osa <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> nella figura ottusa ed egoista <strong>di</strong> Natascia 36 .<br />

Uno spettacolo che tuttavia, secondo parte della critica, in alcuni<br />

momenti stenta a mantenere un eguale livello <strong>di</strong> inten<strong>si</strong>tà <strong>si</strong>a nei ritmi che<br />

nella qualità della recitazione, creando quel continuum che dovrebbe essere<br />

uno spettacolo riuscito <strong>di</strong> Cechov:<br />

Le Tre sorelle che ha messo in scena De Lullo all‟Eliseo è un curioso<br />

spettacolo misto <strong>di</strong> rappresentazione e perorazione, <strong>di</strong> ottimismo e<br />

pes<strong>si</strong>mismo, <strong>di</strong> tempo allegro e tempo crepuscolare, <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

atmosfera e comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> carattere, <strong>di</strong> flusso continuo e <strong>di</strong> flusso interrotto,<br />

<strong>di</strong> pedanteria scenica e d‟immaginazione scenografica. (…) De Lullo ha capito<br />

benis<strong>si</strong>mo che occorreva dargli un ritmo alacre e qua<strong>si</strong> marziale senza per<br />

questo togliere nulla alla malinconia degli ad<strong>di</strong>i. Ma poi su quello sfondo <strong>di</strong><br />

suoni e <strong>di</strong> richiami ve<strong>di</strong>amo passare e ripassare l‟affranto, fallitis<strong>si</strong>mo Andrej<br />

che spinge la carrozzella del figlio con una mestizia degna della più<br />

convenzionale e risaputa delle comme<strong>di</strong>e crepuscolari. (…)<br />

Di questi alti e bas<strong>si</strong> ha risentito la recitazione degli interpreti principali,<br />

almeno <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong> es<strong>si</strong>, Valli che era Ver<strong>si</strong>nin, la Albani che faceva Olga, la<br />

<strong>Giachetti</strong> che faceva Natalja, la Cotta che era Irina, Giuffrè che era Solenyl 37 .<br />

36 Arnaldo Fratelli, Dopo Visconti, «Sipario», n. 226, febbraio 1965, pp. 13-14.<br />

37 Sandro De Feo, Un Cecov troppo e<strong>di</strong>ficante, «L‟Espresso», 31 gennaio 1965.<br />

20


Molto curata e preziosa la scenografia <strong>di</strong> Pier Luigi Pizzi, ripresa da<br />

quella viscontiana anche se meno opprimente e arricchita da un gioco mirato<br />

<strong>di</strong> luci:<br />

I due interni, ma specialmente l‟esterno con le betulle, immaginate da Pizzi<br />

mi sono par<strong>si</strong> tra i più belli nella pur eccellente tra<strong>di</strong>zione della nostra<br />

mes<strong>si</strong>nscena cecoviana 38 .<br />

Nello stesso anno <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> torna in scena con la regia <strong>di</strong> De<br />

Lullo in I due gentiluomini <strong>di</strong> Verona <strong>di</strong> Shakespeare. Nella piccola ma vivace<br />

parte <strong>di</strong> Lucietta, accanto a Franco Parenti e Glauco Mauri, continua ad<br />

arricchire il suo bagaglio artistico <strong>di</strong> personaggi. Rappresentata all‟aperto la<br />

comme<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> <strong>non</strong> grande valore, risulta allegra e gradevole, com‟era nelle<br />

intenzioni del regista, affiancato anche in questo caso dallo scenografo Pier<br />

Luigi Pizzi.<br />

L‟attrice torna a lavorare con De Lullo e Valli alcuni anni più tar<strong>di</strong>,<br />

dopo aver recitato in importanti allestimenti ed esser<strong>si</strong> arricchita<br />

artisticamente attraverso l‟esperienza e l‟incontro con gran<strong>di</strong> protagonisti del<br />

<strong>teatro</strong> come Eduardo De Filippo, Roberto Guicciar<strong>di</strong>ni, Giovanni Poli, Maurizio<br />

Scaparro, Paolo Poli, Mario Scaccia.<br />

Il ritorno alla regia <strong>di</strong> Giorgio De Lullo è nel 1974 con uno spettacolo<br />

magnificamente interpretato e <strong>di</strong>retto, Il Malato immaginario <strong>di</strong> Moliére,<br />

messo in scena al 17° Festival dei due mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> Spoleto, con un<br />

in<strong>di</strong>menticabile Romolo Valli nel ruolo <strong>di</strong> Argante, e Franco Parenti in quello<br />

del Dottor Fecis. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> interpreta in modo vivace ed efficace il<br />

ruolo della serva Tonina, definendo un proprio stile <strong>di</strong> recitazione che trova la<br />

sua forza nella presenza scenica e nello stu<strong>di</strong>o della voce e della tonalità.<br />

38 Ibidem.<br />

(…) Di Giorgio De Lullo la regia che abilmente privilegia, anche a danno della<br />

comicità molieriana, i risvolti drammatici della vicenda, illuminandola <strong>di</strong><br />

bagliori ora mesti ora crudeli. (…)<br />

21


Di Pierluigi Pizzi la scena, che <strong>si</strong> rifà a un Seicento olandese <strong>di</strong> Veermeriana<br />

memoria, e i bellis<strong>si</strong>mi costumi, l‟una e gli altri più al servizio del coté<br />

illustrativo dello spettacolo che <strong>non</strong> <strong>di</strong> quello mordente e attuale.<br />

E infine <strong>di</strong> Romolo Valli la magistrale interpretazione del ruolo <strong>di</strong> Argante,<br />

l‟ultimo della carriera <strong>di</strong> Molière. (…) 39 .<br />

L‟anno succes<strong>si</strong>vo è ancora in scena con Romolo Valli, <strong>di</strong>retta in modo<br />

caricaturale da Giorgio De Lullo nel ruolo della Signora Barbetti in Tutto per<br />

bene <strong>di</strong> Luigi Pirandello, comme<strong>di</strong>a amara, <strong>di</strong> introspezione p<strong>si</strong>cologica, in cui<br />

la menzogna <strong>di</strong>strugge e annienta il protagonista.<br />

(…)<br />

Testo per l‟attore per eccellenza, cavallo <strong>di</strong> battaglia <strong>di</strong> Ruggero Ruggeri, per<br />

il quale fu concepito, Tutto per bene ora costituisce un prestigioso risultato <strong>di</strong><br />

Romolo Valli, che per un atto e mezzo è capace <strong>di</strong> muover<strong>si</strong> curvo, grigio e<br />

rattrappito nell‟antico dolore e nella solitu<strong>di</strong>ne del personaggio, per poi<br />

drizzar<strong>si</strong>, scattando come un arco, con una bellis<strong>si</strong>ma scena <strong>di</strong> attore al<br />

momento della verità. (…)<br />

I personaggi <strong>di</strong> contorno, come la Barbetti e suo figlio sono <strong>di</strong>retti da Giorgio<br />

De Lullo su un registro caricaturale, talora forse troppo marcato 40 .<br />

A partire dal 1963 con Sei personaggi in cerca d‟autore, De Lullo e<br />

Valli <strong>si</strong> incentrano sulla drammaturgia pirandelliana, ed intendono dare un<br />

contributo alla riproposta del <strong>teatro</strong> del celebre autore, attraverso un‟attenta<br />

e profonda rilettura dei contenuti. Il percorso <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con i due<br />

artisti continua nel 1979 in una ormai celebre messa in scena <strong>di</strong> Enrico IV <strong>di</strong><br />

Pirandello, ripresa per la televi<strong>si</strong>one 41 , nelle vesti eleganti e aristocratiche<br />

della marchesa Matilde Spina <strong>di</strong> Canossa. Raffinata ed efficace è la<br />

recitazione dell‟attrice in un ruolo affascinante e <strong>di</strong> forte ten<strong>si</strong>one p<strong>si</strong>cologica.<br />

I <strong>di</strong>aloghi con Romolo Valli sono <strong>di</strong> una inten<strong>si</strong>tà ed una perfezione che rende<br />

lo spettacolo una delle più riuscite riletture del testo pirandelliano.<br />

Il nuovo lavoro <strong>di</strong> De Lullo, Valli e Pier Luigi Pizzi vuole essere un altro<br />

contributo alla riproposta del <strong>teatro</strong> pirandelliano, felicemente avviata nel<br />

39<br />

Giovanni Lombardo, Un rilancio per la prosa?, «Sipario», n. 339-340, agosto-settembre<br />

1974, pp. 25-26.<br />

40<br />

Fabio Doplicher, Tutto per bene, «Sipario», n. 347, aprile 1975, pp. 24-25.<br />

41<br />

Ripresa televi<strong>si</strong>va su Rai Due, il 07/04/1979, dal Teatro Eliseo <strong>di</strong> Roma, la regia è <strong>di</strong><br />

Giorgio De Lullo con la collaborazione <strong>di</strong> Olga Bevacqua.<br />

22


1963. Se è vero che l‟Enrico IV è stato più volte definito l‟Amleto italiano è<br />

altrettanto vero che alla molteplicità dei motivi che esso contiene (qua<strong>si</strong> una<br />

summa <strong>di</strong> tutta la poetica pirandelliana), la rilettura critica tentata da De<br />

Lullo e Valli vuole offrire una nuova occa<strong>si</strong>one <strong>di</strong> arricchimento: <strong>si</strong>a<br />

riallacciando<strong>si</strong> all‟impostazione antinaturalistica <strong>di</strong> proprie precendenti<br />

realizzazioni, <strong>si</strong>a accentuando l‟evidenza <strong>di</strong> uno dei tanti appas<strong>si</strong>onati<br />

contenuti <strong>di</strong> quest‟opera, quello del “<strong>di</strong>verso”, che <strong>si</strong> auto emargina nell‟unica<br />

pos<strong>si</strong>bile <strong>di</strong>men<strong>si</strong>one <strong>di</strong> vita: quella della creazione fantastica in oppo<strong>si</strong>zione<br />

all‟impos<strong>si</strong>bilità <strong>di</strong> realizzar<strong>si</strong> nel quoti<strong>di</strong>ano 42 .<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> offre un‟interpretazione magistrale, attraverso un<br />

attento stu<strong>di</strong>o delle pause, perfette, e l‟uso sapiente della propria voce. La<br />

tonalità è profonda, in<strong>si</strong>nuante, la risata che giunge beffarda e improvvisa è<br />

cinica e amara. Il personaggio che <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> costruisce sapientemente<br />

è altero, la sua gestualità severa e lo sguardo orgoglioso ma infelice poiché<br />

scopre troppo tar<strong>di</strong> cosa <strong>si</strong>gnifica amare, essere amata, scopre il dolore,<br />

<strong>di</strong>etro il <strong>di</strong>fficile e ambiguo velo delle verità e delle menzogne.<br />

Lo stesso anno l‟attrice è <strong>di</strong> nuovo in scena con un allestimento <strong>di</strong><br />

successo, La do<strong>di</strong>ce<strong>si</strong>ma notte <strong>di</strong> Shakespeare, spettacolo <strong>di</strong>retto in modo<br />

estroso e <strong>di</strong>vertito da Giorgio De Lullo. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> recita nel ruolo <strong>di</strong><br />

Maria, accanto ad alcuni bravi e giovani attori, tra i quali Monica Guerritore e<br />

Mas<strong>si</strong>mo Ranieri. Uno spettacolo <strong>di</strong> grande livello profes<strong>si</strong>onale e <strong>di</strong> ottimo<br />

gra<strong>di</strong>mento da parte del pubblico e della critica:<br />

(…)<br />

Ma tutto lo spettacolo è un meccanismo <strong>di</strong> alta preci<strong>si</strong>one e ingegno<strong>si</strong>tà dove<br />

operano parecchi giovani attori con eccellenti risultati 43 .<br />

Gli anni 1980 e 1981 vedono l‟attrice interprete <strong>di</strong> importanti<br />

spettacoli, che rappresenteranno per lei una notevole crescita artistica, ma<br />

allo stesso tempo le portano gran<strong>di</strong> dolori e gravi per<strong>di</strong>te. Il 1 febbraio 1980<br />

perde la vita in un incidente stradale Romolo Valli, e da allora per il<br />

42 Paolo Lucche<strong>si</strong>ni, Storia del Teatro Metasta<strong>si</strong>o, Vol. II, a cura <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Casale,<br />

Teatrologia, Angelo Pontecorboli e<strong>di</strong>tore, Firenze 1995, p. 264.<br />

43 Fabio Doplicher, La do<strong>di</strong>ce<strong>si</strong>ma notte, «Sipario», n. 396, maggio 1979, p. 20.<br />

23


compagno <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> lavoro Giorgio De Lullo inizia un periodo <strong>di</strong> angosciosa<br />

solitu<strong>di</strong>ne che lo porterà il 10 luglio 1981 ad una morte prematura. 44<br />

Le ultime gran<strong>di</strong> regie <strong>di</strong> Giorgio De Lullo dopo la morte <strong>di</strong> Romolo<br />

Valli, rappresentano per <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> importanti banchi <strong>di</strong> prova. Con<br />

una nuova e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Le Tre sorelle <strong>di</strong> Cechov, <strong>di</strong>retta dal regista<br />

nell‟autunno del 1980, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> <strong>si</strong> misura con un personaggio<br />

drammatico e malinconico, Olga, in una rilettura del testo nostalgica e<br />

glaciale. Giorgio De Lullo mette in scena Cechov, la sua rifles<strong>si</strong>one<br />

sull‟avvenire del genere umano, le aspirazioni, i sogni, la speranza in un<br />

futuro migliore, e lo fa con una regia sen<strong>si</strong>bile e attenta. Il testo è<br />

particolarmente importante per il regista:<br />

Alla critica <strong>di</strong> tristezza nostalgica delle tre protagoniste delle Tre sorelle, il<br />

regista Giorgio De Lullo aggiunge a buon <strong>di</strong>ritto un duplice motivo personale<br />

<strong>di</strong> affettuoso rimpianto: come attore figurò infatti nei primi anni Cinquanta<br />

nella mirabile e<strong>di</strong>zione viscontiana del dramma, come attore e regista <strong>di</strong>ede<br />

vita una decina d‟anni più tar<strong>di</strong> alla <strong>di</strong>ligente e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Giovani con Romolo<br />

Valli 45 .<br />

Diversamente dall‟allestimento del 1965, vicino al modello viscontiano,<br />

in questa e<strong>di</strong>zione le scenografie <strong>di</strong> Pier Luigi Pizzi sono essenziali, sobrie:<br />

A rafforzare questo sentimento, la scena <strong>di</strong> Pier Luigi Pizzi, da realistica<br />

ch‟era stata nel ‟65, <strong>si</strong> è fatta allu<strong>si</strong>va: <strong>di</strong>etro alcuni concreti accessori<br />

ambientali, un velo <strong>di</strong> tulle lascia intravedere la <strong>si</strong>mbologia, congelata nel<br />

vuoto, delle tre betulle rimaste nel mitico giar<strong>di</strong>no 46 .<br />

44 «E‟ tragicamente <strong>si</strong>gnificativo il titolo, Prima del <strong>si</strong>lenzio, della piéce a due voci <strong>di</strong> Giuseppe<br />

Patroni Griffi che costituisce l‟ultima apparizione sulle scene <strong>di</strong> Romolo Valli e Giorgio De<br />

Lullo: proprio alla fine <strong>di</strong> una replica il primo perde la vita in un incidente d‟auto, e il secondo<br />

muore a pochi me<strong>si</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, praticamente stroncato dal dolore».<br />

Cfr. Dizionario dello spettacolo, in Cronologia <strong>teatro</strong>, Bal<strong>di</strong>ni e Castol<strong>di</strong> e<strong>di</strong>tore, Milano 2003,<br />

p. 1273.<br />

45 Franco Quadri, Le Tre sorelle, «Panorama», 22 <strong>di</strong>cembre 1980.<br />

46 Ibidem.<br />

24


La lettura del testo fatta da De Lullo appare scrupolosa ma sospesa, i<br />

protagonisti <strong>si</strong> muovono: «in una rarefatta atmosfera glaciale» 47 . Lo stesso<br />

regista afferma:<br />

Ho scoperto che <strong>di</strong> anno in anno cambia a <strong>teatro</strong> il modo <strong>di</strong> sentire, <strong>di</strong><br />

esprimer<strong>si</strong>. Una volta per Cechov <strong>si</strong> dovevano caricare le pause ma nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni attuali ho preferito asciugare tutto, essenzializzare 48 .<br />

Nella nuova e<strong>di</strong>zione c‟è spazio anche per il riso: «Si ride, dunque. Ma<br />

d‟un riso, spesso, nervoso e inquieto, se <strong>non</strong> proprio amaro, che <strong>può</strong> metter<br />

tristezza più delle lacrime» 49 .<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> è Olga, una delle tre malinconiche sorelle, che<br />

<strong>non</strong>ostante tutto riescono a sperare ancora e a re<strong>si</strong>stere, unite, allo sconforto<br />

e alla rassegnazione. La sua recitazione è sentita, vibrante, l‟attrice ricorda <strong>di</strong><br />

aver pianto lacrime <strong>si</strong>ncere, durante il finale: «Per esempio nella scena finale<br />

del terzo atto delle Tre sorelle, nell‟e<strong>di</strong>zione in cui avevo il ruolo <strong>di</strong> Olga, nella<br />

<strong>si</strong>tuazione commovente del <strong>di</strong>alogo con Irina che mi chiede un giorno <strong>di</strong><br />

poter tornare a Mosca, ricordo che piangevo davvero. C‟è un momento nella<br />

recitazione in cui tutto <strong>si</strong> frantuma, <strong>si</strong> rompe, tutto è dolore, e questo<br />

<strong>di</strong>pende molto dall‟atmosfera che <strong>si</strong> crea con gli altri attori» 50 .<br />

La sua interpretazione risulta «calibrata ed esperta 51 » e l‟allestimento<br />

incontra l‟attenzione e l‟applauso del pubblico: «Sala affollata, pubblico<br />

attento e accoglienze caloro<strong>si</strong>s<strong>si</strong>me 52 ».<br />

Per <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> questo è un periodo <strong>di</strong> spettacoli importanti, la<br />

sua recitazione <strong>si</strong> arricchisce <strong>di</strong> esperienza e <strong>di</strong> caratteri. Nella primavera del<br />

1981 Giorgio De Lullo intende fare un omaggio a Luchino Visconti e mette in<br />

47 Gastone Geron, De Lullo ripropone le Tre sorelle in una rarefatta atmosfera glaciale, <strong>«Il</strong><br />

Giornale Nuovo», 28 novembre 1980.<br />

48<br />

Giorgio De Lullo, da un‟intervista <strong>di</strong> Rodolfo Di Giammarco, «La Repubblica», 28 settembre<br />

1980.<br />

49<br />

Aggeo Savioli, Ridere amaro con Cechov, L‟Unità, 12 ottobre 1980.<br />

50<br />

Ve<strong>di</strong> APPENDICE I, L‟attrice <strong>si</strong> racconta.<br />

51<br />

Aggeo Savioli, Ridere amaro con Cechov, L‟Unità, 12 ottobre 1980.<br />

52 Ibidem.<br />

25


scena La locan<strong>di</strong>era <strong>di</strong> Carlo Goldoni così come era stata pensata nel 1952<br />

dallo scomparso regista, avvalendo<strong>si</strong> ancora della partecipazione <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>, cui affida la parte <strong>di</strong> Mirandolina. L‟attrice riscopre l‟amore per<br />

Goldoni.<br />

1.7 NUOVI RUOLI E NUOVI PERSONAGGI<br />

Dal 1965 al 1976, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> lavora instancabilmente in<br />

importanti produzioni, alternando il felice e creativo rapporto artistico con la<br />

Compagnia <strong>di</strong> Romolo Valli e Giorgio De Lullo, con la partecipazione in<br />

spettacoli <strong>di</strong> altrettanto spessore. Nel 1964-65 Franco Parenti sta<br />

collaborando con Eduardo De Filippo alla stesura <strong>di</strong> L‟arte della comme<strong>di</strong>a, ed<br />

è proprio in questo periodo che <strong>si</strong> crea l‟occa<strong>si</strong>one per <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> <strong>di</strong><br />

recitare ne Il cilindro, scritto e <strong>di</strong>retto dallo stesso Eduardo.<br />

Si tratta <strong>di</strong> uno dei due atti unici (l‟altro è Dolore sotto chiave),<br />

presentati sotto il titolo comune <strong>di</strong> Due giorni <strong>di</strong>spari. Per l‟attrice l‟incontro<br />

con Eduardo e con la sua drammaturgia rappresenta una grande emozione e,<br />

data la formazione accademica ed il genere <strong>di</strong> autori affrontati finora, una<br />

notevole sfida affrontata con un certo timore.<br />

La storia de Il cilindro è «una storiella un po‟ atroce e un pò spassosa,<br />

e comunque attinta al repertorio <strong>di</strong> Eduardo»” 53 , e viene messa in scena per<br />

la prima volta nel 1966, mentre l‟altro atto, Dolore sotto chiave era già stato<br />

proposto l‟anno precedente al pubblico napoletano. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> recita al<br />

53 Eduardo e la famiglia all‟italiana, a cura della redazione, «Sipario», febbraio 1966, n.238,<br />

pp. 22-23.<br />

26


fianco <strong>di</strong> Regina Bianchi, Franco Parenti, Gennaro Di Napoli e dello stesso<br />

Eduardo nella applau<strong>di</strong>ta comme<strong>di</strong>a.<br />

Sempre nel 1966 l‟attrice torna in scena con la regia <strong>di</strong> Gianfranco De<br />

Bo<strong>si</strong>o in Il mondo è quello che è, nuova comme<strong>di</strong>a-saggio scritta da Alberto<br />

Moravia e presentata come spettacolo <strong>di</strong> chiusura del XXV Festival<br />

Internazionale della Prosa <strong>di</strong> Venezia. Ma il testo, fragile come copione<br />

teatrale, e la regia <strong>non</strong> del tutto convincente lasciano perplesso pubblico e<br />

critica:<br />

Una regia <strong>di</strong>sper<strong>si</strong>va insomma <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o sotto la <strong>di</strong>rezione del<br />

quale gli attori <strong>non</strong> sono sembrati né convinti né convincenti. <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> è stata la migliore nella parte <strong>di</strong> una sgualdrinella del bel mondo 54 .<br />

Attrice instancabile, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> negli anni 1967-68 è ancora al<br />

fianco <strong>di</strong> Franco Parenti in tre spettacoli allestiti dal Teatro Stabile <strong>di</strong> Bologna.<br />

Nel 1967 è in scena ne Il Volpone <strong>di</strong> Ben Jonson, con la regia <strong>di</strong> Roberto<br />

Guicciar<strong>di</strong>ni, nelle vesti sontuose <strong>di</strong> una cortigiana, Putta Alice, personaggio<br />

del resto inventato dallo stesso regista che, in<strong>si</strong>eme a Parenti, interviene con<br />

sostanziali cambiamenti sul testo originale, arricchendolo <strong>di</strong> <strong>si</strong>gnificati e <strong>di</strong><br />

vivacità.<br />

(…) Lo spettacolo (scene e costumi <strong>non</strong> particolarmente notevoli <strong>di</strong> Lorenzo<br />

Ghiglia) è, come la riduzione, ben congegnato, vivace, tocca abilmente le<br />

corde del veleno e quelle <strong>di</strong> una rabbiosa comicità. Guicciar<strong>di</strong>ni <strong>si</strong> conferma<br />

capace <strong>di</strong> guidare con polso la recitazione e gli rispondono con efficacia<br />

Franco Parenti (che ha dato con Volpone una delle sui prove più interessanti,<br />

secco, esaltato e tormentato come conveniva), Carlo Bagno (un poderoso<br />

Corbaccio), <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (in una azzeccata figura <strong>di</strong> cortigiana<br />

completamente inventata), Alfredo Bianchini, Piero Nuti e Luciano Virgilio (il<br />

cui Mosca, un po‟ monocorde ha tuttavia avuto momenti <strong>di</strong> guizzante<br />

cre<strong>di</strong>bilità) 55 .<br />

L‟anno dopo Franco Parenti <strong>di</strong>rige e interpreta Il Bagno <strong>di</strong> Majakovskij,<br />

svolgendo un <strong>di</strong>fficile lavoro drammaturgico nella rielaborazione del copione,<br />

54 La cri<strong>si</strong> del linguaggio e <strong>di</strong> una società nella felice comme<strong>di</strong>a-saggio <strong>di</strong> Alberto Moravia, a<br />

cura della redazione, «Sipario», n. 247, novembre 1966, pp. 26-27.<br />

55 Aggres<strong>si</strong>vità moderna <strong>di</strong> una “libera riduzione”, a cura della redazione, «Sipario», n. 256-<br />

257, agosto-settembre 1967, pp. 89-90.<br />

27


e soprattutto riuscendo ad allestire lo spettacolo con soli venti giorni <strong>di</strong> prove<br />

e mezzi finanziari <strong>non</strong> sufficienti a realizzarlo come sarebbe stato necessario.<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> rivela la sua versatilità e il suo coraggio misurando<strong>si</strong> con un<br />

personaggio alquanto improbabile come quello della donna fosforescente,<br />

allegoria del domani, affrontando un genere <strong>di</strong> <strong>teatro</strong>, quello politico, che<br />

vuole stupire e colpire il pubblico attraverso i mo<strong>di</strong> dell‟avanguar<strong>di</strong>a e la<br />

carica satirica. Sono questi gli anni delle nascenti contestazioni studentesche,<br />

delle avanguar<strong>di</strong>e, a <strong>teatro</strong> <strong>si</strong> <strong>di</strong>scute sul rapporto tra attore e spettatore, e <strong>si</strong><br />

aprono nuove strade, quelle della protesta, della rottura e dell‟impegno<br />

storico e sociale 56 .<br />

Nello stesso anno è la <strong>si</strong>gnorina Nasturzio in uno spettacolo nuovo<br />

<strong>di</strong>retto da Franco Parenti, La commessa <strong>di</strong> Luigi Diemoz, presentato in<strong>si</strong>eme<br />

a La mosca come due atti unici. Ma <strong>non</strong> è l‟ultimo spettacolo <strong>di</strong> questa ricca<br />

stagione, nell‟estate l‟attrice è chiamata a recitare accanto al grande attore<br />

Nino Taranto ne Il Socrate immaginario <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando Galiani e torna<br />

finalmente all‟amata comme<strong>di</strong>a dell‟arte, con la regia <strong>di</strong> Giovanni Poli:<br />

Comme<strong>di</strong>a spumeggiante, dalla fanta<strong>si</strong>a fluida, dai sentimenti appena<br />

accennati, dalle avventure che <strong>si</strong> risolvono in schermaglie rapide e<br />

gentilmente equivoche, Socrate immaginario è anche il ritratto caustico e<br />

allegramente amaro <strong>di</strong> una società messa alla berlina con tutti i suoi<br />

“parrucconi”. (…)<br />

In palcoscenico, uno show personale <strong>di</strong> Nino Taranto, che a 60 anni suonati<br />

ha recitato per la prima volta una comme<strong>di</strong>a in “lingua”, <strong>di</strong>segnando un don<br />

Tammaro a tutto tondo d‟una misura esemplare che venava la più acuta e<br />

aperta comicità d‟un che <strong>di</strong> amaro, <strong>di</strong> cinico e <strong>di</strong> beffardo in<strong>si</strong>eme. Accanto a<br />

lui e al fratello Carlo (Platone), in luce <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, una squillante Donna<br />

Rosa, garbatamente ironica, Maria Grazia Sughi, briosa Emilia, Anita<br />

Laurenzi, maliziosa cameriera, e la scatenata Marina Pagano 57 .<br />

Lo spettacolo risulta molto curato, elegante, una comme<strong>di</strong>a<br />

decisamente spumeggiante, nella quale l‟attrice <strong>si</strong> muove con esperienza e<br />

56 Ve<strong>di</strong> a questo propo<strong>si</strong>to Cesare Molinari, Storia del Teatro, in Teatro e lotta politica,<br />

Capitolo XXXII, E<strong>di</strong>tori Laterza, Milano 2003, pp. 271-279.<br />

57 Giorgio Polacco, Ritorno alla comme<strong>di</strong>a dell‟arte, «Sipario», n. 268-269, agosto-settembre<br />

1968, p. 42.<br />

28


garbo, nelle vesti <strong>di</strong> donna Rosa (Santippe), ancora confrontando<strong>si</strong> con un<br />

<strong>teatro</strong> <strong>di</strong> fine Settecento, nella lingua dell‟epoca.<br />

Protagonista della vicenda è don Tammaro Promontorio, un ricco pos<strong>si</strong>dente<br />

<strong>di</strong> Modugno al quale la lettura dell‟antica filosofia ha stravolto il cervello<br />

facendogli credere <strong>di</strong> essere un novello Socrate e informandogli ogni sua<br />

minima azione a quell‟austero modello <strong>di</strong> pensatore. In chi lo circonda, don<br />

Tammaro vede i vicini e gli amici <strong>di</strong> Socrate: la moglie, donna Rosa, è<br />

Santippe; Calandrino, il suo cameriere, è Simma, e lo farà bibliotecario;<br />

mastro Antonio, il barbiere, <strong>di</strong>viene un lepido, spaesato Platone. 58<br />

Dal 1970, fino ad arrivare a Il Malato Immaginario, <strong>di</strong>retto da Giorgio<br />

De Lullo nel 1974, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> lavora con rinnovata inten<strong>si</strong>tà e impegno<br />

anche con il Teatro Stabile <strong>di</strong> Bolzano, prima attrice accanto all‟attore Mario<br />

Scaccia 59 , con la <strong>di</strong>rezione registica <strong>di</strong> Maurizio Scaparro 60 .<br />

Sono del 1970 e 1971 Magia rossa <strong>di</strong> Michel De Ghelderode e<br />

Chicchignola 61 <strong>di</strong> Ettore Petrolini , <strong>di</strong>retti da Maurizio Scaparro. Nella stessa<br />

stagione teatrale è in scena con la comme<strong>di</strong>a Cosa <strong>di</strong>rà la gente, presentata<br />

nei due atti unici Non andartene in giro tutta nuda e Leonie in anticipo <strong>di</strong><br />

Georges Fejdeau, con<strong>si</strong>derato il maggior drammaturgo del <strong>teatro</strong> comico<br />

francese dopo Molière, con la regia <strong>di</strong> Mario Scaccia.<br />

Nel 1971 l‟attrice ha una gra<strong>di</strong>ta e <strong>di</strong>vertente parte ne L‟uomo nero,<br />

comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong>retta dal caro amico, attore-autore e regista Paolo Poli, scritta a<br />

due mani con Ida Omboni. Una intelligente e <strong>di</strong>ssacrante piéce teatrale, che<br />

58 Ibidem.<br />

59 Mario Scaccia, nato a Roma nel 1919, è stato un grande interprete <strong>di</strong> personaggi clas<strong>si</strong>ci e<br />

moderni, da attore libero e con la Compagnia dei Quattro (con Mauri-Moriconi-Enriquez).<br />

Citiamo la bella interpretazione, dopo 50 anni <strong>di</strong> carriera, in Romolo il Grande <strong>di</strong> Durrenmatt,<br />

al Festival <strong>di</strong> Spoleto.<br />

60 Maurizio Scaparro nasce a Roma nel 1932. Importante regista, inizia come critico e dal<br />

1963 <strong>di</strong>rige il Teatro Stabile <strong>di</strong> Bologna. L‟anno dopo presenta La Venexiana <strong>di</strong> A<strong>non</strong>imo del<br />

„500, sua prima regia. Firma oltre sessanta spettacoli, molti con gli attori Mario Scaccia e<br />

Pino Micol. Oltre alla regia <strong>si</strong> de<strong>di</strong>ca anche all‟organizzazione in modo innovativo, <strong>di</strong>rige<br />

compagnie autonome e Teatri Stabili (dal 1969 al 1975 lo Stabile <strong>di</strong> Bolzano, dal 1983 al<br />

1990 lo Stabile <strong>di</strong> Roma). Nel 1994-95 è Commissario straor<strong>di</strong>nario dell‟Ente teatrale italiano<br />

e dal 1997 <strong>di</strong>rettore del Teatro Eliseo <strong>di</strong> Roma.<br />

61 Chicchignola, comme<strong>di</strong>a in tre atti, è con<strong>si</strong>derata la migliore <strong>di</strong> Ettore Petrolini. Scritta e<br />

rappresentata per la prima volta nel 1931, è un‟amara rifles<strong>si</strong>one sulla meschinità dell‟uomo,<br />

attraverso tipi <strong>di</strong> comicità <strong>di</strong>ver<strong>si</strong>, da Aristofane a Molière, con un finale che presenta tuttavia<br />

accenti po<strong>si</strong>tivi.<br />

29


ha come contenuto il <strong>di</strong>scorso sul costume, «la storia, narrata attraverso le<br />

vicende <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> italioti benestanti, sospe<strong>si</strong> tra la mamma e la<br />

ban<strong>di</strong>era, degli anni che hanno preceduto l‟avvento del fascismo» 62 .<br />

Terminata la tournée con Paolo Poli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> torna a lavorare<br />

con Mario Scaccia in due spettacoli delle stagioni 1972-73, la comme<strong>di</strong>a<br />

macabra Il malloppo, dello scrittore satirico inglese Joe Orton, per la regia <strong>di</strong><br />

Sandro Sequi e Il Mercante <strong>di</strong> Venezia <strong>di</strong> Shakespeare, nel quale lo stesso<br />

Mario Scaccia è <strong>non</strong> solo primo attore nel ruolo <strong>di</strong> Shylock, ma anche regista.<br />

Tuttavia il ruolo importante e primario <strong>di</strong> Porzia ben interpretato da <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> risulta, al pari <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> Antonio (l‟attore Gianfranco Ombuen),<br />

danneggiato dalla linea “mattatoriale” data infine da Mario Scaccia allo<br />

spettacolo, <strong>non</strong>ostante precedenti sue <strong>di</strong>chiarazioni in<strong>di</strong>cassero <strong>di</strong>verse<br />

intenzioni registiche:<br />

Questo geniale attore che <strong>si</strong> accosta ora alla regia <strong>di</strong>chiara esplicitamente che<br />

«<strong>non</strong> ridurrà al solo motivo <strong>di</strong> Shylock (Ermete Novelli) l‟argomento della<br />

comme<strong>di</strong>a» e in<strong>di</strong>ca anzi in «tre mon<strong>di</strong>» – quelli <strong>di</strong> Porzia, <strong>di</strong> Antonio e <strong>di</strong><br />

Shylock – i «tre principali motivi conduttori dell‟opera» 63 .<br />

62 Franco Cuomo, L‟uomo nero, «Sipario», n. 307, <strong>di</strong>cembre 1971, pp. 54-55.<br />

63 Agostino Lombardo, Il Mercante <strong>di</strong> Venezia, «Sipario», n. 331, <strong>di</strong>cembre 1973, pp. 47-48.<br />

30


1.8 LAVORARE CON TINO BUAZZELLI 64<br />

Stupisce e certamente risulta eccezionale la quantità e la qualità degli<br />

spettacoli nei quali <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> recita in questi anni. Oltre alle<br />

interpretazioni nelle eccellenti riletture pirandelliane <strong>di</strong> Valli e De Lullo,<br />

l‟attrice collabora e vive bellis<strong>si</strong>me esperienze teatrali con un attore che lei<br />

ritiene uno dei maggiori e migliori interpreti del <strong>teatro</strong> italiano, Tino Buazzelli.<br />

Nel 1976 è accanto a lui in Le allegre comari <strong>di</strong> Windsor <strong>di</strong><br />

Shakespeare, spettacolo che segna il suo ritorno alla regia <strong>di</strong> Orazio Costa,<br />

con il quale <strong>non</strong> ha più lavorato dai tempi degli allestimenti negli anni<br />

giovanili dell‟Accademia. Nel ruolo <strong>di</strong> Lady Page, l‟attrice viene chiamata a<br />

recitare nella ripresa invernale, ed in questa occa<strong>si</strong>one conosce l‟attuale<br />

compagno <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> e <strong>di</strong> vita, l‟attore e regista Aurelio Pierucci 65 , che proprio<br />

64 Agostino “Tino” Buazzelli (Frascati, Roma – 1922, Roma - 1980), attore <strong>di</strong> <strong>teatro</strong>, cinema e<br />

televi<strong>si</strong>one. Si <strong>di</strong>ploma all‟Accademia d‟arte drammatica Silvio D‟Amico con gli attori Nino<br />

Manfre<strong>di</strong> e Vittorio Gassman, ed inizia a lavorare con la Compagnia Gassman-Maltagliati nel<br />

1947, prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare capocomico. A <strong>teatro</strong> fu grande interprete <strong>di</strong> Brecht, Pirandello,<br />

Miller e Shakespeare, ma <strong>di</strong>venne noto al grande pubblico per il personaggio<br />

dell‟investigatore privato Nero Wolfe, interpretato in una serie televi<strong>si</strong>va degli anni 1969-71.<br />

Nel 1954 entra nella Compagnia teatrale De Lullo-Falk, che abbandona l‟anno seguente per<br />

partire in una tournèe in Sudamerica con la Compagnia Proclemer-Albertazzi-Magni-Ricci.<br />

Celebri i succes<strong>si</strong> al Piccolo <strong>di</strong> Milano, allo Stabile <strong>di</strong> Genova e a Roma, <strong>di</strong>retto da Orazio<br />

Costa. Nel 1970 fu sceneggiatore, regista e interprete, per la televi<strong>si</strong>one, <strong>di</strong> Papà Goriot <strong>di</strong><br />

Balzac. Attore vigoroso ma a tratti sognante, dalla <strong>di</strong>zione perfetta ed un timbro <strong>di</strong> voce<br />

caldo e armonioso, riusciva a passare dal comico al drammatico, con eleganza <strong>di</strong> gesto e<br />

parola.<br />

65 Aurelio Pierucci, nato a Firenze nel 1951, <strong>si</strong> <strong>di</strong>ploma nel 1974 attore e regista<br />

all‟Accademia d‟arte drammatica <strong>di</strong> Roma. Collabora per la regia con Orazio Costa ed in<br />

seguito con Tino Buazzelli. Attivo come attore, cura la regia <strong>di</strong> molti spettacoli, tra i quali<br />

citiamo: E<strong>di</strong>po <strong>di</strong> Seneca, L‟uomo dal fiore in bocca <strong>di</strong> Pirandello, Magia rossa <strong>di</strong> Ghelderode,<br />

Gli alunni <strong>di</strong> Zeus <strong>di</strong> G.Balistreri, Inaugurazione <strong>di</strong> Rosso <strong>di</strong> San Secondo a Monaco, Il ferro<br />

<strong>di</strong> D‟Annunzio.<br />

Molte le letture pubbliche e i recitals, da Molière a Sofocle, da Ariosto a Eschilo, e due<br />

importanti letture dantesche: 4 cicli completi della Divina Comme<strong>di</strong>a nella Chiesa della Ba<strong>di</strong>a<br />

Fiorentina e una lettura antologica dantesca al Teatro Libero <strong>di</strong> Palermo. Fonda<br />

l‟Associazione Culturale “Il Convivio”, ed organizza la rassegna teatrale Firenze per Carlo<br />

Goldoni, nel 1993 a Firenze, Palazzo Pitti. Produce inoltre la rassegna Gabriele D‟Annunzio e<br />

la Toscana nel 1994. Ricor<strong>di</strong>amo inoltre l‟impegno alla ra<strong>di</strong>o e il ruolo <strong>di</strong> maestro presso lo<br />

Stabile <strong>di</strong> Palermo dove ha tenuto un corso <strong>di</strong> recitazione (movimento, voce, azione),<br />

seguendo gli insegnamenti del teorico Orazio Costa.<br />

31


da questo spettacolo in poi inizia un sodalizio drammaturgico e artistico con<br />

Tino Buazzelli. Con la Compagnia Tino Buazzelli, nel 1977, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> è<br />

in scena accanto all‟attore, nel ruolo <strong>di</strong> Taide in Mefistovalzer <strong>di</strong> Sandro<br />

Bajini, <strong>di</strong>retto da Aurelio Pierucci e Tino Buazzelli.<br />

Nello stesso anno ne Il Borghese gentiluomo <strong>di</strong> Molière, regia <strong>di</strong> Tino<br />

Buazzelli e Angelo Corti, l‟attrice <strong>si</strong> misura con il personaggio aristocratico <strong>di</strong><br />

Dorimène, vestita in un lussuoso abito d‟epoca. Lo spettacolo, <strong>di</strong>vertente e<br />

amaro, arricchito da danze e eleganti cambi <strong>di</strong> scena a vista, mu<strong>si</strong>che e<br />

maschere, risulta interessante e coinvolgente. Certamente sul buon risultato<br />

influiscono molto la recitazione <strong>di</strong> Tino Buazzelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e degli altri<br />

attori:<br />

(…) Anche se nella fattispecie allo spettacolo <strong>non</strong> mancano felici intuizioni<br />

(quella scalea littoria da infimo melodramma che collega e spartisce, stinta in<br />

abominevole color caffelatte, il salotto raccogliticcio <strong>di</strong> uno Jourdain che ha<br />

colonizzato l‟Abis<strong>si</strong>nia accanto ai notabili dell‟aristocrazia nera; la coppia<br />

ampollosa e fasulla Dorante-Dorimène col lezio vitreo e agghiacciante <strong>di</strong> una<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> da manuale che gioca, perfida comé<strong>di</strong>enne a una tavola<br />

imban<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> riccioli e veleni; l‟esplo<strong>si</strong>one finale fragorosa e baracconesca<br />

della mascherata orientale tra clangori <strong>di</strong> scimitarre e luci che impazzano<br />

come in un brutto Ferraniacolor anni cinquanta che strizzi nostalgico l‟occhio<br />

verso i kolossal – De Mille) è a Buazzelli che l‟occhio corre sempre<br />

magnetico 66 .<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> torna <strong>di</strong> nuovo in scena accanto all‟attore nella<br />

stagione succes<strong>si</strong>va, in L‟uomo con le valigie <strong>di</strong> Eugène Jonesco, stavolta con<br />

la regia <strong>di</strong> Buazzelli, Angelo Corti e Aurelio Pierucci. Qui il testo <strong>di</strong> Jonesco,<br />

una confes<strong>si</strong>one autobiografica, risulta una <strong>non</strong> facile rilettura in chiave<br />

teatrale, e tuttavia è un successo personale <strong>di</strong> Buazzelli e dei suoi due attori<br />

principali <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Andrea Matteuzzi, «esemplari profes<strong>si</strong>onisti che<br />

raramente sbagliano un colpo 67 ».<br />

Nel 1978 viene chiamata al Festival <strong>di</strong> Avig<strong>non</strong>e a recitare sul<br />

palcoscenico dell‟ Athelier de Louvain, in uno spettacolo <strong>di</strong>retto da Benno<br />

66 Enrico Groppali, Il Borghese gentiluomo, «Sipario», n. 377, ottobre 1977, pp. 18-19.<br />

67 Gianfranco Civolani, L‟uomo con le valigie, «Sipario», n. 384, maggio 1978, p. 25.<br />

32


Besson, Le cercle de craie cauca<strong>si</strong>en <strong>di</strong> Bertolt Brecht, presentato durante<br />

l‟anno anche in Italia, a Genova e Taormina. In L‟aiuola bruciata, opera<br />

teatrale pubblicata postuma del poeta e drammaturgo Ugo Betti, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> lavora per l‟ultima volta con Tino Buazzelli, che muore all‟età <strong>di</strong> 58<br />

anni il 20 ottobre 1980, anno <strong>di</strong> gravi lutti per l‟attrice e per tutto il <strong>teatro</strong><br />

italiano.<br />

L‟attrice in questi anni <strong>di</strong> intenso lavoro <strong>si</strong> muove sui palcoscenici<br />

affrontando generi teatrali <strong>di</strong>ver<strong>si</strong>, interpreta personaggi comici e brillanti,<br />

ma anche drammatici e surreali. Alternando con energia le proprie<br />

interpretazioni tra le gran<strong>di</strong> regie <strong>di</strong> Giorgio De Lullo e gli spettacoli <strong>di</strong> Tino<br />

Buazzelli, <strong>si</strong> conferma artista autonoma e completa, una protagonista delle<br />

scene teatrali.<br />

1.9 DOPO IL SILENZIO<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> affronta la per<strong>di</strong>ta dei più cari amici e compagni <strong>di</strong><br />

lavoro, ed in seguito la <strong>si</strong>tuazione nelle varie Compagnie è mutata, talvolta in<br />

modo <strong>non</strong> consono al suo modo <strong>di</strong> vedere, e l‟attrice, libera e orgogliosa,<br />

torna a Firenze. Dopo la scomparsa <strong>di</strong> Giorgio De Lullo, in seguito ai gran<strong>di</strong><br />

succes<strong>si</strong>, per quattro anni <strong>non</strong> le <strong>si</strong> presentano occa<strong>si</strong>oni per lavorare in<br />

<strong>teatro</strong> ai livelli cui è abituata. Sono anni in cui l‟attrice <strong>si</strong> isola nella sua casa<br />

<strong>di</strong> Firenze, ma che termineranno con il rientro in <strong>teatro</strong> nel 1985 in una<br />

grande e importante produzione del Teatro Stabile <strong>di</strong> Genova, Terra<br />

sconosciuta <strong>di</strong> Arthur Schnitzler, con la regia <strong>di</strong> Otomar Kreiça.<br />

Arthur Schnitzler è in questo periodo al centro <strong>di</strong> un lavoro <strong>di</strong><br />

riscoperta, <strong>si</strong>a in Italia che in Europa, per l‟in<strong>di</strong>scusso fascino e l‟attualità dei<br />

temi trattati. Nonostante gli abiti, l‟arredamento, la mu<strong>si</strong>ca, il contesto in cui<br />

33


<strong>si</strong> muovono i personaggi <strong>si</strong>a quello della Belle Epoque, «le loro emozioni<br />

umane <strong>non</strong> sono lontane dalla sen<strong>si</strong>bilità o<strong>di</strong>erna» 68 .<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, nella parte della Signora Wahl, interpreta un<br />

personaggio che per certi aspetti <strong>si</strong> muove in un‟ atmosfera riconducibile a<br />

quella de Le Tre sorelle <strong>di</strong> Cechov. Lo stesso regista afferma:<br />

I materiali <strong>di</strong> Schnitzler <strong>non</strong> sono quelli <strong>di</strong> Cechov, ma l‟epoca è la stessa.<br />

(…) Proprio come Le Tre sorelle, anche loro <strong>non</strong> sono contenti della propria<br />

vita, <strong>non</strong> <strong>si</strong> sentono realizzati e <strong>non</strong> possono, o <strong>non</strong> vogliono, realizzar<strong>si</strong>. 69<br />

Un allestimento importante, belle le scene <strong>di</strong> Guy Charles Fracois, e<br />

convincente la prova degli attori, tra i quali citiamo Gabriele Ferzetti, Anna<br />

Bonaiuto ed Elisabetta Pozzi, ispirati e guidati dalla regia sapiente <strong>di</strong> Kreiça:<br />

Il <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Genova, mi sembra, ha circondato il testo <strong>di</strong> molta attenzione, e<br />

ha molto aiutato il regista Kreiça facendolo trovare a suo agio nel<br />

profes<strong>si</strong>onismo degli attori. Gabriele Ferzetti dominava la scena come<br />

crescente protagonista. (…)<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> dava accenti <strong>di</strong>sten<strong>si</strong>vi <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>a ad un personaggio<br />

convenzionale da comme<strong>di</strong>a, appunto 70 .<br />

Dopo questo grande spettacolo, nel 1986, l‟attrice torna a <strong>teatro</strong> con<br />

la Compagnia Glauco Mauri in Faust <strong>di</strong> Goethe, e due anni più tar<strong>di</strong> in Sogno<br />

<strong>di</strong> una notte <strong>di</strong> mezza estate <strong>di</strong> Shakespeare, entrambi <strong>di</strong>retti e interpretati<br />

dallo stesso Glauco Mauri. Mettere in scena Faust rappresenta per l‟attore e<br />

regista una vera e propria impresa, essendo un testo misterioso,<br />

monumentale, con numero<strong>si</strong> <strong>si</strong>gnificati <strong>si</strong>mbolici:<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista, raccontare la storia <strong>di</strong> Faust dalla scommessa fra<br />

Dio e il Diavolo fino alla sua morte e salvazione bisogna <strong>di</strong>re subito che la<br />

scommessa è vinta. Le tre ore del dramma nella ver<strong>si</strong>one <strong>di</strong> Mauri offrono<br />

una vicenda teatrale plau<strong>si</strong>bile, ricca, <strong>si</strong>gnificativa, emozionante e coerente,<br />

che ci permette <strong>di</strong> veder vivere uno dei gran<strong>di</strong> miti fondativi della nostra<br />

cultura secondo un punto <strong>di</strong> vista preciso e appas<strong>si</strong>onato 71 .<br />

68 Aldo Viganò, Un‟avventura dello spirito umano, conversazione con Otomar Kreiça, nel<br />

programma <strong>di</strong> sala dello spettacolo, <strong>«Il</strong> Patalogo», n. 10, agosto 1985, pp. 121-124.<br />

69 Ibidem.<br />

70 Tommaso Chiaretti, Schnitzler e il suo doppio, «La Repubblica», 31 gennaio 1985.<br />

71 Ugo Volli, Né Dio né Demonio, Faust vuol essere solo un uomo, «La Repubblica», 18<br />

ottobre 1986.<br />

34


Il regista ed il traduttore Dario Del Corno intendono riflettere<br />

sull‟umanità <strong>di</strong> Faust, trascurando il suo lato più oscuro, stregonesco. Glauco<br />

Mauri e Roberto Sturno <strong>si</strong> scambiano i ruoli <strong>di</strong> Faust e Mefisto, scelta che<br />

rende tale rilettura una sfida p<strong>si</strong>cologica tra le due personalità. <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> misura tutta la sua esperienza impegnando<strong>si</strong> nella <strong>di</strong>fficile<br />

interpretazione <strong>di</strong> vari personaggi, contribuendo con gli altri attori alla<br />

riuscita dello spettacolo:<br />

(…)<br />

Da segnalare, accanto a queste due interpretazioni veramente notevoli, il<br />

buon lavoro <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in numerose <strong>di</strong>verse parti femminili, il qua<strong>si</strong><br />

debutto <strong>di</strong> una intensa Angela Di Nardo come Margherita e Elena, e una bella<br />

scena astratta <strong>di</strong> Mauro Caro<strong>si</strong>. La scommessa <strong>di</strong> Mauri è vinta, il suo<br />

Faust/Mefisto <strong>di</strong>viso e un po‟ infantile, ma profondamente umano, resterà fra<br />

le immagini convincenti in cui <strong>si</strong> riflette un personaggio complesso e<br />

inesauribile: un Faust che <strong>non</strong> ci rassomiglia più, e al quale forse vorremmo<br />

assomigliare ancora 72 .<br />

Nel 1988 l‟allestimento <strong>di</strong> Glauco Mauri del Sogno <strong>di</strong> una notte <strong>di</strong><br />

mezza estate <strong>di</strong> Shakespeare nel magico spazio del Teatro Antico <strong>di</strong><br />

Taormina fa vivere <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, nel ruolo <strong>di</strong> Titania, e gli altri attori, in<br />

una atmosfera surreale:<br />

Si tratta <strong>di</strong> un sogno. Tutto il testo è un sogno, <strong>non</strong> soltanto il plot della<br />

foresta; e il <strong>teatro</strong> è il luogo ideale per la realizzazione dei sogni. Un gruppo<br />

<strong>di</strong> attori con la struggente gioia <strong>di</strong> riscoprire più ruoli, <strong>di</strong> vivere più<br />

personaggi, <strong>di</strong> poter avere più volti, più voci. 73<br />

Ancora nel 1988 il ritorno dell‟attrice ad un testo <strong>di</strong> Bertolt Brecht, Vita<br />

<strong>di</strong> Galileo, nel ruolo della Signora Sarti, stavolta al Teatro Argentina <strong>di</strong> Roma<br />

con la regia <strong>di</strong> Maurizio Scaparro, accanto a Pino Micol e Andrea Matteuzzi.<br />

In scena per il novantennio della nascita <strong>di</strong> Brecht, Vita <strong>di</strong> Galileo <strong>può</strong><br />

con<strong>si</strong>derar<strong>si</strong> testo centrale dell‟autore, profondamente controverso e <strong>di</strong><br />

indubbio impegno politico. Ne ricor<strong>di</strong>amo l‟ineguagliabile e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Strehler<br />

72 Ibidem.<br />

73 Sogno <strong>di</strong> una notte <strong>di</strong> mezza estate, a cura della redazione, <strong>«Il</strong> Patalogo», n. 12, <strong>di</strong>cembre<br />

1988, p. 74.<br />

35


al Piccolo Teatro <strong>di</strong> Milano nel ‟63. Il regista Maurizio Scaparro mette in scena<br />

Vita <strong>di</strong> Galileo con successo, nel pieno rispetto del suo valore etico e morale.<br />

La scenografia è imponente e <strong>si</strong>mbolica:<br />

(…) Un principio <strong>di</strong> rotazione, <strong>di</strong> vita interiore della macchina teatrale<br />

pre<strong>si</strong>ede allo spettacolo <strong>di</strong> Maurizio Scaparro; la scena è essenzialmente<br />

costituita da una grande sfera lignea e apribile, una sfera mentale e quin<strong>di</strong><br />

geometricamente articolata in angoli, con intorno delle gra<strong>di</strong>nate; essa è<br />

opera <strong>di</strong> Pedro Cano ed Ennio Francia, è ispirata all‟immagine in un trattato<br />

del 1505, opera del matematico Luca Pacioli. (…) 74<br />

Nonostante la comples<strong>si</strong>tà del tema trattato lo spettacolo risulta<br />

riuscito. Gli attori Pino Micol, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Andrea Matteuzzi, Ezio<br />

Marano, <strong>di</strong>retti con rigore e pulizia espres<strong>si</strong>va da Maurizio Scaparro, creano<br />

un buon effetto d‟in<strong>si</strong>eme:<br />

Ezio Marano, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Andrea Matteuzzi sono fra i più bravi dei ben<br />

affiatati attori, dove sostanzialmente conta la coralità e <strong>non</strong> la<br />

caratterizzazione <strong>si</strong>no in fondo, con tocchi sapienti <strong>di</strong> pas<strong>si</strong>one da parte del<br />

regista, che nell‟itinerario porta intelligenza ed essenzialità 75 .<br />

La stagione <strong>non</strong> è tuttavia finita per l‟attrice, che <strong>si</strong> confronta ancora<br />

una volta con l‟amato Goldoni, nel ruolo <strong>di</strong> Madonna Pasqua ne Le baruffe<br />

chiozzotte, con la regia <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o. Lo spettacolo è<br />

rappresentato da De Bo<strong>si</strong>o con una rilettura del testo tra<strong>di</strong>zionale, <strong>non</strong> del<br />

tutto apprezzata dalla critica. Presentata nell‟estate a Verona con attori come<br />

Lucilla Morlacchi, Viginio Zernitz, Daniele Griggio, piace al pubblico ma viene<br />

in parte contestata dalla stampa per la debolezza con cui <strong>si</strong> reggono i<br />

<strong>di</strong>aloghi e la rilettura superficiale del testo. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> è chiamata a<br />

interpretare Madonna Pasqua nella e<strong>di</strong>zione invernale, in parte rivista dal<br />

regista, ruolo che nella precendente messa in scena apparteneva all‟attrice<br />

Lucilla Morlacchi.<br />

74 Fabio Doplicher, Vita <strong>di</strong> Galileo, Dialoghi sull‟invenzione scenica, «Sipario», n. 480-481,<br />

settembre-ottobre 1988, p. 50.<br />

75 Ibidem.<br />

36


Due anni più tar<strong>di</strong> è chiamata ad interpretare il personaggio<br />

drammatico <strong>di</strong> Giocasta in E<strong>di</strong>po <strong>di</strong> Renzo Rosso, <strong>di</strong>retto e interpretato da<br />

Pino Micol:<br />

In questa ver<strong>si</strong>one laica e volutamente riduttiva del capolavoro inarrivabile <strong>di</strong><br />

Sofocle, anche andando avanti nel corso delle prove a tavolino <strong>si</strong> è rafforzata<br />

la scelta privata, la responsabilità personale, lo scandaglio gettato per<br />

chiarire le libere motivazioni dei protagonisti. 76<br />

Scritto e premiato nel 1978, E<strong>di</strong>po <strong>di</strong> Renzo Rosso è la ver<strong>si</strong>one<br />

umanizzata del capolavoro <strong>di</strong> Sofocle. Al posto del coro vi sono personaggi<br />

fortemente emblematici. Ruolo centrale è quello <strong>di</strong> Giocasta, colpevole per<br />

aver provato una pas<strong>si</strong>one verso il figlio, anch‟egli attratto dalla madre.<br />

Entrambi inoltre colpevoli per aver voluto l‟assas<strong>si</strong>nio del padre:<br />

A con<strong>di</strong>zionare i due amanti potrebbe sopravvivere un senso <strong>di</strong> colpa: ed è<br />

Giocasta a soggiacervi, trafiggendo<strong>si</strong> nella vagina, come la strindberghiana<br />

Signorina Giulia <strong>di</strong> un famoso spettacolo <strong>di</strong> Werner Schroeter; per impor<strong>si</strong><br />

sulle apparenze o chissà! Per salvaguardare almeno la memoria. (…)<br />

Come attore, Micol gioca con la <strong>di</strong>alettica, ma finisce per preferirvi la potenza<br />

dei mezzi vocali e l‟empito retorico, con ostentazioni <strong>di</strong><strong>si</strong>nvolte anche nelle<br />

prestazioni sessuali con la supposta madre, che <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> mantiene a<br />

sua volta sul piano più caricato e superficiale 77 .<br />

Dal ruolo drammatico <strong>di</strong> Giocasta, madre e moglie <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> passa nel 1992 ad interpretare quello forte e po<strong>si</strong>tivo <strong>di</strong> Felice,<br />

dominatrice della scena e della <strong>si</strong>tuazione in un riuscito e premiato<br />

allestimento de I Rusteghi <strong>di</strong> Carlo Goldoni, curato e <strong>di</strong>retto dal regista<br />

fiorentino Mas<strong>si</strong>mo Castri 78 , in occa<strong>si</strong>one <strong>di</strong> un avvio anticipato delle<br />

76<br />

Nico Garrone, <strong>di</strong>chiarazioni raccolte a colloquio con Pino Micol, «La Repubblica», 10<br />

febbraio 1991.<br />

77<br />

Franco Quadri, Micol, Re dopo l‟omici<strong>di</strong>o, «La Repubblica», 16 aprile 1991.<br />

78<br />

Mas<strong>si</strong>mo Castri, regista e autore drammatico, nasce a Cortona (Arezzo), nel 1943. Già dai<br />

primi lavori mostra un particolare rigore metodologico, che applica <strong>si</strong>a ai testi che<br />

all‟allestimento scenico, e <strong>si</strong> <strong>di</strong>stingue per il tentativo <strong>di</strong> rendere contemporanei autori come<br />

Pirandello, Ibsen, lavorando sui testi con preciso intento analitico. Si lega nel 1968 alla<br />

Comunità teatrale Emilia Romagna, dal 1975 alla Loggetta <strong>di</strong> Brescia e nel 1990 collabora<br />

con il gruppo toscano dell‟Atelier. Citiamo tra le sue riletture della trage<strong>di</strong>a greca: E<strong>di</strong>po <strong>di</strong><br />

Seneca, Le Trachinie <strong>di</strong> Sofocle, e tra i suoi spettacoli migliori: La vita che ti <strong>di</strong>e<strong>di</strong> e Vestire<br />

37


celebrazioni per il Bicentenario della morte del comme<strong>di</strong>ografo, (1793 –<br />

1993). In questo ruolo l‟attrice mostra temperamento e presenza scenica,<br />

attinge per lo stu<strong>di</strong>o della voce e del gesto dal bagaglio dei personaggi <strong>di</strong><br />

Goldoni, Molière, Shakespeare che fanno parte della sua storia artistica e<br />

contribuisce alla riuscita <strong>di</strong> uno spettacolo che riceve il premio UBU come<br />

migliore regia per il 1992.<br />

Nel maggio 1992 il Veneto<strong>teatro</strong>, che aveva prodotto lo spettacolo, <strong>si</strong><br />

scioglie, a causa <strong>di</strong> problemi amministrativi-politici, e <strong>si</strong> teme per la ripresa <strong>di</strong><br />

questo allestimento e per altri progetti. Nasce <strong>di</strong> conseguenza il Teatro<br />

Stabile del Veneto, <strong>di</strong>retto da Giulio Bosetti, ufficialmente incaricato <strong>di</strong><br />

organizzare il festival internazionale goldoniano previsto per l‟autunno 1993.<br />

In seguito al successo de I Rusteghi e ai cambiamenti in atto ai vertici<br />

<strong>di</strong> Veneto<strong>teatro</strong>, gli attori costituiscono una Cooperativa e grazie a questo<br />

sforzo organizzativo portano lo spettacolo in tournée, con un notevole rischio<br />

economico personale. La Cooperativa mette in scena una seconda comme<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> Goldoni, Il ventaglio, con la regia <strong>di</strong> Luigi Squarzina, le belle scene <strong>di</strong> Carlo<br />

Diappi e le mu<strong>si</strong>che <strong>di</strong> Fiorenzo Carpi.<br />

Al termine della tournèe, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> torna alla sua autonomia ed<br />

esce dalla Cooperativa, dopo una razionale valutazione della vali<strong>di</strong>tà<br />

economica e artistica del progetto. Nel luglio del 1994 da libera attrice<br />

interpreta il ruolo <strong>di</strong> Costanza nell‟allestimento de Il ferro <strong>di</strong> Gabriele<br />

D‟Annunzio, al fianco <strong>di</strong> Mario Granato e per la regia del marito Aurelio<br />

Pierucci. Si tratta <strong>di</strong> un dramma scritto nel 1913 da Gabriele D‟Annunzio,<br />

moderno ed enigmatico in quanto introduce il tema complesso dell‟eutana<strong>si</strong>a.<br />

Diretto da Aurelio Pierucci, lo spettacolo è allestito all‟aperto, nella<br />

bella ambientazione del bel cortile del Castel <strong>di</strong> Poggio, vicino Fiesole. Il ferro<br />

ha <strong>di</strong>viso in due la critica fin dagli anni della sua prima rappresentazione (nel<br />

1913), ed anche nelle repliche succes<strong>si</strong>ve. Anche in questa e<strong>di</strong>zione vi sono<br />

gli ignu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Pirandello, I Rusteghi e la Trilogia della villeggiatura <strong>di</strong> Goldoni , La <strong>di</strong>sputa <strong>di</strong><br />

Marivaux, Il padre <strong>di</strong> Strindberg.<br />

38


pareri <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>, il testo risulta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile interpretazione, <strong>non</strong>ostante<br />

l‟i<strong>si</strong>razione del regista, la suggestiva scenografia e l‟impegno degli attori.<br />

1.10 I LAVORI PIU‟ RECENTI<br />

Nel 1992, dopo anni <strong>di</strong> inattività, riapre il Ridotto del Teatro Biondo<br />

Stabile <strong>di</strong> Palermo, e <strong>di</strong>eci anni più tar<strong>di</strong>, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> torna a lavorare<br />

sulle scene che l‟avevano vista recitare, ancora molto giovane, al fianco <strong>di</strong><br />

Franco Parenti. Il Teatro palermitano, con la collaborazione dell‟Ente Teatro<br />

<strong>di</strong> Mes<strong>si</strong>na, produce l‟allestimento <strong>di</strong> Racconto d‟inverno <strong>di</strong> Shakespeare, con<br />

la regia <strong>di</strong> Roberto Guicciar<strong>di</strong>ni, le scene e i costumi <strong>di</strong> Pietro Carriglio,<br />

<strong>di</strong>rettore dello Stabile. L‟attrice interpreta Paulina, figura centrale della<br />

trage<strong>di</strong>a, che con la propria determinazione riesce ad affrontare con<br />

fermezza il prevaricatore Re Leonte, per <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> ancora un ruolo<br />

femminile dotato <strong>di</strong> grande personalità.<br />

L‟anno succes<strong>si</strong>vo lo Stabile mette in scena uno spettacolo in omaggio<br />

alla memoria <strong>di</strong> padre Pino Pugli<strong>si</strong>, vittima della mafia, il testo è Il fiore del<br />

dolore del poeta Mario Luzi, e l‟attrice, lieta <strong>di</strong> partecipare a questo<br />

allestimento, interpreta per la seconda volta 79 un personaggio legato al<br />

mondo religioso, quello <strong>di</strong> madre Vincenza.<br />

Lo spettacolo <strong>si</strong> pone l‟obiettivo <strong>di</strong> aprire un <strong>di</strong>battito sulla mafia, a <strong>di</strong>eci anni<br />

dall‟omici<strong>di</strong>o del piccolo prete <strong>di</strong> Brancaccio, e lo fa attraverso i ver<strong>si</strong> den<strong>si</strong><br />

del poeta Mario Luzi, coinvolgendo il pubblico, <strong>di</strong>sposto in se<strong>di</strong>e or<strong>di</strong>nate in<br />

modo da comporre una croce.<br />

La croce in sala <strong>si</strong>mboleggia la salvezza. Il mio personaggio <strong>si</strong> aggrappa alla<br />

fede, cerca le sue risposte e affida le sue speranze al <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>vino.<br />

79 L‟attrice aveva interpretato il ruolo della perpetua nel 1997 in Don Milani – Il priore <strong>di</strong><br />

Barbiana, regia <strong>di</strong> Antonio e Andrea Frazzi, sceneggiato televi<strong>si</strong>vo.<br />

39


Accettarlo è fondamentale, per scoprire inoltre i propri errori e cercare <strong>di</strong><br />

crescere sempre. Mi sono avvicinata a questo personaggio con pas<strong>si</strong>one e<br />

<strong>non</strong> è la prima volta che affianco un ministro del bene così grande come<br />

Padre Pugli<strong>si</strong>, infatti in passato ho interpretato la perpetua <strong>di</strong> Don Milani,<br />

dove ho capito che per stare al fianco <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> uomini <strong>di</strong> chiesa <strong>si</strong> deve<br />

essere per forza forti e determinati e questa forza ho cercato <strong>di</strong> dare anche a<br />

madre Vincenza, che anche se <strong>si</strong> rifugia nella preghiera e nella fede lo fa con<br />

fermezza, nella ricerca sempre della salvezza 80 .<br />

Solo due me<strong>si</strong> più tar<strong>di</strong>, nel maggio 2003, il Teatro Biondo produce<br />

Serata Campanile, uno spettacolo tratto dal repertorio <strong>di</strong> Achille Campanile,<br />

ricco <strong>di</strong> <strong>si</strong>tuazioni assurde, ironiche, basate su equivoci e ipocri<strong>si</strong>e. Si<br />

susseguono vari episo<strong>di</strong> 81 , raccontati con delicato umorismo dallo scrittore<br />

fiorentino, e portati in scena, con la regia <strong>di</strong> Pippo Spicuzza, dagli attori<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Stefania Blandeburgo e Umberto Cantone.<br />

Nel mese <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre dello stesso anno, l‟attrice lavora ancora con lo<br />

Stabile <strong>di</strong> Palermo, stavolta nell‟allestimento <strong>di</strong> uno spettacolo, Assas<strong>si</strong>nio<br />

nella cattedrale, <strong>di</strong> Eliot, che viene dato in prima nazionale il giorno 29, lo<br />

stesso in cui <strong>si</strong> era compiuto, nel 1170, l‟avvenimento trattato, il martirio<br />

nella cattedrale <strong>di</strong> Canterbury, dell‟arcivescovo Thomas Becket, in seguito<br />

alla sua ribellione al Re Enrico II. Il regista Pietro Carriglio intende<br />

sottolineare l‟attualità del <strong>di</strong>battito morale trattato, il <strong>di</strong>lemma interiore <strong>di</strong><br />

Becket, tema centrale dell‟opera: il dubbio. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> <strong>si</strong> confronta in<br />

questo spettacolo con un testo che <strong>si</strong> <strong>può</strong> ricondurre nella forma alla Sacra<br />

Rappresentazione, ed il suo personaggio la impegna in un lungo monologo,<br />

durante il quale il suo corpo risulta incastrato nelle fondamenta della stessa,<br />

ricreata, cattedrale.<br />

L‟attrice, ancora una volta coraggiosa e felice <strong>di</strong> sperimentare<br />

esperienze <strong>di</strong>verse, accetta con grande curio<strong>si</strong>tà il ruolo succes<strong>si</strong>vo, quello <strong>di</strong><br />

Praskowia in La vedova allegra, che rappresenta per lei un importante e<br />

<strong>di</strong>vertente debutto nel genere dell‟operetta. Lo spettacolo, un clas<strong>si</strong>co molto<br />

80 <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> risponde a Luigi Farina, Intervista ai protagonisti, Cronaca dalla prima <strong>di</strong><br />

Il fiore del dolore al Teatro Biondo Stabile <strong>di</strong> Palermo, www.<strong>teatro</strong>biondo.it.<br />

81 Ne citiamo alcuni: La cri<strong>si</strong> del <strong>teatro</strong> risolta da me, Il bacio, Festival della canzone<br />

napoletana, Vite degli uomini illustri, Vi<strong>si</strong>ta <strong>di</strong> condoglianze, Nostalgia.<br />

40


amato dai palermitani, inaugura la stagione estiva, anno 2004, del Teatro<br />

Mas<strong>si</strong>mo <strong>di</strong> Palermo, e vanta un allestimento molto curato 82 , con alcune<br />

novità, tra le quali la stessa <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, presenza assolutamente ine<strong>di</strong>ta<br />

in questo ruolo.<br />

E‟ logico – spiega il regista Filippo Crivelli – che nel riallestire questa Vedova<br />

abbia apportato delle mo<strong>di</strong>fiche, nuovi interpreti automaticamente<br />

suggeriscono idee <strong>di</strong>verse e, pur mantenendo la mas<strong>si</strong>ma fedeltà ai testi e<br />

alle mu<strong>si</strong>che originali, ho cercato <strong>di</strong> dare più allegria e più colore a uno<br />

spettacolo che continua a essere miracolosamente giovane. 83<br />

Dopo un breve periodo <strong>di</strong> riposo l‟attrice ritorna a lavorare nel 2006 in<br />

una grande produzione, con il regista Mas<strong>si</strong>mo Castri, che l‟aveva portata<br />

sulle scene con il personaggio <strong>di</strong> Felice ne I Rusteghi, spettacolo del 1992.<br />

Questa volta Castri rilegge e mette in scena un testo dell‟autore svedese<br />

August Strindberg, Il padre, trage<strong>di</strong>a misogina, in parte autobiografica,<br />

costruita sul conflitto uomo-donna, una lotta che porta alla sconfitta<br />

dell‟uomo e alla sua regres<strong>si</strong>one.<br />

Il testo, definito da Friedrich Nietzsche «un capolavoro <strong>di</strong> dura<br />

p<strong>si</strong>cologia», racconta il dramma del protagonista, autoritario padre e<br />

Capitano <strong>di</strong> Marina, annientato p<strong>si</strong>cologicamente dalla moglie, che gli in<strong>si</strong>nua<br />

dubbi sulla paternità della figlia fino a condurlo alla follia e al regresso allo<br />

stato dell‟infanzia, con la complicità della figlia e dell‟amata balia.<br />

Un personaggio sconfitto, un dramma borghese amaro <strong>di</strong> cui Castri fa<br />

una paro<strong>di</strong>a forte, con uso <strong>di</strong> artifici e <strong>di</strong> una efficace scenografia (<strong>di</strong> Maurizio<br />

Balò). <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> interpreta il ruolo della balia, con grande presenza<br />

scenica, riuscendo a cogliere il <strong>si</strong>gnificato chiave della sua parte nello<br />

spettacolo, soprattutto nella scena fondamentale in cui veste il Capitano,<br />

ormai folle, con la camicia <strong>di</strong> forza, usando la voce amorosa e ras<strong>si</strong>curante <strong>di</strong><br />

82 La regia è <strong>di</strong> Filippo Crivelli, l‟Orchestra, il Coro e il Corpo <strong>di</strong> Ballo sono della fondazione<br />

Teatro Mas<strong>si</strong>mo, <strong>di</strong>retti dal maestro Carmelo Caruso. Particolarmente curati scene e costumi<br />

<strong>di</strong> Maurizio Monteverde.<br />

83 Dichiarazione del regista Filippo Crivelli in La vedova allegra apre la stagione del Teatro <strong>di</strong><br />

Verdura, Comunicato stampa, www.<strong>teatro</strong>mas<strong>si</strong>mo<strong>di</strong>palermo.it.<br />

41


una balia che addormenta un bambino. Accanto a lei in questo spettacolo<br />

prodotto dal Teatro Stabile <strong>di</strong> Bologna e dall‟Emilia Romagna Teatro, sono<br />

Umberto Or<strong>si</strong>ni e Manuela Mandracchia, nei ruoli del Capitano e della moglie.<br />

La sera del 22 gennaio 2007, al Teatro Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Milano, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> riceve il prestigioso Premio Ubu 2006 per la sua interpretazione<br />

della balia ne Il padre, come miglior attrice <strong>non</strong> protagonista. Il premio <strong>può</strong><br />

essere con<strong>si</strong>derato, con ragione e merito, un riconoscimento oltre che per<br />

l‟interpretazione offerta dall‟attrice nello spettacolo, per la sua storia<br />

personale <strong>di</strong> artista che da ormai cinquant‟anni calca le scene teatrali italiane<br />

con coerenza ed amore.<br />

<strong>«Il</strong> <strong>teatro</strong> <strong>non</strong> <strong>si</strong> <strong>può</strong> <strong>tra<strong>di</strong>re»</strong> 84 , afferma con la sua voce profonda,<br />

dopo aver ricordato e ripercorso generosamente anni <strong>di</strong> palcoscenici e viaggi,<br />

succes<strong>si</strong> e timori, dolori e per<strong>di</strong>te.<br />

1.11 IL CINEMA E LA TELEVISIONE<br />

L‟esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> nel mondo del cinema è in un film del<br />

1959, Arrangiatevi!, una <strong>di</strong>vertente comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong>retta dal regista pistoiese<br />

Mauro Bolognini, interpretata da un ricco cast: Totò, Peppino De Filippo,<br />

Franca Valeri e Vittorio Caprioli.<br />

La giovane attrice recita l‟anno seguente ne La contessa azzurra, con<br />

la regia <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Gora e la partecipazione <strong>di</strong> due gran<strong>di</strong> attori come Paolo<br />

Stoppa e Amedeo Nazzari, e nel 1961 interpreta una bella e giovane<br />

prostituta, accanto a Clau<strong>di</strong>a Car<strong>di</strong>nale, Romolo Valli e Jean Paul Belmondo<br />

ne La viaccia, <strong>di</strong> Mauro Bolognini. Il film, bellis<strong>si</strong>mo e amaro, in un<br />

suggestivo bianco e nero, <strong>si</strong> svolge in una Firenze crepuscolare e antica <strong>di</strong><br />

84 Ve<strong>di</strong> APPENDICE I, L‟attrice <strong>si</strong> racconta.<br />

42


fine 1800, e narra una storia liberamente tratta da L‟ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Mario Prate<strong>si</strong>,<br />

con la prestigiosa sceneggiatura <strong>di</strong> Vasco Pratolini e Pasquale Festa<br />

Campanile.<br />

Dopo quest‟ultimo impegno seguono per <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> ben 35 anni<br />

<strong>di</strong> <strong>si</strong>lenzio nel mondo del cinema, una lunga pausa che <strong>si</strong> interrompe<br />

improvvisamente nel 1996, grazie al regista e comme<strong>di</strong>ografo fiorentino Ugo<br />

Chiti 85 , con cui torna a lavorare nel riconosciuto film <strong>di</strong> importanza nazionale<br />

Albergo Roma, tratto dalla comme<strong>di</strong>a Allegretto… perbene ma <strong>non</strong> troppo<br />

del 1987. Il film <strong>si</strong> ispira ad un fatto <strong>di</strong> cronaca accaduto in Toscana nel<br />

1939, e <strong>si</strong> svolge in un borgo abitato da personaggi insoliti e aspri, tra i quali<br />

la pettegola Olimpia, interpretata da <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

Ancora nel 1996 l‟attrice interpreta in un brillante <strong>di</strong>aletto romagnolo il<br />

personaggio <strong>di</strong> Fosca, nella <strong>di</strong>vertente e amara comme<strong>di</strong>a Ritorno a casa<br />

Gori, <strong>di</strong>retta da Alessandro Benvenuti, tratta da un suo copione teatrale. Il<br />

ritorno al cinema dell‟attrice dagli anni Novanta in poi avviene anche grazie al<br />

successo dei registi toscani, che <strong>si</strong> vanno affermando, e con i quali <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> è ben lieta <strong>di</strong> lavorare, con la consueta energia e gioia.<br />

Nel 1997 è in Ovosodo, originale e riuscito film del regista Paolo Virzì,<br />

pellicola che ottiene il Gran Premio Speciale della giuria alla mostra <strong>di</strong><br />

Venezia, e l‟anno seguente lavora con la regia <strong>di</strong> Francesco Nuti ne Il Signor<br />

Quin<strong>di</strong>cipalle e ne I volontari, con la regia <strong>di</strong> Domenico Costanzo. Gli impegni<br />

cinematografici <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> continuano nel 1999 nel film drammatico<br />

Un Tè con Mussolini <strong>di</strong> Franco Zeffirelli e con la partecipazione alla<br />

comme<strong>di</strong>a Bagnomaria <strong>di</strong> Giorgio Panariello.<br />

Nel 2000 <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> offre una toccante interpretazione, nel ruolo<br />

della domestica Elsa, in un film da lei molto amato 86 , Il cielo cade, regia <strong>di</strong><br />

Andrea e Antonio Frazzi, sceneggiatura <strong>di</strong> Suso Cecchi D‟Amico, tratto<br />

dall‟omonimo romanzo <strong>di</strong> Lorenza Mazzetti. Dopo questo ruolo drammatico<br />

85 Ibidem.<br />

86 Ibidem.<br />

43


l‟attrice torna alla comme<strong>di</strong>a in un film del 2004, Tre<strong>di</strong>ci a tavola <strong>di</strong> Enrico<br />

Oldoini, comme<strong>di</strong>a ambientata in un vecchio casale della campagna toscana,<br />

a metà tra il comico ed il malinconico, interpretata da un ricco cast <strong>di</strong> attori<br />

tra cui citiamo Paolo Bonacelli e Giancarlo Giannini.<br />

Oltre che attrice <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> e <strong>di</strong> cinema, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> è stata ed è<br />

tuttora una instancabile interprete <strong>di</strong> innumerevoli personaggi degli<br />

sceneggiati televi<strong>si</strong>vi del passato, fino alle attuali fiction. Notevole la quantità<br />

e la qualità del lavoro svolto per la televi<strong>si</strong>one 87 , spesso con la prestigiosa<br />

regia <strong>di</strong> maestri come Edmo Fenoglio, Mario Ferrero, Vittorio Cottafavi.<br />

Tra i numero<strong>si</strong> lavori sono degni <strong>di</strong> nota gli sceneggiati Il costruttore<br />

Solnes, Il mistero delle tre orchidee, Stenterello a Tuni<strong>si</strong>, Un lungo grido <strong>di</strong><br />

libertà, regia <strong>di</strong> Mario Ferrero; Gli ad<strong>di</strong>i, I fuochi <strong>di</strong> San Giovanni, Piccoli<br />

borghe<strong>si</strong>, Il castello dei fantocci, regia <strong>di</strong> Edmo Fenoglio; Don Giovanni, La<br />

Signora dalle camelie, regia <strong>di</strong> Vittorio Cottafavi; Don Milani Il priore <strong>di</strong><br />

Barbiana, regia <strong>di</strong> Andrea e Antonio Frazzi; Un colpo al cuore, regia <strong>di</strong><br />

Alessandro Benvenuti. Nel corso degli anni <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> ha anche<br />

lavorato in numerose produzioni ra<strong>di</strong>ofoniche, a Firenze, Roma, Torino,<br />

Milano, Napoli.<br />

87 A questo propo<strong>si</strong>to ve<strong>di</strong> l‟elenco completo dei lavori televi<strong>si</strong>vi <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in<br />

APPENDICE V, Apparizioni Televi<strong>si</strong>ve, pp. 114-121.<br />

44


CAPITOLO SECONDO<br />

DA “LA CAMERIERA BRILLANTE” A “IL VENTAGLIO”: LE INTERPRETAZIONI<br />

GOLDONIANE<br />

2.1 GIANNA GIACHETTI INTERPRETE GOLDONIANA<br />

Il <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Goldoni è ricco <strong>di</strong> figure femminili forti, intelligenti e<br />

spiritose, alcune delle quali arrivano a condurre la comme<strong>di</strong>a stessa. <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> incontra l’autore nel 1961, quando interpreta <strong>di</strong>retta da Gianfranco<br />

De Bo<strong>si</strong>o il ruolo <strong>di</strong> Argentina ne La cameriera brillante, comme<strong>di</strong>a che le fa<br />

conoscere e capire la profonda rifles<strong>si</strong>one <strong>di</strong> Goldoni sul <strong>teatro</strong> e sulla<br />

profes<strong>si</strong>one dell’attore. L’attrice reciterà in seguito in altre importanti<br />

comme<strong>di</strong>e goldoniane, interpretando con carattere e grande presenza<br />

scenica personaggi femminili in<strong>di</strong>menticabili come Mirandolina ne La<br />

locan<strong>di</strong>era e Siora Felice ne I rusteghi.<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> comprende il rispetto dell’autore nei confronti della<br />

donna fino a farle assumere, come nel caso <strong>di</strong> Argentina ne La cameriera<br />

brillante, il ruolo <strong>di</strong> capocomica: «Goldoni le donne le ha amate e ha capito<br />

che sono il motore della vita, è uno dei gran<strong>di</strong> autori che hanno compreso la<br />

p<strong>si</strong>cologia femminile e <strong>non</strong> hanno avuto vergogna <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare complici e<br />

ammiratori <strong>di</strong> questo mondo perché è una ricchezza» 1 . Argentina è la serva<br />

del mercante burbero Pantalone, che ha due figlie in età da marito<br />

1 Ve<strong>di</strong> APPENDICE I, L’attrice <strong>si</strong> racconta.


corteggiate da molti pretendenti, tra i quali Ottavio e Florindo. Il meccanismo<br />

è quello della comme<strong>di</strong>a dell’arte ma Goldoni esaspera i caratteri dei<br />

personaggi, attraverso l’espe<strong>di</strong>ente del “<strong>teatro</strong> nel <strong>teatro</strong>”:<br />

L’affinità della Cameriera brillante con la comme<strong>di</strong>a dell’arte, <strong>di</strong> cui depone<br />

l’abito farsesco soltanto nel bel terzo atto, più elevato nel tono dell’invenzione<br />

e nella qualità del <strong>di</strong>alogo, è stata accortamente sottolineata dalla regia <strong>di</strong><br />

Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o, che ha dato <strong>di</strong> propo<strong>si</strong>to un carattere popolare alla<br />

tumultuosa gaiezza dei primi due atti puntando sugli effetti del brio e della<br />

comicità degli attori bravis<strong>si</strong>mi che aveva a sua <strong>di</strong>spo<strong>si</strong>zione 2 .<br />

Nel terzo atto Argentina da vera capocomica fa recitare i personaggi in<br />

una comme<strong>di</strong>a nella comme<strong>di</strong>a assegnando loro caratteri <strong>di</strong>ver<strong>si</strong> e opposti ai<br />

propri originali. Con questo espe<strong>di</strong>ente Goldoni intende esaltare la <strong>di</strong>fficoltà<br />

della profes<strong>si</strong>one dell’attore nel ricordare le parti a memoria e<br />

nell’interpretare caratteri <strong>di</strong>ver<strong>si</strong> dal proprio. L’autore fa un inno all’attrice<br />

comica e alla sua importante funzione drammaturgica. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

interpretando Argentina ha la funzione <strong>di</strong> equilibrare gli estremi, da semplice<br />

servetta assume il ruolo <strong>di</strong> capocomica e regista, è lei la vera portatrice delle<br />

idee del drammaturgo stesso.<br />

L’attrice interpreta con impegno il personaggio importante a lei<br />

assegnato dal regista De Bo<strong>si</strong>o e la sua Argentina <strong>si</strong> muove decisa accanto<br />

agli altri bravi attori <strong>di</strong> indubbie capacità:<br />

Sergio Tofano nelle vesti d’un Pantalone <strong>di</strong> gran stile, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in<br />

quelle <strong>di</strong> un’Argentina spiritosa, Franco Parenti e Checco Rissone nella<br />

maschere <strong>di</strong> Brighella e Traccagnino, Giovanna Pellizzi e Adriana Asti nelle<br />

parti delle due sorelle litigiose, Memmo Craig e Renzo Giovampietro in quelle<br />

<strong>di</strong> Ottavio e Florindo, hanno formato un complesso estremamente gradevole<br />

per vivacità e fu<strong>si</strong>one 3 .<br />

La succes<strong>si</strong>va interpretazione <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in un ruolo della<br />

comme<strong>di</strong>a goldoniana avviene molti anni più tar<strong>di</strong>, quando l’attrice è ormai<br />

un’artista completa e <strong>di</strong> grande esperienza. Nel 1981 Giorgio De Lullo<br />

2 Arnaldo Fratelli, La cameriera brillante, «Sipario», n. 187, novembre 1961, p.24.<br />

3 Ibidem.<br />

46


ipropone La Locan<strong>di</strong>era <strong>di</strong> Goldoni nella mes<strong>si</strong>nscena pensata e<br />

rappresentata da Luchino Visconti al Teatro La Fenice nell’ottobre del 1952, e<br />

offre a <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> il ruolo principale <strong>di</strong> Mirandolina. Si tratta certamente<br />

<strong>di</strong> una delle comme<strong>di</strong>e maggiormente rappresentate del <strong>teatro</strong> italiano,<br />

messa in scena la prima volta nel 1753 a Venezia, al Teatro Sant’Angelo, con<br />

un debutto <strong>di</strong> <strong>non</strong> grande scalpore. In seguito la comme<strong>di</strong>a è stata<br />

compresa, reinterpretata e riletta attraverso moltis<strong>si</strong>mi allestimenti. La sua<br />

importanza è sottolineata da Giorgio De Lullo:<br />

E’ per ricordare la funzione determinante e rivoluzionaria della Locan<strong>di</strong>era <strong>di</strong><br />

Visconti nella storia dell’interpretazione goldoniana e per rendere omaggio al<br />

mio Maestro che ritengo opportuno riproporla oggi, dopo trent’anni – come<br />

lui la fece allora – a chi la vide e la ricorda, ma soprattutto alle giovani<br />

generazioni che <strong>non</strong> hanno potuto conoscerla 4 .<br />

De Lullo <strong>si</strong> avvale per le scenografie e i costumi della collaborazione <strong>di</strong><br />

Maurizio Monteverde, Piero To<strong>si</strong> e Umberto Tirelli, profes<strong>si</strong>onisti che avevano<br />

contribuito alla realizzazione <strong>di</strong> quello storico spettacolo, rispettando<br />

attentamente le note e le in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> Visconti 5 . Per la recitazione degli<br />

attori il regista <strong>si</strong> avvale degli stes<strong>si</strong> moduli interpretativi pensati per lo<br />

spettacolo del 1952. Il risultato è una Locan<strong>di</strong>era perfetta, evocativa, <strong>di</strong><br />

grande emozione vi<strong>si</strong>va, con l’unico limite che è destinato ad incontrare ogni<br />

tentativo <strong>di</strong> riproporre un grande successo del passato: «Tutto questo per<br />

<strong>di</strong>re che è impos<strong>si</strong>bile ricostruire a <strong>teatro</strong> le sensazioni e i pen<strong>si</strong>eri <strong>di</strong><br />

trent’anni prima. Il <strong>teatro</strong> è il “qui e ora”. Il <strong>teatro</strong> è l’istante che passa e la<br />

gente che in quell’istante c’è» 6 .<br />

Gli attori <strong>di</strong>retti da Giorgio De Lullo sono impegnati in ruoli che<br />

nell’e<strong>di</strong>zione del 1952 erano stati interpretati da gran<strong>di</strong> attori come Marcello<br />

Mastroianni, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Gianrico Tedeschi (poi sostituito da<br />

4 Giorgio De Lullo, da programma <strong>di</strong> sala, «Patalogo», n. 4, aprile 1981, p. 108.<br />

5 Giorgio De Lullo introduce un’unica novità, una melo<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Nino Rota composta per<br />

L’impresario <strong>di</strong> Smirne, comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Goldoni messa in scena da Visconti nel 1957.<br />

6 Roberto De Monticelli, Da quella locanda un nuovo Goldoni, <strong>«Il</strong> Corriere della Sera», 21<br />

marzo 1981.<br />

47


Romolo Valli), Rossella Falk e lo stesso Giorgio De Lullo. Si tratta dunque <strong>di</strong><br />

una <strong>di</strong>fficile scommessa del regista e dei nuovi interpreti <strong>di</strong> questa nuova<br />

Locan<strong>di</strong>era, gli attori del Gruppo Teatro Libero Romolo Valli 7 .<br />

I personaggi della Locan<strong>di</strong>era sono rappresentativi del profondo<br />

cambiamento nel <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Goldoni, superano le maschere fisse della<br />

comme<strong>di</strong>a dell’arte per impersonare caratteri reali, veri, ricchi <strong>di</strong><br />

sfaccettature. Mirandolina è una donna moderna e scaltra, che gestisce a<br />

Firenze la locanda ere<strong>di</strong>tata dal padre con l’aiuto del cameriere Fabrizio.<br />

Corteggiata da un marchese decaduto e da un ricco conte, ospiti della<br />

locanda, riesce con furbizia a giocare con i due nobili accettando lu<strong>si</strong>nghe e<br />

regali senza mai conceder<strong>si</strong>, mantenendoli inoltre come clienti della locanda<br />

e facendo così i propri interes<strong>si</strong>. Anche il Cavaliere <strong>di</strong> Ripafratta, misogino e<br />

scorbutico, cede infine a Mirandolina e <strong>si</strong> innamora, ma lei con i suoi<br />

stratagemmi riesce a calmare e governare la <strong>si</strong>tuazione <strong>di</strong> ten<strong>si</strong>one che <strong>si</strong><br />

crea tra i tre nobili, sposando nel finale il cameriere Fabrizio, così come aveva<br />

promesso al vecchio padre.<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> interpreta questo personaggio forte e carismatico<br />

dopo molte altre gran<strong>di</strong> attrici italiane, tra le quali Eleonora Duse, Adelaide<br />

Ristori e nel ’52 Rina Morelli, e lo fa con impegno e pas<strong>si</strong>one, tenendo conto<br />

della rivalutazione della figura femminile che Mirandolina rappresenta. Nata<br />

con riferimento alla maschera <strong>di</strong> Colombina, la locan<strong>di</strong>era innalza il proprio<br />

ruolo a <strong>si</strong>mboleggiare lo scontro tra le clas<strong>si</strong> sociali ed i ses<strong>si</strong>. E’ una donna<br />

padrona del proprio destino, ha un’intelligenza sottile e la usa attraverso la<br />

parola; i sui lunghi monologhi fanno comprendere le sue idee e <strong>di</strong> riflesso il<br />

pen<strong>si</strong>ero goldoniano.<br />

7 Gli interpreti sono: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Mirandolina), Gabriele Tozzi (Cavaliere <strong>di</strong> Ripafratta),<br />

Ezio Marano (Marchese <strong>di</strong> Forlimpopoli), Andrea Matteuzzi (Conte d’Albafiorita), Isabella<br />

Guidotti (Orten<strong>si</strong>a), Marina Locchi (Dejanira), Roberto Alpi (Fabrizio), Martino Duane, Cesare<br />

Festa.<br />

48


L’autore nella premessa all’opera ne <strong>di</strong>fende il valore morale:<br />

Lo scopo – vi <strong>si</strong> afferma – è l’educazione dello spettatore-lettore contro le<br />

«femmine lu<strong>si</strong>nghiere», contrapposte alle donne oneste. Gli elementi<br />

<strong>di</strong>dascalici <strong>di</strong> una strategia della conquista, adoperati a piene mani dal<br />

drammaturgo, servirebbero a <strong>di</strong>ssuadere gli uomini, insegnando loro «a<br />

fuggire i pericoli, per <strong>non</strong> soccombere alle cadute» 8 .<br />

Goldoni quin<strong>di</strong> mette in guar<strong>di</strong>a gli uomini dalla malizia delle donne,<br />

ma ha profonda <strong>si</strong>mpatia per Mirandolina, uno dei personaggi più<br />

rappresentativi del suo nuovo <strong>teatro</strong>. Citiamo dal III atto, scena ultima:<br />

Mirandolina: Queste espres<strong>si</strong>oni mi saran care, nei limiti della convenienza e<br />

dell’onestà. Cambiando stato, voglio cambiar costume; e lor <strong>si</strong>gnori ancora<br />

profittino <strong>di</strong> quanto hanno veduto, in vantaggio e <strong>si</strong>curezza del loro cuore; e<br />

quando mai <strong>si</strong> trovassero in occa<strong>si</strong>oni <strong>di</strong> dubitare, <strong>di</strong> dover cedere, <strong>di</strong> dover<br />

cadere, pen<strong>si</strong>no alle malizie imparate, e <strong>si</strong> ricor<strong>di</strong>no della Locan<strong>di</strong>era 9 .<br />

Tracciare un profilo <strong>di</strong> questo personaggio è necessario per capire<br />

quanta storia del <strong>teatro</strong> esso porti con sé nel corso degli anni. Interpretare<br />

Mirandolina nello spettacolo affettuosamente riproposto da De Lullo<br />

rappresenta per <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> un passo in avanti nella preparazione alle<br />

interpretazioni <strong>di</strong> altre figure femminili che la vedranno protagonista della<br />

scena teatrale alcuni anni più tar<strong>di</strong>. Il suo impegno incontra una critica<br />

po<strong>si</strong>tiva:<br />

E l’interpretazione stavolta, <strong>non</strong> paia giu<strong>di</strong>zio limitato, è una interpretazione<br />

alla Visconti senza Visconti. <strong>Giachetti</strong> era una Mirandolina sapiente, robusta e<br />

intrigante, corpo<strong>si</strong>s<strong>si</strong>ma 10 .<br />

L’impresa <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e degli altri attori è quella <strong>di</strong><br />

veder confrontare la propria recitazione con quella degli interpreti delle altre<br />

e<strong>di</strong>zioni, tentazione della stampa e <strong>di</strong> una parte del pubblico per età<br />

maggiormente nostalgica:<br />

8 Teresa Megale, commento, L’autore a chi legge, in Carlo Goldoni, La locan<strong>di</strong>era, a cura <strong>di</strong><br />

Sara Mamone e Teresa Megale, Mar<strong>si</strong>lio E<strong>di</strong>tori, Venezia, giugno 2007, p. 235.<br />

9 Ivi, pp. 226-227.<br />

10 Tommaso Chiaretti, Quel buon gusto <strong>di</strong> 30 anni fa, «La Repubblica», 21 marzo 1981.<br />

49


La Mirandolina della generosa <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> – che ad ascoltarla ad occhi<br />

chiu<strong>si</strong> sembra talvolta Sarah Ferrati, fors’anche per la comune matrice<br />

toscana – <strong>non</strong> sarà completamente all’altezza della locan<strong>di</strong>era Morelli: ma<br />

<strong>non</strong> è certo protagonista sciatta o inespres<strong>si</strong>va, anzi attrice <strong>di</strong> vibrante<br />

temperamento, <strong>di</strong> in<strong>si</strong>nuante grazia maliziosa, <strong>di</strong> restituita capacità<br />

d’incantamento 11 .<br />

Nel confronto con la Mirandolina <strong>di</strong> Rina Morelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

sceglie con coraggio una strada <strong>di</strong>versa e personale:<br />

La Morelli faceva <strong>di</strong> Mirandolina una ragazza aspramente intelligente, al limite<br />

della sgradevolezza ma sempre salvando l’innocenza e l’inconsapevolezza<br />

dell’istinto, sì che ne veniva come il soffio d’una gatta adorabile e infida,<br />

velluto e unghie. La <strong>Giachetti</strong> sembra estraniare, per <strong>di</strong>mostrarlo più<br />

esplicitamente, il “negativo” del personaggio, chiudendolo nell’arco <strong>di</strong> un alto<br />

arabesco vocale, un po’ alla Ferrati, ma con una sorta <strong>di</strong> manierismo che alla<br />

lunga <strong>può</strong> anche stancare. Tant’è vero che nel terzo atto, <strong>di</strong>ventata più<br />

semplice e <strong>di</strong>retta, l’attrice recupera <strong>non</strong> solo in freschezza del personaggio<br />

ma anche in presa sul pubblico 12 .<br />

L’attrice <strong>si</strong> arricchisce <strong>di</strong> un’altra esperienza importante, uno<br />

spettacolo talvolta criticato per essere una riproduzione dell’allestimento<br />

viscontiano priva <strong>di</strong> vere novità. Ma semplicemente questo voleva essere<br />

nelle intenzioni <strong>di</strong> De Lullo, un omaggio a un regista e a un autore<br />

profondamente amati: «basterà dar atto a De Lullo <strong>di</strong> un’operazione<br />

generosa e coerente, compreso il calcolato rischio del “rigetto” trentennale. E<br />

rimeritare con piena approvazione il suo autentico atto d’amore» 13 .<br />

Lo stesso pubblico apprezza il buon gusto e l’impegno con il quale lo<br />

spettacolo è stato messo in scena:<br />

Il pubblico che affollava la sala del Piccolo Teatro, giovedì sera (giusto cinque<br />

anni prima <strong>si</strong> erano svolti a Roma i funerali <strong>di</strong> Visconti, mentre è fresco il<br />

11<br />

Gastone Geron, Sis<strong>si</strong>gnori, fu proprio così La locan<strong>di</strong>era <strong>di</strong> Visconti, <strong>«Il</strong> Giornale degli<br />

spettacoli», 21 marzo 1981.<br />

12<br />

Roberto De Monticelli, Da quella locanda un nuovo Goldoni, Il Corriere della Sera, 21<br />

marzo 1981.<br />

13<br />

Gastone Geron, Sis<strong>si</strong>gnori, fu proprio così La locan<strong>di</strong>era <strong>di</strong> Visconti, <strong>«Il</strong> Giornale degli<br />

spettacoli», 21 marzo 1981.<br />

50


lutto per la scomparsa <strong>di</strong> Paolo Gras<strong>si</strong>), ha tributato del resto, alla Locan<strong>di</strong>era<br />

1981, accoglienze assai cor<strong>di</strong>ali 14 .<br />

Il passaggio dal ruolo <strong>di</strong> Mirandolina ad un nuovo personaggio<br />

goldoniano viene offerto nel 1992 a <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> dal regista Mas<strong>si</strong>mo<br />

Castri, con l’interpretazione <strong>di</strong> Felice ne I rusteghi. 15 L’anno succes<strong>si</strong>vo il<br />

grande successo de I rusteghi, ancora una interpretazione per <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> in una comme<strong>di</strong>a goldoniana, Il ventaglio, con la regia <strong>di</strong> Luigi<br />

Squarzina. Scritta durante l’e<strong>si</strong>lio parigino <strong>di</strong> Goldoni e rappresentata per la<br />

prima volta a Venezia nel 1765, viene definita dall’autore: «una gran<br />

comme<strong>di</strong>a, perché mi ha costato una gran fatica, e una gran fatica costerà ai<br />

comici per rappresentarla» 16 :<br />

Goldoni aveva dovuto fare i conti con i <strong>di</strong>ver<strong>si</strong> gusti del pubblico e con le<br />

<strong>di</strong>verse attitu<strong>di</strong>ni degli interpreti, ed è assai probabile che <strong>si</strong>a questa la “gran<br />

fatica” <strong>di</strong> cui parla nella lettera. In pratica, era stato costretto ad arretrare<br />

rispetto ai capolavori dell’ultimo periodo veneziano, rinunciando ai gran<strong>di</strong><br />

ritratti p<strong>si</strong>cologici e <strong>di</strong> ambiente per tornare, in un certo senso, alla<br />

Comme<strong>di</strong>a dell’Arte; e appunto da uno “scenario”, cioè da una storia senza<br />

<strong>di</strong>aloghi scritti era nata con un duro lavoro la nuova, nuovamente <strong>di</strong>versa e<br />

<strong>di</strong>versamente conquistata perfezione espres<strong>si</strong>va del Ventaglio 17 .<br />

Il ventaglio è l’oggetto centrale della comme<strong>di</strong>a, <strong>si</strong>mbolo dello<br />

svelamento <strong>di</strong> se stes<strong>si</strong> nell’eterno gioco dell’amore. Tutto ruota intorno<br />

all’oggetto che inizialmente <strong>si</strong> rompe, viene ricomprato nuovo, passa <strong>di</strong> mano<br />

in mano creando un complicato intreccio e sollevando il misterioso gioco dei<br />

sentimenti. Can<strong>di</strong>da e Evaristo sono i due innamorati, protagonisti della<br />

comme<strong>di</strong>a. Lei fa cadere il ventaglio dal terrazzo, vicino ad Evaristo, e<br />

l’oggetto <strong>si</strong> rompe, così egli ne compra uno nuovo che intende far pervenire<br />

a Can<strong>di</strong>da attraverso un macchinoso percorso che causa malinte<strong>si</strong> e innesca<br />

14<br />

Aggeo Savioli, C’era una volta una famosa Locan<strong>di</strong>era…, «L’Unità», 21 marzo 1981.<br />

15<br />

Riman<strong>di</strong>amo ai paragrafi 2.2 e 2.3 per l’anali<strong>si</strong> dello spettacolo e dell’interpretazione<br />

dell’attrice.<br />

16<br />

Carlo Goldoni, Lettera a Stefano Sciugliaga, Opere, XIV, 127, p. 327, in Giuseppe Bonghi,<br />

Introduzione a Il Ventaglio <strong>di</strong> Carlo Goldoni, www.clas<strong>si</strong>ciitaliani.it.<br />

17<br />

Giovanni Raboni, Più ritmo per la gran comme<strong>di</strong>a del “Ventaglio”, <strong>«Il</strong> Corriere della Sera»,<br />

14 luglio 1993.<br />

51


ancori e rivalità nell’intero pae<strong>si</strong>no. Alla fine Evaristo riesce a dare<br />

all’innamorata il ventaglio.<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> interpreta sapientemente il personaggio <strong>di</strong> Geltruda,<br />

zia <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>da, vedova <strong>di</strong> buona con<strong>di</strong>zione economica. Geltruda <strong>non</strong> ha figli<br />

ed è molto affezionata alla nipote, cui lascerà tutto. E’ una donna attenta e <strong>di</strong><br />

buon senso, un ruolo adatto per l’attrice, che dopo l’esperienza vissuta ne La<br />

cameriera brillante molti anni prima e l’anno precedente ne I rusteghi è<br />

consapevole, da attrice matura e capace nella lettura dei testi,<br />

dell’importanza della donna nel <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Goldoni. Come Argentina e Felice,<br />

anche Geltruda è un personaggio chiave, portavoce del pen<strong>si</strong>ero dell’autore:<br />

Nella vicenda, come è stato rilevato dalla critica più avvertita, Goldoni <strong>si</strong><br />

riveste delle spoglie <strong>di</strong> un personaggio assente nel canovaccio originale, la<br />

ragionevole vedova Geltruda, che cerca <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are attraverso il <strong>di</strong>alogo i<br />

conflitti in corso, scoprendo<strong>si</strong> però assolutamente impotente a frenare<br />

l’irrazionalità che <strong>si</strong> scatena attorno a lei, e che finisce per adeguar<strong>si</strong><br />

pas<strong>si</strong>vamente, senza indagare a fondo sulle loro cause, alle deci<strong>si</strong>oni<br />

repentine e arbitrarie della nipote. Un amaro accenno <strong>di</strong> autoironia, da parte<br />

<strong>di</strong> un vecchio ormai stanco <strong>di</strong> lottare con le “smanie” del resto dell’umanità 18 .<br />

Luigi Squarzina riesce in quest’allestimento a mettere in evidenza il<br />

ruolo del ventaglio come “strumento magico, che innesca col suo apparire<br />

l’esplo<strong>si</strong>one emotiva ingiustificata dell’intera collettività” 19 . Il regista intende<br />

raggiungere l’obiettivo <strong>non</strong> facile <strong>di</strong> ricreare quel ritmo che il meccanismo<br />

stesso della trama richiede, e raggiunge risultati <strong>di</strong>screti grazie alle<br />

scenografie appropriate <strong>di</strong> Carlo Diappi e soprattutto all’apporto dei vali<strong>di</strong><br />

attori:<br />

Tutto bene, insomma, sulla carta; e tutto <strong>non</strong> più che <strong>di</strong>screto, invece,<br />

almeno per ora, nella realtà dello spettacolo, dove mi è parsa già a buon<br />

punto la resa momico vocale dei personaggi ( particolarmente go<strong>di</strong>bile nel<br />

Conte <strong>di</strong> Mario Valgoi e nella Giannina <strong>di</strong> Stefania Felicioli, ma apprezzabile<br />

anche in Daniele Griggio, in Wanda Benedetti, in <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, e <strong>di</strong>rei un<br />

po’ in tutti), ma dove ho trovato ancora carente, forse per i problemi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stanza e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sper<strong>si</strong>one creati, qui al Teatro Romano <strong>di</strong> Verona, dal plein air<br />

e dalle <strong>di</strong>men<strong>si</strong>oni del palcoscenico, proprio quel ritmo, quell’infallibile<br />

18 Paolo Albonetti, Il Ventaglio <strong>di</strong> Carlo Goldoni, Libri, recen<strong>si</strong>oni, www.drammaturgia.it.<br />

19 Ibidem.<br />

52


api<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> incastri, quella “geometria” in cui, secondo la maggior parte degli<br />

stu<strong>di</strong>o<strong>si</strong>, è da ravvisare la mas<strong>si</strong>ma peculiarità espres<strong>si</strong>va della comme<strong>di</strong>a 20 .<br />

Autore importante del nostro <strong>teatro</strong>, Goldoni è capace <strong>di</strong> regalarci<br />

storie <strong>di</strong>vertenti ma <strong>di</strong> profonda lettura dell’animo umano e della società in<br />

cui ha vissuto. Grazie ai gran<strong>di</strong> interpreti del <strong>teatro</strong> italiano le sue comme<strong>di</strong>e<br />

riescono ad essere ancora nuove e attuali. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> ha portato sulla<br />

scena personaggi femminili che Goldoni ha reso protagoniste delle proprie<br />

comme<strong>di</strong>e, per <strong>di</strong>mostrare l’importanza del ruolo della donna nell’eterna<br />

guerra dei ses<strong>si</strong> e soprattutto sulla scena, riconoscendole la <strong>di</strong>gnità del<br />

mestiere <strong>di</strong> attrice.<br />

2.2 I RUSTEGHI, ANALISI DELLO SPETTACOLO<br />

Nel 1992, in anticipo <strong>di</strong> un anno rispetto alla celebrazione del<br />

Bicentenario della morte <strong>di</strong> Carlo Goldoni (1793-1993), il regista Mas<strong>si</strong>mo<br />

Castri mette in scena avvalendo<strong>si</strong> <strong>di</strong> vali<strong>di</strong> attori 21 , la comme<strong>di</strong>a in tre atti I<br />

rusteghi, scritta da Goldoni nel gennaio del 1760 e allestita per la prima<br />

volta, con il titolo La Compagnia dei Salvadeghi, os<strong>si</strong>a i Rusteghi , il 16<br />

febbraio dello stesso anno, durante il Carnevale, al Teatro San Luca <strong>di</strong><br />

Venezia.<br />

La comme<strong>di</strong>a, in <strong>di</strong>aletto veneziano, ha come tema portante il conflitto<br />

tra la mentalità conservatrice, chiusa e avara dei quattro personaggi maschili,<br />

i “rusteghi” Lunardo, Canciano, Simon e Maurizio, espres<strong>si</strong>one <strong>di</strong> uno stile <strong>di</strong><br />

20<br />

Giovanni Raboni, Più ritmo per la gran comme<strong>di</strong>a del “Ventaglio”, <strong>«Il</strong> Corriere della Sera»,<br />

14 luglio 1993.<br />

21<br />

Citiamo gli interpreti de I rusteghi, <strong>di</strong>retti da Mas<strong>si</strong>mo Castri: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Felice),<br />

Mario Valgoi (Lunardo), Enrico Ostermann (Simon), Daniele Griggio (Canciano), Gian Campi<br />

(Maurizio), Michela Martini (Margarita), Wanda Benedetti (Marina), Stefania Felicioli<br />

(Lucietta), Piergiorgio Fasolo (Felippetto), Quinto Parmeggiani (Conte Riccardo).<br />

53


vita austero, privo <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento e leggerezza, e la vi<strong>si</strong>one più moderna e<br />

vitale delle mogli, prima fra tutte Siora Felice, moglie <strong>di</strong> Canciano.<br />

I Rusteghi in lingua veneziana <strong>non</strong> è lo stesso che i Rustici in lingua toscana.<br />

Noi inten<strong>di</strong>amo in Venezia per uomo Rustego un uomo aspro, zottico, nemico<br />

della civiltà, della cultura e del conversare. Si scorge dal titolo della<br />

Comme<strong>di</strong>a <strong>non</strong> essere un solo il protagonista, ma vari in<strong>si</strong>eme, e in fatti sono<br />

eglino quattro, tutti dello stesso carattere, ma con varie tinte delineati, cosa<br />

per <strong>di</strong>re il vero <strong>di</strong>ficilis<strong>si</strong>ma, sembrando che più caratteri eguali in una stessa<br />

Comme<strong>di</strong>a possano più annoiare che <strong>di</strong>lettare. Questa volta mi è riuscito<br />

tutto al contrario: il Pubblico <strong>si</strong> è moltis<strong>si</strong>mo <strong>di</strong>vertito, e posso <strong>di</strong>re<br />

quest’opera una delle mie più fortunate; perché <strong>non</strong> solo in Venezia riuscì<br />

gra<strong>di</strong>ta, ma da per tutto, dove finora fu dai Comici rappresentata. 22<br />

Conflitto tra mondo maschile e femminile, tra il vecchio e il nuovo, ma<br />

<strong>non</strong> solo, poichè il testo <strong>si</strong> presta a molte letture, fino ad in<strong>di</strong>viduare il<br />

confronto in chiave politica e sociale <strong>di</strong> una nuova borghe<strong>si</strong>a leggera e<br />

festaiola, ma anche colta e amante della mu<strong>si</strong>ca, del <strong>teatro</strong>, che <strong>si</strong><br />

contrappone ad un vecchio e conservatore ceto benestante, misantropo e<br />

chiuso, attaccato alla roba e al denaro. Significative in questo senso le<br />

scenografie, stanze cupe e claustrofobiche, <strong>si</strong>mbolo della personalità dei<br />

quattro rusteghi e del mondo che es<strong>si</strong> rappresentano, e per contrasto la<br />

finestra <strong>si</strong>tuata nel primo atto a <strong>si</strong>nistra, in seguito a destra, dalla quale, nei<br />

pochi minuti in cui viene aperta da Lucietta, figlia <strong>di</strong> Lunardo, entrano gli echi<br />

allegri del Carnevale, metafora della vita che fluisce.<br />

Antonio Fiorentino ha creato cinque eleganti interni, variazioni sul tema<br />

comune della claustrofobia, che in un paio <strong>di</strong> ca<strong>si</strong> Iuraj Saleri ha illuminato<br />

lateralmente, alla Vermeer, da finestre a vetri alle quali le comari ogni tanto<br />

<strong>si</strong> affacciano per rubare qualche canzone, qualche lazzo del carnevale che <strong>si</strong><br />

sente fervere nelle calli: è uno dei piccoli, ispirati tocchi del regista 23 .<br />

22 Carlo Goldoni, L’autore a chi legge, I Rusteghi, in Comme<strong>di</strong>e <strong>di</strong> Carlo Goldoni, a cura <strong>di</strong><br />

Nicola Mangini, Unione Tipografico-E<strong>di</strong>trice Torinese, prima e<strong>di</strong>zione 1971, Volume secondo,<br />

p. 665.<br />

23 Masolino D’Amico, Al Donizetti <strong>di</strong> Bergamo il lavoro <strong>di</strong> Goldoni nell’allestimento <strong>di</strong><br />

Veneto<strong>teatro</strong> regista Mas<strong>si</strong>mo Castri, «La Stampa», lunedì 16 marzo 1992.<br />

54


La vicenda centrale è il matrimonio combinato da Maurizio e Lunardo<br />

tra i rispettivi figli Lucietta e Felippetto, senza che i due possano conoscer<strong>si</strong><br />

prima della cerimonia. Felice conduce la comme<strong>di</strong>a, organizzandone<br />

l’incontro e coalizzando le donne in un complotto per ingannare i mariti,<br />

ri<strong>di</strong>men<strong>si</strong>onandone l’autorità e inducendoli all’accettazione e al perdono con<br />

un arringa finale sottilmente cor<strong>di</strong>ale e al tempo stesso astuta e<br />

intraprendente.<br />

Da mettere in rilievo anche il carattere metateatrale dell’opera. Si<br />

parla <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> già nella prima scena, nella quale Lucietta <strong>si</strong> lamenta con la<br />

madre <strong>di</strong> <strong>non</strong> aver visto neanche una comme<strong>di</strong>a durante il Carnevale. Al<br />

contrario gli uomini ne parlano come <strong>di</strong> una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tempo, infine la stessa<br />

Felice <strong>si</strong>a nel secondo che nel terzo atto allude in modo <strong>di</strong>retto alla<br />

comme<strong>di</strong>a che <strong>si</strong> sta svolgendo:<br />

Come, come! Se ghe <strong>di</strong>go el come, xè fenìa la come<strong>di</strong>a. Andemo.<br />

(Atto II, scena XIV).<br />

Stemo aliegri, magnemo, bevemo, e femo un prindese alla salute de tuti<br />

queli che con tanta bontà e corte<strong>si</strong>a n’ha ascoltà, n’ha sofferto, e n’ha<br />

compatìo.<br />

(Atto III, scena ultima).<br />

Mas<strong>si</strong>mo Castri sceglie l’approfon<strong>di</strong>mento analitico: la comme<strong>di</strong>a è<br />

riletta dal regista in modo da sottolinearne ogni passaggio, rallentando in<br />

certi pas<strong>si</strong>, ad esempio nel finale, la velocità narrativa <strong>di</strong> Goldoni e curando<br />

nei minimi particolari il lavoro <strong>di</strong> scavo nel carattere dei personaggi fatto<br />

dagli attori.<br />

Chi conosce il lavoro <strong>di</strong> Castri sa come le sue messe in scena <strong>si</strong> possano<br />

<strong>di</strong>videre, grosso modo, in due gruppi, posti idealmente sotto il segno <strong>di</strong> due<br />

<strong>di</strong>verse muse che vorrei chiamare (chiedendo scusa per la terminologia <strong>non</strong><br />

meno appros<strong>si</strong>mativa che bizzarra) la musa del ribaltamento semantico e la<br />

musa dell’approfon<strong>di</strong>mento analitico. Anche se la prima gli ha ispirato <strong>non</strong><br />

pochi risultati <strong>di</strong> grande rilievo, confesso <strong>di</strong> preferire gli spettacoli in cui Castri<br />

obbe<strong>di</strong>sce alla seconda: e fra es<strong>si</strong> <strong>si</strong> <strong>si</strong>tua limpidamente questa sua prima<br />

regia goldoniana. Aderendo, in questo, a una già autorevolis<strong>si</strong>ma nuova<br />

tra<strong>di</strong>zione che comincia con il Visconti della Locan<strong>di</strong>era e arriva, passando per<br />

alcuni memorabili esempi strehleriani, <strong>si</strong>no al Ronconi della Serva amorosa,<br />

Castri ha ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>satteso l’immagine, tuttora <strong>di</strong>ffusa, <strong>di</strong> un Goldoni<br />

55


veloce e spumeggiante, in cui l’infallibile mu<strong>si</strong>calità dei <strong>di</strong>aloghi prevale sulla<br />

verità delle <strong>si</strong>tuazioni; e ha de<strong>di</strong>cato, al contrario, tutta la sua attenzione a<br />

“scolpire” ogni passaggio, ogni parola del testo per spremerne il mas<strong>si</strong>mo <strong>di</strong><br />

emozione, <strong>di</strong> senso 24 .<br />

Le scene, curate da Antonio Fiorentino, sono realistiche ed eleganti,<br />

scarne nel mobilio, metaforicamente illuminate dalle finestre laterali, e i<br />

costumi ideati da Clau<strong>di</strong>a Calvare<strong>si</strong> sono <strong>di</strong>screti ma <strong>non</strong> privi <strong>di</strong> una velata<br />

ironia e <strong>di</strong>vertimento. Le mu<strong>si</strong>che, volutamente <strong>non</strong> settecentesche, curate<br />

da Bruno De Franceschi, contribuiscono ad arricchire i <strong>di</strong>aloghi,<br />

accompagnandoli con toni più o meno gravi. Da ricordare l’attento lavoro<br />

sulla lingua svolto dal regista e dagli interpreti, un vero e proprio stu<strong>di</strong>o nel<br />

completo rispetto del <strong>di</strong>aletto veneziano in ogni sua sfumatura:<br />

Dell’attuale spettacolo, risalta un buon assortimento <strong>di</strong> attori, alcuni veneziani<br />

o Veneti altri no, ma tutti capaci <strong>di</strong> parlare, bene o benis<strong>si</strong>mo, quel mirabile<br />

<strong>di</strong>aletto; con punte <strong>di</strong> forza nella schiera femminile, che è poi quella vincente,<br />

in una battaglia domestica che riflette a <strong>di</strong>rla spiccia, un conflitto generale tra<br />

conservazione e progresso, nei rapporti familiari e in quelli sociali 25 .<br />

Nell’in<strong>si</strong>eme <strong>si</strong> tratta <strong>di</strong> uno spettacolo riuscito e apprezzato dalla<br />

critica, messo in scena dalla Compagnia in numerose repliche, vincitore del<br />

Premio Ubu 1992 per la migliore regia dell’anno. Eppure, <strong>non</strong>ostante il<br />

successo <strong>si</strong> trova ad essere cancellato dal cartellone della stagione succes<strong>si</strong>va<br />

(1993) dai vertici del Teatro Stabile del Veneto, (subentrato a Veneto<strong>teatro</strong>),<br />

deci<strong>si</strong>one che porta l’intero cast a costituir<strong>si</strong> in Compagnia Goldoniana per il<br />

Bicentenario, e a portare in giro per l’Italia lo spettacolo, attraverso un’<br />

operazione organizzativa <strong>di</strong> <strong>non</strong> pochi rischi e spese, tanto da indurre gli<br />

operatori e gli artisti a lavorare con paghe al minimo <strong>si</strong>ndacale.<br />

24 Giovanni Raboni, Gran<strong>di</strong> applau<strong>si</strong> a Bergamo per il capolavoro goldoniano allestito con<br />

inten<strong>si</strong>tà e pathos da Mas<strong>si</strong>mo Castri. Aria nuova sui Rusteghi, «Corriere della Sera»,<br />

mercoledì 18 marzo 1992.<br />

25 Aggeo Savioli, Avvio anticipato del bicentenario goldoniano al Comunale <strong>di</strong> Treviso con la<br />

celeberrima comme<strong>di</strong>a messa in scena da Mas<strong>si</strong>mo Castri. Dal conflitto familiare a quello tra<br />

conservazione e progresso, «L’Unità», domenica 1 marzo 1992.<br />

56


Una nota importante, per finire: I rusteghi fu prodotto l’anno scorso da<br />

Veneto<strong>teatro</strong>. Ma il costume sovietico, che governa le sorti del nostro <strong>teatro</strong>,<br />

avendo deciso <strong>di</strong> smetterla per passare ad altro, ha visto con inau<strong>di</strong>ta<br />

sorpresa assessoriale, gli interpreti staccar<strong>si</strong> in blocco, regista incluso, da<br />

Veneto<strong>teatro</strong> e formare una Compagnia goldoniana del Bicentenario, con<br />

paghe al minimo <strong>si</strong>ndacale. Quanto sarebbe piaciuto a Goldoni questo fatto. I<br />

lunghi, interminabili applau<strong>si</strong> hanno premiato anche questo atto <strong>di</strong> civiltà e <strong>di</strong><br />

coraggio 26 .<br />

2.3 LA LIBERTA’ DI SIORA FELICE<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> interpreta Siora Felice con energia e ironico<br />

<strong>di</strong>vertimento. L’importanza del suo personaggio <strong>si</strong> rivela nel corso dei tre atti<br />

e l’attrice lo propone con piglio e presenza scenica. Dal momento della sua<br />

prima entrata 27 <strong>si</strong> rivela la <strong>di</strong>fferenza tra la personalità <strong>di</strong> Felice e quella delle<br />

altre donne, e <strong>si</strong> capisce durante lo sviluppo del plot quanto <strong>si</strong>a lei a<br />

comandare gli eventi e ad essere la figura che or<strong>di</strong>sce e scioglie la trama<br />

della comme<strong>di</strong>a.<br />

Il primo atto <strong>si</strong> apre con il <strong>di</strong>alogo tra Lucietta e la madre Margarita,<br />

(seconda moglie del padre Lunardo, rimasto vedovo), la giovane è alla<br />

finestra <strong>di</strong>vertita dall’ascolto dei canti carnevaleschi 28 , e la madre <strong>si</strong> rattrista<br />

nel ricordo dei bei tempi andati, quando poteva uscire e <strong>di</strong>vertir<strong>si</strong>. Lunardo è<br />

un uomo serio e autoritario, <strong>non</strong> vuole che le due donne abbiano nessuno<br />

svago o godano <strong>di</strong> alcuna frivolezza, al suo ingresso in scena <strong>si</strong> crea subito<br />

ten<strong>si</strong>one nel <strong>di</strong>alogo con la moglie, infelice e repressa 29 . Lunardo le annuncia<br />

che anche per loro ci sarà <strong>di</strong>vertimento, avranno gente a cena, intende<br />

26 Giorgio Prosperi, Splen<strong>di</strong>do l’allestimento dell’opera <strong>di</strong> Goldoni, in scena al Teatro Quirino.<br />

I Rusteghi sconfitti dalle donne, <strong>«Il</strong> Tempo», venerdì 11 <strong>di</strong>cembre 1992.<br />

27 Atto I, scena IX.<br />

28 «Debotto xè fenio Carneval». (…) «De <strong>di</strong>ana! Gnanca una strazza de comme<strong>di</strong>a no avemo<br />

visto». Le prime battute <strong>di</strong> Lucietta sono già un esempio <strong>di</strong> meta<strong>teatro</strong>. (Atto I, scena I).<br />

29 Lunardo: «Coss’èla sta maschera? Per cossa se va in maschera? No me fè parlar. Le putte<br />

no ha da andar in maschera». (Atto I, scena II).<br />

57


invitare gli altri tre “rusteghi” con le mogli. Lunardo: «Siora sì. Cusì, vedeu?<br />

Me piase anca mi praticar. Tutti col so matrimonio. Cusì no ghe xè<br />

sporchezzi…» 30 . Giunge Maurizio, ancora più autoritario e rigido dello stesso<br />

Lunardo, ed in<strong>si</strong>eme decidono del matrimonio tra i propri figli, dopo aver<br />

fatto uscire le due donne in malo modo. La vicenda continua nella casa <strong>di</strong><br />

Marina e Simon, in una ambientazione cupa e scarna, illuminata dalla finestra<br />

<strong>si</strong>tuata lateralmente a destra che, aperta da Marina, fa entrare nella stanza<br />

gli echi allegri del Carnevale.<br />

Marina riceve la vi<strong>si</strong>ta del nipote Felippetto che viene a chiederle<br />

informazioni sulla futura sposa, dal momento che i due severi padre e<br />

suocero <strong>non</strong> hanno intenzione <strong>di</strong> fargliela conoscere prima della cerimonia.<br />

Arriva Simon brontolando del fatto <strong>di</strong> trovare in casa ospiti, suscitando la<br />

reazione <strong>di</strong> Marina, che gli dà del “tanghero” e <strong>si</strong> lamenta della vita austera<br />

che le fa condurre. Arrivano nuove vi<strong>si</strong>te, entra Felice accompagnata dal<br />

marito Canciano che porta molti pacchetti regalo, tanti da coprirgli il volto, e<br />

dal Conte Riccardo, cavalier servente della dama, gentile e ben vestito.<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> regala al personaggio una <strong>di</strong>vertita gestualità ed un<br />

portamento da dama, indossa un abito molto largo ai fianchi, che segna dal<br />

momento del suo ingresso la <strong>di</strong>stinzione tra il suo personaggio e le altre<br />

figure femminili. L’abito è molto più frivolo rispetto a quelli delle altre donne,<br />

per il colore argento e la varietà <strong>di</strong> accessori, ha una grande scollatura<br />

arricchita da due fili <strong>di</strong> perle, un bel manto grigio ed il corpetto ornato <strong>di</strong><br />

visto<strong>si</strong> fiocchi rosa. Anche la sua acconciatura è ricca, con fiori rosa e ros<strong>si</strong><br />

tra i capelli e gran<strong>di</strong> orecchini <strong>di</strong> perle.<br />

Felice mostra in modo fiero e deciso la propria femminilità, <strong>non</strong> teme il<br />

giu<strong>di</strong>zio altrui ed ha il coraggio <strong>di</strong> affrontare il marito Canciano, che appare<br />

sottomesso, tanto da accettare la compagnia del cavaliere, con il quale<br />

tuttavia <strong>non</strong> riesce e <strong>non</strong> vuole avere alcun tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

usa la voce come uno strumento, in modo caricaturale, incalza il marito<br />

30 Atto I, scena II.<br />

58


alzandone il tono e modulandola tanto da creare una cantilena strascicata,<br />

nasale ed in<strong>si</strong>nuante, soprattutto quando <strong>si</strong> rivolge a lui ripetutamente<br />

nell’atto <strong>di</strong> chiedergli conferma della propria libertà <strong>di</strong> azione con la<br />

domanda: «Nevvero, Sior Cancian?».<br />

Siora Felice, la condottiera delle mogli, più che una femminista è già una<br />

matriarca, alla quale <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> regala una petulenza invadente e una<br />

cantilena strascicata e nasale, ricalcando la Toinette del Malato immaginario<br />

(da lei già interpretata accanto a Romolo Valli) nell’impostare l’incontro tra i<br />

due fidanzati come una recita rituale, e la Porzia del Mercante <strong>di</strong> Venezia<br />

nell’arringa teatrale con cui mette alle corde uno per uno quei parrucconi<br />

nemici del <strong>teatro</strong>, forse più grazie all’impeto che al ragionamento. 31<br />

Canciano è l’unico tra i rusteghi a dar ragione alla moglie, infatti alla<br />

domanda precedente <strong>di</strong> Felice risponde: «Siora <strong>si</strong>» 32 . Inoltre <strong>si</strong> vanta del<br />

palco che il marito le ha comprato nel <strong>teatro</strong> per as<strong>si</strong>stere alle opere,<br />

conquista che, vista la personalità e le idee <strong>di</strong> Lunardo e Simon, apparirebbe<br />

impos<strong>si</strong>bile per le altre due mogli. Felice, dopo aver appreso della sorte dei<br />

due fidanzatini da Marina, elabora un coraggioso piano per farli incontrare, e<br />

l’impres<strong>si</strong>one è che <strong>si</strong>a lei da adesso a comandare la <strong>si</strong>tuazione e gli eventi.<br />

Pulito e senza alcuna influenza della originaria cadenza toscana è il <strong>di</strong>aletto<br />

veneziano parlato da <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, senza errori e con stu<strong>di</strong>ata attenzione<br />

per gli accenti.<br />

Nel secondo atto la scena <strong>si</strong> apre con la stanza apparecchiata a casa<br />

<strong>di</strong> Lunardo, Margarita con un bel vestito color arancio prepara la tavola e<br />

battibecca con la figliastra Lucietta, che va e viene dalla finestra, ancora una<br />

volta aperta sui canti allegri del Carnevale. Marina e Simon arrivano proprio<br />

mentre è in atto una lite tra le due donne e Lunardo, arrabbiato con la<br />

moglie per come <strong>si</strong> è vestita e con la figlia che indossa una vecchia collana <strong>di</strong><br />

perle e le “cascate 33 ” ai pol<strong>si</strong>, prestatele dalla matrigna.<br />

31 Franco Quadri, A Bergamo, “I Rusteghi” <strong>di</strong> Goldoni con la regia <strong>di</strong> Castri. Quei misantropi<br />

in balìa <strong>di</strong> comari. Ma <strong>non</strong> vince nessuno…, «La Repubblica», venerdì 20 marzo 1992.<br />

32 Atto I, scena IX.<br />

33 I manicotti.<br />

59


Marina risolve il conflitto conducendo via Margarita, e una volta rimasti<br />

soli i due uomini <strong>si</strong> coalizzano dando reciproca conferma alle proprie<br />

convinzioni. Es<strong>si</strong> declamano il <strong>di</strong>sprezzo del <strong>teatro</strong> e del <strong>di</strong>vertimento, visti<br />

come spreco <strong>di</strong> sol<strong>di</strong>, ed il rifiuto dell’idea <strong>di</strong> libertà, ricordando con rimpianto<br />

la severa educazione ricevuta dai genitori che li ha a loro volta portati a voler<br />

controllare completamente mogli e figli 34 .<br />

Gli ideali borghe<strong>si</strong> che Lunardo, Canciano, Simon, Maurizio incarnano, in varia<br />

misura, rivelano, nel chiuso delle loro case sbarrate a ogni vento <strong>di</strong> novità,<br />

un’angustia, una mancanza <strong>di</strong> respiro, una tetra meschinità ove <strong>si</strong> specchia,<br />

per usare le parole <strong>di</strong> Mario Baratto, grande goldonista (oggi scomparso),<br />

l’insufficienza storica ed economica, la carenza <strong>di</strong> egemonia culturale del ceto<br />

mercantile della Repubblica lagunare 35 .<br />

Nell’altra stanza le due donne informano Lucietta sull’imminente<br />

matrimonio e Marina parla del piano, ancora ignoto, <strong>di</strong> Felice per farli<br />

incontrare. La stanza in cui <strong>si</strong> svolge la scena è oscura e illuminata da<br />

candele, ci sono solo pochi elementi <strong>di</strong> arredo: una scala dalla quale entrano<br />

i personaggi, un tavolo con tre se<strong>di</strong>e ed un grande arma<strong>di</strong>o scuro. Dalle scale<br />

fa la sua seconda entrata regale Felice 36 , muovendo<strong>si</strong> con il modo <strong>di</strong> fare<br />

misterioso e sospeso <strong>di</strong> chi porta gran<strong>di</strong> notizie e vuole suscitare stupore e<br />

curio<strong>si</strong>tà. L’attrice indossa l’ abito sfarzoso, arricchito da un lucido soprabito<br />

color arancio con mantellina <strong>di</strong> pizzo nero 37 , lunghi guanti in raso argentato,<br />

ed è acconciata con un buffo cappellino nero con la piuma. Spiega il piano<br />

con ampi gesti, riuscendo a convincere le donne, timorose della furia dei<br />

mariti, a far entrare nella stanza Felippetto mascherato da donna e Riccardo,<br />

anch’egli in maschera.<br />

34 I <strong>di</strong>aloghi tra i “rusteghi” sono sapientemente accompagnati da una mu<strong>si</strong>ca <strong>di</strong> sottofondo<br />

grave e cupa, che sottolinea quanto es<strong>si</strong> rappresentino un mondo vecchio e conservatore.<br />

35 Aggeo Savioli, Avvio anticipato del bicentenario goldoniano al Comunale <strong>di</strong> Treviso con la<br />

celeberrima comme<strong>di</strong>a messa in scena da Mas<strong>si</strong>mo Castri. Dal conflitto familiare a quello tra<br />

conservazione e progresso, «L’Unità», domenica 1 marzo 1992.<br />

36 Atto II, scena VIII.<br />

37 In <strong>di</strong>aletto veneziano bavuta, (bauta, bautta), mantellina nera, che <strong>si</strong> porta con la<br />

maschera.<br />

60


<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> interpreta Felice con naturalezza, usa tonalità basse,<br />

cantilenanti, per creare l’aspettativa, la sottile allu<strong>si</strong>one, ed improvvisamente<br />

trasforma il modo cor<strong>di</strong>ale in alzate <strong>di</strong> voce perentorie e graffianti. Durante la<br />

conversazione con Margarita e Marina, alle quali espone il suo piano, Felice è<br />

collocata al centro del tavolo, <strong>di</strong> fronte al pubblico, le altre due sono sedute<br />

lateralmente, ad in<strong>di</strong>care il ruolo centrale da lei assunto nel plot.<br />

Felice fa entrare Felippetto e Riccardo nella stanza, i due fanno il loro<br />

ingresso mascherati suscitando le risate delle donne e una grande curio<strong>si</strong>tà<br />

ed emozione nella futura sposa Lucietta, mentre Margarita è terrorizzata<br />

dalla presenza in casa dei due uomini e dalla furia che scatenerebbe nel<br />

marito Lunardo la scoperta <strong>di</strong> tali maschere. Felippetto <strong>si</strong> toglie la maschera<br />

da donna, i due futuri spo<strong>si</strong> <strong>si</strong> vedono e <strong>si</strong> piacciono, ed è qui che <strong>si</strong> coglie<br />

ancora l’aspetto metateatrale del testo, sottolineato dallo stesso Riccardo:<br />

«Sono obbligato alla <strong>si</strong>gnora Felice, che oggi mi ha fatto godere la più bella<br />

comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> questo mondo» 38 .<br />

E il <strong>teatro</strong>, buttato fuori dalla finestra dal <strong>di</strong>sprezzo dei quattro selvadeghi,<br />

impenetrabili a ogni cosa che <strong>si</strong>a anche minimamente in odor <strong>di</strong> novità,<br />

rientra prepotentemente in casa – proprio in quella <strong>di</strong> Lunardo, quello più<br />

rustego e ottuso <strong>di</strong> tutti – con il travestimento del giovane Felippetto<br />

mascherato da donna pur <strong>di</strong> poter per un attimo sbirciare la sua promessa<br />

sposa Lucietta 39 .<br />

All’arrivo improvviso dei mariti nella stanza, i due uomini mascherati<br />

vengono nascosti nel grande arma<strong>di</strong>o, l’inconsapevole Lunardo entra facendo<br />

alla figlia e alle donne, in un’ atmosfera <strong>di</strong> finta sorpresa, l’annuncio del<br />

pros<strong>si</strong>mo matrimonio con Felippetto. Ma sta per accadere ciò che Margarita<br />

temeva, i due coraggio<strong>si</strong> ospiti mascherati vengono scoperti, dopo che<br />

Canciano in <strong>di</strong>scus<strong>si</strong>one con Felice a causa della presenza in casa loro <strong>di</strong><br />

Riccardo, provoca l’offesa uscita dell’uomo dal nascon<strong>di</strong>glio, in un moto <strong>di</strong><br />

orgoglio.<br />

38 Atto II, scena XI.<br />

39 Mario Brandolin, Le impareggiabili sfumature della genialità <strong>di</strong> Goldoni, «Messaggero<br />

Veneto», venerdì 27 marzo 1992.<br />

61


Ne consegue un parapiglia generale, Lunardo su tutte le furie esce e<br />

lo seguono gli altri. In scena rimangono Felice e Riccardo. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

interpreta in questo momento una donna fiera e coraggiosa, capace <strong>di</strong><br />

assumer<strong>si</strong> le proprie responsabilità e con una voce decisa e portamento<br />

maestoso regala al personaggio un profilo <strong>di</strong> grande <strong>di</strong>gnità e coraggio. Esce<br />

seguita da Riccardo, dopo aver detto ciò che intende fare: «Son una donna<br />

onorata. Ho falà, e ghe voi reme<strong>di</strong>ar» 40 .<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, impavida Felice, è tutta intelligenza e astuzie, con lo<br />

strapotere della moglie virago, vera dominatrice dell’intera <strong>si</strong>tuazione con<br />

travolgente cor<strong>di</strong>alità 41 .<br />

Il terzo atto inizia con una scena mesta, mu<strong>si</strong>ca lugubre, Lunardo,<br />

Simon e Canciano sono riuniti in una sorta <strong>di</strong> commiserazione e <strong>di</strong> comune<br />

senso <strong>di</strong> impotenza nei confronti delle proprie mogli che hanno <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>to e<br />

causato una <strong>si</strong>tuazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sonore. Si parla <strong>di</strong> castigarle, lo stesso Canciano<br />

così con<strong>si</strong>glia Lunardo: «Castighèla!, Mortifichèla!» 42 .<br />

Lunardo <strong>si</strong> interroga su come agire. Cosa fare? Mandare a monte il<br />

matrimonio, isolare Lucietta in un convento, oppure chiudere in casa moglie<br />

e figlia, forse picchiarle con un pezzo <strong>di</strong> legno? Ancora meglio “coparle?”:<br />

Simon: E po? No saveu? Ghe ne xè dei omeni che bastona le so muggier, ma<br />

credeu che gnanca per questo i le possa domar? Oibò! Le fa pezo che mai; le<br />

lo fa per despeto, se no i le copa, no gh’è reme<strong>di</strong>o.<br />

Lunardo: Coparle po no.<br />

Canciano: Mo no, certo. Perché po, vòltela, ménela, senza donne no se pol<br />

star.<br />

Atto III, scena I.<br />

Entra Siora Felice 43 , una <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> che <strong>si</strong> muove elegante, con<br />

atteggiamento deciso ma ragionevole: «Patroni reveriti, grazie del so bon<br />

40 Atto II, scena XIV.<br />

41 Giorgio Polacco, Gli “or<strong>si</strong>” immortali. Bella rilettura dei “Rusteghi” <strong>di</strong> Goldoni <strong>di</strong>retta da<br />

Castri, <strong>«Il</strong> Piccolo», sabato 28 marzo 1992.<br />

42 Atto III, scena I.<br />

43 Atto III, scena II.<br />

62


amor». E’ decisa a risolvere la <strong>si</strong>tuazione ed è pronta ad assumer<strong>si</strong> tutta la<br />

colpa, ma la sua ragionevolezza <strong>non</strong> è in alcun momento priva <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità e<br />

orgoglio. Per prima cosa affronta il marito, inizialmente con voce e fare<br />

cor<strong>di</strong>ale e carezzevole, poi al gesto imperioso <strong>di</strong> lui che la vuole condurre via<br />

cambia completamente impostazione della voce e della tonalità. In realtà<br />

conduce una vera e propria <strong>di</strong>fesa della propria in<strong>di</strong>pendenza, graffiante ed<br />

urlata, che <strong>di</strong>mostra quanto il personaggio <strong>si</strong>a forte e per niente intimorito<br />

dalla presenza degli uomini, infatti il marito <strong>si</strong>ede vinto e ammutolito.<br />

Tornando al tono basso e cor<strong>di</strong>ale <strong>si</strong> rivolge a Lunardo invitandolo a<br />

sfogar<strong>si</strong> con lei, perché solo lei è stata a far entrare quegli uomini in casa,<br />

con la licenza <strong>di</strong> Margarita e <strong>di</strong> Marina, al fine <strong>di</strong> far incontrare i due futuri<br />

spo<strong>si</strong>ni e farli felici. Dapprima immobile, con le mani adagiate ai fianchi,<br />

vestiti dal largo e gonfio abito, ed in seguito seduta eretta sulla grande<br />

poltrona, riesce a tenerli tutti in pugno. La <strong>di</strong>fesa da lei condotta è<br />

magistrale, finemente arguta:<br />

S’è tropo rusteghi; sé tropo salva deghi. La maniera che tegnì co le donne,<br />

co le muggier, co la fia, la xè cusì stravagante fora de l’or<strong>di</strong>nario, che mai in<br />

eterno le ve poderà voler ben; le ve obe<strong>di</strong>sse per forza, le se mortifica con<br />

rason, e le ve con<strong>si</strong>dera no marii, no padri, ma tartari, or<strong>si</strong> e aguzini. (…)<br />

Mi ho operà per bon cuor. Se sé omeni, persuadeve, se sé tangheri,<br />

so<strong>di</strong>sfeve. La puta xè onesta, el puto no ha falà; nualtre semo donne d’onor.<br />

Ho fenìo la renga; laudè el matrimonio, e compatì l’avocato 44 .<br />

Atto III, scena II.<br />

Tuttavia Felice dovrà lavorare ancora <strong>di</strong> astuzia per convincere<br />

Lunardo ad accettare il matrimonio e a perdonare la moglie e la figlia per<br />

l”affronto” ricevuto. Lo invita a sfogar<strong>si</strong>, ad arrabbiar<strong>si</strong> con loro ed a<br />

brontolarle, ma poi basta, <strong>si</strong> celebri il matrimonio. Gli <strong>si</strong> avvicina con un<br />

movimento veloce che ha parvenza <strong>di</strong> saltello e lo incalza ora con dolcezza<br />

ora con deci<strong>si</strong>one.<br />

44 «Ho terminato l’arringa, approvate il matrimonio, e compatite l’avvocato». Si tratta <strong>di</strong> un<br />

riferimento scherzoso sul modo in cui venivano terminate or<strong>di</strong>nariamente le arringhe dagli<br />

avvocati a Venezia.<br />

63


Entrano Marina, Margarita e Lucietta, apparentemente pentite e in<br />

atto <strong>di</strong> chiedere perdono. In realtà <strong>si</strong> tratta ancora una volta <strong>di</strong> una farsa<br />

pensata da Felice, che induce le donne ad inscenare una richiesta <strong>di</strong><br />

perdono, con atteggiamento <strong>di</strong> pentimento ed ammis<strong>si</strong>one <strong>di</strong> colpa, per<br />

infine condurre gli uomini a fare quello che lei vuole: «I ho mes<strong>si</strong> in sacco,<br />

ma con rason» 45 :<br />

Il giuoco è talmente gustoso, e <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> una Felice talmente adatta a<br />

parti <strong>di</strong> forza, che qui, per la prima volta, il ritmo <strong>si</strong> fa ripetizione, anche per<br />

mostrare quanto la re<strong>si</strong>stenza dei rusteghi <strong>si</strong>a dura, pronta a riprender fuoco<br />

quando sembra domata, e alla fine debba apparire chiaro che Lunardo <strong>si</strong><br />

arrende <strong>non</strong> alla ragione ma alla forza maggiore 46 .<br />

Nella scena ultima finalmente Maurizio e Lunardo <strong>si</strong> convincono che la<br />

cosa migliore è permettere la celebrazione delle nozze tra i figli, ormai<br />

sempre più innamorati ed in lacrime. Ed è proprio lei, Felice, che prende ed<br />

unisce le mani dei due fidanzati, davanti a Simon e Canciano, testimoni <strong>di</strong><br />

nozze. La vittoria <strong>di</strong> Felice appare tuttavia velata da un senso <strong>di</strong> malinconia e<br />

<strong>di</strong> sospen<strong>si</strong>one:<br />

Esemplari, in questo senso, il clima <strong>di</strong> allucinata e ambigua eccitazione che il<br />

regista ha creato intorno alla scena dell’incontro fra Lucietta e Felippetto<br />

travestito da donna, la cupa malinconia che grava sul pre-finale, con i<br />

Rusteghi alla vana ricerca d’una vendetta contro le mogli “trasgres<strong>si</strong>ve”, il<br />

bell’effetto <strong>di</strong> rallentamento imposto al finale vero e proprio onde evitare che<br />

esso appaia come uno sbrigativo e banale “lieto fine” 47 .<br />

Lunardo <strong>si</strong> mostra nelle ultime battute ragionevole ed affettuoso con<br />

la figlia e la moglie, invita con cor<strong>di</strong>alità gli ospiti a tavola: «O via, puti, stè<br />

aliegri. Xè ora che andemo a <strong>di</strong>snar» 48 .<br />

45 Atto III, scena II.<br />

46 Giorgio Prosperi, Splen<strong>di</strong>do l’allestimento dell’opera <strong>di</strong> Goldoni, in scena al Teatro Quirino.<br />

I Rusteghi sconfitti dalle donne, <strong>«Il</strong> Tempo», venerdì 11 <strong>di</strong>cembre 1992.<br />

47 Giovanni Raboni, Gran<strong>di</strong> applau<strong>si</strong> a Bergamo per il capolavoro goldoniano allestito con<br />

inten<strong>si</strong>tà e pathos da Mas<strong>si</strong>mo Castri. Aria nuova sui Rusteghi, «Corriere della Sera»,<br />

mercoledì 18 marzo 1992.<br />

48 Atto III, scena ultima.<br />

64


Nel ritratto dell’arrogante, assolutista, intrattabile Lunardo, “rustego” per<br />

antonoma<strong>si</strong>a con la sua pretesa <strong>di</strong> far sposare la figlia <strong>di</strong>ciottenne senza<br />

nemmeno lasciarle prima vedere il marito de<strong>si</strong>gnato, forse Goldoni ha<br />

adombrato il suo nemico Carlo Gozzi, ven<strong>di</strong>cando<strong>si</strong> delle malevole accuse <strong>di</strong><br />

sovvertitore dei costumi in<strong>si</strong>nuate dal “nobilhomo parruccone”. Almeno<br />

questo m’è parso <strong>di</strong> intendere nella accentuazione risentita che la regia ha<br />

imposto a Mario Valgoi, Lunardo <strong>di</strong> strepitoso risalto, anche se infine<br />

costretto a dar via libera ai promes<strong>si</strong> spo<strong>si</strong> dalla “racola” travolgente<br />

dell’impavida Felice impersonata da una superlativa <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> <strong>di</strong><br />

temperamento leonino sotto la maschera accomodante 49 .<br />

Felice sente in cuor suo <strong>di</strong> aver domato i rusteghi, ma <strong>non</strong> contenta,<br />

chiede a Lunardo <strong>di</strong> invitare a tavola anche il Conte Riccardo, che <strong>si</strong> trova in<br />

attesa nell’altra stanza, ed al suo rifiuto compie l’ultima arringa, ancora una<br />

volta usando un tono <strong>non</strong> arrendevole ma fiero e deciso:<br />

Vedeu? Sta rusteghezza, sto salvadegume che gh’avè intorno, xè stà causa<br />

de tuti i desordeni che xè nati ancuo, e ve farà esser… Tuti tre, saveu? Parlo<br />

con tuti tre: ve farà esser rabbio<strong>si</strong>, o<strong>di</strong>o<strong>si</strong>, malcontenti e universalmente<br />

burlai. Siè un poco più civili, tratabili, umani. (…)<br />

A monte tuto. Andemo a <strong>di</strong>snar, che xè ora. E se el cuogo de <strong>si</strong>or Lunardo<br />

<strong>non</strong> ha provisto salvadeghi, a tola no ghe n’ha da esser, e no ghe ne sarà.<br />

Semo tuti desmesteghi, tuti boni amici, con tanto de cuor. Stemo aliegri,<br />

magnemo, bevemo, e femo un prindese alla salute de tuti queli, che con<br />

tanta bontà e corte<strong>si</strong>a n’ha ascoltà, n’ha sofferto e n’ha compatio.<br />

Atto III, scena ultima.<br />

Si chiude il <strong>si</strong>pario, la comme<strong>di</strong>a è finita, Felice stessa l’ha condotta,<br />

come ne avesse avuto incarico dallo stesso autore, ed è lei a chiuderla, con<br />

la rituale battuta finale rivolta agli altri personaggi ed al pubblico. Certamente<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> ha messo nel personaggio tutta la sua profes<strong>si</strong>onalità e l’<br />

esperienza, ma qualcosa <strong>di</strong> Felice le appartiene in quanto e<strong>si</strong>ste nella sua<br />

stessa natura <strong>di</strong> donna libera ed indomabile, nella forza <strong>di</strong> un’attrice che,<br />

parlando <strong>di</strong> sé durante l’intervista, afferma con voce ferma: «<strong>non</strong> mi sono<br />

mai piegata» 50 .<br />

49 Gastone Geron, <strong>«Il</strong> Giornale», 1 marzo 1992, in I Rusteghi, <strong>«Il</strong> Patalogo», stagione<br />

1992/1993, settembre 1992, p. 156.<br />

50 Ve<strong>di</strong> APPENDICE I, L’attrice <strong>si</strong> racconta.<br />

65


DOCUMENTI<br />

Foto degli spettacoli e ritratti.


1. 2. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, ritratti, 1954.<br />

67


3. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con Silvio D’Amico e gli allievi dell’Accademia, 1954.<br />

68


4. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con Osvaldo Ruggieri (al centro) e gli allievi dell’Accademia<br />

in Donna del Para<strong>di</strong>so, 1956.<br />

69


5. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Umberto Or<strong>si</strong>ni in Nostra Dea, 1957.<br />

70


6. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Nostra Dea, 1957.<br />

71


7. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con Vittorio De Sica, 1957.<br />

72


8. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Annibale Ninchi in Veglia la mia casa, angelo, 1958.<br />

73


9. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Lia Zoppelli e Gabriella Andreini<br />

in Le ragazze bruciate ver<strong>di</strong>, 1959.<br />

10. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Uomo e Superuomo, 1961.<br />

74


11. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Nora Ricci in Il mistero delle tre orchidee, sceneggiato, 1963.<br />

75


12. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Franco Parenti in Don Giovanni, 1964.<br />

76


13. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Don Giovanni, 1964. Da destra: Franco Parenti, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>,<br />

Carmen Scarpitta, Sandro Dori, Mino Bellei.<br />

77


14. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Le tre sorelle, 1965. Dal centro verso <strong>si</strong>nistra: Manlio Busoni,<br />

Rossella Falk, Carlo Giuffrè, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Romolo Valli, Salvatore Puntillo, Enzo Tarascio,<br />

Giorgio De Lullo, Elsa Albani, Elena Cotta.<br />

78


15. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Carla Gravina in I due gentiluomini <strong>di</strong> Verona, 1965.<br />

16. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Franco Parenti (al centro) in Il Volpone, 1967.<br />

79


17. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Il bagno, 1968. In primo piano, da <strong>si</strong>nistra: Italo Dall’Orto, Franco<br />

Parenti, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Quinto Parmeggiani, Paolo Pozzi.<br />

80


18. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Mario Scaccia in Non andartene in giro tutta nuda, 1970.<br />

81


19. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Magia rossa, 1970.<br />

82


20. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Mario Scaccia in Magia rossa, 1970.<br />

83


21. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in L’uomo nero, 1971. Da <strong>si</strong>nistra: Angiolina Quinterno, Paolo Poli,<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

84


22. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con Mauro Bolognini, 1974.<br />

85


23. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Mauro Avogadro in Tutto per bene, 1975.<br />

86


24. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Romolo Valli e Adolfo Geri in Enrico IV, 1979.<br />

87


25. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Romolo Valli in Enrico IV, 1979.<br />

88


26. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Enrico IV, 1979. Da <strong>si</strong>nistra: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Romolo Valli, Mino<br />

Bellei e Adolfo Geri.<br />

89


27. 28. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, ritratti, 1979.<br />

90


29. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con il figlio Martino Duane in La do<strong>di</strong>ce<strong>si</strong>ma notte, 1979.<br />

91


30. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Gabriele Tozzi in La locan<strong>di</strong>era, 1981.<br />

92


31. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Pino Micol in E<strong>di</strong>po, 1991.<br />

93


32. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Mario Valgoi in I rusteghi, 1992.<br />

94


33. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in I rusteghi, 1992. Da <strong>si</strong>nistra: Michela Martini, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> e Wanda Benedetti.<br />

95


34. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Albergo Roma, 1996. Da <strong>si</strong>nistra: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Barbara<br />

Enrichi e Lucia Poli.<br />

96


DOCUMENTI<br />

Foto degli spettacoli e ritratti.<br />

1. Ritratto <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, 1954. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

2. Ritratto <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, 1954. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

3. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con Silvio D’Amico e gli allievi dell’Accademia, 1954. Archivio<br />

personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

4. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con Osvaldo Ruggieri e gli allievi dell’Accademia, in Donna del<br />

Para<strong>di</strong>so, 1956. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

5. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Umberto Or<strong>si</strong>ni in Nostra Dea, 1957. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>.<br />

6. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Nostra Dea, 1957. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

7. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con Vittorio De Sica, 1957. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

8. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Annibale Ninchi in Veglia la mia casa, angelo, 1958. Archivio<br />

personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

9. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Lia Zoppelli e Gabriella Andreini in Le ragazze bruciate ver<strong>di</strong>, 1959.<br />

Da «Sipario», n. 155, marzo 1959, p.31.<br />

10. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Uomo e Superuomo, 1961. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>.<br />

11. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Nora Ricci in Il mistero delle tre orchidee, sceneggiato, 1963.<br />

Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

12. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Franco Parenti in Don Giovanni, 1964. Da <strong>«Il</strong> Patalogo», n.219,<br />

luglio 1964, p. 27.<br />

13. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con Franco Parenti, Carmen Scarpitta, Sandro Dori, Mino Bellei in<br />

Don Giovanni, 1964. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

14. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Le tre sorelle, 1965. Con Manlio Busoni, Rossella Falk, Carlo<br />

Giuffrè, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Romolo Valli, Salvatore Puntillo, Enzo Tarascio, Giorgio De<br />

Lullo, Elsa Albani, Elena Cotta. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

15. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Carla Gravina in I due gentiluomini <strong>di</strong> Verona, 1965. Da <strong>«Il</strong><br />

Patalogo», n. 232-233, agosto-settembre 1965, p. 90.<br />

16. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Franco Parenti in Il Volpone, 1967. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>.<br />

17. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Il bagno, 1968. Con Italo Dall’Orto, Franco Parenti, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>, Quinto Parmeggiani, Paolo Pozzi. Da «Sipario», n. 264, aprile 1968, p. 34.<br />

97


18. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Mario Scaccia in Non andartene in giro tutta nuda, 1970. Archivio<br />

personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

19. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Magia rossa, 1970. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

20. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Mario Scaccia in Magia rossa, 1970. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>.<br />

21. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in L’uomo nero, 1971. Con Angiolina Quinterno e Paolo Poli.<br />

Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

22. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con Mauro Bolognini, 1974. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

23. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Mauro Avogadro in Tutto per bene, 1975. Archivio personale <strong>di</strong><br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

24. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Romolo Valli e Adolfo Geri in Enrico IV, 1979. Archivio personale <strong>di</strong><br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

25. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Romolo Valli in Enrico IV, 1979. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>.<br />

26. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Enrico IV, 1979. Con Romolo Valli, Mino Bellei e Adolfo Geri.<br />

Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

27. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, ritratto, 1979. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

28. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, ritratto, 1979. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

29. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> con il figlio Martino Duane in La do<strong>di</strong>ce<strong>si</strong>ma notte, 1979. Archivio<br />

personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

30. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Gabriele Tozzi in La locan<strong>di</strong>era, 1981. Archivio personale <strong>di</strong><br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

31. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Pino Micol in E<strong>di</strong>po, 1991. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

32. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e Mario Valgoi in I rusteghi, 1992. Archivio personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>.<br />

33. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in I rusteghi, 1992. Da <strong>si</strong>nistra: Michela Martini, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e<br />

Wanda Benedetti. Da <strong>«Il</strong> Patalogo», aprile 1992, p. 155.<br />

34. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in Albergo Roma, 1996. Con Barbara Enrichi e Lucia Poli. Archivio<br />

personale <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

98


APPENDICE I<br />

L’attrice <strong>si</strong> racconta


Quando e come è nata in lei la pas<strong>si</strong>one per il <strong>teatro</strong> e la recitazione?<br />

Fin da piccina avevo in casa questa personalità <strong>di</strong> Fosco <strong>Giachetti</strong>, lui ed il<br />

mio babbo erano cugini <strong>di</strong> primo grado, le nostre erano famiglie <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni,<br />

ed i conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> una volta stavano tutti in<strong>si</strong>eme. Anche se in realtà ero sua<br />

biscugina, per me era lo “zio”, come era la “zia” sua moglie, la bella Vera<br />

Calamai, attrice e figlia <strong>di</strong> uno degli ultimi Stenterelli 1 a Firenze, Angelo<br />

Calamai, dal quale ho ere<strong>di</strong>tato tutti i libretti <strong>di</strong> Stenterelli, copioni scritti a<br />

mano.<br />

Nel 1949, a quattor<strong>di</strong>ci anni cominciai per gioco con un vecchio pen<strong>si</strong>onato<br />

delle Ferrovie, Dante Nello Carapelli, che aveva una Compagnia <strong>di</strong><br />

filodrammatici, molto seria e profes<strong>si</strong>onale. Debuttai in un Dopolavoro della<br />

SELT Valdarno in Via del Sole a Firenze, nella piccola parte <strong>di</strong> Blanca, in una<br />

comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Aldo De Benedetti, Lo sbaglio <strong>di</strong> essere vivo. Gran<strong>di</strong> applau<strong>si</strong><br />

subito.<br />

Poi ho fatto altre cose con questo gruppo, e con un altro che <strong>si</strong> spostava<br />

nelle varie città, “L’affratellamento”, <strong>di</strong>retto da Ghigo Prate<strong>si</strong>, con il quale<br />

furono mes<strong>si</strong> in scena bei testi contemporanei, mentre con Carapelli <strong>si</strong><br />

lavorava sui clas<strong>si</strong>ci. Si andava ai Festival delle Filodrammatiche, ne ricordo<br />

uno a Reggio Emilia intitolato a Maria Melato, in cui recitavo piccole parti per<br />

le quali ho preso dei premi, poi a Pesaro. Queste sono le mie prime tournée.<br />

In seguito accadde che gli attori più gran<strong>di</strong> <strong>di</strong> me <strong>di</strong> quattro o cinque anni,<br />

come Beppe Menegatti, Ferruccio Soleri, Bianca Galvan e Luciano Melani,<br />

erano andati all’Accademia d’Arte Drammatica. Es<strong>si</strong> furono il nodo della mia<br />

svolta. Quando facevo parte de “L’Affratellamento” c’era con me Renzo<br />

Montagnani, mentre Carapelli era molto amico della mamma <strong>di</strong> Rossano<br />

Brazzi e sentiva, con orgoglio, <strong>di</strong> essere stato suo maestro e mio. Ci tengo a<br />

ricordarli perché era un mondo <strong>si</strong>ncero, onesto, carino, pulito.<br />

Fu Beppe Menegatti a sollecitarmi perché mi iscrives<strong>si</strong> all’Accademia, e<br />

ad<strong>di</strong>rittura a spe<strong>di</strong>re la richiesta del Bando <strong>di</strong> concorso, in seguito alla quale<br />

mi trovai ad essere allieva della prestigiosa scuola.<br />

Non avrei mai osato pensare <strong>di</strong> andare via da casa, legata come sono a<br />

Firenze e a Sesto Fiorentino, dove sono nata. La mia in<strong>di</strong>pendenza mi<br />

sembrava una follia, sono molto attaccata alle mie ra<strong>di</strong>ci.<br />

Tuttavia feci gli esami e mi preparai, vin<strong>si</strong> una borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, importante<br />

perché ne avevo bisogno per poter andare all’Accademia, poichè la mia<br />

1 Stenterello, celebre maschera fiorentina che domina gran parte della scena teatrale tra la<br />

fine del 1700 e l’inizio del 1800, è invenzione <strong>di</strong> Luigi Del Buono, un artigiano orologiaio<br />

amante del <strong>teatro</strong> nato a Firenze nel 1751. Nel creare la maschera, Luigi Del Buono prende<br />

qualche spunto da Pulcinella ed inventa un “carattere” che, attraverso battute <strong>di</strong> spirito<br />

sagaci ed un linguaggio schietto, critica la società <strong>di</strong> quel tempo.<br />

100


famiglia <strong>non</strong> era ricca, anche se <strong>non</strong> mi ha fatto mai mancare sostegno e<br />

incoraggiamento morale. Dal 14 novembre 1954 iniziai il corso. Faccio parte<br />

dell’ultima leva scelta da Silvio D’Amico, che poi morì nel 1955. Con me<br />

c’erano Gian Maria Volonté, Umberto Or<strong>si</strong>ni, Francesca Menegutti, Mario<br />

Bianchi, Mario Mis<strong>si</strong>roli, Attilio Buccari, Elena Zen, Giuseppe dell’Olio,<br />

Giuliana Lojo<strong>di</strong>ce, Eva Magni, Giacomo Piperno, Luisa Tirinnanzi, Ferruccio<br />

Soleri.<br />

Nostra Dea <strong>di</strong> Bontempelli è stato il Saggio <strong>di</strong> fine Accademia, prima avevo<br />

recitato, nel secondo anno, con grande emozione, per la Commemorazione<br />

della morte <strong>di</strong> Gabriele D’Annunzio, ed al primo anno in Liolà <strong>di</strong> Luigi<br />

Pirandello con la regia <strong>di</strong> Orazio Costa, spettacolo allestito per festeggiare i<br />

20 anni dell’Accademia, con gli allievi che nel frattempo erano già <strong>di</strong>ventati<br />

importanti, Rossella Falk, Giorgio De Lullo. Noi ragazzi vi recitammo e lo<br />

spettacolo fu portato a Venezia. Ricordo che con me c’era Bice Valori.<br />

Per commemorare la morte <strong>di</strong> Silvio D’Amico, Orazio Costa mise in scena al<br />

Teatro Quirino il Mistero recuperato dalla letteratura antica, mentre, come<br />

<strong>di</strong>cevo, il Saggio finale fu Nostra Dea. Protagonisti eravamo Or<strong>si</strong>ni, Volontè<br />

ed io. La mia parte fu quella della protagonista Dea, una donna manichino<br />

che <strong>si</strong> trasforma nel personaggio <strong>di</strong> cui indossa l’abito. Scoprii, e <strong>non</strong> me<br />

l’aspettavo, la risata del pubblico. Indossai l’abito della tortora, del ragazzo<br />

ed altri. Bellis<strong>si</strong>mi ricor<strong>di</strong>.<br />

Mio fratello, che a quel tempo era corrispondente de «La Repubblica» e<br />

l’amico attore Paolo Poli mi aiutarono a trovare casa a Roma. Ricordo ancora<br />

con un sorriso l’abito <strong>di</strong> lino azzurro <strong>di</strong> Paolo Poli, che per quegli anni (era il<br />

1954) era piuttosto inusuale. Finita l’Accademia iniziai a lavorare.<br />

Ha stu<strong>di</strong>ato all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, è stato<br />

importante il metodo <strong>di</strong> formazione dell’attore appreso e quanto ha influito<br />

sullo stile <strong>di</strong> recitazione da lei maturato nel corso degli anni? In altre parole<br />

quanto conta la formazione <strong>di</strong> Accademia rispetto all’esperienza <strong>di</strong>retta sulla<br />

scena?<br />

All’Accademia ho sentito il forte senso <strong>di</strong> scoperta e <strong>di</strong> appartenenza ad un<br />

mondo serio e rigoroso, ho capito <strong>di</strong> fare un lavoro <strong>di</strong> tutto rispetto, nobile.<br />

Fare l’attore è qualcosa che ti <strong>di</strong>stingue nella sua nobiltà. Io ho assorbito<br />

questo rigore. Tale impostazione mi ha fatto talvolta sentire a <strong>di</strong>sagio con la<br />

tendenza attuale <strong>di</strong> superficialità e <strong>di</strong> vanità.<br />

In Italia dopo i gros<strong>si</strong> cambiamenti degli anni Cinquanta, le nuove forme <strong>di</strong><br />

comunicazione, la nascita della televi<strong>si</strong>one nel 1954, il neorealismo, <strong>si</strong> è<br />

creato un buco che ci ha fatto perdere il rispetto della storia, della lingua, del<br />

percorso culturale e letterario, sociale. L’importante evento neorealista ha<br />

101


cominciato ad impoverir<strong>si</strong>, fino ad arrivare alle miserie culturali attuali, una<br />

povertà, una vanità imperante.<br />

Proprio in questi giorni ho rivisto i film <strong>di</strong> Ingmar Bergman, ed ho ripensato<br />

alla figura dell’attore. Un attore è uno strumento, per farlo bene devi sapere<br />

chi sei, conoscere i tuoi mezzi, riflettere su cosa vuol <strong>di</strong>re la “quarta parete”,<br />

il pubblico con il quale devi <strong>di</strong>alogare. Sei lì, sul palcoscenico per dare una<br />

vibrazione.<br />

C’è una bella intervista recente <strong>di</strong> Toni Servillo, nella quale l’attore riflette<br />

sull’importanza <strong>di</strong> crescere con il pubblico, che deve recepire ciò che l’attore<br />

gli manda, altrimenti è come parlare con un pozzo vuoto. Occorre conoscere<br />

l’artigianato del mestiere del <strong>teatro</strong>, quello dei gran<strong>di</strong> maestri, quello <strong>di</strong><br />

Eduardo, ma è raro ormai, visto il pullulare <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ocri e <strong>di</strong> manipolatori. Il<br />

<strong>teatro</strong> è per pochi, <strong>non</strong> è un’attività <strong>di</strong> massa.<br />

L’Accademia mi ha dato questa impostazione. Talvolta il rigore per le<br />

persone semplici come me è però un blocco, dal quale ho dovuto liberarmi, e<br />

sono occor<strong>si</strong> anni. Ero “bravina” da subito, ma dovevo fare il passo in avanti.<br />

La verifica la feci con Il malato immaginario, uno spettacolo bello,<br />

importante. Scoprii la libertà.<br />

In seguito, dopo aver lavorato con Tino Buazzelli, <strong>non</strong> ero più bravina, ma<br />

bravis<strong>si</strong>ma perché mi ero liberata, lavorando con regie strepitose avevo<br />

acqui<strong>si</strong>to fiducia in me stessa. Non mi sentivo più uno studente che deve<br />

passare gli esami, troppo rigore fa troppo studente. Dall’anno del <strong>di</strong>ploma<br />

all’Accademia, il 1957, mi ci sono voluti venti anni per capire che ormai ero<br />

un attrice autonoma, che ragionava.<br />

I tre personaggi importanti, i car<strong>di</strong>ni per me furono Tino Buazzelli, Giorgio<br />

De Lullo e Romolo Valli. Ci sono stati altri personaggi importanti ma <strong>di</strong><br />

passaggio. Luchino Visconti, ma faceva parte del mito giovanile, Franco<br />

Parenti, un grande artista, ma molto intellettuale, un po’ castrante.<br />

Ci tengo infine a sottolineare quanto la vera formazione per un attore <strong>si</strong>a il<br />

palcoscenico, <strong>non</strong> <strong>si</strong> <strong>può</strong> avvalorare ciò che è esterno al <strong>teatro</strong>. Il <strong>teatro</strong> lo<br />

fanno i teatranti, gli attori, i registi, lo <strong>si</strong> impara con quelli che lo<br />

sperimentano tutti i giorni, perché ogni debutto è un <strong>teatro</strong> nuovo e lo<br />

stesso pubblico cambia ogni sera. Una sera puoi avere <strong>di</strong>eci persone che ti<br />

vengono <strong>di</strong>etro ed è un trionfo, poi un'altra ne hai <strong>di</strong>eci che <strong>non</strong> capiscono<br />

ed è il gelo assoluto, eppure è lo stesso spettacolo.<br />

Qual è il suo ricordo <strong>di</strong> Orazio Costa e degli altri maestri dell’Accademia ?<br />

Ricordo con emozione i primi gran<strong>di</strong> spettacoli organizzati con la regia <strong>di</strong><br />

Orazio Costa all’Accademia, il suo rigore, la severità. Era un grande teorico,<br />

importante soprattutto il metodo <strong>di</strong> anali<strong>si</strong> del testo che insegnava ai registi.<br />

102


Finita l’Accademia ho lavorato con lui solo nel 1976, nel ruolo <strong>di</strong> Lady Page<br />

ne Le allegre comari <strong>di</strong> Windsor, accanto a Tino Buazzelli.<br />

Rammento con affetto e tengo a ricordare gli altri maestri, in particolare<br />

Ione Morino, attrice e compagna dello scrittore Alberto Savinio, che aveva<br />

capito che <strong>di</strong>etro le mie in<strong>si</strong>curezze <strong>si</strong> poteva lavorare, una persona deliziosa.<br />

Gli altri sono Wanda Capodaglio, che riusciva a tirare fuori il temperamento<br />

dei suoi allievi, Giorgio Bassani e Niccolò Gallo, miei insegnanti <strong>di</strong> cultura<br />

generale, Sergio Tofano, Elma Criner Fernandez, attrice che fu compagna e<br />

moglie <strong>di</strong> Ettore Petrolini. Ricordo che quando recitai nel ruolo della<br />

Madonna nel Mistero con la regia <strong>di</strong> Costa, lei vedendomi in appren<strong>si</strong>one mi<br />

donò una foto <strong>di</strong> Petrolini da tenere nel taschino durante lo spettacolo.<br />

Tuttavia la figura fondamentale era Orazio Costa. Si lavorava molto su una<br />

<strong>di</strong>sciplina basata sul movimento, la po<strong>si</strong>zione del corpo, senza le<br />

esagerazioni delle scuole <strong>di</strong> oggi nelle quali gli allievi sono oberati da nozioni<br />

e da esasperanti lezioni sulla respirazione. Non approvo i <strong>si</strong>stemi <strong>di</strong><br />

insegnamento delle scuole attuali e <strong>non</strong> ho voluto insegnare perché ritengo<br />

<strong>si</strong>a una responsabilità enorme.<br />

Tuttavia al Teatro Stabile <strong>di</strong> Palermo, anche per motivi <strong>di</strong> contratto, Pietro<br />

Carriglio convinse mio marito Aurelio Pierucci e me a svolgere questo ruolo<br />

con un gruppo <strong>di</strong> giovani che dovevano risolvere il problema del <strong>di</strong>aletto e<br />

della grande timidezza. Da questo gruppo <strong>di</strong> ragazzi sono oggi emer<strong>si</strong> alcuni<br />

talenti. Il dramma è che succes<strong>si</strong>vamente <strong>non</strong> trovano lavoro, anche<br />

uscendo dalla <strong>si</strong>tuazione complessa della Sicilia, perché spesso nelle<br />

Compagnie vengono pre<strong>si</strong> i me<strong>di</strong>ocri e sono loro a lavorare. Forse i bravi<br />

mettono in <strong>di</strong>fficoltà gli operatori attuali nel loro <strong>non</strong> sapere?<br />

Il suo percorso <strong>di</strong> attrice <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> è sempre stato alto, <strong>non</strong> ha mai accettato<br />

<strong>di</strong> lavorare in allestimenti <strong>di</strong> qualità minore…<br />

Non fa per me, <strong>non</strong> perché io <strong>si</strong>a eccezionale, ma per la mia impostazione,<br />

se accettas<strong>si</strong> sarei un errore da parte <strong>di</strong> chi mi commis<strong>si</strong>ona. Lavorare in un<br />

brutto spettacolo <strong>si</strong>gnifica vergognar<strong>si</strong> quando <strong>si</strong> va a prendere gli applau<strong>si</strong>,<br />

dal momento che <strong>si</strong> è tra<strong>di</strong>to il pubblico.<br />

Essendo nata proletaria, come tutti i fiorentini sono snob, nel senso che ho<br />

mirato sempre ai migliori. E’ un’aristocrazia, fare questo mestiere, anche se<br />

<strong>si</strong> fa un <strong>teatro</strong> popolaresco, anche se <strong>si</strong> fa un <strong>teatro</strong> comico come quello <strong>di</strong><br />

Aristofane, è un’aristocrazia. Ho amato molto Strehler, anche se <strong>non</strong> ho<br />

lavorato con lui, perché proprio per questo mio modo <strong>di</strong> vedere, il mio<br />

mondo era quello viscontiano.<br />

La mia meta era quella, per questa semplicità <strong>di</strong> nascita toscana che ci fa<br />

piantare un cipresso solo perché è bello, anche se <strong>non</strong> serve a nulla.<br />

103


Si sente legata ad un Teatro o ad una Compagnia in particolare?<br />

Mi sento un attrice libera, <strong>non</strong> mi piace il <strong>si</strong>stema politico dei Teatri Stabili,<br />

<strong>non</strong> mi piacciono i Ministeri, l’appiattimento che comportano. Sono del segno<br />

del Leone ascendente Sagittario, segno che ama la libertà, forte e re<strong>si</strong>stente,<br />

pacioso ma con un senso <strong>di</strong> giustizia innato.<br />

Sono molto legata al ricordo della Compagnia del Teatro Eliseo <strong>di</strong> Roma, in<br />

cui ho avuto il privilegio <strong>di</strong> lavorare con Valli e De Lullo. Ricordo tanti<br />

aneddoti <strong>di</strong>vertenti <strong>di</strong> quei tempi. Si lavorava con gioia, affetto, un rapporto,<br />

quello con Romolo e Giorgio, che <strong>si</strong> amavano molto, fatto <strong>di</strong> amicizia, <strong>di</strong> un<br />

reciproco tutelar<strong>si</strong>. Cito solo un episo<strong>di</strong>o, legato alla mia interpretazione <strong>di</strong><br />

Natascha ne Le tre sorelle <strong>di</strong> De Lullo. Mi telefonò Romolo per offrirmi la<br />

parte, ed una volta arrivata a Roma, senza aver ancora letto il copione,<br />

durante uno spettacolo <strong>di</strong> Cobelli, cui mi ero recata con Fenoglio, ricevetti le<br />

lo<strong>di</strong> da Vittorio Caprioli che affermava <strong>di</strong> aver u<strong>di</strong>to Romolo entu<strong>si</strong>asta del<br />

personaggio da me portato in scena, definendomi “una straor<strong>di</strong>naria<br />

Natascha”.<br />

Ero <strong>di</strong>ventata un loro prodotto, e le Tre sorelle erano così <strong>di</strong>ventate perfette,<br />

pensare che ancora <strong>non</strong> avevo letto il copione! C’era un grande rispetto, la<br />

Compagnia veniva presentata con tutti gli onori. Nella seconda e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

De Lullo de Le tre sorelle, nel 1980, nella quale avevo il drammatico ruolo <strong>di</strong><br />

Olga, avevamo costituito il Gruppo Teatro Libero Romolo Valli, in omaggio a<br />

Romolo, purtroppo tragicamente scomparso.<br />

Dopo il grande successo della Locan<strong>di</strong>era, perdemmo anche Giorgio De Lullo,<br />

e in quell’anno doloroso morì mio padre. Per me come per mio marito<br />

Aurelio cambiò la vita, il telefono ha taciuto per quattro lunghi anni. Non ho<br />

lavorato per tutto quel tempo, dopo i ruoli <strong>di</strong> prima attrice al Teatro Eliseo.<br />

Ci furono storie <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>menti, <strong>di</strong> amicizie perdute, e venimmo via tutti, anche<br />

i tecnici. Certo <strong>non</strong> mi ha aiutato il mio carattere orgoglioso, <strong>non</strong> mi sono<br />

mai piegata. Quel mondo aveva <strong>di</strong>sturbato, perché quegli artisti, ormai<br />

scompar<strong>si</strong> erano belli, perfetti, intelligenti, erano tutto.<br />

Altra esperienza rilevante, fatta nel 1993 al fine <strong>di</strong> salvare lo spettacolo I<br />

Rusteghi, dal momento che c’era un cambiamento ai vertici del Teatroveneto<br />

che <strong>non</strong> lasciava ben sperare, fu quella <strong>di</strong> costituire una Cooperativa con la<br />

quale portammo lo spettacolo in giro per l’Italia. Con questa associazione fu<br />

messo in scena anche Il Ventaglio <strong>di</strong> Goldoni, poi mi ritirai perché iniziarono<br />

a mancare le premesse per cui vi avevo fatto parte.<br />

Per ben guidare un <strong>teatro</strong> ci vogliono uomini come Visconti, Strehler, il genio<br />

vero è uno, il vero capo è uno, ed egli sa, amandoli e conoscendoli, usare<br />

umanamente degli strumenti perfetti. Questa è ad esempio, la storia del<br />

Piccolo Teatro <strong>di</strong> Milano.<br />

104


Ha collaborato con il Teatro Stabile <strong>di</strong> Palermo prima dell’incen<strong>di</strong>o del 1964 e<br />

molti anni dopo. Quali <strong>di</strong>fficoltà ha incontrato lavorando in un contesto così<br />

complesso?<br />

A Palermo ho lavorato inizialmente con Franco Parenti, fino a che ci<br />

bruciarono il Teatro, in una città dove la mafia è un problema mai risolto. Il<br />

Teatro era una struttura bellis<strong>si</strong>ma dell’Ottocento, nella bella piazza<br />

Martorana, aveva ben ottocento posti. Conservo tuttora la lampada del mio<br />

camerino, salvata dalle fiamme, che mi fu donata dalle famiglie dei bambini<br />

che erano appar<strong>si</strong> sulla scena negli spettacoli del 1964.<br />

Vi <strong>si</strong> allestivano le opere, gli stes<strong>si</strong> Donizetti e Bellini vi avevano <strong>di</strong>retto, e gli<br />

spettacoli da noi mes<strong>si</strong> in scena stavano andando bene, ma evidentemente il<br />

<strong>teatro</strong> dava noia a qualcuno.<br />

Vi fu portato ad<strong>di</strong>rittura per la prima volta Benno Besson dal Berliner<br />

Ensemble a <strong>di</strong>rigere il Don Giovanni <strong>di</strong> Brecht-Molière, prima vi avevamo<br />

allestito Pirandello, L’uomo, la bestia e la virtù, e il J.B. <strong>di</strong> Mac Leish.<br />

Andammo ad un Festival in Emilia Romagna, a Cesena durante una replica<br />

del Don Giovanni sapemmo dell’incen<strong>di</strong>o.<br />

Dopo tanti anni ci sono tornata <strong>di</strong> recente con Il fiore del dolore del poeta<br />

Mario Luzi, cui ero legata da grande amicizia e rispetto. Dopo una brutta<br />

e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Carriglio <strong>di</strong> Assas<strong>si</strong>nio nella cattedrale <strong>di</strong> Eliott, ho tuttavia deciso<br />

<strong>di</strong> staccarmi dal <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Palermo, dato che sento <strong>di</strong> <strong>non</strong> trovarmi in <strong>si</strong>ntonia<br />

intellettuale e culturale con la gestione attuale, e viste le <strong>di</strong>fficoltà che un<br />

libero <strong>teatro</strong> è destinato ad incontrare in un contesto come quello <strong>si</strong>ciliano.<br />

Ha recitato in <strong>teatro</strong> affrontando testi <strong>di</strong> Goldoni, Ruzante, Pirandello,<br />

Strindberg e molti altri autori. Quali sono i personaggi che ha interpretato<br />

con maggiore entu<strong>si</strong>asmo, la balia de Il padre, Felice de I rusteghi, Olga <strong>di</strong><br />

Le tre sorelle o altri?<br />

Più che il personaggio in sé, ho un ricordo legato all’atmosfera nella quale<br />

quel personaggio <strong>si</strong> è mosso. Certamente tutti quelli interpretati con la regia<br />

<strong>di</strong> Giorgio De Lullo, lui era sempre dalla parte del suo attore. Ed il<br />

personaggio <strong>di</strong> Siora Felice ne I Rusteghi, spettacolo stupendo. Una grande<br />

figura, la principale, una donna scaltra ed emancipata, il vero genio<br />

femminile.<br />

Goldoni le donne le ha amate e ha capito che sono il motore della vita, è uno<br />

dei gran<strong>di</strong> autori che hanno compreso la p<strong>si</strong>cologia femminile e <strong>non</strong> hanno<br />

avuto vergogna <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare complici e ammiratori <strong>di</strong> questo mondo perché è<br />

una ricchezza.<br />

105


Se ti metti in contrappo<strong>si</strong>zione con l’altra metà del cielo, cosa fai?<br />

Quale spettacolo ricorda con maggior emozione e reputa il più importante<br />

della sua carriera, al momento attuale?<br />

Ricordo con grande emozione spettacoli come Il malato immaginario, La<br />

locan<strong>di</strong>era. Quando li abbiamo fatti alla Pergola il <strong>teatro</strong> era pieno, la coda<br />

per entrare arrivava fino a Sant’Egi<strong>di</strong>o.<br />

La Locan<strong>di</strong>era fu una cosa talmente bella, un omaggio a Visconti. Poi<br />

<strong>si</strong>curamente Enrico IV, i Rusteghi, il bellis<strong>si</strong>mo Borghese gentiluomo con Tino<br />

Buazzelli, tutti gran<strong>di</strong> spettacoli.<br />

Lo scorso gennaio ha ricevuto il premio UBU come miglior attrice <strong>non</strong><br />

protagonista per Il padre <strong>di</strong> Strindberg. Com’è stato lavorare con la regia <strong>di</strong><br />

Mas<strong>si</strong>mo Castri?<br />

Non è stato facile. La prima e<strong>di</strong>zione <strong>non</strong> mi è piaciuta, poi Mas<strong>si</strong>mo ha<br />

rivisto alcune cose, ha corretto momenti troppo urlati nella recitazione del<br />

Capitano <strong>di</strong> Umberto Or<strong>si</strong>ni, e soprattutto ci ha dato più prove, allora è<br />

<strong>di</strong>ventato uno spettacolo bellis<strong>si</strong>mo.<br />

In certi momenti è stato un vero tormento, Mas<strong>si</strong>mo è bravo ma molto<br />

meticoloso. Io avevo una parte piccola rispetto agli altri, ma credo che chi ha<br />

fatto un certo tipo <strong>di</strong> lavoro quando entra in scena c’è, anche se fa una<br />

pausa c’è. Ti porti <strong>di</strong>etro duemila anni <strong>di</strong> storia del <strong>teatro</strong>.<br />

Ho capito che in un testo come questo la scena importante era quella della<br />

vestizione, e Mas<strong>si</strong>mo ha reso <strong>di</strong>vinamente con la ninna nanna la<br />

retroces<strong>si</strong>one infantile del protagonista. Drammaturgicamente il momento<br />

più bello dello spettacolo, anche grazie alla bella lettura data dal regista.<br />

Abbiamo avuto il pieno, tanti applau<strong>si</strong>, soprattutto al Piccolo <strong>di</strong> Milano dove<br />

ha seguito la premiazione. Con Castri ho fatto un altro spettacolo<br />

importante, nel 1992, I Rusteghi, che mi ha visto nel ruolo principale e<br />

in<strong>di</strong>menticabile <strong>di</strong> Felice, fu per me e per tutta la Compagnia un grande<br />

successo.<br />

Il premio UBU <strong>si</strong> <strong>può</strong> con<strong>si</strong>derare anche un riconoscimento per i molti anni <strong>di</strong><br />

lavoro. L’entu<strong>si</strong>asmo per il <strong>teatro</strong> è in lei ancora forte?<br />

Con questo modestis<strong>si</strong>mo ruolo della balia ne Il padre <strong>di</strong> Strindberg mi<br />

hanno dato il premio UBU. La sera della premiazione mi sono trovata in<br />

questo mondo <strong>di</strong> gente importante, intelligente, ed allora quando ho preso la<br />

106


parola, ho voluto ricordare, usando il <strong>di</strong>aletto fiorentino e con una puntina <strong>di</strong><br />

orgoglio, che sono stata molto fortunata ad incontrare tre personaggi grazie<br />

ai quali sono arrivata fin qui, Giorgio De Lullo, Romolo Valli, Tino Buazzelli.<br />

In <strong>teatro</strong> un applauso commosso.<br />

Tutto ciò che ci viene proposto oggi, anche cose intelligenti, talvolta tra<strong>di</strong>sce<br />

il testo originale, <strong>si</strong> vuole stupire, proporre proprie riletture che offendono<br />

l’autore e lo spettatore che fiducioso giunge a <strong>teatro</strong>.<br />

Quando poi rive<strong>di</strong> un film come Fanny e Alexander <strong>di</strong> Bergman capisci che<br />

quando c’è il pen<strong>si</strong>ero, il genio creativo, <strong>non</strong> c’è bisogno <strong>di</strong> altro.<br />

Ho letto <strong>di</strong> recente la biografia <strong>di</strong> un’attrice vissuta nell’Ottocento, Laura Bon.<br />

Vi <strong>si</strong> racconta la <strong>si</strong>tuazione del <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> quel tempo, contesto della vita<br />

avventurosa della bellis<strong>si</strong>ma attrice, che <strong>si</strong> ritrovò a lavorare anche a<br />

Firenze. Recitava in Borgo Ognissanti in un luogo che oggi ospita una chiesa<br />

valdese e che riporta una targa sulla quale <strong>si</strong> ricorda come vi sorgesse un<br />

teatrino. Morì pochi anni dopo essere caduta in povertà e fu seppellita a<br />

Venezia.<br />

Questi sono i personaggi del <strong>teatro</strong> che mi commuovono, ed ai quali<br />

dobbiamo rispetto. Se <strong>si</strong> pensa poi ad Eleonora Duse, alla prima volta in cui<br />

Visconti, ancora bambino, la vide a <strong>teatro</strong> e a quanto ne rimase colpito, a<br />

come il grande Ermete Zacconi incontrandola per strada le mostrasse tutta<br />

la sua stima e la sua riverenza, ecco che compren<strong>di</strong>amo che i “mostri sacri”<br />

<strong>di</strong> cui tanto <strong>si</strong> parla oggi in realtà sono mostri e basta, <strong>di</strong> geni veri in un<br />

secolo se ne contano pochi, sulle <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> una mano.<br />

Ritiene la <strong>si</strong>tuazione attuale del <strong>teatro</strong> italiano stimolante? Ci sono registi e<br />

autori giovani con cui vorrebbe lavorare?<br />

Non conosco molto il <strong>teatro</strong> attuale, faccio una vita ritirata, ma questo mio<br />

atteggiamento è una sorta <strong>di</strong> auto<strong>di</strong>fesa. La stessa Firenze vive un<br />

isolamento, dal punto <strong>di</strong> vista culturale <strong>non</strong> succede nulla <strong>di</strong> rilevante, <strong>non</strong> <strong>si</strong><br />

è stati in grado <strong>di</strong> fondare qualcosa che tuteli il nostro patrimonio, <strong>di</strong> creare<br />

una nostra tra<strong>di</strong>zione letteraria, che <strong>si</strong> ferma al periodo rinascimentale. Ecco<br />

perché tutti i gran<strong>di</strong> sono andati via, come lo stesso Renzo Ricci, nato in via<br />

della Scala, e tutti quegli attori che ho trovato nel libretto sulla vita <strong>di</strong> Laura<br />

Bon.<br />

Apprezzo tuttavia alcuni registi come i fratelli Cauteruccio, anche se ritengo<br />

l’uso <strong>di</strong> filmati e strumenti in scena ecces<strong>si</strong>vi. Li sento lontani dal mio modo<br />

<strong>di</strong> sentire. Quale <strong>si</strong>a il grande <strong>teatro</strong> italiano <strong>non</strong> occorre <strong>si</strong>a io a ricordarlo,<br />

basta rivedere le e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Pirandello <strong>di</strong> Valli e De Lullo, rappresentarono<br />

una svolta, l’autore <strong>non</strong> attirava più il pubblico, fino ai loro spettacoli. Basta<br />

vedere i gran<strong>di</strong> spettacoli registrati <strong>di</strong> Strehler, come Il giar<strong>di</strong>no dei ciliegi, La<br />

107


tempesta. Purtroppo i capolavori <strong>di</strong> Visconti registrati <strong>non</strong> ci sono, <strong>non</strong> <strong>si</strong><br />

fece in tempo.<br />

Morirono tutti. Nel febbraio 1980 Valli, nel luglio 1981 De Lullo, il 14 dello<br />

stesso mese morì mio padre. Un grande dolore.<br />

Oggi viviamo <strong>di</strong> piccole star e <strong>di</strong> luccichii. In realtà la storia dell’attore è fatta<br />

<strong>di</strong> gioia, ma anche <strong>di</strong> dolore. Egli vive in un “mondo piccolo”, quello del<br />

<strong>teatro</strong>, così definito nel film Fanny e Alexander, dove svolge il mestiere più<br />

bello del mondo, perché lo <strong>si</strong> inizia a fare da bambini.<br />

Da piccoli <strong>si</strong> gioca a fare gli altri, ci <strong>si</strong> traveste, ed indossando i vestiti e le<br />

scarpe dei gran<strong>di</strong> <strong>si</strong> recita una parte.<br />

Come ha risolto il problema della cadenza <strong>di</strong>alettale e quali problemi ha<br />

avuto nel recitare in altri <strong>di</strong>aletti ?<br />

Il rischio è quello <strong>di</strong> creare delle imitazioni, delle caricature, occorre invece<br />

capire la struttura dei suoni, ascoltare ripetutamente il parlato. Per il<br />

chioggiotto, il <strong>di</strong>aletto de Le baruffe chiozzotte, avevo bobine con le voci<br />

della gente nel mercato <strong>di</strong> Chioggia e per gli accenti veneti de I Rusteghi mi<br />

sono letta libri sulla lingua, e sono stata facilitata nell’appren<strong>di</strong>mento dal<br />

fatto che vivevo tra persone veneziane ed avevo continuamente tale mu<strong>si</strong>ca<br />

intorno.<br />

Ho recitato ne La moscheta in patavino del 1500, del resto incompren<strong>si</strong>bile.<br />

Poi a Bologna con l’aiuto dell’attore Vito ho imparato a parlare con<br />

l’inconfon<strong>di</strong>bile cadenza bolognese, anche attraverso l’uso <strong>di</strong> un registratore,<br />

per il film Ritorno a casa Gori <strong>di</strong> Alessandro Benvenuti. E’ importante stare<br />

attenti agli accenti, ad esempio il veneziano <strong>non</strong> ha le doppie ed ha accenti<br />

<strong>di</strong>ver<strong>si</strong>.<br />

All’inizio è una bella fatica, ma se <strong>si</strong> vive in un contesto nel quale tutti<br />

parlano un <strong>di</strong>aletto, <strong>si</strong> memorizzano i suoni, registrandoli, ascoltandoli. Ma<br />

<strong>non</strong> basta, <strong>si</strong> deve sentire l’impulso che viene da dentro, e poi tradurlo. E’ un<br />

doppio lavoro per noi attori.<br />

In molte recen<strong>si</strong>oni <strong>si</strong> sottolinea la sua energica capacità <strong>di</strong> attrice comica e<br />

brillante, ma ha interpretato anche ruoli drammatici, lei <strong>si</strong> ritiene interprete<br />

comica o drammatica?<br />

Un attore <strong>non</strong> <strong>si</strong> ritiene comico o drammatico, un attore è.<br />

Da dove parte e qual è la sua storia, questo è importante. Nella vita <strong>si</strong><br />

possono fare le risate più frivole, le mal<strong>di</strong>cenze con le amiche, provare un<br />

grande dolore, noi abbiamo dentro tutto questo materiale.<br />

108


Per esempio nella scena finale del terzo atto delle Tre sorelle, nell’e<strong>di</strong>zione in<br />

cui avevo il ruolo <strong>di</strong> Olga, nella <strong>si</strong>tuazione commovente del <strong>di</strong>alogo con Irina<br />

che mi chiede un giorno <strong>di</strong> poter tornare a Mosca, ricordo che piangevo<br />

davvero.<br />

C’è un momento nella recitazione in cui tutto <strong>si</strong> frantuma, <strong>si</strong> rompe, tutto è<br />

dolore, e questo <strong>di</strong>pende molto dall’atmosfera che <strong>si</strong> crea con gli altri attori.<br />

Qual è il suo rapporto con il cinema e la televi<strong>si</strong>one ?<br />

Ho scoperto il cinema a sessant’anni, grazie ad Ugo Chiti. Dopo piccole parti<br />

in importanti film degli anni ’60, La contessa azzurra <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Gora, La<br />

viaccia e Arrangiatevi! <strong>di</strong> Mauro Bolognini, sono stata per più <strong>di</strong> trent’anni<br />

lontana dal cinema.<br />

Poi la parte in Albergo Roma ha aperto la strada a molte altre interpretazioni<br />

in film <strong>di</strong>retti da registi toscani, negli anni in cui era il loro momento. Recito<br />

volentieri per il cinema, perché <strong>non</strong> mi sento compromessa in nulla.<br />

Tengo a citare due cose importanti che ho fatto per il cinema e la<br />

televi<strong>si</strong>one, con l’ottima regia dei bravi fratelli Antonio e Andrea Frazzi, dei<br />

quali purtroppo Andrea è venuto a mancare l’anno scorso. Una è lo<br />

sceneggiato Don Milani - Il priore <strong>di</strong> Barbiana che apprezzo sempre più ogni<br />

volta che ho modo <strong>di</strong> rivederlo, e l’altra è un bellis<strong>si</strong>mo film coprodotto dalla<br />

Signorina Rai, Il cielo cade, e da quest’ultima tenuto per un anno e mezzo<br />

nel cassetto e mandato in onda, bruciandolo, <strong>di</strong> domenica pomeriggio al<br />

posto del Campionato <strong>di</strong> calcio per qualche motivo slittato. Un film<br />

apprezzato e premiato in tutto il mondo, per cui sono stata can<strong>di</strong>data come<br />

miglior attrice <strong>non</strong> protagonista a Miami.<br />

Qual è stata la sua esperienza alla ra<strong>di</strong>o?<br />

Ho lavorato molto alla ra<strong>di</strong>o, soprattutto a Firenze, con Giorgio Ciarpellini, e<br />

poi in giro per l’Italia. Facevamo letture <strong>di</strong> importanti sceneggiati, e talvolta<br />

cose assai <strong>di</strong>vertenti, ad esempio ricordo uno spassoso Morgante maggiore<br />

<strong>di</strong> Pulci recitato con gli amici Paolo Poli e Alfredo Bianchini.<br />

Quali sono i suoi attuali impegni?<br />

Recentemente ho recitato a Roma in una fiction, <strong>di</strong> produzione tedesca, già<br />

trasmessa in Germania, è stata una cosa improvvisa e piacevole alla mia età,<br />

rifare la valigia e andare.<br />

109


Se mi muovo lo faccio perché mi <strong>di</strong>verto e con l’attore Luca Barbareschi, che<br />

mi ha coinvolto in questa produzione, mi trovo bene, <strong>non</strong>ostante abbiamo<br />

molti punti <strong>di</strong> vista decisamente <strong>non</strong> conciliabili.<br />

Sono invitata nel mese <strong>di</strong> ottobre a partecipare ad un convegno che <strong>si</strong> terrà<br />

a Signa, durante il quale <strong>si</strong> parlerà del <strong>teatro</strong> in vernacolo, che ho sempre<br />

amato, fin da quando ho ricevuto in omaggio da Angelo Calamai i libretti<br />

degli Stenterelli fiorentini. Nel 1967 a Milano per la televi<strong>si</strong>one recitai nel<br />

ruolo <strong>di</strong> Anita in una <strong>di</strong>vertente Acqua cheta 2 per la regia <strong>di</strong> Alessandro<br />

Bissoni, con Arnoldo Foa e Guido Marchi. Si trattava <strong>di</strong> una comme<strong>di</strong>a messa<br />

in scena con gusto e nel rispetto del vernacolo che purtroppo a volte viene<br />

tra<strong>di</strong>to, al fine <strong>di</strong> prendere una risata in più, e trasformato in un linguaggio<br />

folcloristico <strong>di</strong> bassa lega.<br />

Un suo pen<strong>si</strong>ero sul <strong>teatro</strong>?<br />

Il <strong>teatro</strong> è una traspo<strong>si</strong>zione alta della verità, è una verità poetica.<br />

Chi fa questo mestiere ha una grande responsabilità, perché il <strong>teatro</strong> è<br />

capace <strong>di</strong> smuovere le coscienze, e per questo va fatto in un certo modo,<br />

ricordando<strong>si</strong> che è una comunità, <strong>non</strong> ci <strong>si</strong> <strong>può</strong> basare sull’io.<br />

Il <strong>teatro</strong> <strong>non</strong> <strong>si</strong> <strong>può</strong> tra<strong>di</strong>re.<br />

L’intervista è stata realizzata grazie alla gentilezza e alla <strong>di</strong>sponibilità<br />

dell’attrice <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, durante due incontri, nei me<strong>si</strong> <strong>di</strong> agosto e<br />

settembre 2007, nella sua casa <strong>di</strong> Firenze.<br />

2 Acqua cheta è una comme<strong>di</strong>a in 3 atti rappresentata per la prima volta il 29 gennaio 1908.<br />

Si tratta <strong>di</strong> una comme<strong>di</strong>a ricca <strong>di</strong> caratteri e <strong>di</strong> tipi, scritta da Augusto Novelli (Carmignano<br />

17/01/1867-07/11/1927), fondatore del <strong>teatro</strong> in vernacolo fiorentino. Comme<strong>di</strong>a importante<br />

perché rappresenta la nascita del <strong>teatro</strong> fiorentino moderno, attraverso il superamento della<br />

maschera dominante <strong>di</strong> Stenterello. Il testo completo delle sue opere è stato pubblicato in<br />

12 volumetti dall’e<strong>di</strong>tore Bemporad.<br />

110


ANTOLOGIA CRITICA<br />

“Donna del Para<strong>di</strong>so”<br />

Per onorare la memoria <strong>di</strong> Silvio D’Amico, nel primo anniversario della sua scomparsa, la<br />

Pre<strong>si</strong>denza dell’Accademia <strong>di</strong> Arte Drammatica ha, ieri sera, <strong>di</strong> fronte ad un pubblico<br />

sceltis<strong>si</strong>mo <strong>di</strong> invitati che hanno tutti una spiccata familiarità con l’arte in genere, presentato<br />

una ver<strong>si</strong>one <strong>di</strong> lau<strong>di</strong> me<strong>di</strong>evali radunate sotto il titolo appropriatis<strong>si</strong>mo <strong>di</strong> “Donna del<br />

Para<strong>di</strong>so”. Questo spettacolo <strong>di</strong> eccezione che, più che richiamare l’attenzione del pubblico<br />

degli inten<strong>di</strong>tori, come abbiamo detto, ha la funzione sempre valida e sempre puntuale <strong>di</strong><br />

contare sulla e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> coloro che vi as<strong>si</strong>stono, <strong>non</strong> potrebbe meglio riassumere la vita<br />

morale e spirituale dell’illustre scomparso. Perché, a parte le spiccatis<strong>si</strong>me doti del critico<br />

illustre il quale ha onorato l’attività del <strong>teatro</strong> italiano con la sua vasta cultura e con la sua<br />

fede soprattutto nelle sorti e nelle fortune del nostro <strong>teatro</strong>, il testo rappresentato ieri sera<br />

ha voluto ricordare la sua fiducia illimitata nel <strong>si</strong>gnificato che <strong>si</strong> leva da questa opera <strong>di</strong> fede<br />

viva e <strong>di</strong> amore nei frutti immancabili della «redenzione» cristiana.<br />

Con una sapienza rara aveva, infatti, da tempo, l’illustre storico e critico della letteratura<br />

teatrale <strong>di</strong> ogni tempo e paese, raccolto in una <strong>si</strong>nte<strong>si</strong> concreta, unitaria e poeticis<strong>si</strong>ma<br />

<strong>di</strong>verse lau<strong>di</strong> umbre dei secoli XIII e XIV: dalle quali era nato un dramma unitario e<br />

commoventis<strong>si</strong>mo. Questa sua fatica, nella quale <strong>si</strong> riassume, attraverso il linguaggio dei<br />

primitivi, tutto il complesso mistero della nostra salvazione (per cui la nostra e<strong>si</strong>stenza<br />

veliera ha un suo preciso <strong>si</strong>gnificato), <strong>si</strong> <strong>può</strong> con tutta tranquillità intendere come il<br />

testamento spirituale dello stu<strong>di</strong>oso e del maestro Silvio D’Amico. Tale testamento, aperto<br />

letto e interpretato ieri sera dai suoi <strong>di</strong>scepoli che debbono ai suoi insegnamenti il loro<br />

fervore e la loro vocazione, ha <strong>si</strong>gnificato, proprio nel giorno che <strong>si</strong> commemora il sacrificio<br />

del Cristo, più che una comune rappresentazione, ad<strong>di</strong>rittura un rito che ha commosso ed<br />

e<strong>di</strong>ficato, <strong>di</strong> conseguenza, tutti i presenti.<br />

Durante le due parti infatti in cui è <strong>di</strong>visa questa «sacra rappresentazione» gli allievi<br />

dell’Accademia <strong>di</strong> Arte Drammatica, a mezzo della loro interpretazione ingenua, sentita e<br />

spoglia <strong>di</strong> qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> lenocinio profes<strong>si</strong>onale, ci hanno fatto rivivere, nel linguaggio<br />

elementare, istintivo e, più che detto, sofferto, ad<strong>di</strong>rittura gridato, dei poeti qua<strong>si</strong> tutti<br />

a<strong>non</strong>imi <strong>di</strong> quei secoli delle origini, la loro fede e la loro <strong>si</strong>ncera, sofferta condolenza nel<br />

dramma rappresentato.<br />

Orazio Costa, lo stupendo orchestratore <strong>di</strong> questo dramma cristiano è arrivato al nostro<br />

sentimento semplificando la carica drammatica che erompe naturalmente dal testo<br />

rappresentato. Ogni allievo interprete del suo personaggio più che detto ha vissuto<br />

nell’intimità della sua funzione il linguaggio commoventis<strong>si</strong>mo dei piis<strong>si</strong>mi preti che ce lo<br />

hanno tramandato. Al centro <strong>di</strong> questa sacra rappresentazione <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> nelle vesti<br />

della Madonna ci ha contagiato con il suo dramma cre<strong>di</strong>bilis<strong>si</strong>mo rivissuto in assoluta verace<br />

umiltà; Osvaldo Ruggieri, nelle vesti del Cristo <strong>si</strong> è fatto ammirare per il suo stile improntato<br />

a purezza e a convinzione. Tutti gli altri, con assoluta aderenza e compostezza, hanno fatto<br />

coro al sacro mistero che è stato celebrato. Il complesso polifonico romano <strong>di</strong>retto da<br />

Gastone Tosato ha contrappuntato in un clima sovrumano il dramma che <strong>si</strong> realizzava<br />

durante la salutare rappresentazione. Il pubblico ha ringraziato gra<strong>di</strong>tis<strong>si</strong>mo, applaudendo, i


avis<strong>si</strong>mi interpreti <strong>di</strong> questo eccezionale dramma <strong>di</strong> amore. All’inizio della serata il<br />

marchese De Giura e Raul Ra<strong>di</strong>ce hanno motivato affettuosamente la eccezionale serata.<br />

E. B., Al <strong>teatro</strong> Quirino, “Donna del Para<strong>di</strong>so”, <strong>«Il</strong> Giornale d’Italia», 1° Aprile 1956.<br />

“Donna del Para<strong>di</strong>so” mistero religioso ed opera <strong>di</strong> Silvio D’ Amico al Quirino<br />

Venerdì Santo, ricorrendo il primo anniversario della scomparsa <strong>di</strong> Silvio D’Amico, gli allievi<br />

dell’Accademia Nazionale d’Arte drammatica <strong>di</strong>retti da Orazio Costa e il Coro Polifonico<br />

Romano <strong>di</strong>retto da Gastone Tosato hanno eseguito questo Mistero della Natività, Pas<strong>si</strong>one e<br />

Resurrezione <strong>di</strong> Nostro Signore che l’illustre critico aveva tratto da Lau<strong>di</strong> dei secoli XIII e<br />

XIV. Fra i trentasei allievi dell’Accademia ha avuto modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguer<strong>si</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

nella parte della Madonna. Questa giovane allieva <strong>si</strong> è rivelata una <strong>si</strong>cura promessa della<br />

nostra scena <strong>di</strong> prosa. In platea, un autorevole cugino della giovane attrice, Fosco <strong>Giachetti</strong>,<br />

era vi<strong>si</strong>bilmente commosso del successo della sua congiunta.<br />

Onorato, “Donna del Para<strong>di</strong>so” mistero religioso ed opera <strong>di</strong> Silvio D’ Amico al Quirino, in<br />

Poltrona aggiunta, <strong>«Il</strong> Travaso», 8 aprile 1956.<br />

Dal cielo delle Lau<strong>di</strong> all’Inferno del Ruzante<br />

Alcuni testi tra i più vivi del <strong>non</strong> molto che è vivo della nostra letteratura drammatica sono<br />

stati rappresentati qui a Roma nei giorni scor<strong>si</strong>. Al Quirino lau<strong>di</strong> e brani <strong>di</strong> lau<strong>di</strong> del Duecento<br />

e Trecento ricuciti in<strong>si</strong>eme da Silvio D’Amico in modo da ricavarne un racconto filato della<br />

vita, morte e resurrezione <strong>di</strong> Gesù, e al Valle “La casa nova” <strong>di</strong> Goldoni e il Parlamento de<br />

Ruzante” <strong>di</strong> Angelo Beolco. Lo spettacolo straor<strong>di</strong>nario del Quirino era in occa<strong>si</strong>one del primo<br />

anniversario della scomparsa <strong>di</strong> D’Amico ed è stato rappresentato dagli allievi dell’Accademia<br />

<strong>di</strong> Arte Drammatica che ora ha preso nome dall’illustre critico, in concorso col Coro Polifonico<br />

Romano. D’Amico fu as<strong>si</strong>llato tutta la sua vita dall’idea generosa e <strong>di</strong>sperata <strong>di</strong> una rinascita<br />

del dramma religioso, e alle origini sacre e rituali del <strong>teatro</strong> egli <strong>si</strong> rivolse sempre come a una<br />

sorta <strong>di</strong> para<strong>di</strong>so perduto. Dotato come era, e in una misura davvero rara in un cattolico<br />

militante, <strong>di</strong> senso della storia, oltre che <strong>di</strong> buon senso teatrale, egli finì per rassegnar<strong>si</strong> al<br />

vino che dava la botte del suo tempo. In mancanza <strong>di</strong> meglio, cioè del religioso in senso<br />

stretto, <strong>si</strong> contentò <strong>di</strong> una religio<strong>si</strong>tà molto lata che talvolta riscattava ai suoi occhi le<br />

profes<strong>si</strong>oni <strong>di</strong> fede anche le più laiche e le più eretiche inquietu<strong>di</strong>ni. Naturalmente,<br />

offrendogli<strong>si</strong> il destro <strong>di</strong> provare a sé e agli altri che il <strong>teatro</strong> religioso in senso stretto <strong>non</strong><br />

era morto o almeno che avrebbe potuto essere vivo senza la malizia o l’infingardaggine dei<br />

tempi, l’attivista D’Amico <strong>non</strong> era uomo da lasciar<strong>si</strong> sfuggire l’occa<strong>si</strong>one. E l’occa<strong>si</strong>one gli<br />

venne dalle celebrazioni a Padova del centenario giottesco. Gli fu chiesto <strong>di</strong> con<strong>si</strong>gliare un<br />

dramma sacro dell’età <strong>di</strong> Giotto, e D’Amico finì per mettere in<strong>si</strong>eme questa Donna del<br />

Para<strong>di</strong>so che fu rappresentata nel 1937 sul sagrato <strong>di</strong> un’antica chiesa padovana ottenendo<br />

genuino successo così come l’ha ottenuto l’altra sera nel <strong>teatro</strong> romano.<br />

Non staremo qui a fare l’elogio dell’amore, della perizia e della pazienza che D’Amico ha<br />

messo in questo arduo lavoro d’imbastitura e, qua e là, <strong>di</strong> vera e propria ripulitura <strong>di</strong> testi<br />

che sono tra i più semplici e patetici, ma anche tra i più poveri, rozzi e bi<strong>di</strong>men<strong>si</strong>onali della<br />

nostra letteratura. Tutto ciò che <strong>si</strong> poteva fare per rendere narrativamente e<br />

spettacolarmente omogenee queste lau<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa provenienza ed età, D’Amico lo ha fatto.<br />

112


E ciò che egli <strong>non</strong> ha fatto nessun altro avrebbe potuto farlo. Voglio <strong>di</strong>re che nessuno<br />

avrebbe potuto colmare quel salto brusco col quale <strong>si</strong> passa dall’umile e mono<strong>di</strong>ca poe<strong>si</strong>a<br />

degli a<strong>non</strong>imi artigiani <strong>di</strong> Perugia e delle raccolte <strong>di</strong> Gualdo Ta<strong>di</strong>no, <strong>di</strong> Gubbio, <strong>di</strong> Orvieto al<br />

<strong>di</strong>alogo sconvolgente e modernis<strong>si</strong>mo tra Maria e Gesù in croce <strong>di</strong> Iacopone. I rapporti tra<br />

Maria e Gesù nei componimenti degli a<strong>non</strong>imi laude<strong>si</strong> umbri sono ridotti al livello familiare e<br />

sentimentale, oggi <strong>di</strong>remmo piccolo borghese, dei loro poveri e terreni interes<strong>si</strong> <strong>di</strong> cuore. Nel<br />

Pianto <strong>di</strong> Maria <strong>di</strong> Iacopone la pietà <strong>di</strong> Gesù per la Madre addolorata già <strong>si</strong> tinge<br />

d’insofferenza che vorremmo chiamare gi<strong>di</strong>ana. Quel terribile: «Lasciate che i morti<br />

seppelliscano i morti», che tanto eccitava Gide, qui <strong>si</strong> tramuta sulle labbra del Cristo già<br />

lontanis<strong>si</strong>mo dalla terra, in un <strong>non</strong> meno terribile: «Lasciate che i vivi rimangano a soffrire<br />

con i vivi».<br />

«Donna perché te lagni? – Voglio che tu remagni – che serve i miei compagni – ch’al mondo<br />

agio acquistato…».<br />

Lo so bene che è tremendamente <strong>di</strong>fficile e, per un allievo <strong>di</strong> scuola alle prime armi, qua<strong>si</strong><br />

impos<strong>si</strong>bile, rendere questo senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco e superiorità <strong>di</strong>vina che <strong>si</strong> nasconde <strong>di</strong>etro le<br />

parole <strong>di</strong> pietà per una madre afflitta da una pena esclu<strong>si</strong>va e terrena. Perciò <strong>non</strong> ne<br />

facciamo un appunto al giovane Osvaldo Ruggieri. Gli <strong>si</strong> poteva chiedere, caso mai, <strong>di</strong><br />

scioglier<strong>si</strong>, <strong>di</strong> abbandonar<strong>si</strong> un po’ più, <strong>di</strong> ispirar<strong>si</strong> un po’ più al Nuovo Testamento e un po’<br />

meno al Vecchio.<br />

Una lode qua<strong>si</strong> incon<strong>di</strong>zionata va invece alla bella <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> che ha fatto una<br />

Madonna affettuosa, umile e calda come quella <strong>di</strong> un presepe. Il merito è naturalmente<br />

anche del regista.<br />

Sandro De Feo, Dal cielo delle Lau<strong>di</strong> all’inferno del Ruzante, L’Espresso, 8 aprile 1956.<br />

Saggio <strong>di</strong> regia all’Accademia d’Arte drammatica<br />

Dal lontano 1925 Nostra Dea <strong>di</strong> Mas<strong>si</strong>mo Bontempelli <strong>non</strong> appariva sui palcoscenici italiani; è<br />

una comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong>fficile, complessa, in cui le <strong>si</strong>tuazioni irreali, talvolta grottesche, <strong>si</strong> alternano<br />

ad altre umane, sentite. Una comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong>fficile <strong>non</strong> soltanto a «impostar<strong>si</strong>» scenicamente,<br />

per usare un brutto neologismo, ma anche a comprender<strong>si</strong> in tutto il suo valore, a<br />

interpretar<strong>si</strong>. E’ forse per questo che per circa trent’anni Nostra Dea è stata ignorata dai<br />

maggiorenti del nostro <strong>teatro</strong>.<br />

Dobbiamo perciò ringraziare l’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica che porta il nome <strong>di</strong><br />

Silvio D’Amico se ieri sera nello stu<strong>di</strong>o “Eleonora Duse” <strong>di</strong> via Vittoria abbiamo potuto vedere<br />

sulle scene questo importante lavoro <strong>di</strong> Mas<strong>si</strong>mo Bontempelli. Certo, <strong>di</strong>ciamolo subito, c’è<br />

voluto un gran coraggio a scegliere Nostra Dea per una recita <strong>di</strong> allievi; <strong>si</strong> pen<strong>si</strong>, per<br />

raccontare in breve la trama, che la protagonista <strong>di</strong> questa comme<strong>di</strong>a è una <strong>si</strong>mpatica, bella<br />

giovane che cambia <strong>di</strong> carattere, <strong>di</strong> temperamento, a seconda del vestito che indossa. E’<br />

racchiusa in un abito color tortora? Allora sarà angelica, sensuale, compren<strong>si</strong>va. Ma, per<br />

carità, <strong>non</strong> vestitela <strong>di</strong> rosso! Diventerà <strong>non</strong> soltanto <strong>di</strong> una vivacità insopportabile, ma<br />

acida, cattiva, superba.<br />

Un personaggio come <strong>si</strong> vede, che farebbe drizzare i capelli alla più esperta, alla più quotata<br />

delle attrici <strong>di</strong> prosa, una comme<strong>di</strong>a che metterebbe nelle pettole il più bravo dei nostri<br />

registi. Eppure, <strong>di</strong> fronte a tante <strong>di</strong>fficoltà, gli allievi dell’Accademia, se la sono cavata, nel<br />

complesso, abbastanza brillantemente. Il maggior merito <strong>di</strong> ciò, senza dubbio, va ascritto<br />

alla giovane regista Vilda Ciurla che ha orchestrato lo spettacolo con gusto <strong>di</strong>screto,<br />

equilibrio, anche se in certe occa<strong>si</strong>oni (ve<strong>di</strong> la fine del secondo atto), <strong>non</strong> ha potuto del tutto<br />

liberar<strong>si</strong> da certi artifizii scenici <strong>non</strong> del tutto convincenti, almeno a nostro avviso.<br />

113


Protagonista della comme<strong>di</strong>a e della serata era <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, allieva del terzo anno. La<br />

giovane <strong>Gianna</strong>, oltreché essere bella, ha anche della stoffa; se ci <strong>si</strong> permette fare<br />

un’osservazione (a carattere generale però: un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> tutti questi attori), è che gesticola<br />

troppo. Fra gli attori ricorderemo Gianmaria Volontè, Umberto Or<strong>si</strong>ni, Maria Francesca<br />

Benedetti, Manlio De Angelis e Mario Mis<strong>si</strong>roli, tutti quanti, chi più chi meno, bravi e<br />

volontero<strong>si</strong>; dovrebbero fare strada.<br />

Nel complesso, insomma, una serata riuscita, che il folto, sceltis<strong>si</strong>mo pubblico ha mostrato <strong>di</strong><br />

gra<strong>di</strong>re, applaudendo a <strong>non</strong> finire.<br />

Vice, Saggio <strong>di</strong> regia all’Accademia d’Arte drammatica, <strong>«Il</strong> Paese», 28 marzo 1957.<br />

La bruna <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> è la «pin up» della prosa<br />

(…) Una giovane attrice, che per le sue doti fi<strong>si</strong>che potrebbe essere agevolmente inclusa nel<br />

novero dell «maggiorate», ha compiuto in questi giorni il suo ingresso ufficiale nel<br />

palcoscenico, e proviene dalla più severa e tra<strong>di</strong>zionale delle scuole, dall’Accademia d’Arte<br />

Drammatica. E’ <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, è bruna, formosa. Ha gli occhi a mandorla, le caviglie<br />

sottilis<strong>si</strong>me. Raul Ra<strong>di</strong>ce e Orazio Costa, suoi maestri, l’hanno ritenuta degna <strong>di</strong> interpretare<br />

il <strong>di</strong>fficile personaggio <strong>di</strong> «Nostra Dea» nella comme<strong>di</strong>a omonima <strong>di</strong> Mas<strong>si</strong>mo Bontempelli.<br />

Questo personaggio trent’anni ad<strong>di</strong>etro portò fulmineamente al rango <strong>di</strong> prima attrice Marta<br />

Abba.<br />

La bruna <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> è la «pin up» della prosa, a cura della redazione, <strong>«Il</strong> Giorno», 22<br />

aprile 1957.<br />

“Lina e il cavaliere” al Valle<br />

Alla presenza <strong>di</strong> tutto il bel mondo <strong>di</strong> Roma, convenuto puntualmente alla prima del Valle,<br />

Franca Valeri e Vittorio Caprioli hanno presentato il loro nuovo spettacolo Lina e il cavaliere,<br />

scritto in collaborazione con Giuseppe Patroni Griffi ed Enrico Me<strong>di</strong>oli.<br />

Dopo gli altri spettacoli nei quali abbiamo avuto modo <strong>di</strong> apprezzare questa brillante coppia<br />

<strong>di</strong> attori, quello visto ieri sera <strong>non</strong> poteva né entu<strong>si</strong>asmare né sorprendere.<br />

Che il pubblico l’abbia accolto con una vera e propria manifestazione d’entu<strong>si</strong>asmo è nostro<br />

parere soltanto una riprova del vuoto che oggi regna sul palcoscenico della rivista; vuoto <strong>di</strong><br />

intelligenza soprattutto, che questi spettacoli a cavalcioni con la prosa cercano in qualche<br />

modo <strong>di</strong> colmare.<br />

Lina ed il cavaliere sono i personaggi da burletta <strong>di</strong> questo spassoso dopoguerra;<br />

arrampicatori, corruttori, profittatori, allegri pescicani. Tutta la vicenda, interpretata in chiave<br />

<strong>di</strong> spettacolo in costume sulla base della vi<strong>si</strong>one che della nostra vicenda possono avere i<br />

posteri, è leggera e spassosa, ricca <strong>di</strong> notazioni <strong>di</strong> costume, <strong>di</strong> macchiette e <strong>di</strong> battute<br />

talvolta per<strong>si</strong>no originali.<br />

Dato il carattere dello spettacolo <strong>non</strong> cre<strong>di</strong>amo opportuno <strong>di</strong>lungarci troppo nella descrizione<br />

della trama. Ci sembra piuttosto il caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>re più <strong>di</strong>ffusamente degli interpreti. Superiore<br />

ad ogni elogio Franca Valeri, che con una semplice sfumatura <strong>di</strong> voce, una sforzatura <strong>di</strong><br />

mimica riesce a trasformare una battuta; dare un <strong>si</strong>gnificato ad una vicenda che spesso <strong>non</strong><br />

ne avrebbe alcuno. Vittorio Caprioli, dal canto suo, <strong>si</strong> è conquistato oramai uno stile<br />

personalis<strong>si</strong>mo; con le sue mosse, i suoi cambiamenti <strong>di</strong> voce, la sua recitazione misurata in<br />

114


ogni momento, riesce a <strong>si</strong>gnoreggiare sulla scena, convincendo e soprattutto <strong>di</strong>vertendo<br />

come è necessario in certi ca<strong>si</strong>.<br />

Accanto a loro abbiamo ammirato Nora Ricci, bionda, alta ed elegantis<strong>si</strong>ma, ben registrata<br />

nelle tre parti che il copione le assegna. Joseph de Luza, oltre ad una clas<strong>si</strong>ca figurazione da<br />

balletto («il giocattolo» ad<strong>di</strong>rittura!) ha modo <strong>di</strong> brillare nei panni d’un giovane principe<br />

orientale. <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, autentica rivelazione dello spettacolo, ha spadroneggiato nei<br />

panni della Mina, a volte racchia a volte vamp a seconda della moda e delle operazioni <strong>di</strong><br />

plastica <strong>non</strong> soltanto facciale. Nando Greco, Franco Guendalini, Sandro Pellegrini, Mas<strong>si</strong>mo<br />

Pietrobon, Angelo Zanoli <strong>si</strong> sono moltiplicati nelle altre parti (per<strong>si</strong>no 9 ciascuno, secondo la<br />

moda della rivista!), e nelle spiritose coreografie loro assegnate dalla Arnova e dalla mu<strong>si</strong>ca<br />

<strong>di</strong> Fiorenzo Carpi.<br />

Come abbiamo detto lo spettacolo ha ottenuto un notevole successo: <strong>non</strong> ci sentiamo in<br />

verità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssentire profondamente dal pubblico, anche se cre<strong>di</strong>amo che spesso come <strong>di</strong>ce il<br />

proverbio <strong>non</strong> è tutt’oro quello che riluce. Le scene <strong>di</strong> Duilio Donati (su idea <strong>di</strong> Coltellacci)<br />

hanno un che <strong>di</strong> essenziale, che s’adatta al tipo dello spettacolo: buoni i costumi. Si replica.<br />

G. B., “Lina e il cavaliere” al Valle, <strong>«Il</strong> Secolo d’Italia», 18 gennaio 1958.<br />

“Lina e il cavaliere” alla Pergola - La brutta… bellis<strong>si</strong>ma<br />

Nella comme<strong>di</strong>a mu<strong>si</strong>cale «Lina e il cavaliere», che la compagnia <strong>di</strong> Franca Valeri e Vittorio<br />

Caprioli recita in questi giorni al Teatro della Pergola, c’è un personaggio molteplice: ragazza<br />

<strong>di</strong>messa e bruttina, maggiorata fi<strong>si</strong>ca con venature <strong>di</strong> i<strong>di</strong>ozia, donna sofisticata, serva<br />

meri<strong>di</strong>onale. La brutta e la bellis<strong>si</strong>ma, l’elegante e la cretina (sulla scena, è ovvio) è <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>, nata a Sesto Fiorentino, 23 anni a luglio, cugina <strong>di</strong> quel Fosco che fu un «bel<br />

tenebroso» del cinema italiano dell’anteguerra. (…)<br />

P. M., La brutta… bellis<strong>si</strong>ma, «Paese Sera», 8 – 9 marzo 1958.<br />

Ancora un dramma familiare<br />

“Veglia la mia casa, angelo” <strong>di</strong> Thomas Wolfe e Ketty Frings<br />

(…) Ambiente <strong>di</strong>sper<strong>si</strong>vo e opprimente quello della famiglia Gant, dove ogni intimità <strong>di</strong> vita<br />

domestica è sacrificata alla convivenza con gli ospiti della Pen<strong>si</strong>one Dixieland tenuta da Eliza<br />

Gant, una donna autoritaria e incompren<strong>si</strong>va sempre rivolta a combinare affari vantaggio<strong>si</strong><br />

per l’avvenire economico della famiglia. (…)<br />

Sfrutta la figlia Helen, benché già maritata, servendosene come d’una domestica nel<br />

mandare avanti la pen<strong>si</strong>one. (…)<br />

Ma Luchino Visconti è artista d’una intelligenza e d’una sen<strong>si</strong>bilità alle quali <strong>non</strong> sfugge mai il<br />

motivo profondo d’un testo; e, pur avendo badato a rendere l’atmosfera confu<strong>si</strong>onaria e<br />

opprimente della vita della pen<strong>si</strong>one, la sua regia ha mirato fin da principio a farvi avvertire il<br />

sottinteso <strong>di</strong> quel conflitto, graduandone le rivelazioni, così che esso esplode con tanto<br />

maggior forza nel commovente finale. (…)<br />

Degli altri interpreti dovremo limitarci a ricordare Adriana Asti (Laura), Mario Valdemarin<br />

(Ben), Annibale Ninchi (Gant), <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Helen), Elvira Cortese (Fatty); ma tanti altri<br />

meriterebbero d’essere segnalati perché, come sempre nelle regie <strong>di</strong> Visconti, s’è trattato<br />

d’uno spettacolo omogeneo ed equilibrato, in cui tutti hanno recitato con un accento <strong>di</strong><br />

115


umana verità, come vero era il linguaggio nella ottima traduzione <strong>di</strong> Suso Cecchi, e<br />

pittorescamente vera la scena <strong>di</strong> Mario Garbuglia.<br />

Ancora un dramma familiare, a cura della redazione, «Sipario», n. 151, novembre 1958, p.<br />

23.<br />

“Veglia la mia casa, angelo” <strong>di</strong> Ketty Frings al Teatro Quirino<br />

(…) Luchino Visconti ha mosso con la consueta perizia un folto gruppo <strong>di</strong> interpreti, circa una<br />

ventina, via via animandoli sullo sfondo delle scene veristiche <strong>di</strong> Mario Garbuglia. Ed ha<br />

ottenuto effetti eccellenti in ognuno dei cinque quadri della comme<strong>di</strong>a. Ma talvolta la parola<br />

<strong>di</strong> questo o quell’interprete è sembrata appesantita da un eccesso <strong>di</strong> intenzioni delle quali a<br />

parer nostro il testo della Frings <strong>non</strong> <strong>si</strong> giova. Cre<strong>di</strong>amo cioè che gli <strong>si</strong> ad<strong>di</strong>ca una recitazione<br />

più spe<strong>di</strong>ta. L’atto ascoltato con maggior ade<strong>si</strong>one è stato infatti il secondo, che è anche il<br />

più <strong>di</strong>retto. Allestito con impegno eccezionale, allo spettacolo hanno dato vali<strong>di</strong>s<strong>si</strong>mo apporto<br />

Lilla Brig<strong>non</strong>e, che durante il terzo atto ha con grande bravura rivelato qua<strong>si</strong> all’improvviso il<br />

sentimento doloroso <strong>di</strong> Elisa; Annibale Ninchi, che fa del vecchio Gant un ribelle pieno <strong>di</strong><br />

saggezza, <strong>di</strong>sposto a compiacer<strong>si</strong>, quando occorra, dei propri momenti retorici; Corrado Pani,<br />

che è Eugenio ed esprime con bella evidenza la insofferenza generosa <strong>di</strong> un giovane <strong>di</strong> cui<br />

sarebbe facile snaturare i tratti con movimenti isterici; Adriana Asti, che è una Laura ideale;<br />

Lia Angeleri, la quale ha <strong>di</strong>segnato con forte rilievo la figura della equivoca <strong>si</strong>gnora Elizabeth;<br />

e <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, che è la giovane Helen, altra figlia sacrificata da Elisa. Tra gli altri, tutti<br />

encomiabili, <strong>si</strong> ricordano Mario Valdemarin, Elvira Cortese, Annamaria Bottini, Tina Bianchi,<br />

Giovanni Materas<strong>si</strong>, Giuseppe Chinnici, Gianni Garcovich, Ada Vaschetti e Serena Bassano.<br />

Applau<strong>si</strong> a scena aperta e alla fine <strong>di</strong> ogni quadro. Dopo l’ultimo, gli attori e il regista, sono<br />

stati calorosamente evocati più volte al proscenio.<br />

Raul Ra<strong>di</strong>ce, “Veglia la mia casa, angelo” <strong>di</strong> Ketty Frings al Teatro Quirino, <strong>«Il</strong> Giornale<br />

d’Italia», 12 ottobre 1958.<br />

“Veglia la mia casa, angelo” al Quirino.<br />

(…) Tra gli altri interpreti ricor<strong>di</strong>amo <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, piuttosto vera nella parte della figlia.<br />

(…) Di un gusto minuto e preciso le scene <strong>di</strong> Mario Garbuglia facevano America quanto le<br />

canzoni <strong>di</strong> Nino Rota. Quattro applau<strong>si</strong> a scena aperta, molte chiamate alla fine agli interpreti<br />

ed al regista.<br />

Giorgio Prosperi, “Veglia la mia casa, angelo” al Quirino, <strong>«Il</strong> Tempo», 12 ottobre 1958.<br />

“Le ragazze bruciate ver<strong>di</strong>”<br />

(…) Il regista Daniele D’Anza ha realizzato uno spettacolo agile e spesso mordente,<br />

adeguato nell’in<strong>si</strong>eme alle intenzioni dell’autore. Gabriella Andreini e <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> hanno,<br />

con <strong>di</strong>verso timbro ma con eguale penetrazione, dato vivo risalto agli sconcertanti<br />

116


personaggi <strong>di</strong> Marcella e Na<strong>di</strong>a; Renzo Giovampietro era un giornalista calibrato ed esatto,<br />

Carlo D’Angelo ha <strong>di</strong>segnato con sofferta partecipazione la figura del padre suicida. (…)<br />

Aggeo Savioli, “Le ragazze bruciate ver<strong>di</strong>”, «L’Unità», 30 gennaio 1959.<br />

Cronaca, avanguar<strong>di</strong>a e telefoni bianchi<br />

“Le ragazze bruciate ver<strong>di</strong>” <strong>di</strong> Gian Paolo Callegari<br />

E’noto, per esser<strong>si</strong> molto parlato dei succes<strong>si</strong> riportati all’estero dalle Ragazze bruciate ver<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Gian Paolo Callegari la cui rappresentazione era stata finora ostacolata in Italia, che le<br />

ragioni della perples<strong>si</strong>tà della censura vertevano sul realismo della comme<strong>di</strong>a che avrebbe<br />

tratto ispirazione da un clamoroso scandalo sopito sotto le ceneri d’un recente processo, ma<br />

tuttora vivo nella coscienza degli italiani per i suoi <strong>non</strong> tramontati aspetti morali e politici.<br />

(…)<br />

Nel rappresentare questa comme<strong>di</strong>a con una piena aderenza alla verità del suo linguaggio e<br />

con un perfetto equilibrio <strong>di</strong> effetti che dà il senso della realtà alla finzione scenica, Daniele<br />

D’Anza ha superato assai valorosamente la sua più <strong>di</strong>fficile prova <strong>di</strong> regista. Felice è risultata<br />

la scelta degli interpreti, per cui ogni personaggio è stato reso con una bravura che<br />

meriterebbe una lode particolare, se lo spazio <strong>non</strong> costringesse ad un rapido elenco: Carlo<br />

D’Angelo (il padre <strong>di</strong> Marcella), Lola Braccini (la madre <strong>di</strong> Edda), Lia Zoppelli (la tenutrice<br />

della casa <strong>di</strong> appuntamenti), <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Na<strong>di</strong>a), Gabriella Andreini (Marcella), Mino<br />

Cundari (il suo fidanzato), Michele Malaspina (l’industriale milanese), Renzo Giovampietro (il<br />

giornalista), Silvano Tranquilli (il commissario), Teresa Ronchi (la cameriera).<br />

Il successo della comme<strong>di</strong>a s’è delineato fin dal primo atto, che ha avuto sei o sette<br />

chiamate. Dopo il secondo le chiamate sono state una decina. Alla fine del lavoro gli applau<strong>si</strong><br />

sono andati crescendo d’inten<strong>si</strong>tà, e l’autore è stato chiamato con gli interpreti moltis<strong>si</strong>me<br />

volte alla ribalta.<br />

Cronaca, avanguar<strong>di</strong>a e telefoni bianchi, Lo spettatore, a cura della redazione, «Sipario», n.<br />

155, marzo 1959, p. 23.<br />

“Portava la maschera” <strong>di</strong> Alessandro De Stefani<br />

(…)<br />

Vi <strong>si</strong> tratta infatti del sogno avventuro<strong>si</strong>s<strong>si</strong>mo fatto da una moglie, addormentata<strong>si</strong> per brevi<br />

istanti mentre aiutava il marito paleontologo a compilare un saggio molto importante sulla<br />

sua materia. Impres<strong>si</strong>oni della giornata trascorsa, gelo<strong>si</strong>e latenti, dubbi sull’egoismo del<br />

marito, personali peccati <strong>di</strong> pen<strong>si</strong>ero, confluiscono in questo sogno che dai meandri della<br />

p<strong>si</strong>canali<strong>si</strong> sbocca nella pura irrazionalità.<br />

Dal mondo efficace con cui ha reso l’atmosfera del sogno, giuocando abilmente con le luci e<br />

servendo<strong>si</strong> del megafono per dare alle voci e ai rumori risonanze esagerate, s’è capito che la<br />

regia <strong>di</strong> Giorgio Ban<strong>di</strong>ni avrebbe potuto far meglio sentire la propria presenza se il contenuto<br />

della comme<strong>di</strong>a fosse stato meno arbitrario. E c’è voluta l’esperta bravura <strong>di</strong> Carlo D’Angelo<br />

e Lia Zoppelli per far sembrare esseri umani dei personaggi incon<strong>si</strong>stenti come quelli dei due<br />

coniugi.<br />

117


Le altre parvenze del sogno hanno avuto buoni interpreti in <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Renzo<br />

Giovampietro, Michele Malaspina, Mico Cundari. La comme<strong>di</strong>a è stata applau<strong>di</strong>ta dopo i primi<br />

due atti, e più brevemente alla fine.<br />

Arnaldo Fratelli, Portava la maschera, «Sipario», n.156, aprile 1959, p. 18.<br />

In attesa dei gros<strong>si</strong> spettacoli<br />

“Gog e Magog” <strong>di</strong> Gabriel Arout<br />

(…) In realtà Gog e Magog è soltanto l’esclamazione d’un personaggio della comme<strong>di</strong>a<br />

buttata là a mò <strong>di</strong> scongiuro, e il protagonista Giuliano è un essere mite e timido che, per<br />

esser<strong>si</strong> sempre mostrato gentile e remis<strong>si</strong>vo, i parenti giu<strong>di</strong>cano un incapace e ostacolano in<br />

ogni modo le sue attitu<strong>di</strong>ni artistiche. La suocera lo <strong>di</strong>sprezza e tiranneggia; lo zio, che suo<br />

padre ha lasciato morendo amministratore della <strong>di</strong>tta e<strong>di</strong>trice, gli le<strong>si</strong>na il denaro; solo la<br />

moglie lo ama e l’incoraggia ma inutilmente, <strong>non</strong> credendo neppure Giuliano nelle proprie<br />

pos<strong>si</strong>bilità schiacciato com’è dall’opinione che gli altri <strong>si</strong> sono fatti <strong>di</strong> lui. Quand’ecco che un<br />

doppione <strong>di</strong> Giuliano, identico a lui nel fi<strong>si</strong>co ma del tutto <strong>di</strong>verso nel morale che è invece<br />

audace e spiritoso, comincia ad inserir<strong>si</strong> nelle sue azioni presentando<strong>si</strong> a suo nome allo zio<br />

cui riesce a spillare parecchi quattrini, prendendo il suo posto in un concerto <strong>di</strong> pianoforte<br />

dove ottiene un grande successo,e andando perfino a letto con sua moglie <strong>di</strong> cui, con la<br />

novità degli amples<strong>si</strong>, rinfocola l’amore. Chi è questo so<strong>si</strong>a? (…)<br />

Ugo Tognazzi è entrato con tanta <strong>di</strong>screzione nel personaggio del protagonista, ne ha<br />

<strong>di</strong>segnato lo sdoppiamento con mano così leggera e qua<strong>si</strong> timida, da dar l’impres<strong>si</strong>one che<br />

egli <strong>si</strong> <strong>di</strong>fendesse con una recitazione scolorita dal sospetto <strong>di</strong> voler portare sulla scena <strong>di</strong><br />

prosa le forzature comiche dell’attore <strong>di</strong> rivista. (…)<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (la moglie), Antonella Steni (la suocera), Mico Cundari (l’Ispettore), col<br />

Severini e il Carloni, hanno contribuito al successo dello spettacolo che ha procurato<br />

numerose chiamate a Tognazzi e ai suoi collaboratori.<br />

“Gog e Magog” <strong>di</strong> Gabriel Arout, In attesa dei gros<strong>si</strong> spettacoli, Lo spettatore, a cura della<br />

redazione, «Sipario», n. 175, novembre 1960, p. 29.<br />

Una regia impeccabile e un Lionello in gran forma per <strong>non</strong> parlare dell’autore<br />

“Uomo e Superuomo” <strong>di</strong> G.B.Shaw<br />

In Uomo e Superuomo, comme<strong>di</strong>a rappresentata in modo eccellente al Teatro Stabile <strong>di</strong><br />

Genova, troviamo la <strong>di</strong>scus<strong>si</strong>one sul pre<strong>di</strong>letto tema evoluzionistico, il superuomo come<br />

prodotto, motore e guida della Forza Vitale della quale la donna è soltanto la parte<br />

ostinatamente riproduttiva, e la rappresentazione del mito <strong>di</strong> Don Giovanni portato ai nostri<br />

tempi (la comme<strong>di</strong>a è del 1903) e, naturalmente, capovolto nel personaggio <strong>di</strong> John Tanner<br />

catturato dalla donna malgrado le sue continue fughe. (…)<br />

118


Lo spettacolo <strong>di</strong>retto da Luigi Squarzina è eccellente. Il <strong>di</strong>fficile equilibrio della recitazione del<br />

quadro scenico (scene e costumi <strong>di</strong> P.L.Pizzi, molto belli), tentato dalla ricostruzione<br />

d’ambiente e dalla <strong>di</strong>mostrazione concettuale, è stato raggiunto felicemente <strong>non</strong> rinunciando<br />

alle due facce della comme<strong>di</strong>a che hanno così attenuato l’una nell’altra i legami limitativi del<br />

tempo. (…)<br />

Alberto Lionello, interprete <strong>di</strong> un personaggio del tutto nuovo per lui, ha superata una<br />

<strong>di</strong>fficile prova. (…) Con lui hanno raggiunto ottimi risultati <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Paola Man<strong>non</strong>i, il<br />

finis<strong>si</strong>mo Giancarlo Dettori, il concreto Carlo Hinermann, Carlo Cataneo, Nico Pepe, Gino<br />

Bardellini, Eros Pagni.<br />

Roberto Rebora, Una regia impeccabile e un Lionello in gran forma per <strong>non</strong> parlare<br />

dell’autore, «Sipario», n. 180, aprile 1961, pp. 28-29.<br />

La pistola puntata <strong>di</strong> Ui<br />

“La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui” <strong>di</strong> Bertolt Brecht<br />

(…) Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o ha <strong>di</strong>retto un interessante e degno spettacolo.<br />

L’unica riserva che <strong>si</strong> potrebbe fare riguarda la <strong>non</strong> totale fiducia nei toni volutamente<br />

farseschi. Ciò avrebbe forse permesso una drammaticità scenica meno affidata alle azioni e<br />

maggiormente ai <strong>si</strong>gnificati.<br />

Ma all’infuori <strong>di</strong> ciò la fermezza e la coerenza dello spettacolo, nelle bellis<strong>si</strong>me scene <strong>di</strong><br />

Mischa Scandella, sono state continue e la costruzione della parabola del tutto persua<strong>si</strong>va.<br />

Franco Parenti ha dato ad Arturo Ui <strong>di</strong>men<strong>si</strong>oni drammatiche assai controllate, efficacis<strong>si</strong>me<br />

soprattutto nelle manifestazioni dell’isterismo e della follia <strong>di</strong> Ui.<br />

Con lui sono stati molto applau<strong>di</strong>ti i bravi Vittorio Sanipoli, Andrea Matteuzzi, Mimmo Craig,<br />

Giulio Oppi, Stefano Svevo, Gianni Mante<strong>si</strong>, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Adriana Asti, Giovanna Pellizzi.<br />

Perfetto nella breve scena dell’attore Mahony è stato Sergio Tofano.<br />

Roberto Rebora, La pistola puntata <strong>di</strong> Ui, “La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui”, «Sipario», n.<br />

186, ottobre 1961, pp. 13-14.<br />

“La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui” <strong>di</strong> Brecht<br />

(…) Nella parabola <strong>di</strong> Ui, Brecht <strong>si</strong> lancia in una satira violenta contro Hitler, schernendone<br />

l’ascesa al potere, denunciando le forze sociali che gli hanno facilitato quella ascesa che<br />

altrimenti sarebbe stata re<strong>si</strong>stibile, cioè arrestabile, e avvertendo che sono ancora fecon<strong>di</strong><br />

quegli interes<strong>si</strong> <strong>di</strong> gruppo che hanno favorito la follia del <strong>di</strong>ttatore e le sue gesta criminali<br />

sulle quali grava il peso <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> morti. Il <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Brecht ha i limiti posti dalla<br />

propaganda e <strong>si</strong> deve al suo talento se, a tratti, balza fuori la zampata potente. Oltre la<br />

satira a Hitler, dunque, la condanna della borghe<strong>si</strong>a industriale camuffata, qui, nel trust dei<br />

Cavolfiori così come il <strong>di</strong>ttatore è presentato col nome <strong>di</strong> Arturo Ui e sotto l’aspetto <strong>di</strong> un<br />

capo-gangster <strong>di</strong> una Chicago <strong>di</strong> fanta<strong>si</strong>a. (…)<br />

119


Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o ha messo in scena il lavoro con espres<strong>si</strong>ve scene <strong>di</strong> Scandella e con<br />

molta bravura superando felicemente le molteplici <strong>di</strong>fficoltà tecniche e manovrando con<br />

suggestivi effetti la quarantina <strong>di</strong> personaggi che nel lavoro figurano. Li ha fatti recitare tutti<br />

con i toni giusti. Ha dato a Franco Parenti, che va maturando<strong>si</strong>, alle prese con una parte né<br />

facile né gradevole, una vitalità isterica e frenetica che l’attore ha reso, imitando i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Hitler. Bravis<strong>si</strong>mi Sergio Tofano, che ha <strong>di</strong>segnato un guitto mirabile, Giulio Oppi un<br />

Hindenburg somigliante e drammatico, Vittorio Sanipoli un Roma (Rohm) scolpito (ogni volta<br />

il Sanipoli dà saggi encomiabili), Andrea Matteuzzi un Gobbola perfetto. Di <strong>si</strong>nceri impeti<br />

Adriana Asti, e fortemente drammatica <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> Duane nelle gramaglie della vedova<br />

<strong>di</strong> Dollfuss. Successo caloroso.<br />

Eligio Possenti, “La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui” <strong>di</strong> Brecht, in 10 anni <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> (cronache<br />

drammatiche) <strong>di</strong> Eligio Possenti, E<strong>di</strong>tore Nuova Accademia, Milano 1964, pp. 341-343.<br />

“La cameriera brillante” <strong>di</strong> Carlo Goldoni<br />

La cameriera brillante pur essendo tra le comme<strong>di</strong>e minori <strong>di</strong> Goldoni trascurate nelle<br />

raccolte e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile a leggere prima della pubblicazione dell’”Opera omnia” goldoniana<br />

fatta dal Mondadori, era già stata riesumata un<strong>di</strong>ci anni fa dalla compagnia dell’Ateneo <strong>di</strong><br />

Roma con Cesarina Gheral<strong>di</strong> nella parte <strong>di</strong> Argentina e Antonio Gandu<strong>si</strong>o in quella <strong>di</strong><br />

Pantalone; e l’idea <strong>di</strong> ridar aria alle vecchie furberie <strong>di</strong> Argentina era stata ripresa sei anni fa<br />

fa Cesco Baseggio, che <strong>di</strong>sponeva allora delle grazie della Vazzoler per la parte della<br />

protagonista e del brio <strong>di</strong> Marcello Moretti per la maschera <strong>di</strong> Traccagnino.<br />

Scritta da Goldoni nella piena maturità, dopo la gran fatica delle se<strong>di</strong>ci comme<strong>di</strong>e nuove e<br />

dopo che la riforma da lui operata del <strong>teatro</strong> aveva già dato capolavori <strong>di</strong> carattere e<br />

d’ambiente come La locan<strong>di</strong>era e Le donne curiose, questa Cameriera brillante segnò un<br />

passo in<strong>di</strong>etro nel cammino goldoniano, un ritorno alle forme della comme<strong>di</strong>a dell’arte con<br />

l’intreccio tra<strong>di</strong>zionale, con le maschere e i loro lazzi, coi personaggi a tipo fisso cui sfugge<br />

soltanto un Florindo <strong>non</strong> sospiroso, ma rustico e forastico. Per Goldoni La cameriera brillante<br />

dovette essere una parente<strong>si</strong> svagata, uno spasso che <strong>si</strong> prese in un periodo burrascoso<br />

della sua vita <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>ografo, quando la fortunata concorrenza del Chiari lo costrinse a<br />

scimmiottare i drammi orientali per rifar<strong>si</strong> un pubblico. Eppure, anche in questa comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

ripiego, molto vicina ai canovacci rimes<strong>si</strong> all’arbitrio degli attori che li nutrivano dei loro<br />

“soggetti”, <strong>si</strong> avverte l’unghia del leone; e <strong>non</strong> tanto nel <strong>di</strong>segno della protagonista, <strong>non</strong><br />

<strong>di</strong>s<strong>si</strong>mile nelle furberie dalla servetta, quanto nella trovata <strong>di</strong> Argentina <strong>di</strong> far recitare al<br />

vecchio padrone, alle due padroncine e ai loro amoro<strong>si</strong>, una comme<strong>di</strong>ola ideata da lei<br />

assegnando agli attori improvvisati delle parti contrarie ai loro caratteri. Far del <strong>teatro</strong> nel<br />

<strong>teatro</strong> <strong>non</strong> era un’idea nuova, e bastava ricordare le recite nelle recite dei drammi<br />

scespiriani; ma era originale quell’idea del servir<strong>si</strong> della recita per mettere i personaggi alle<br />

prese coi propri <strong>di</strong>fetti. Fu lo stesso Goldoni a rilevare tale aspetto <strong>di</strong> novità nella prefazione<br />

alla comme<strong>di</strong>a, dove scrisse che: “<strong>non</strong> è nuova l’invenzione che in villeggiatura <strong>si</strong> reciti una<br />

comme<strong>di</strong>a; ma è pen<strong>si</strong>er novis<strong>si</strong>mo dare a ciascheduno dei personaggi un po<strong>si</strong>tivo carattere,<br />

e far sì che nella finta rappresentazione <strong>si</strong>ano forzati a sostenerne uno contrario, ed abbiano<br />

della ripugnanza a <strong>di</strong>r cose contrarie al loro <strong>si</strong>stema, ancorchè apparentemente stu<strong>di</strong>ate”.<br />

120


L’affinità della Cameriera brillante con la comme<strong>di</strong>a dell’arte, <strong>di</strong> cui depone l’abito farsesco<br />

soltanto nel bel terzo atto più elevato nel tono dell’invenzione e nella qualità del <strong>di</strong>alogo, è<br />

stata accortamente sottolineata dalla regia <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o, che ha dato <strong>di</strong> propo<strong>si</strong>to<br />

un carattere popolare alla tumultuosa gaiezza dei primi due atti puntando sugli effetti del<br />

brio e della comicità degli attori bravis<strong>si</strong>mi che aveva a sua <strong>di</strong>spo<strong>si</strong>zione. Sergio Tofano nelle<br />

vesti d’un Pantalone <strong>di</strong> gran stile, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in quelle <strong>di</strong> un’Argentina spiritosa, Franco<br />

Parenti e Checco Rissone nelle maschere <strong>di</strong> Brighella e Traccagnino, Giovanna Pellizzi e<br />

Adriana Asti nelle parti delle due sorelle litigiose, Mimmo Craig e Renzo Giovampietro in<br />

quelle <strong>di</strong> Ottavio e <strong>di</strong> Florindo, hanno formato un complesso estremamente gradevole per<br />

vivacità e fu<strong>si</strong>one.<br />

Arnaldo Fratelli, La cameriera brillante, «Sipario», n. 187, novembre 1961, p. 24.<br />

“La Moscheta” <strong>di</strong> Ruzzante<br />

(…) La nuova e<strong>di</strong>zione della Moscheta è molto bella. Nella pesante scena <strong>di</strong> Scandella,<br />

giustamente pesante come la sorvegliata parlata dei personaggi, la vicenda <strong>di</strong> quel povero<br />

essere che è Ruzzante <strong>di</strong> fronte alla bella moglie e ai suoi amanti <strong>si</strong> svolge con una misura<br />

stilistica ineccepibile. Soltanto il bravis<strong>si</strong>mo Parenti ha dato a Ruzzante qualcosa in più del<br />

necessario. Cioè la volontà e la determinazione, che a tratti sono risultate evidenti, hanno<br />

reso il personaggio uomo forte, il che è contrario alla sua realtà. Ma al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> questa<br />

osservazione Parenti <strong>non</strong> è che da elogiare nel suo continuo progre<strong>di</strong>re. Con lui sono stati<br />

applau<strong>di</strong>tis<strong>si</strong>mi il <strong>di</strong>vertentis<strong>si</strong>mo Espo<strong>si</strong>to, l’impetuosa <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, il sorprendente<br />

Zernitz, e il <strong>si</strong>mpaticis<strong>si</strong>mo Cavalieri.<br />

Alcuni ottimi spettacoli vecchi e nuovi, a cura della redazione, «Sipario», n.188, <strong>di</strong>cembre<br />

1961, p. 118.<br />

“Don Giovanni involontario” <strong>di</strong> Vitaliano Brancati<br />

Il Don Giovanni involontario, riproposto al nostro pubblico dal Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino, è una<br />

comme<strong>di</strong>a tristis<strong>si</strong>ma. (…)<br />

Il don Giovanni <strong>di</strong> Brancati <strong>non</strong> ha ostacoli <strong>di</strong> fronte a sé, e tanto meno <strong>non</strong> incontra nulla<br />

che abbia una lontana somiglianza con il richiamo della coscienza. Non <strong>si</strong> accorge <strong>di</strong> nulla,<br />

tranne che della propria noia, ma segretamente <strong>si</strong> compiace <strong>di</strong> una <strong>si</strong>tuazione che in qualche<br />

modo lo fa sembrare un protagonista. Di ciò che ha attorno, cioè dei valori che in qualche<br />

modo potrebbero fargli pensare al bene e al male, <strong>non</strong> sembra accorger<strong>si</strong>. L’Inferno e il<br />

Para<strong>di</strong>so sognati nell’ultimo atto (con il giu<strong>di</strong>zio dei suoi peccati che risultano ine<strong>si</strong>stenti,<br />

nemmeno un peccatore vero è stato, e con il para<strong>di</strong>so al quale è destinato perché chi ha<br />

sofferto nella vita è stato lui e <strong>non</strong> le donne che lui crede <strong>di</strong> aver fatto soffrire) sembrano<br />

appartenere alla capacità del personaggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire tutte le cose, anche i valori che<br />

121


preparano la morte e che sotto molti aspetti la con<strong>di</strong>zionano. Qui il moralista Brancati, nei<br />

suoi mo<strong>di</strong> umoristici e veloci, è infles<strong>si</strong>bile. Anche nell’evidente <strong>di</strong>vertimento della scena (ma<br />

quanti <strong>si</strong>gnificati <strong>può</strong> assumere la parola <strong>di</strong>vertimento che sembra avere una <strong>di</strong>men<strong>si</strong>one<br />

unica) <strong>non</strong> c’è la pos<strong>si</strong>bilità <strong>di</strong> gioco <strong>di</strong> cui nei due atti precedenti a tratti <strong>si</strong> <strong>può</strong> avere il<br />

sospetto. Il <strong>di</strong>sfacimento del protagonista è completo. Il processo al peccatore trova un<br />

pover’uomo che ha sofferto soprattutto per miseria morale (rivalutiamo una buona volta la<br />

parola che <strong>si</strong>amo troppo abituati ad unire a pas<strong>si</strong>vità), e la sua entrata in para<strong>di</strong>so dove la<br />

madre, meccanicamente madre, ha pregato per lui, <strong>di</strong>venta il coronamento più incolore e<br />

squallido <strong>di</strong> una vita totalmente conformistica. Il para<strong>di</strong>so come una casa <strong>di</strong> ricovero.<br />

La bella comme<strong>di</strong>a, che <strong>si</strong> crea sulle <strong>si</strong>llabe, è stata presentata in un’e<strong>di</strong>zione variamente<br />

giu<strong>di</strong>cabile. Mi è sembrato che questa volta il regista Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o <strong>non</strong> abbia trovato<br />

che a tratti la unitarietà dei toni della rappresentazione. L’umorismo della bellis<strong>si</strong>ma prima<br />

scena è andato in parte perduto perché – mi è sembrato – gli attori <strong>non</strong> <strong>si</strong> sono trovati fra<br />

loro. Peccato veramente, perché <strong>si</strong> tratta <strong>di</strong> una scena d’importanza capitale per la<br />

compren<strong>si</strong>one <strong>di</strong> tutto il resto. Anche certe lentezze, certo pausare, mi sono sembrati<br />

danno<strong>si</strong>. E l’ecces<strong>si</strong>vo macchiettiamo <strong>di</strong> alcuni personaggi. Il sarcasmo della comme<strong>di</strong>a<br />

dovrebbe risultare prevalentemente dalla sua serietà. Ma la rappresentazione <strong>si</strong> è svolta in<br />

crescendo, fino a darci un equilibratis<strong>si</strong>mo terzo atto.<br />

Nella bella e intelligente scena <strong>di</strong> Emanuele Luzzati (suoi anche i costumi) il protagonista<br />

Renzo Giovampietro ha dato un’altra prova delle sue attuali capacità. E’ uscito gradatamente<br />

dal poco or<strong>di</strong>ne iniziale e <strong>si</strong> è affermato lungo la rappresentazione con stile sorvegliatis<strong>si</strong>mo<br />

e bella autorità. Con lui sono da ricordare il bravo Franco Parenti, comico e patetico nella<br />

parte <strong>di</strong> Rosario Zappulla, giovane che <strong>non</strong> riesce con le donne; <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, che deve<br />

stare attenta a <strong>non</strong> ripetere troppo lo stesso personaggio; Cecilia Sacchi, al suo debutto, e<br />

dobbiamo accogliere con piacere la sua prova totalmente po<strong>si</strong>tiva; la brava Giovanna Pellizzi,<br />

Isabella Riva così comunicativa, Annamaria Bottini, Cristiano Cen<strong>si</strong>, Giulio Oppi, Mimmo<br />

Craig, Carla Parmeggiani.<br />

Roberto Rebora, Don Giovanni involontario, «Sipario», n. 189, gennaio 1962, pp. 16-17.<br />

“L’Ufficiale reclutatore” <strong>di</strong> George Farquhar<br />

(…) La vicenda dell’Ufficiale reclutatore è tenue e tutt’altro che peregrina: i ca<strong>si</strong> amoro<strong>si</strong> con<br />

i consueti <strong>di</strong>spetti, equivoci e travestimenti valgono a creare un arioso bozzetto <strong>di</strong> mondo<br />

conta<strong>di</strong>no, tra il provinciale e il rusticano, con caratteri <strong>di</strong> ribalderia e <strong>di</strong> sanguigno colore<br />

locale che fanno venire in mente la tra<strong>di</strong>zione italiana, <strong>non</strong> solo i comici dell’arte, ma i più<br />

acri Plauto e Ruzante. (…)<br />

Nel proporre sulla scena questa complessa vi<strong>si</strong>one del mondo la regia <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o<br />

e Franco Parenti ha scelto una soluzione <strong>di</strong> compromesso. (…)<br />

Il compromesso, poi, ha messo gli attori <strong>di</strong> fronte a grosse <strong>di</strong>fficoltà e <strong>non</strong> tutti sono stati<br />

sempre all’altezza della <strong>si</strong>tuazione che li voleva, secondo l’occa<strong>si</strong>one, calati nel personaggio<br />

oppure in una po<strong>si</strong>zione critica. Se Giulio Oppi, Osvaldo Ruggieri e Mimmo Craig (finalmente<br />

in una parte a lui congeniale <strong>di</strong> “Miles gloriosus”) hanno fatto tutto molto bene e con agilità,<br />

Franco Parenti poteva essere più in<strong>si</strong>nuante e meno caricaturale, Carla Gravina <strong>si</strong> è<br />

122


<strong>di</strong>mostrata, per quanto piena <strong>di</strong> buona volontà, ancora acerba, e <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> ha avuto<br />

risultati un po’ monocor<strong>di</strong>.<br />

Guido Bour<strong>si</strong>er, L’Ufficiale reclutatore, «Sipario», n. 201, gennaio 1963, pp. 38-39.<br />

“Don Giovanni” secondo Brecht<br />

Il Don Giovanni <strong>di</strong> Molière, immagino, lo conoscono tutti e tutti sanno che <strong>si</strong> tratta <strong>di</strong><br />

un’opera scritta in fretta per ovviare, con la ripresa <strong>di</strong> un tema alla moda, a un’improvvisa<br />

carenza <strong>di</strong> repertorio determinata dalla proibizione <strong>di</strong> Tartuffe, e <strong>di</strong> un’opera maledetta come<br />

poche del repertorio clas<strong>si</strong>co: quin<strong>di</strong>ci repliche soltanto vivo l’autore e poi qua<strong>si</strong> più niente,<br />

anche in Francia, per tre secoli, <strong>si</strong>no alla famosa ripresa <strong>di</strong> Louis Jouvet del 1947. (…) In<br />

Italia è venuto a metterlo in scena lo svizzero Benno Besson, che già aveva collaborato con<br />

Brecht alla stesura del testo e che ne era stato il primo regista. Lo spettacolo accentua il<br />

carattere sostanzialmente irriverente dell’opera. Ogni personaggio viene tipicizzato in gesti e<br />

mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> parlare risolutamente caricaturali e ridotto alla <strong>di</strong>men<strong>si</strong>one unilaterale della<br />

macchietta. (…) In questo senso è una serata indubbiamente provocatoria e spesso<br />

affascinante, anche se il risultato pratico <strong>non</strong> è sempre all’altezza delle intenzioni che lo<br />

hanno originato. Va tenuto presente che questa del Teatro Stabile <strong>di</strong> Palermo è una<br />

compagnia <strong>di</strong> giovani, alcuni dei quali salvo errore alle loro prime esperienze<br />

profes<strong>si</strong>onistiche, che devono talvolta supplire con la buona volontà a un’evidente<br />

immaturità <strong>di</strong> mezzi. (…) Rimane comunque un notevole sforzo organizzativo: la compagnia,<br />

che nella sua formazione attuale è attiva solo da pochi me<strong>si</strong>, <strong>si</strong> è creata laboratori<br />

scenografici, sartoria, ecc. (tutte cose che, come i giornali hanno informato, sono andate<br />

perdute nel corso dell’incen<strong>di</strong>o che ha completamente <strong>di</strong>strutto il Teatro Bellini <strong>di</strong> Palermo<br />

mentre gli attori recitavano nel Nord) ed è riuscita a presentare come sua terza recita uno<br />

spettacolo che, anche con le insufficienze accennate, appare comunque tra i più vivi e i più<br />

insoliti <strong>di</strong> questa stagione. Tra gli interpreti hanno fatto spicco Gigi Reder, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>,<br />

Mino Bellei e soprattutto Franco Parenti.<br />

Arturo Lazzari, “Don Giovanni” secondo Brecht, «Sipario», n. 216, aprile 1964, pp. 38-39.<br />

Pretesto shakespeariano<br />

“Due gentiluomini <strong>di</strong> Verona” <strong>di</strong> Shakespeare<br />

(…) Tenuto conto del valore <strong>non</strong> ecces<strong>si</strong>vo della comme<strong>di</strong>a e delle particolari e<strong>si</strong>genze <strong>di</strong> uno<br />

spettacolo all’aperto – per sua natura portato a esteriorizzare e a puntare più sugli elementi<br />

vi<strong>si</strong>vi e sonori che sui valori della parola – i criteri adottati da De Lullo e da Guerrieri ci<br />

paiono perfettamente legittimi. (…)<br />

123


Nei momenti migliori <strong>si</strong> giunge a una particolare ver<strong>si</strong>one del meraviglioso scenico, in quelli<br />

meno ispirati <strong>si</strong> fornisce l’equivalente teatrale <strong>di</strong> un gelato per le sere estive. (…)<br />

Tra i personaggi minori la vivace <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, il pittoresco Alessandro Espo<strong>si</strong>to, il<br />

<strong>di</strong>gnitoso Mas<strong>si</strong>mo Foschi.<br />

Ettore Capriolo, Pretesto shakespeariano, «Sipario», n. 232-233, agosto-settembre 1965, p.<br />

90.<br />

Dopo Visconti<br />

“Le tre sorelle” <strong>di</strong> Anton Cechov<br />

(…) In una comme<strong>di</strong>a povera <strong>di</strong> acca<strong>di</strong>menti esteriori, ma ricca <strong>di</strong> un’atmosfera creata<br />

dall’azione interiore <strong>di</strong> molti personaggi nessuno dei quali ha una funzione <strong>di</strong> protagonista,<br />

tutti sullo stesso piano dai padroni <strong>di</strong> casa agli ospiti e ai due vecchi servitori, solo<br />

l’eccellenza d’ogni <strong>si</strong>ngolo recitante <strong>può</strong> far sì che quell’atmosfera <strong>si</strong> formi e <strong>si</strong> risolva in<br />

poe<strong>si</strong>a. Questo è avvenuto e ne va resa ampia lode a Giorgio De Lullo regista che nella<br />

scelta degli interpreti è stato avveduto e li ha guidati in modo da portarne l’in<strong>si</strong>eme a una<br />

rara perfezione. Quanto a De Lullo attore, che <strong>si</strong> era riservata la parte del fallito e<br />

tormentato Andrej, l’ha resa con una sen<strong>si</strong>bilità che, nell’irrompere della pena nascosta, gli<br />

ha guadagnato un applauso a scena aperta. Le sorelle, <strong>di</strong> cui Elsa Albani era la buona e<br />

saggia Olga, Rossella Falk l’inquieta e dolorosa Mascia, Elena Cotta la dolce e delusa Irina,<br />

hanno formato un terzetto strettamente legato nella <strong>di</strong>ver<strong>si</strong>tà dei caratteri, commovente<br />

nella sua aspirazione alla irraggiungibile Mosca. Stupendo Romolo Valli nel personaggio del<br />

colonnello Verscinin. Bella e o<strong>di</strong>osa <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> nella figura ottusa ed egoista <strong>di</strong><br />

Natascia.<br />

Arnaldo Fratelli, Dopo Visconti, «Sipario», n. 226, febbraio 1965, pp. 13-14.<br />

“Tre sorelle” all’Eliseo<br />

Un cechov troppo e<strong>di</strong>ficante<br />

Le Tre sorelle che ha messo in scena De Lullo all’Eliseo è un curioso spettacolo misto <strong>di</strong><br />

rappresentazione e perorazione, <strong>di</strong> ottimismo e pes<strong>si</strong>mismo, <strong>di</strong> tempo allegro e tempo<br />

crepuscolare, <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> atmosfera e comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> carattere, <strong>di</strong> flusso continuo e <strong>di</strong><br />

flusso interrotto, <strong>di</strong> pedanteria scenica e d’immaginazione scenografica. (…) De Lullo ha<br />

capito benis<strong>si</strong>mo che occorreva dargli un ritmo alacre e qua<strong>si</strong> marziale senza per questo<br />

togliere nulla alla malinconia degli ad<strong>di</strong>i. Ma poi su quello sfondo <strong>di</strong> suoni e <strong>di</strong> richiami<br />

ve<strong>di</strong>amo passare e ripassare l’affranto, fallitis<strong>si</strong>mo Andrej che spinge la carrozzella del figlio<br />

con una mestizia degna della più convenzionale e risaputa delle comme<strong>di</strong>e crepuscolari. (…)<br />

124


Di questi alti e bas<strong>si</strong> ha risentito la recitazione degli interpreti principali, almeno <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong><br />

es<strong>si</strong>, Valli che era Ver<strong>si</strong>nin, la Albani che faceva Olga, la <strong>Giachetti</strong> che faceva Natalja, la<br />

Cotta che era Irina, Giuffrè che era Solenyl. (…) I due interni, ma specialmente l’esterno con<br />

le betulle, immaginate da Pizzi mi sono par<strong>si</strong> tra i più belli nella pur eccellente tra<strong>di</strong>zione<br />

della nostra mes<strong>si</strong>nscena cecoviana. Assai viva la traduzione <strong>di</strong> Guerrieri.<br />

Sandro De Feo, Un Cecov troppo e<strong>di</strong>ficante, «L’Espresso», 31 gennaio 1965.<br />

La cri<strong>si</strong> del linguaggio e <strong>di</strong> una società nella felice comme<strong>di</strong>a-saggio <strong>di</strong> Alberto<br />

Moravia<br />

“Il mondo è quello che è” <strong>di</strong> Alberto Moravia<br />

(…) Il dramma lascia perples<strong>si</strong>, fa supporre più che <strong>non</strong> <strong>di</strong>ca e, quando <strong>di</strong>ce, <strong>non</strong> manca <strong>di</strong><br />

cadere nell’ovvietà contenutistica. Cioè <strong>non</strong> riesce a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> più sui contenuti che ha<br />

in<strong>di</strong>viduato e che costituiscono uno degli aspetti più allarmanti della nostra civiltà. Ma è certo<br />

che la rappresentazione ha lasciato ancor più perples<strong>si</strong> del dramma. Il tono è carico <strong>di</strong><br />

allu<strong>si</strong>vità incon<strong>si</strong>stenti, <strong>si</strong>mili ai lustrini della scena (<strong>di</strong> Riccardo Manzi) e alla e<strong>si</strong>bizione dei<br />

costumi (<strong>di</strong> Brunetta) che hanno impe<strong>di</strong>to il costruir<strong>si</strong> del paradosso moraviano. Non<br />

parliamo poi della tirata melodrammatica dell’ultima scena, forse per ottenere l’applauso (ho<br />

avuto questa impres<strong>si</strong>one) che infatti è venuto. Una regia <strong>di</strong>sper<strong>si</strong>va insomma <strong>di</strong> Gianfranco<br />

De Bo<strong>si</strong>o sotto la <strong>di</strong>rezione del quale gli attori <strong>non</strong> sono sembrati né convinti né convincenti.<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> è stata la migliore nella parte <strong>di</strong> una sgualdrinella del bel mondo.<br />

La cri<strong>si</strong> del linguaggio e <strong>di</strong> una società nella felice comme<strong>di</strong>a-saggio <strong>di</strong> Alberto Moravia, a<br />

cura della redazione, «Sipario», n. 247, novembre 1966, pp. 26-27.<br />

Aggres<strong>si</strong>vità moderna <strong>di</strong> una “libera riduzione”<br />

“Volpone” <strong>di</strong> Ben Johnson<br />

(…) Lo spettacolo (scene e costumi <strong>non</strong> particolarmente notevoli <strong>di</strong> Lorenzo Ghiglia) è, come<br />

la riduzione, ben congegnato, vivace, tocca abilmente le corde del veleno e quelle <strong>di</strong> una<br />

rabbiosa comicità. Guicciar<strong>di</strong>ni <strong>si</strong> conferma capace <strong>di</strong> guidare con polso la recitazione e gli<br />

rispondono con efficacia Franco Parenti (che ha dato con Volpone una delle sui prove più<br />

interessanti, secco, esaltato e tormentato come conveniva), Carlo Bagno (un poderoso<br />

Corbaccio), <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (in una azzeccata figura <strong>di</strong> cortigiana completamente<br />

inventata), Alfredo Bianchini, Piero Nuti e Luciano Virgilio (il cui Mosca, un po’ monocorde ha<br />

tuttavia avuto momenti <strong>di</strong> guizzante cre<strong>di</strong>bilità).<br />

Aggres<strong>si</strong>vità moderna <strong>di</strong> una “libera riduzione”, a cura della redazione, «Sipario», n. 256-<br />

257, agosto-settembre 1967, pp. 89-90.<br />

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La scelta dei contenuti<br />

“Il bagno” <strong>di</strong> Vla<strong>di</strong>mir Majakovskij<br />

Il bagno è il testamento <strong>di</strong> Majakovskij. Andato in scena meno <strong>di</strong> un mese prima del suici<strong>di</strong>o,<br />

è la riaffermazione ostinata <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> principi propugnati con fervore negli anni cal<strong>di</strong> e<br />

inebrianti seguiti all’ottobre (1930). Principi estetici: la fiducia nel <strong>teatro</strong> come mezzo per<br />

turbare sbalordendo (o sbalor<strong>di</strong>re turbando) e nei mo<strong>di</strong> dell’avanguar<strong>di</strong>a come linguaggio<br />

privilegiato della nuova arte proletaria. Principi politici: la reiterata ade<strong>si</strong>one alla rivoluzione<br />

come strumento permanente <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fica e la presa <strong>di</strong> po<strong>si</strong>zione risoluta contro coloro che<br />

tentano d’irreggimentarla. L’interesse del testo <strong>non</strong> con<strong>si</strong>ste tuttavia nelle sue affermazioni<br />

ma nella sua carica satirica devastante e impietosa. E’ <strong>si</strong>n troppo facile constatare che i<br />

personaggi po<strong>si</strong>tivi sono <strong>di</strong> una bontà, <strong>di</strong> un’onestà e <strong>di</strong> una <strong>di</strong>rittura morale e politica troppo<br />

belle per essere vere o che la donna fosforescente <strong>non</strong> riesce a darci un’immagine<br />

esteticamente e umanamente allettante dei domani che cantano. Sono figurine e<strong>di</strong>ficanti che<br />

preannunciano, certo involontariamente, i troppi eroi con l’aureola in testa del realismo<br />

socialista. Ma basta passare dall’altra parte della barricata e ogni personaggio acquista<br />

un’imme<strong>di</strong>ata corpo<strong>si</strong>tà, incidendo<strong>si</strong> vigorosamente nella memoria <strong>di</strong> chi legge o ascolta.<br />

Certo sono personaggi uni<strong>di</strong>men<strong>si</strong>onali, ma la rabbia dell’autore fa sì che per<strong>si</strong>no quelli più<br />

vicini alla macchietta appaiano in vario modo esemplari nella loro vertiginosa stupi<strong>di</strong>tà,<br />

mascherata <strong>di</strong> volta in volta da una furberia opportunistica, da uno snobismo senza fanta<strong>si</strong>a<br />

o da un servilismo strisciante. Lo spettacolo bolognese rivela chiaramente tutto ciò che<br />

poteva esserci e <strong>non</strong> c’è stato nella fase della preparazione: i mezzi finanziari insufficienti a<br />

sviluppare come sarebbe stato necessario i suggerimenti impliciti nel testo russo; il<br />

limitatis<strong>si</strong>mo periodo <strong>di</strong> prove (<strong>non</strong> più <strong>di</strong> 20 giorni); gli squilibri della <strong>di</strong>stribuzione con attori<br />

che <strong>si</strong> rendono conto <strong>di</strong> recitare un “dramma con circo e fuochi d’artificio” e altri capitati qui<br />

per sbaglio evidentemente persua<strong>si</strong> <strong>di</strong> dover animare una comme<strong>di</strong>a brillante, ecc. Tuttavia,<br />

pur entro questi limiti, <strong>non</strong> è per niente una serata da <strong>di</strong>menticare svelti svelti come ce ne<br />

sono state tante in questa stagione. Prima <strong>di</strong> tutto per il tipo <strong>di</strong> lavoro drammaturgico che<br />

c’è stato. Franco Parenti ha coraggiosamente e amorosamente rielaborato il copione per<br />

trarne uno spettacolo popolare per un pubblico d’oggi, sfrondandolo cioè delle parti più<br />

chiaramente caduche e sostituendo occa<strong>si</strong>onalmente le battute più deboli con altri ver<strong>si</strong> dello<br />

stesso Majakovskij. (…) Il momento più felice della serata è <strong>si</strong>curamente la scena della<br />

pantomima “progres<strong>si</strong>sta” con la lotta tra capitale e lavoro e trionfo finale <strong>di</strong> quest’ultimo,<br />

messa in scena dal regista della comme<strong>di</strong>a a beneficio dei burocrati che vogliono un <strong>teatro</strong><br />

ottimista e riposante. Al burocrate ottuso, tronfio, furbastro, Franco Parenti ha offerto le<br />

risorse <strong>di</strong> una recitazione comica attentis<strong>si</strong>ma a cogliere gli innumerevoli aspetti sgradevoli<br />

del personaggio e a sogghignarci sopra in ogni gesto e in ogni intonazione.<br />

Tra gli altri interpreti <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> <strong>si</strong> è misurata con molto coraggio con l’impos<strong>si</strong>bile<br />

personaggio della donna fosforescente, Andrea Matteuzzi <strong>si</strong> è ricordato delle sue numerose<br />

esperienze brechtiane, Luigi Castejon ha brillantemente schizzato una figurina <strong>di</strong> viscido<br />

opportunista, Benedetta Barzini ha trovato nel personaggio della vamp Mezal’jansova il<br />

veicolo più adatto al suo <strong>non</strong> recitare. Ricoderò infine Paolo Pozzi, Giorgio Triestini e Italo<br />

Dall’Orto.<br />

Ettore Capriolo, “Il bagno” <strong>di</strong> Vla<strong>di</strong>mir Majakovskij, La scelta dei contenuti, «Sipario», n. 264,<br />

aprile 1968, pp. 33-34.<br />

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Ritorno alla comme<strong>di</strong>a dell’arte<br />

“Socrate immaginario” <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando Galiani<br />

Singolare figura <strong>di</strong> letterato, politico, economista e poligrafo, per l’occa<strong>si</strong>one drammaturgo in<br />

questo ridanciano Socrate immaginario composto a 4 mani con Giambattista Lorenzi, l’Abate<br />

Fer<strong>di</strong>nando Galiani incorse lui pure (e s’era nel 1775) nell’i<strong>di</strong>ozia censoria che ravvisò nella<br />

comme<strong>di</strong>a e nella deliziosa caricatura del letterato Saverio Mattei infatuatis<strong>si</strong>mo <strong>di</strong> grecismo,<br />

gli estremi della denigrazione, proibendone la rappresentazione, dopo il trionfale esor<strong>di</strong>o, per<br />

6 anni. Protagonista della vicenda è don Tammaro Promontorio, un ricco pos<strong>si</strong>dente <strong>di</strong><br />

Modugno al quale la lettura dell’antica filosofia ha stravolto il cervello, facendogli credere <strong>di</strong><br />

essere un novello Socrate e informandogli ogni sua minima azione a quell’austero modello <strong>di</strong><br />

pensatore. In chi lo circonda, don Tammaro vede i vicini e gli amici <strong>di</strong> Socrate: la moglie,<br />

donna Rosa, è Santippe; Calandrino, il suo cameriere, è Simma, e lo farà bibliotecario;<br />

mastro Antonio, il barbiere, <strong>di</strong>viene un lepido, spaesato Platone. Don Tammaro, o meglio<br />

Socrate II, giunge ad<strong>di</strong>rittura a trangugiare la famosa cicuta, ma niente paura: <strong>si</strong> tratta solo<br />

<strong>di</strong> un innocuo sonnifero somministratogli dal contorno compiacente nel secondare le<br />

astruserie del bizzarro protagonista; al risveglio, don Tammaro apparirà rinsavito, pronto a<br />

dare alle due coppie innamorate la gioia <strong>di</strong> convogliare a nozze, sì da risolvere gli intrighi<br />

della burlesca comme<strong>di</strong>a nel Lieto Fine d’obbligo.<br />

Comme<strong>di</strong>a spumeggiante, dalla fanta<strong>si</strong>a fluida, dai sentimenti appena accennati, dalle<br />

avventure che <strong>si</strong> risolvono in schermaglie rapide e gentilmente equivoche, Socrate<br />

immaginario è anche il ritratto caustico e allegramente amaro <strong>di</strong> una società messa alla<br />

berlina con tutti i suoi “parrucconi”. L’abate Galiani <strong>non</strong> è, naturalmente, Molière: <strong>non</strong> ne<br />

pos<strong>si</strong>ede la tempra e la foga morale; e se <strong>si</strong> pensa che quando il Socrate vide la luce,<br />

Goldoni aveva scritto da vent’anni il Teatro comico, la satira <strong>si</strong> fa ai nostri occhi ancora più<br />

blanda e bonaria, più vicina, in definitiva, alla comicità secentesca o ai lazzi della Comme<strong>di</strong>a<br />

dell’Arte, che <strong>non</strong> alla “riforma” del Settecento. Sono in<strong>di</strong>cazioni che <strong>non</strong> rimangono<br />

dettaglio anagrafico, ma che aiutano a intendere il Socrate nella sua giusta <strong>di</strong>men<strong>si</strong>one, così<br />

come ha fatto Giovanni Poli, ( gli Zanni, L’augellin belverde), improntando il suo spettacolo al<br />

gioco colorito e buffonesco dell’”Arte”, al virtuo<strong>si</strong>smo dei comici, al loro impeto ciarlatanesco<br />

e chiassoso, al ritmo scintillante, costantemente tenuto sopra le righe: ne è uscito un<br />

<strong>di</strong>vertissement più raffinato che popolaresco, più ricco d’idee che <strong>non</strong> d’elasticità, ma<br />

egualmente fresco, in possesso d’una sua artificiosa ma aggres<strong>si</strong>va vitalità. La scena <strong>di</strong><br />

Mischa Scandella è una cornice <strong>di</strong>chiaratamente e amabilmente falsa. Il tutto curato, dal<br />

Teatro Stabile dell’Aquila, come se <strong>non</strong> <strong>si</strong> trattasse d’uno spettacolo estivo italiano: impresa,<br />

quin<strong>di</strong>, in mezzo alla criminale sciatteria mercenaria, doppiamente meritoria.<br />

In palcoscenico, uno show personale <strong>di</strong> Nino Taranto, che a 60 anni suonati ha recitato per<br />

la prima volta una comme<strong>di</strong>a in “lingua”, <strong>di</strong>segnando un don Tammaro a tutto tondo d’una<br />

misura esemplare che venava la più acuta e aperta comicità d’un che <strong>di</strong> amaro, <strong>di</strong> cinico e <strong>di</strong><br />

beffardo in<strong>si</strong>eme. Accanto a lui e al fratello Carlo (Platone), in luce <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, una<br />

squillante Donna Rosa, garbatamente ironica, Maria Grazia Sughi, briosa Emilia, Anita<br />

Laurenzi, maliziosa cameriera, e la scatenata Marina Pagano.<br />

Giorgio Polacco, “Ritorno alla comme<strong>di</strong>a dell’arte”, «Sipario», n. 268-269, agosto-settembre<br />

1968, p. 42.<br />

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“Il mercante <strong>di</strong> Venezia”<br />

Come avveniva spesso nell’Ottocento <strong>di</strong>etro l’esempio <strong>di</strong> Ernesto Ros<strong>si</strong> (primo interprete, nel<br />

1869, <strong>di</strong> Shylock), anche Mario Scaccia avrebbe potuto intitolare il suo spettacolo Shylock:<br />

ovvero il Mercante <strong>di</strong> Venezia; e infatti, uscendo dalla sala del Teatro Parioli, lo spettatore<br />

<strong>non</strong> è certo indotto a pensare che il «mercante» del titolo è in realtà Antonio, malinconica<br />

vittima dell’usura, e tanto meno che la comme<strong>di</strong>a affronta una tematica in cui <strong>si</strong> riflettono ed<br />

esprimono alcuni dei problemi intellettuali ed economici più gravi degli anni, tra il 1596 e il<br />

1598, in cui fu scritta. Quel che lo spettatore pensa è che centro e fine dell’opera <strong>si</strong>a Shylock<br />

e che il resto, personaggi e <strong>si</strong>tuazioni, <strong>si</strong>a un fondale su cui far meglio risaltare la figura,<br />

senza dubbio mirabile, <strong>di</strong> quell’ebreo <strong>di</strong> Venezia con cui Shakespeare sviluppava e<br />

approfon<strong>di</strong>va l’esperienza offertagli dall’Ebreo <strong>di</strong> Malta <strong>di</strong> Christopher Marlowe. E <strong>non</strong> che ciò<br />

<strong>si</strong>a dovuto ad una deliberata scelta <strong>di</strong> Scaccia. Questo geniale attore che <strong>si</strong> accosta ora alla<br />

regia <strong>di</strong>chiara esplicitamente che «<strong>non</strong> ridurrà al solo motivo <strong>di</strong> Shylock (Ermete Novelli)<br />

l’argomento della comme<strong>di</strong>a» e in<strong>di</strong>ca anzi in «tre mon<strong>di</strong>» – quelli <strong>di</strong> Porzia, <strong>di</strong> Antonio e <strong>di</strong><br />

Shylock – i «tre principali motivi conduttori dell’opera. E tuttavia tali intenzioni – confermate<br />

anche da un notevole rispetto del testo (qui presentato nella scorrevole traduzione <strong>di</strong> Paola<br />

Ojetti) e dal tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere i tre «mon<strong>di</strong>» anche attraverso i costumi (dovuti, al pari<br />

della schematica scena, a Mario Padovan) – finiscono col <strong>non</strong> realizzar<strong>si</strong>, e quella stessa<br />

«parola» teatrale che, giustamente Scaccia vuole valorizzare, risuona viva ed efficace<br />

soltanto quando a pronunciarla è Shylock-Scaccia.<br />

Perché questo accada, e perché lo spettacolo <strong>si</strong>a, in definitiva, «mattatoriale», <strong>si</strong> <strong>può</strong><br />

spiegarlo in vari mo<strong>di</strong>, e anzitutto proprio col fatto che, <strong>di</strong> fronte a un personaggio che,<br />

come scrive F. Ferrara in Shakespeare e la Comme<strong>di</strong>a (Bari, Adriatica, 1964) «è un<br />

pericoloso invito e un’invincibile tentazione per il mattatore», Scaccia <strong>si</strong> è comportato,<br />

appunto, da «mattatore», circondando<strong>si</strong> <strong>di</strong> troppi attori inesperti o inadatti la cui fragilità, se<br />

ha messo ancor più in luce la bravura del capocomico, ha anche danneggiato <strong>si</strong>a il lavoro <strong>di</strong><br />

attori come Gianfranco Ombuen (Antonio), <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Porzia), Carla Macelloni<br />

(Nerissa), che avrebbero potuto essere utilizzati assai meglio, <strong>si</strong>a l’intero e<strong>di</strong>ficio della<br />

comme<strong>di</strong>a – una comme<strong>di</strong>a, va detto, il cui improbabile e svagato intreccio <strong>non</strong> deve far<br />

ignorare che è sapientemente costruita su un giuoco <strong>di</strong> contrasti (apparenza e realtà; denaro<br />

e amore; corruzione e purezza) che avrebbe richiesto una assai maggiore delicatezza e<br />

rifles<strong>si</strong>one. (…)<br />

Agostino Lombardo, “Il Mercante <strong>di</strong> Venezia”, «Sipario», n. 331, <strong>di</strong>cembre 1973, pp. 47-48.<br />

Un rilancio per la prosa?<br />

“Il Malato immaginario” <strong>di</strong> Molière<br />

(…) Di Giorgio De Lullo la regia che abilmente privilegia, anche a danno della comicità<br />

molieriana, i risvolti drammatici della vicenda, illuminandola <strong>di</strong> bagliori ora mesti ora crudeli.<br />

Di Pierluigi Pizzi la scena, che <strong>si</strong> rifà a un Seicento olandese <strong>di</strong> Veermeriana memoria, e i<br />

128


ellis<strong>si</strong>mi costumi, l’una e gli altri più al servizio del coté illustrativo dello spettacolo che <strong>non</strong><br />

<strong>di</strong> quello mordente e attuale.<br />

E infine <strong>di</strong> Romolo Valli la magistrale interpretazione del ruolo <strong>di</strong> Argante, l’ultimo della<br />

carriera <strong>di</strong> Molière. (…)<br />

Peccato che <strong>non</strong> <strong>si</strong>ano del pari il resto degli attori, poco omogenei l’un l’altro e nell’in<strong>si</strong>eme<br />

abbastanza scialbi.<br />

Esclu<strong>si</strong> da questo giu<strong>di</strong>zio sono però il Dottor Fecis <strong>di</strong> Franco Parenti, la vivace Tonina <strong>di</strong><br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, il Tommaso Cagherai <strong>di</strong> Mauro Avogadro (che in una breve apparizione<br />

conferma in pieno le doti già <strong>di</strong>mostrate nella ronconiana Partita a scacchi) e la cinica<br />

Louison della minuscola Antonella Bal<strong>di</strong>ni la cui spigliata recitazione fa pensare agli spettatori<br />

e <strong>non</strong> solo ad Argante che “<strong>non</strong> ci sono più bambini”.<br />

Giovanni Lombardo, Un rilancio per la prosa?, «Sipario», n. 339-340, agosto-settembre<br />

1974, pp. 25-26.<br />

“Tutto per bene”<br />

(…) Testo per l’attore per eccellenza, cavallo <strong>di</strong> battaglia <strong>di</strong> Ruggero Ruggeri, per il quale fu<br />

concepito, Tutto per bene ora costituisce un prestigioso risultato <strong>di</strong> Romolo Valli, che per un<br />

atto e mezzo è capace <strong>di</strong> muover<strong>si</strong> curvo, grigio e rattrappito nell’antico dolore e nella<br />

solitu<strong>di</strong>ne del personaggio, per poi drizzar<strong>si</strong>, scattando come un arco, con una bellis<strong>si</strong>ma<br />

scena <strong>di</strong> attore al momento della verità. (…)<br />

I personaggi <strong>di</strong> contorno, come la Barbetti e suo figlio sono <strong>di</strong>retti da Giorgio De Lullo su un<br />

registro caricaturale, talora forse troppo marcato.<br />

Fabio Doplicher, “Tutto per bene”, «Sipario», n. 347, aprile 1975, pp. 24-25.<br />

“Mefistovalzer”<br />

(…) Radenti soprassalti <strong>di</strong> gocciolante euforico riso tagliano livi<strong>di</strong> l’aggricciante sorriso del<br />

calembour: la rappresentazione sottolinea il sarcasmo giustapponendo i trasalimenti<br />

sconsolati <strong>di</strong> Buazzelli, occupato a tessere attorno al Magister Tenebrarum una rete <strong>di</strong><br />

autodafé derisorii allu<strong>si</strong>va al modello <strong>di</strong> Lubitsch (Heaven can wait), al plateale ecces<strong>si</strong>vo <strong>di</strong><br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> e alle <strong>di</strong>vertite scan<strong>si</strong>oni contrappuntistiche <strong>di</strong> Pod<strong>di</strong>ghe e Castellaneta,<br />

ricercatori scientifici in un laboratorio <strong>di</strong> miti in liquidazione.<br />

Enrico Groppali, “Mefistovalzer”, «Sipario», n. 373-374, giugno-luglio 1977, p. 28.<br />

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“Il Borghese gentiluomo”<br />

(…) Anche se nella fattispecie allo spettacolo <strong>non</strong> mancano felici intuizioni (quella scalea<br />

littoria da infimo melodramma che collega e spartisce, stinta in abominevole color caffelatte,<br />

il salotto raccogliticcio <strong>di</strong> uno Jourdain che ha colonizzato l’Abis<strong>si</strong>nia accanto ai notabili<br />

dell’aristocrazia nera; la coppia ampollosa e fasulla Dorante-Dorimène col lezio vitreo e<br />

agghiacciante <strong>di</strong> una <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> da manuale che gioca, perfida comé<strong>di</strong>enne a una<br />

tavola imban<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> riccioli e veleni; l’esplo<strong>si</strong>one finale fragorosa e baracconesca della<br />

mascherata orientale tra clangori <strong>di</strong> scimitarre e luci che impazzano come in un brutto<br />

Ferraniacolor anni cinquanta che strizzi nostalgico l’occhio verso i kolossal – De Mille) è a<br />

Buazzelli che l’occhio corre sempre magnetico.<br />

Enrico Groppali, “Il Borghese gentiluomo”, «Sipario», n. 377, ottobre 1977, pp. 18-19.<br />

“L’uomo con le valigie”<br />

(…) La regia <strong>di</strong> Buazzelli recupera scan<strong>si</strong>oni brechtiane (giusto: c’è un filo rosso Pirandello-<br />

Brecht-Jonesco, al <strong>di</strong> là della filosofia brechtiana), evoca l’espres<strong>si</strong>onismo più inquietante<br />

(Toller, Ensor, Munch), assume anche cadenze trionfali (Aldo Trionfo, vorrei <strong>di</strong>re) e<br />

riconduce alla matrice surrealista (Breton). (…)<br />

Opera cucita su misura per la <strong>di</strong>men<strong>si</strong>one (umana e umorale) del bravis<strong>si</strong>mo Buazzelli,<br />

capace in ogni momento <strong>di</strong> trasmettere emozioni e sensazioni.<br />

Fra gli eccellenti comprimari, segnaliamo Andrea Matteuzzi e <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, esemplari<br />

profes<strong>si</strong>onisti che raramente sbagliano un colpo.<br />

Gianfranco Civolani, “L’uomo con le valigie”, «Sipario», n. 384, maggio 1978, pp. 24-25.<br />

“La do<strong>di</strong>ce<strong>si</strong>ma notte”<br />

(…)<br />

Ma tutto lo spettacolo è un meccanismo <strong>di</strong> alta preci<strong>si</strong>one e ingegno<strong>si</strong>tà dove operano<br />

parecchi giovani attori con eccellenti risultati.<br />

Fabio Doplicher, “La do<strong>di</strong>ce<strong>si</strong>ma notte”, «Sipario», n. 396, maggio 1979, p. 20.<br />

“Le tre sorelle”<br />

Alla critica <strong>di</strong> tristezza nostalgica delle tre protagoniste delle Tre sorelle, il regista Giorgio De<br />

Lullo aggiunge a buon <strong>di</strong>ritto un duplice motivo personale <strong>di</strong> affettuoso rimpianto: come<br />

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attore figurò infatti nei primi anni Cinquanta nella mirabile e<strong>di</strong>zione viscontiana del dramma,<br />

come attore e regista <strong>di</strong>ede vita una decina d’anni più tar<strong>di</strong> alla <strong>di</strong>ligente e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Giovani<br />

con Romolo Valli. (…)<br />

A rafforzare questo sentimento, la scena <strong>di</strong> Pier Luigi Pizzi, da realistica ch’era stata nel ’65,<br />

<strong>si</strong> è fatta allu<strong>si</strong>va: <strong>di</strong>etro alcuni concreti accessori ambientali, un velo <strong>di</strong> tulle lascia<br />

intravedere la <strong>si</strong>mbologia, congelata nel vuoto, delle tre betulle rimaste nel mitico giar<strong>di</strong>no.<br />

Franco Quadri, “Le tre sorelle”, «Panorama», 22 <strong>di</strong>cembre 1980.<br />

Ridere amaro con Cechov<br />

Si ride molto, in queste Tre sorelle <strong>di</strong> Anton Cechov nuovamente allestite da Giorgio De<br />

Lullo, al Parioli, con il Gruppo Teatro Libero R. V. A ben vedere, le in<strong>di</strong>cazioni nel testo, al<br />

riguardo, <strong>non</strong> scarseggiano. Ma lo scoppio d’ilarità al secondo atto, seguito da un momento<br />

<strong>di</strong> autentica allegria carnevalesca, dopo la balorda sortita «in francese» della tirannica<br />

borghesuccia Natascia, <strong>non</strong> tanto viene da espliciti suggerimenti cecoviani, quanto da<br />

un’invenzione registica <strong>di</strong> Stanislavski per la famosa «prima» moscovita del 1901. E, in<br />

generale, De Lullo sembra aver tenuto conto delle note <strong>di</strong> quel maestro sulla «sete <strong>di</strong> vivere»<br />

che, <strong>non</strong>ostante tutto, anima i personaggi.<br />

Si ride, dunque. Ma d’un riso, spesso, nervoso e inquieto, se <strong>non</strong> proprio amaro, che <strong>può</strong><br />

metter tristezza più delle lacrime. (…)<br />

Il finale <strong>non</strong> manca il suo effetto: ma, nella rappresentazione, è il secondo atto a impor<strong>si</strong>,<br />

per giustezza <strong>di</strong> ritmo e ten<strong>si</strong>one <strong>di</strong>alettica (il primo ingrana con qualche lentezza). Meno<br />

convincente il terzo, dove la notte dell’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong>fetta <strong>di</strong> quel sottofondo febbrile, <strong>di</strong><br />

quell’agitato contrappunto, <strong>di</strong> quella straor<strong>di</strong>narietà dell’evento, che sono fattori necessari <strong>si</strong>a<br />

al convegno amoroso <strong>di</strong> Mascia e Verscinin, <strong>si</strong>a alla “confes<strong>si</strong>one” <strong>di</strong> lei alle sorelle. Del resto,<br />

riunire oggi come oggi (e anche prescindendo, nel caso, da strette osservanze anagrafiche)<br />

una compagnia all’altezza del dramma, uno dei capolavori del <strong>teatro</strong> moderno, <strong>non</strong> è<br />

impresa facile. Donde gli squilibri e scompen<strong>si</strong> che <strong>si</strong> possono riscontrare nella <strong>di</strong>stribuzione<br />

attuale. La Mascia <strong>di</strong> Anita Bartolucci, ad esempio, è troppo dura, spigolosa, ingrata; e <strong>non</strong><br />

riusciamo a comprendere i mo<strong>di</strong> bulleschi che assume avviando<strong>si</strong> all’incontro segreto col<br />

colonnello. Più calibrata ed esperta, certo, la Olga <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>; e d’una cattivante<br />

freschezza, senza leziosaggini, la Irina <strong>di</strong> Caterina Sylos Labini, che ha età e grazia adeguata<br />

al ruolo. Carla Romanelli è una Natascia figurativamente esatta e <strong>di</strong> buon piglio. Sul versante<br />

maschile, Sergio Fantoni rende con misura l’amabile loquacità (un po’ meno la pas<strong>si</strong>one) <strong>di</strong><br />

Verscinin, e Andrea Matteuzzi caratterizza inci<strong>si</strong>vamente il vecchio me<strong>di</strong>co, mentre Paolo<br />

Giuranna <strong>si</strong>tua con accortezza al limite della macchietta il suo Kulyghin, conferendogli, poi,<br />

un vago tratto <strong>di</strong> nobiltà. Mas<strong>si</strong>mo De Francovich è un Andrei moderatamente appropriato.<br />

Ma Gabriele Tozzi risulta un Solioni uni<strong>di</strong>men<strong>si</strong>onale, tutto protervia, e Giovanni Crippa un<br />

Tuzenbach corretto, ma abbastanza flebile. Nel contorno, apprezzabile il Ferapont sordo e<br />

svanito, acconciamente tra<strong>di</strong>zionale, <strong>di</strong> Ezio Marano.<br />

Accurati gli interventi mu<strong>si</strong>cali: c’è un tema popolare che ricorda quello elaborato da<br />

Stravinskj in Petruscka, e il tram-tam-tam, messaggio convenzionale tra Mascia e Verscinin,<br />

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<strong>si</strong> riveste nella mu<strong>si</strong>ca <strong>di</strong> Ciaikovskj (Quinta Sinfonia). Funziona sempre la traduzione, ormai<br />

clas<strong>si</strong>ca, <strong>di</strong> Gerardo Guerrieri. Sala affollata, pubblico attento, e accoglienze caloro<strong>si</strong>s<strong>si</strong>me.<br />

Aggeo Savioli, Ridere amaro con Cechov, L’Unità, 12 ottobre 1980.<br />

Quel buon gusto <strong>di</strong> 30 anni fa<br />

“La locan<strong>di</strong>era”<br />

E l’interpretazione stavolta, <strong>non</strong> paia giu<strong>di</strong>zio limitato, è una interpretazione alla<br />

Visconti senza Visconti. <strong>Giachetti</strong> era una Mirandolina sapiente, robusta e intrigante,<br />

corpo<strong>si</strong>s<strong>si</strong>ma.<br />

Tommaso Chiaretti, Quel buon gusto <strong>di</strong> 30 anni fa, «La Repubblica», 21 marzo 1981.<br />

Sis<strong>si</strong>gnori, fu proprio così “La locan<strong>di</strong>era” <strong>di</strong> Visconti<br />

La Mirandolina della generosa <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> – che ad ascoltarla ad occhi chiu<strong>si</strong><br />

sembra talvolta Sarah Ferrati, fors’anche per la comune matrice toscana – <strong>non</strong> sarà<br />

completamente all’altezza della locan<strong>di</strong>era Morelli: ma <strong>non</strong> è certo protagonista<br />

sciatta o inespres<strong>si</strong>va, anzi attrice <strong>di</strong> vibrante temperamento, <strong>di</strong> in<strong>si</strong>nuante grazia<br />

maliziosa, <strong>di</strong> restituita capacità d’incantamento.<br />

Gastone Geron, Sis<strong>si</strong>gnori, fu proprio così “La locan<strong>di</strong>era” <strong>di</strong> Visconti, <strong>«Il</strong> Giornale<br />

degli spettacoli», 21 marzo 1981.<br />

Fedelmente ricostruito un grande spettacolo <strong>di</strong> Visconti<br />

Da quella locanda un nuovo Goldoni<br />

La Morelli faceva <strong>di</strong> Mirandolina una ragazza aspramente intelligente, al limite della<br />

sgradevolezza ma sempre salvando l’innocenza e l’inconsapevolezza dell’istinto, sì<br />

che ne veniva come il soffio d’una gatta adorabile e infida, velluto e unghie.<br />

La <strong>Giachetti</strong> sembra estraniare, per <strong>di</strong>mostrarlo più esplicitamente, il “negativo” del<br />

personaggio, chiudendolo nell’arco <strong>di</strong> un alto arabesco vocale, un po’ alla Ferrati, ma<br />

con una sorta <strong>di</strong> manierismo che alla lunga <strong>può</strong> anche stancare.<br />

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Tant’è vero che nel terzo atto, <strong>di</strong>ventata più semplice e <strong>di</strong>retta, l’attrice recupera <strong>non</strong><br />

solo in freschezza del personaggio ma anche in presa sul pubblico.<br />

Roberto De Monticelli, Fedelmente ricostruito un grande spettacolo <strong>di</strong> Visconti, Da<br />

quella locanda un nuovo Goldoni, Il Corriere della Sera, 21 marzo 1981.<br />

C’era una volta una famosa “Locan<strong>di</strong>era”<br />

Il pubblico che affollava la sala del Piccolo Teatro, giovedì sera (giusto cinque anni<br />

prima <strong>si</strong> erano svolti a Roma i funerali <strong>di</strong> Visconti, mentre è fresco il lutto per la<br />

scomparsa <strong>di</strong> Paolo Gras<strong>si</strong>), ha tributato del resto, alla Locan<strong>di</strong>era 1981, accoglienze<br />

assai cor<strong>di</strong>ali.<br />

Aggeo Savioli, C’era una volta una famosa “Locan<strong>di</strong>era”…, «L’Unità», 21 marzo 1981.<br />

Schnitzler e il suo doppio<br />

I materiali <strong>di</strong> Schnitzler <strong>non</strong> sono quelli <strong>di</strong> Cechov, ma l’epoca è la stessa. (…) Proprio come<br />

Le tre sorelle, anche loro <strong>non</strong> sono contenti della propria vita, <strong>non</strong> <strong>si</strong> sentono realizzati e <strong>non</strong><br />

possono, o <strong>non</strong> vogliono, realizzar<strong>si</strong>.<br />

Il <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Genova, mi sembra, ha circondato il testo <strong>di</strong> molta attenzione, e ha molto aiutato<br />

il regista Kreiça facendolo trovare a suo agio nel profes<strong>si</strong>onismo degli attori. Gabriele Ferzetti<br />

dominava la scena come crescente protagonista. (…)<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> dava accenti <strong>di</strong>sten<strong>si</strong>vi <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>a ad un personaggio convenzionale da<br />

comme<strong>di</strong>a, appunto.<br />

Tommaso Chiaretti, Schnitzler e il suo doppio, «La Repubblica», 31 gennaio 1985.<br />

Né Dio né Demonio, Faust vuol essere solo un uomo<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista, raccontare la storia <strong>di</strong> Faust dalla scommessa fra Dio e il Diavolo<br />

fino alla sua morte e salvazione bisogna <strong>di</strong>re subito che la scommessa è vinta. Le tre ore del<br />

dramma nella ver<strong>si</strong>one <strong>di</strong> Mauri offrono una vicenda teatrale plau<strong>si</strong>bile, ricca, <strong>si</strong>gnificativa,<br />

emozionante e coerente, che ci permette <strong>di</strong> veder vivere uno dei gran<strong>di</strong> miti fondativi della<br />

nostra cultura secondo un punto <strong>di</strong> vista preciso e appas<strong>si</strong>onato. (…) Da segnalare, accanto<br />

a queste due interpretazioni veramente notevoli, il buon lavoro <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> in<br />

numerose <strong>di</strong>verse parti femminili, il qua<strong>si</strong> debutto <strong>di</strong> una intensa Angela Di Nardo come<br />

Margherita e Elena, e una bella scena astratta <strong>di</strong> Mauro Caro<strong>si</strong>. La scommessa <strong>di</strong> Mauri è<br />

vinta, il suo Faust/Mefisto <strong>di</strong>viso e un po’ infantile, ma profondamente umano, resterà fra le<br />

133


immagini convincenti in cui <strong>si</strong> riflette un personaggio complesso e inesauribile: un Faust che<br />

<strong>non</strong> ci rassomiglia più, e al quale forse vorremmo assomigliare ancora.<br />

Ugo Volli, Né Dio né Demonio, Faust vuol essere solo un uomo, «La Repubblica», 18 ottobre<br />

1986.<br />

Dialoghi sull’invenzione scenica<br />

“Vita <strong>di</strong> Galileo”<br />

(…)<br />

Un principio <strong>di</strong> rotazione, <strong>di</strong> vita interiore della macchina teatrale pre<strong>si</strong>ede allo spettacolo <strong>di</strong><br />

Maurizio Scaparro; la scena è essenzialmente costituita da una grande sfera lignea e apribile,<br />

una sfera mentale e quin<strong>di</strong> geometricamente articolata in angoli, con intorno delle gra<strong>di</strong>nate;<br />

essa è opera <strong>di</strong> Pedro Cano ed Ennio Francia, è ispirata all’immagine in un trattato del 1505,<br />

opera del matematico Luca Pacioli. (…)<br />

Lo scontro fra corpo e anima è terrigno e caravaggesco in<strong>si</strong>eme. Ma Galileo <strong>non</strong> è solo una<br />

vittima, in Brecht è anche un violento, per il pen<strong>si</strong>ero e per il corpo.<br />

Questa violenza – che ricordo nel guizzante, possente Tino Buazzelli – in Pino Micol sfuma in<br />

una “volontà <strong>di</strong> fare”, rattenuta, interessante, ma un po’ troppo pensata e <strong>non</strong> agita.<br />

Ezio Marano, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Andrea Matteuzzi sono fra i più bravi dei ben affiatati attori,<br />

dove sostanzialmente conta la coralità e <strong>non</strong> la caratterizzazione <strong>si</strong>no in fondo, con tocchi<br />

sapienti <strong>di</strong> pas<strong>si</strong>one da parte del regista, che nell’itinerario porta intelligenza ed essenzialità.<br />

Fabio Doplicher, “Vita <strong>di</strong> Galileo”, Dialoghi sull’invenzione scenica, «Sipario», n. 480-481,<br />

settembre-ottobre 1988, p. 50.<br />

Micol, Re dopo l’omici<strong>di</strong>o<br />

A con<strong>di</strong>zionare i due amanti potrebbe sopravvivere un senso <strong>di</strong> colpa: ed è Giocasta a<br />

soggiacervi, trafiggendo<strong>si</strong> nella vagina, come la strindberghiana Signorina Giulia <strong>di</strong> un<br />

famoso spettacolo <strong>di</strong> Werner Schroeter; per impor<strong>si</strong> sulle apparenze o chissà! Per<br />

salvaguardare almeno la memoria. (…)<br />

Come attore, Micol gioca con la <strong>di</strong>alettica, ma finisce per preferirvi la potenza dei mezzi<br />

vocali e l’empito retorico, con ostentazioni <strong>di</strong><strong>si</strong>nvolte anche nelle prestazioni sessuali con la<br />

supposta madre, che <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> mantiene a sua volta sul piano più caricato e<br />

superficiale.<br />

Franco Quadri, Micol, Re dopo l’omici<strong>di</strong>o, «La Repubblica», 16 aprile 1991.<br />

134


Avvio anticipato del bicentenario goldoniano al Comunale <strong>di</strong> Treviso con la<br />

celeberrima comme<strong>di</strong>a messa in scena da Mas<strong>si</strong>mo Castri. Dal conflitto familiare a<br />

quello tra conservazione e progresso, “Rusteghi” e nevrotici.<br />

(…) Dell’attuale spettacolo, risalta un buon assortimento <strong>di</strong> attori, alcuni veneziani o Veneti<br />

altri no, ma tutti capaci <strong>di</strong> parlare, bene o benis<strong>si</strong>mo, quel mirabile <strong>di</strong>aletto; con punte <strong>di</strong><br />

forza nella schiera femminile, che è poi quella vincente, in una battaglia domestica che<br />

riflette a <strong>di</strong>rla spiccia, un conflitto generale tra conservazione e progresso, nei rapporti<br />

familiari e in quelli sociali. Gli ideali borghe<strong>si</strong> che Lunardo, Canciano, Simon, Maurizio<br />

incarnano, in varia misura, rivelano, nel chiuso delle loro case sbarrate a ogni vento <strong>di</strong><br />

novità, un’angustia, una mancanza <strong>di</strong> respiro, una tetra meschinità ove <strong>si</strong> specchia, per<br />

usare le parole <strong>di</strong> Mario Baratto, grande goldonista (oggi scomparso), l’insufficienza storica<br />

ed economica, la carenza <strong>di</strong> egemonia culturale del ceto mercantile della Repubblica<br />

lagunare. (…)<br />

Diciamo <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, una Felice <strong>di</strong> travolgente cor<strong>di</strong>alità, vera dominatrice della<br />

<strong>si</strong>tuazione; <strong>di</strong> Wanda Benedetti, illustre veterana delle mes<strong>si</strong>nscene goldoniane.<br />

Aggeo Savioli, Avvio anticipato del bicentenario goldoniano al Comunale <strong>di</strong> Treviso con la<br />

celeberrima comme<strong>di</strong>a messa in scena da Mas<strong>si</strong>mo Castri. Dal conflitto familiare a quello tra<br />

conservazione e progresso, “Rusteghi” e nevrotici, «L’Unità», domenica 1 marzo 1992.<br />

Al Donizetti <strong>di</strong> Bergamo il lavoro <strong>di</strong> Goldoni nell’allestimento <strong>di</strong> Veneto<strong>teatro</strong> regista<br />

Mas<strong>si</strong>mo Castri.<br />

(…) Compren<strong>si</strong>bilmente Mas<strong>si</strong>mo Castri chiamato ad allestire questo lavoro per Veneto<strong>teatro</strong><br />

nell’ambito delle celebrazioni per il bicentenario <strong>di</strong> Goldoni che ormai ci sta rovinando<br />

addosso, se ne è innamorato e quin<strong>di</strong> ce lo ha porto con una delicatezza per<strong>si</strong>no trepidante.<br />

Antonio Fiorentino ha creato cinque eleganti interni, variazioni sul tema comune della<br />

claustrofobia, che in un paio <strong>di</strong> ca<strong>si</strong> Iuraj Saleri ha illuminato lateralmente, alla Vermeer, da<br />

finestre a vetri alle quali le comari ogni tanto <strong>si</strong> affacciano per rubare qualche canzone,<br />

qualche lazzo del carnevale che <strong>si</strong> sente fervere nelle calli: è uno dei piccoli, ispirati tocchi<br />

del regista. (…) Ottimi dunque i sei uomini, Daniele Griggio, Mario Valgoi, Enrico Ostermann<br />

e Gian Campi più Piergiorgio Fasolo che è il timido Felippetto e Quinto Parmeggiani come il<br />

conte Riccardo, osteggiato cavalier servente <strong>di</strong> Felice; e perfette le quattro donne <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>, Stefania Felicioli, Michela Martini e Wanda Benedetti, con spicco particolare per le<br />

prime due, os<strong>si</strong>a l’eloquente, energica, convinta eppur femminile Felice della <strong>Giachetti</strong> in un<br />

<strong>di</strong>vertente costume (<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>a Calvare<strong>si</strong>) e per lo spiritoso peperino argento vivo della<br />

Lucietta-Felicioli.<br />

Masolino D’ Amico, Al Donizetti <strong>di</strong> Bergamo il lavoro <strong>di</strong> Goldoni nell’allestimento <strong>di</strong><br />

Veneto<strong>teatro</strong> regista Mas<strong>si</strong>mo Castri, «La Stampa», lunedì 16 marzo 1992.<br />

135


Gran<strong>di</strong> applau<strong>si</strong> a Bergamo per il capolavoro goldoniano allestito con inten<strong>si</strong>tà e<br />

pathos da Mas<strong>si</strong>mo Castri. Aria nuova sui “Rusteghi”.<br />

Fra le anticipazioni, già abbastanza numerose, dell’anno goldoniano – il ’93, quando ricorrerà<br />

il secondo centenario della morte del comme<strong>di</strong>ografo – l’allestimento dei Rusteghi, realizzato<br />

per Veneto<strong>teatro</strong> da Mas<strong>si</strong>mo Castri mi sembra, per ora, la più interessante e sostanziosa. Lo<br />

spettacolo, in tournèè, era l’altra sera al Teatro Donizetti, dove ha fatto registrare un<br />

lietis<strong>si</strong>mo successo <strong>di</strong> pubblico. Chi conosce il lavoro <strong>di</strong> Castri sa come le sue messe in scena<br />

<strong>si</strong> possano <strong>di</strong>videre, grosso modo, in due gruppi, posti idealmente sotto il segno <strong>di</strong> due<br />

<strong>di</strong>verse muse che vorrei chiamare (chiedendo scusa per la terminologia <strong>non</strong> meno<br />

appros<strong>si</strong>mativa che bizzarra) la musa del ribaltamento semantico e la musa<br />

dell’approfon<strong>di</strong>mento analitico. Anche se la prima gli ha ispirato <strong>non</strong> pochi risultati <strong>di</strong> grande<br />

rilievo, confesso <strong>di</strong> preferire gli spettacoli in cui Castri obbe<strong>di</strong>sce alla seconda: e fra es<strong>si</strong> <strong>si</strong><br />

<strong>si</strong>tua limpidamente questa sua prima regia goldoniana.<br />

Aderendo, in questo, a una già autorevolis<strong>si</strong>ma nuova tra<strong>di</strong>zione che comincia con il Visconti<br />

della “Locan<strong>di</strong>era” e arriva, passando per alcuni memorabili esempi strehleriani, <strong>si</strong>no al<br />

Ronconi della “Serva amorosa”, Castri ha ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>satteso l’immagine, tuttora <strong>di</strong>ffusa,<br />

<strong>di</strong> un Goldoni veloce e spumeggiante, in cui l’infallibile mu<strong>si</strong>calità dei <strong>di</strong>aloghi prevale sulla<br />

verità delle <strong>si</strong>tuazioni; e ha de<strong>di</strong>cato, al contrario, tutta la sua attenzione a “scolpire” ogni<br />

passaggio, ogni parola del testo per spremerne il mas<strong>si</strong>mo <strong>di</strong> emozione, <strong>di</strong> senso. Nessun<br />

ribaltamento, insomma: la spassosa, ma anche drammatica guerra (eterna e storica in<strong>si</strong>eme)<br />

fra il rozzo, ostinato maschilismo preborghese dei quattro rusteghi e le riven<strong>di</strong>cazioni – tanto<br />

più vicine al nuovo spirito che dall’Europa soffia ormai anche su Venezia – delle loro<br />

controparti femminili, rimane nello spettacolo <strong>di</strong> Castri ciò che è, a saperla leggere, nella<br />

comme<strong>di</strong>a. Ma, appunto, a saperla leggere; e merito del regista è d’aver imposto tale lettura<br />

con grande evidenza plastica, con un’inten<strong>si</strong>tà e un pathos che illuminano in Goldoni, al <strong>di</strong> là<br />

<strong>di</strong> ogni settecentismo <strong>di</strong> maniera, una moderna, una già ottocentesca pienezza.<br />

Esemplari, in questo senso, il clima <strong>di</strong> allucinata e ambigua eccitazione che il regista ha<br />

creato intorno alla scena dell’incontro fra Lucietta e Felippetto travestito da donna, la cupa<br />

malinconia che grava sul pre-finale, con i Rusteghi alla vana ricerca d’una vendetta contro le<br />

mogli “trasgres<strong>si</strong>ve”, il bell’effetto <strong>di</strong> rallentamento imposto al finale vero e proprio onde<br />

evitare che esso appaia come uno sbrigativo e banale “lieto fine”.<br />

Insomma, un ottimo Goldoni e un ottimo Castri, con il contributo delle mu<strong>si</strong>che (volutamente<br />

<strong>non</strong> settecentesche) <strong>di</strong> Bruno De Franceschi e delle belle scene, giocate su semplicità e<br />

penombra, <strong>di</strong> Antonio Fiorentino, e con quello, determinante, d’una splen<strong>di</strong>da compagine<br />

d’attori. In grande evidenza, naturalmente, i due principali antagonisti, os<strong>si</strong>a il misurato<br />

Mario Valgoi e la trascinante – per<strong>si</strong>no troppo, a volte – <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>; ma <strong>non</strong> meno <strong>di</strong><br />

loro mi sono piaciuti tutti gli altri, da Michela Martini, Daniele Griggio e Enrico Ostermann a<br />

Gian Campi, Piergiorgio Fasolo e Quinto Parmeggiani, con una menzione particolare per<br />

l’esperta e perfetta Wanda Benedetti e per la sorprendente, gusto<strong>si</strong>s<strong>si</strong>ma Stefania Felicioli. A<br />

tutti, l’ho già detto, il consenso schiettis<strong>si</strong>mo del competente pubblico bergamasco.<br />

Giovanni Raboni, Gran<strong>di</strong> applau<strong>si</strong> a Bergamo per il capolavoro goldoniano allestito con<br />

inten<strong>si</strong>tà e pathos da Mas<strong>si</strong>mo Castri. Aria nuova sui “Rusteghi”, «Corriere della Sera»,<br />

mercoledì 18 marzo 1992.<br />

136


A Bergamo, “I Rusteghi” <strong>di</strong> Goldoni con la regia <strong>di</strong> Castri. Quei misantropi in balìa <strong>di</strong><br />

comari. Ma <strong>non</strong> vince nessuno…<br />

(…) Siora Felice, la condottiera delle mogli, più che una femminista è già una matriarca, alla<br />

quale <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> regala una petulenza invadente e una cantilena strascicata e nasale,<br />

ricalcando la Toinette del Malato immaginario (da lei già interpretata accanto a Romolo Valli)<br />

nell’impostare l’incontro tra i due fidanzati come una recita rituale, e la Porzia del Mercante<br />

<strong>di</strong> Venezia nell’arringa teatrale con cui mette alle corde uno per uno quei parrucconi nemici<br />

del <strong>teatro</strong>, forse più grazie all’impeto che al ragionamento.<br />

Franco Quadri, A Bergamo, “I Rusteghi” <strong>di</strong> Goldoni con la regia <strong>di</strong> Castri. Quei misantropi in<br />

balìa <strong>di</strong> comari. Ma <strong>non</strong> vince nessuno…, «La Repubblica», venerdì 20 marzo 1992.<br />

“I Rusteghi”.<br />

Nel ritratto dell’arrogante, assolutista, intrattabile Lunardo, “rustego” per antonoma<strong>si</strong>a con la<br />

sua pretesa <strong>di</strong> far sposare la figlia <strong>di</strong>ciottenne senza nemmeno lasciarle prima vedere il<br />

marito de<strong>si</strong>gnato, forse Goldoni ha adombrato il suo nemico Carlo Gozzi, ven<strong>di</strong>cando<strong>si</strong> delle<br />

malevole accuse <strong>di</strong> sovvertitore dei costumi in<strong>si</strong>nuate dal “nobiluomo parruccone”. Almeno<br />

questo m’è parso <strong>di</strong> intendere nella accentuazione risentita che la regia ha imposto a Mario<br />

Valgoi, Lunardo <strong>di</strong> strepitoso risalto, anche se infine costretto a dar via libera ai promes<strong>si</strong><br />

spo<strong>si</strong> dalla “racola” travolgente dell’impavida Felice impersonata da una superlativa <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> <strong>di</strong> temperamento leonino sotto la maschera accomodante.<br />

Gastone Geron, <strong>«Il</strong> Giornale», 1 marzo 1992, in “I Rusteghi”, <strong>«Il</strong> Patalogo», stagione<br />

1992/93, settembre 1992, p. 156.<br />

Le impareggiabili sfumature della genialità <strong>di</strong> Goldoni.<br />

Una prima stimolante avvisaglia <strong>di</strong> quelle che saranno le numerose e importanti<br />

manifestazioni per il bicentenario della morte <strong>di</strong> Carlo Goldoni e venuta, in questo ultimo<br />

scorcio <strong>di</strong> stagione da Veneto<strong>teatro</strong> con la messa in scena de I rusteghi per la regia <strong>di</strong><br />

Mas<strong>si</strong>mo Castri e in questi giorni nella nostra regione. Comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> caratteri, ma anche<br />

puntuale e critico ritratto <strong>di</strong> un ceto mercantile ormai al tramonto, I rusteghi rappresenta<br />

uno dei vertici della sconfinata produzione goldoniana. Critica sociale e <strong>di</strong> costume, <strong>non</strong>ché<br />

una assoluta realistica preci<strong>si</strong>one nello sbalzare i contorni p<strong>si</strong>cologici dei personaggi, <strong>si</strong><br />

sposano, in questo capolavoro, con un gusto per l’intreccio e il gioco scenico mai artefatto o<br />

<strong>di</strong> maniera.<br />

E il <strong>teatro</strong>, buttato fuori dalla finestra dal <strong>di</strong>sprezzo dei quattro selva deghi, impenetrabili a<br />

ogni cosa che <strong>si</strong>a anche minimamente in odor <strong>di</strong> novità, rientra prepotentemente in casa –<br />

137


proprio in quella <strong>di</strong> Lunardo, quello più rustego e ottuso <strong>di</strong> tutti – con il travestimento del<br />

giovane Felippetto mascherato da donna pur <strong>di</strong> poter per un attimo sbirciare la sua<br />

promessa sposa Lucietta.<br />

Questa in fondo banale trasgres<strong>si</strong>one mette però in moto meccanismi teatrali che<br />

sconquassano i mo<strong>di</strong> grigi chiu<strong>si</strong> e monotoni della vita dei quattro rusteghi e delle loro<br />

famiglie e che, se in un primo momento sembrano far precipitare la <strong>si</strong>tuazione in un dramma<br />

– dramma piccolo, incon<strong>si</strong>stente, comico, appunto – chè comiche sono tutte le grettezze, le<br />

rigi<strong>di</strong>tà, le stupide soverchierie dei rusteghi, ne impongono poi lo scioglimento e il lieto fine.<br />

Perché in questa lotta <strong>di</strong> ses<strong>si</strong> e <strong>di</strong> generazioni a condurre la comme<strong>di</strong>a sono proprio le<br />

donne con i loro intrighi, i loro pettegolezzi, le loro ambiguità, le loro paure e la loro<br />

incontenibile voglia <strong>di</strong> tirar<strong>si</strong> fuori, anche soltanto <strong>di</strong> poco e per poco, da una con<strong>di</strong>zione<br />

soffocante mortificante e storicamente insostenibile. E su questo doppio binario dello scavo<br />

dei personaggi dentro e fuori il loro linguaggio, arricchito da Castri <strong>di</strong> pause, gesti, tic, <strong>si</strong>lenzi<br />

e controscene che ne amplificano la portata p<strong>si</strong>cologica, e quello del <strong>teatro</strong> che <strong>si</strong> impone<br />

<strong>non</strong>ostante tutto con le sue leggi e i suoi risvolti comici patetici e ri<strong>di</strong>coli, è andata la regia <strong>di</strong><br />

Castri. E così l’atmosfera dello spettacolo, all’inizio tremendamente e gelidamente cupa,<br />

intrisa <strong>di</strong> rabbia malcelata e <strong>di</strong> stolida grevità, vira pian piano nel grottesco e nel comico più<br />

scoperto e go<strong>di</strong>bile, raggiungendo il suo apice nella scena del travestimento, con tanto <strong>di</strong><br />

grande arma<strong>di</strong>o a nascondere lo sparuto imbelle Felipetto e il malcapitato Conte, come in<br />

uno scatenato vaudeville.<br />

Atmosfera che precipita poi nel terzo atto – senza peraltro far<strong>si</strong> più rilassata – con la filippica<br />

<strong>di</strong> Donna Felice (una <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> magnificamente subdola e <strong>si</strong>n troppo imperiosa) nel<br />

<strong>di</strong>vertimento qua<strong>si</strong> macchiettistico e caricaturale, nell’happy end scontato e per questo<br />

appena accennato, qua<strong>si</strong> buttato via con il <strong>si</strong>pario che <strong>si</strong> chiude a colpire la battuta <strong>di</strong><br />

congedo rituale <strong>di</strong> Donna Felice.<br />

Uno spettacolo, questa ine<strong>di</strong>ta ver<strong>si</strong>one de I rusteghi, rigoroso e per niente accomodante,<br />

cui una affiatatis<strong>si</strong>ma compagnia ha saputo restituire tutti i succhi agri e comici, tutte le<br />

impareggiabili sfumature che la genialità <strong>di</strong> Goldoni aveva previsto per i suoi quattro martufi.<br />

Che erano: Mario Valgoi, un robusto e minaccioso Lunardo, Enrico Ostermann, un Simon<br />

mercante pedante e isterico, Daniele Griggio, un <strong>si</strong>or Canzian <strong>di</strong> bella levatura nella restia<br />

sottomis<strong>si</strong>one alla moglie, e Gian Campi un Maurizio imponente e autoritario. Capitanate<br />

dalla Felice <strong>di</strong> <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> la squadra femminile annoverava una brava Michela Martini<br />

nelle vesti <strong>di</strong> Margherita, la moglie <strong>di</strong> Lunardo, la sempre eccellente Wanda Benedetti, <strong>si</strong>ora<br />

Marina, e Stefania Felicioli, una Lucietta <strong>di</strong> grande spessore e vitalità. Completavano il cast<br />

Piergiorgio Fasolo, Felipetto, e Quinto Parmeggiani, il Conte Riccardo.<br />

Caloro<strong>si</strong>s<strong>si</strong>me le accoglienze del pubblico alla pomeri<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> mercoledì scorso al Teatro<br />

Ver<strong>di</strong> <strong>di</strong> Porde<strong>non</strong>e.<br />

Mario Brandolin, Le impareggiabili sfumature della genialità <strong>di</strong> Goldoni, «Messaggero<br />

Veneto», venerdì 27 marzo 1992.<br />

138


Gli “or<strong>si</strong>” immortali. Bella rilettura dei “Rusteghi” <strong>di</strong> Goldoni <strong>di</strong>retta da Castri.<br />

(…) <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, impavida Felice, è tutta intelligenza e astuzie, con lo strapotere della<br />

moglie virago, vera dominatrice dell’intera <strong>si</strong>tuazione con travolgente cor<strong>di</strong>alità.<br />

Giorgio Polacco, Gli “or<strong>si</strong>” immortali. Bella rilettura dei “Rusteghi” <strong>di</strong> Goldoni <strong>di</strong>retta da Castri,<br />

<strong>«Il</strong> Piccolo», sabato 28 marzo 1992.<br />

Splen<strong>di</strong>do l’allestimento dell’opera <strong>di</strong> Goldoni, in scena al Teatro Quirino.“I Rusteghi”<br />

sconfitti dalle donne.<br />

L’altra sera, al Quirino, dove <strong>si</strong> rappresentava I rusteghi <strong>di</strong> Goldoni, regia <strong>di</strong> Mas<strong>si</strong>mo Castri,<br />

è accaduto un fatto davvero straor<strong>di</strong>nario, dati i tempi che corrono: ci <strong>si</strong>amo <strong>di</strong>vertiti.<br />

Divertiti in senso alto, vogliamo <strong>di</strong>re, come uscendo dalle piccole e gran<strong>di</strong> miserie <strong>di</strong> oggi per<br />

entrare in un “oggi” più grande, più luminoso, in cui tutti i conti tornano, i personaggi sono<br />

vivi ma al tempo stesso trasparenti, comici ma su un fondo <strong>di</strong> verità, <strong>di</strong>ver<strong>si</strong>, come sono<br />

sempre i viventi, anche se accomunati da vizi comportamentali. Es<strong>si</strong> sono immer<strong>si</strong> in una<br />

luce (Juraj Saleri) che entra dalle finestre bianca, umida e opaca, co<strong>si</strong>cchè <strong>non</strong> ci sono<br />

dubbi, anche in mancanza <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>cazione, che ci troviamo a Venezia, città eterna, in cui<br />

il tempo <strong>non</strong> passa; e <strong>si</strong> ritrovano, anche se con qualche segno cambiato, vizi e <strong>di</strong>fetti<br />

comuni all’umanità, nel volgere della storia; e basta un poco <strong>di</strong> attenzione per riconoscere il<br />

corrispondente attuale. (…)<br />

Il giuoco è talmente gustoso, e <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> una Felice talmente adatta a parti <strong>di</strong> forza,<br />

che qui, per la prima volta, il ritmo <strong>si</strong> fa ripetizione, anche per mostrare quanto la re<strong>si</strong>stenza<br />

dei rusteghi <strong>si</strong>a dura, pronta a riprender fuoco quando sembra domata, e alla fine debba<br />

apparire chiaro che Lunardo <strong>si</strong> arrende <strong>non</strong> alla ragione ma alla forza maggiore. Ma <strong>non</strong> è<br />

detto… Delle regie <strong>di</strong> Castri, <strong>non</strong> tutte dello stesso peso e della stessa mira precisa, questa ci<br />

pare senza dubbio la più interessante: il regista ha il suo stile <strong>di</strong> racconto, <strong>di</strong> un umorismo<br />

verbale e gestuale raro nel nostro <strong>teatro</strong>, ha i suoi affon<strong>di</strong> <strong>di</strong> pedale, crea un mondo <strong>di</strong><br />

personaggi uno <strong>di</strong>verso dall’altro, pur nella somiglianza delle po<strong>si</strong>zioni, e, come chi ha<br />

qualcosa <strong>di</strong> importante da <strong>di</strong>re, picchia sempre con <strong>si</strong>curezza sullo stesso chiodo. La<br />

scenografia <strong>di</strong> Antonio Fiorentino <strong>si</strong> manifesta come un sogno, per poi <strong>di</strong>ventare trasparente<br />

realtà. I costumi <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>a Calvare<strong>si</strong> hanno anch’es<strong>si</strong>, con molta <strong>di</strong>screzione, una nota<br />

ironica. Le mu<strong>si</strong>che <strong>di</strong> Bruno Franceschi sembrano voler accompagnare, più o meno<br />

vistosamente, i movimenti o i ritmi del <strong>di</strong>alogo. (…)<br />

Una nota importante, per finire: I Rusteghi fu prodotto l’anno scorso da Veneto<strong>teatro</strong>. Ma il<br />

costume sovietico, che governa le sorti del nostro <strong>teatro</strong>, avendo deciso <strong>di</strong> smetterla per<br />

passare ad altro, ha visto con inau<strong>di</strong>ta sorpresa assessoriale, gli interpreti staccar<strong>si</strong> in blocco,<br />

regista incluso, da Veneto<strong>teatro</strong> e formare una Compagnia goldoniana del Bicentenario, con<br />

paghe al minimo <strong>si</strong>ndacale. Quanto sarebbe piaciuto a Goldoni questo fatto. I lunghi,<br />

interminabili applau<strong>si</strong> hanno premiato anche questo atto <strong>di</strong> civiltà e <strong>di</strong> coraggio.<br />

Giorgio Prosperi, Splen<strong>di</strong>do l’allestimento dell’opera <strong>di</strong> Goldoni, in scena al Teatro Quirino. “I<br />

Rusteghi” sconfitti dalle donne, <strong>«Il</strong> Tempo», venerdì 11 <strong>di</strong>cembre 1992.<br />

139


Più ritmo per la gran comme<strong>di</strong>a del “Ventaglio”<br />

Tutto bene, insomma, sulla carta; e tutto <strong>non</strong> più che <strong>di</strong>screto, invece, almeno per ora, nella<br />

realtà dello spettacolo, dove mi è parsa già a buon punto la resa momico vocale dei<br />

personaggi ( particolarmente go<strong>di</strong>bile nel Conte <strong>di</strong> Mario Valgoi e nella Giannina <strong>di</strong> Stefania<br />

Felicioli, ma apprezzabile anche in Daniele Griggio, in Wanda Benedetti, in <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>,<br />

e <strong>di</strong>rei un po’ in tutti), ma dove ho trovato ancora carente, forse per i problemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza e<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sper<strong>si</strong>one creati, qui al Teatro Romano <strong>di</strong> Verona, dal plein air e dalle <strong>di</strong>men<strong>si</strong>oni del<br />

palcoscenico, proprio quel ritmo, quell’infallibile rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> incastri, quella “geometria” in cui,<br />

secondo la maggior parte degli stu<strong>di</strong>o<strong>si</strong>, è da ravvisare la mas<strong>si</strong>ma peculiarità espres<strong>si</strong>va<br />

della comme<strong>di</strong>a.<br />

Giovanni Raboni, Più ritmo per la gran comme<strong>di</strong>a del “Ventaglio”, <strong>«Il</strong> Corriere della Sera», 14<br />

luglio 1993.<br />

“Racconto d’inverno” <strong>di</strong> William Shakespeare al <strong>teatro</strong> Biondo <strong>di</strong> Palermo<br />

Si è conclusa al <strong>teatro</strong> Biondo <strong>di</strong> Palermo la serie <strong>di</strong> repliche del Racconto d’inverno <strong>di</strong><br />

William Shakespeare, prodotta dall’Ente Teatro <strong>di</strong> Mes<strong>si</strong>na per la regia <strong>di</strong> Roberto<br />

Guicciar<strong>di</strong>ni. L’opera shakespeariana ha saputo regalare momenti <strong>di</strong> intensa emozione,<br />

grazie soprattutto ad interpreti della bravura <strong>di</strong> Pamela Villore<strong>si</strong> (Ermione/Per<strong>di</strong>ta), Giulio<br />

Brogi (Leonte) e, particolarmente, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Paulina).<br />

La trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> re Leonte che, in preda ad una folle gelo<strong>si</strong>a accusa la moglie innocente e<br />

l’amico Polissene, <strong>si</strong> è andata <strong>di</strong>spiegando in maniera efficace, in virtù della sapiente regia <strong>di</strong><br />

Guicciar<strong>di</strong>ni e dell’abilità degli interpreti; lo spettatore è rimasto altamente coinvolto dal<br />

ritmo narrativo delle vicende che hanno portato rapidamente allo sfacelo <strong>di</strong> una stirpe reale<br />

e alla morte <strong>di</strong> più innocenti, (Mamilio, Antigono).<br />

La bravura <strong>di</strong> Guicciar<strong>di</strong>ni è apparsa tanto più evidente in quanto il regista è riuscito a far sì<br />

che l’intreccio <strong>non</strong> risentisse del robusto intervallo <strong>di</strong> tempo (se<strong>di</strong>ci anni) tra la condanna a<br />

morte dell’innocente ritenuta frutto del peccato (Per<strong>di</strong>ta) e il suo ritorno dal padre in Sicilia,<br />

in virtù <strong>di</strong> uno stratagemma del leale ed astuto Camillo. La vicenda, <strong>si</strong> sa, termina con il<br />

ricongiungimento <strong>di</strong> Leonte, Per<strong>di</strong>ta ed Ermione, quest’ultima ritenuta morta per tutti i se<strong>di</strong>ci<br />

anni e tenuta invece nascosta, perché condannata dal re, dalla fedele Paolina. Re, regina e<br />

figlia ritrovata <strong>si</strong> riuniranno nuovamente, con l’aggiunta <strong>di</strong> Florizel, figlio <strong>di</strong> Polissene che,<br />

ricambiato, ama Per<strong>di</strong>ta.<br />

Detto ciò, è il caso <strong>di</strong> soffermar<strong>si</strong> sulla figura <strong>di</strong> Paulina perché l’opera stessa lo impone.<br />

Colpisce, infatti, lo scontro tra due personalità, Leonte e Paulina, egualmente forti, ma<br />

animate da moti <strong>di</strong>ver<strong>si</strong>: Leonte, il re prevaricatore, nella sua folle gelo<strong>si</strong>a è deciso a tutto e<br />

<strong>non</strong> ha e<strong>si</strong>tazione neanche nell’accanir<strong>si</strong> sull’infante senza colpa; per contro Paulina, ferma,<br />

irosa ma <strong>non</strong> rabbiosa, consapevole del proprio dovere tanto quanto della correttezza delle<br />

proprie azioni, affronta praticamente da sola la furia del re. Con la sua immagine fanno<br />

<strong>si</strong>ngolare e triste contrasto gli altri cortigiani, compreso suo marito, il buono ma remis<strong>si</strong>vo<br />

Antigono, che <strong>non</strong> hanno il coraggio <strong>di</strong> fermare Leonte. Sullo sfondo, innocenza violata, la<br />

140


egina Ermione, le cui sofferenze sono parse, se pos<strong>si</strong>bile, qua<strong>si</strong> acuite dalla maestria <strong>di</strong><br />

Pamela Villore<strong>si</strong> che, con altrettanta bravura ha impersonato anche la figlia Per<strong>di</strong>ta.<br />

Più che meritati gli applau<strong>si</strong> per regia, cast e scenografie, queste ultime realizzate me<strong>di</strong>ante<br />

il <strong>si</strong>ngolare utilizzo <strong>di</strong> pannelli in alluminio.<br />

Vito La Paglia, “Racconto d’inverno” <strong>di</strong> William Shakespeare al <strong>teatro</strong> Biondo <strong>di</strong> Palermo,<br />

«Prometheus, Quin<strong>di</strong>cinale <strong>di</strong> informazione culturale», Anno I, n. 23, 15 aprile 2002.<br />

Su il <strong>si</strong>pario, debutta “Il fiore del dolore”<br />

Il Biondo mette in scena il prete e il suo assas<strong>si</strong>no<br />

C’è una fitta trama <strong>di</strong> corde, sul palcoscenico del <strong>teatro</strong> Biondo, fili su fili che <strong>di</strong>segnano<br />

sempre la stessa astrazione: un groviglio <strong>di</strong> interrogativi e verità pos<strong>si</strong>bili, un itinerario <strong>di</strong><br />

conoscenza che <strong>si</strong> attorciglia su se stesso e approda al riscatto attraverso la fede, è lo<br />

scenario scelto dal regista Pietro Carriglio per Il fiore del dolore <strong>di</strong> Mario Luzi, omaggio<br />

appas<strong>si</strong>onato che a <strong>di</strong>eci anni dall’omici<strong>di</strong>o, il <strong>teatro</strong> Biondo de<strong>di</strong>ca alla memoria <strong>di</strong> padre<br />

Pino Pugli<strong>si</strong>. (…) <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, invece, è madre Vincenza. «Rappresento il pen<strong>si</strong>ero<br />

religioso <strong>di</strong> Luzi – racconta l’attrice – <strong>di</strong> fronte alle domande della gente comune, sono la<br />

risposta <strong>di</strong> una fede cattolica molto sentita che spiega ogni evento all’interno <strong>di</strong> un<br />

imperscrutabile <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>vino».<br />

Laura Nobile, Su il <strong>si</strong>pario, debutta “Il fiore del dolore” - Il Biondo mette in scena il prete e il<br />

suo assas<strong>si</strong>no, «La Repubblica», 28 marzo 2003.<br />

“L’Assas<strong>si</strong>nio”? Una convincente produzione del Biondo <strong>di</strong> Palermo<br />

(…) Ma a <strong>di</strong>spetto del tema remoto, Assas<strong>si</strong>nio nella cattedrale <strong>di</strong> Thomas Steams Eliot, al<br />

Teatro Biondo fino a ieri pomeriggio, vuoi per la felice traduzione <strong>di</strong> Giovanni Raboni, vuoi<br />

per la mano delicatamente ispirata che Carriglio regista vi impone, vuoi per la bravura con la<br />

quale Giulio Brogi mostra <strong>di</strong> saper<strong>si</strong> svestire dei panni su<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Peachum per vestire quelli<br />

can<strong>di</strong><strong>di</strong> <strong>di</strong> un vescovo caparbiamente deciso a servire il suo vero Re, è <strong>di</strong> rara modernità,<br />

<strong>di</strong>spiegando<strong>si</strong> come omaggio ad un senso <strong>di</strong> libertà che nessun potere, ancorché sostenuto<br />

dalla minaccia delle armi, <strong>può</strong> sottomettere ed annientare. (…)<br />

Ma gran bel contributo, anche nei ruoli secondari, quello dato alla coralità dell’azione da<br />

tutto il compo<strong>si</strong>to cast dello Stabile palermitano, fluidamente dentro lo scorrere degli eventi<br />

punteggiato da una speciale attenzione alla recitazione dei ver<strong>si</strong>, quanto alle pause, <strong>si</strong>cché<br />

alla fine è davvero come una sorta <strong>di</strong> magico respiro impregnato d’elevazione che lo<br />

spettacolo lascia allo spettatore. E inci<strong>si</strong>vo davvero il momento dello sgomento delle donne<br />

dopo l’ucci<strong>si</strong>one del vescovo, con le lunghe pause che scan<strong>di</strong>scono lo scoramento e la<br />

contenuta <strong>di</strong>sperazione, per cui oltre a <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, - superba nel lungo monologo con il<br />

141


corpo incastrato nelle fondamenta della cattedrale e la testa a cercare il <strong>di</strong>segno della luce –<br />

una menzione meritano almeno Liliana Paganini e Stefania Blandeburgo. (…)<br />

Giuseppe Drago, “L’Assas<strong>si</strong>nio”? Una convincente produzione del Biondo <strong>di</strong> Palermo,<br />

«Prometheus, Quin<strong>di</strong>cinale <strong>di</strong> informazione culturale», anno III, n. 71, lunedì 16 febbraio<br />

2004.<br />

La trage<strong>di</strong>a borghese <strong>di</strong> un padre bambino<br />

“Il padre”, <strong>di</strong> August Strindberg<br />

Grande trage<strong>di</strong>a Il padre, brucia via come una saetta, rapidamente e con enorme dolore,<br />

illuminando al calor bianco la <strong>si</strong>tuazione <strong>di</strong> scontro fra uomo e donna al centro della poetica<br />

misogina dell’autore svedese. (…)<br />

Al centro Or<strong>si</strong>ni <strong>di</strong> un cast in cui, se rilevanti sono le presenze <strong>di</strong> Manuela Mandracchia (la<br />

moglie) e <strong>di</strong> Alarico Salaroli, la veterana <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> <strong>si</strong> staglia in maniera superba,<br />

facendo della sua balia un piccolo cammeo.<br />

Domenico Rigotti, La trage<strong>di</strong>a borghese <strong>di</strong> un padre bambino, «Hystrio, trimestrale <strong>di</strong> <strong>teatro</strong><br />

e spettacolo», n. 1, anno 2006, p. 95.<br />

142


TEATROGRAFIA<br />

1956<br />

Donna del Para<strong>di</strong>so, Mistero della Natività, Pas<strong>si</strong>one e Resurrezione <strong>di</strong> Nostro Signore, tratto<br />

da lau<strong>di</strong> dei secoli XIII e XIV, ad opera <strong>di</strong> Silvio D‟Amico. Regia <strong>di</strong> Orazio Costa. Con la<br />

partecipazione degli Allievi dell‟Accademia nazionale d‟Arte drammatica “Silvio D‟Amico” ed il<br />

Coro Polifonico Romano. Interpreti: Gabriella Andreini, Giuseppe Borrelli, Giovanni Briccos,<br />

Alba Car<strong>di</strong>lli, Angela Cavo, Giovanna D‟Argenzio, Solveig D‟Assunta, Manlio De Angelis,<br />

Mas<strong>si</strong>mo De Francovich, Aldo De Palma, Renée Dominis, Maria Teresa Espo<strong>si</strong>to, Clementina<br />

Filipponi, Anna Rosa Garatti, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (la Madonna), Paolo Giuranna, Maurizio Gueli,<br />

Mario Lical<strong>si</strong>, Carmelo Mes<strong>si</strong>na, Fabrizio Montaccini, Renato Mori, Gianfranco Ombuen,<br />

Glauco Onorato, Umberto Or<strong>si</strong>ni, Fulvia Pedace, Sandro Pellegrini, Rosanna Pilolli, Onorato<br />

Romano, Osvaldo Ruggieri, Carlo Sabatini, Anna Settembre, Concetta Tomaino, Marcello<br />

Tusco, Gianmaria Volonté. Prima: Roma, Teatro Quirino, 30 marzo 1956.<br />

Liolà <strong>di</strong> Luigi Pirandello. Presentato dall‟Accademia nazionale d‟Arte drammatica “Silvio<br />

D‟Amico”. Regia <strong>di</strong> Orazio Costa. Interpreti: Giorgio De Lullo, Sergio Tofano, Wanda<br />

Capodaglio, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (giovane conta<strong>di</strong>na), Rossella Falk, Fulvia Mammi, Bice Valori,<br />

Edmonda Al<strong>di</strong>ni, Elsa Polvero<strong>si</strong>, Gabriella Andreini, Giovanna D‟Argenzio, Bianca Galvan,<br />

Cesare Costantino, Giancarlo Zarfati, Giuseppe Picchi, Alba Car<strong>di</strong>lli, Angela Cavo, Solveig<br />

D‟Assunta, Teresa Espo<strong>si</strong>to, Cristina Mascitelli, Teresa Settembre, Concetta Tomaino, Mario<br />

Lical<strong>si</strong>. Scene: Virgilio Marchi. Costumi: Maria De Matteis. Mu<strong>si</strong>che <strong>di</strong> scena: Roman Vlad.<br />

Regista as<strong>si</strong>stente: Mario Ferrero. As<strong>si</strong>stenti alla regia: Andrea Camilleri, Giacomo Colli.<br />

Suggeritore: Gianmaria Volonté. Prima: Biennale <strong>di</strong> Venezia, XV Festival Internazionale del<br />

<strong>teatro</strong> <strong>di</strong> prosa, Venezia, Teatro La Fenice, 29 luglio 1956.<br />

L‟angelo <strong>di</strong> Luigi Santucci, dramma vincitore del Concorso ban<strong>di</strong>to dalla Pro Civitate<br />

Christiana sul tema Gli uomini hanno bisogno <strong>di</strong> Cristo, <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Orazio Costa. Regia <strong>di</strong><br />

Mario Ferrero. Interpreti: Giorgio Albertazzi, Irene Aloi<strong>si</strong>, Corrado Nar<strong>di</strong>, Orazio Orlando,<br />

Gianmaria Volontè, Isabella Bol<strong>si</strong>, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (una delle anime), Angela Cavo, Raffaele<br />

Meloni, Aldo De Palma, Gianni Briccos. Prima: XIV Corso <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Cristiani, Anfi<strong>teatro</strong> della<br />

cittadella cristiana, As<strong>si</strong><strong>si</strong>, 28 agosto 1956.


1957<br />

Nostra Dea <strong>di</strong> Mas<strong>si</strong>mo Bontempelli. Presentato dall‟Accademia nazionale d‟Arte drammatica<br />

“Silvio D‟Amico”. Regia dell‟allieva Vilda Ciurlo. Interpreti: Umberto Or<strong>si</strong>ni, Gian Maria<br />

Volontè, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Dea), M. Francesca Benedetti, Manlio De Angelis, Mario Mis<strong>si</strong>roli,<br />

M. Elena Zen, M. Teresa Lauri, Alba Car<strong>di</strong>lli, Osvaldo Cattone, Attilio Cucari, Angela Car<strong>di</strong>le,<br />

Giuseppe Danieli, Rossana Ingino, Manuela Andrei, Vera Besusso, Giuseppina Greci, Mario<br />

Lical<strong>si</strong>, Giuliana Lojo<strong>di</strong>ce, M. Pia Nardon, Eros Pagni, Giacomo Piperno, Ferruccio Soleri, Luisa<br />

Tirinnanzi. As<strong>si</strong>stenti alla regia: Raffaele Meloni, Sandro Sequi. Scene e costumi: Maurizio<br />

Monteverde. Arrangiamenti mu<strong>si</strong>cali: Domenico Dall‟Aera. Prima: Roma, Teatrino Eleonora<br />

Duse, Via Vittoria, 27 marzo 1957.<br />

Ifigenia in Tauride <strong>di</strong> Euripide. Traduzione <strong>di</strong> Elda Bos<strong>si</strong>. Regia <strong>di</strong> Orazio Costa e Mario<br />

Ferrero. Interpreti: Lilla Brig<strong>non</strong>e, Enrico Maria Salerno, Osvaldo Ruggieri, Alberto Lupo,<br />

Andrea Bo<strong>si</strong>c, Franco Grazio<strong>si</strong>, Edmonda Al<strong>di</strong>ni, <strong>Gianna</strong> Pederzini, Stella Aliquò, Delia<br />

Bartolucci, Maria Francesca Benedetti, Ornella Cappellini, Mirella Castiglione, Giovanna D‟<br />

Argenzio, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (coro delle ancelle), Marisa De Marchi, Giovannella Di Cosmo,<br />

Mirella Gregori, Cristina Mascitelli, Serena Michelotti. Coreografie: Aurelio M. Milloss.<br />

Mu<strong>si</strong>che: Roman Vlad. Scene: Giovanni Miglioli. Costumi: Maria De Matteis. Produzione:<br />

Istituto Nazionale del Dramma Antico. Prima: Taormina, Teatro Greco Romano, 20 luglio<br />

1957.<br />

1958<br />

Lina ed il cavaliere, comme<strong>di</strong>a mu<strong>si</strong>cale <strong>di</strong> Franca Valeri, Vittorio Caprioli, Giuseppe Patroni<br />

Griffi, Enrico Me<strong>di</strong>oli. Direzione artistica: Vittorio Caprioli. Interpreti: Franca Valeri, Vittorio<br />

Caprioli, Nora Ricci, Joseph De Souza, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Mina), Nando Greco, Franco<br />

Guandalini, Sandro Pellegrini, Mas<strong>si</strong>mo Pietrobon, Angelo Zanolli. Mu<strong>si</strong>che originali <strong>di</strong><br />

Fiorenzo Carpi. Scene: Danilo Donati (da un‟idea <strong>di</strong> Coltellacci). Costumi: Danilo Donati.<br />

Organizzazione: Ente Teatrale Italiano. Prima: Roma, Teatro Valle, 17 gennaio 1958.<br />

Veglia la mia casa, angelo <strong>di</strong> Ketty Frings e Thomas Wolfe, traduzione <strong>di</strong> Suso Cecchi<br />

D‟Amico. Regia <strong>di</strong> Luchino Visconti. Interpreti: Lilla Brig<strong>non</strong>e, Corrado Pani, Adriana Asti,<br />

Mario Valdemarin, Annibale Ninchi, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Helen Gant), Elvira Cortese. Scene:<br />

Mario Garbuglia. Compagnia <strong>di</strong> Lilla Brig<strong>non</strong>e. Prima: Roma, Teatro Quirino, 8 ottobre 1958.<br />

144


1959<br />

Le ragazze bruciate ver<strong>di</strong> <strong>di</strong> Gian Paolo Callegari. Regia <strong>di</strong> Daniele D‟Anza. Interpreti: Carlo<br />

D‟Angelo, Lola Braccini, Lia Zoppelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Na<strong>di</strong>a), Gabriella Andreini, Mino<br />

Cundari, Michele Malaspina, Renzo Giovampietro, Silvano Tranquilli, Teresa Ronchi.<br />

Compagnia D‟Angelo-Zoppelli-Braccini-Giovampietro. Prima: Roma, Teatro delle Arti, 28<br />

gennaio 1959.<br />

Portava la maschera <strong>di</strong> Alessandro De Stefani. Regia <strong>di</strong> Giorgio Ban<strong>di</strong>ni. Interpreti: Carlo<br />

D‟Angelo, Lia Zoppelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Renzo Giovampietro, Michele Malaspina, Mico<br />

Cundari. Compagnia D‟Angelo-Zoppelli-Giovampietro. Prima: Roma, Teatro delle Arti, 6<br />

marzo 1959.<br />

1960<br />

Gog e Magog <strong>di</strong> Gabriel Arout. Regia <strong>di</strong> Ugo Tognazzi. Interpreti: Ugo Tognazzi (Giuliano),<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (moglie <strong>di</strong> Giuliano), Antonella Steni, Mico Cundari, Severini, Carloni.<br />

Compagnia Ugo Tognazzi. Prima: Roma, Teatro Quirino, 18 ottobre 1960.<br />

1961<br />

Uomo e Superuomo <strong>di</strong> George Bernard Shaw. Regia <strong>di</strong> Luigi Squarzina. Interpreti: Alberto<br />

Lionello, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Anna), Paola Man<strong>non</strong>i, Giancarlo Dettori, Carlo Hintermann, Carlo<br />

Cataneo, Nico Pepe, Gino Bardellini, Eros Pagni. Scene e costumi: Pier Luigi Pizzi.<br />

Compagnia del Teatro Stabile <strong>di</strong> Genova. Prima: Genova, Teatro Stabile, 16 febbraio 1961.<br />

La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui <strong>di</strong> Bertolt Brecht. Regia <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o. Interpreti:<br />

Franco Parenti, Sergio Tofano, Vittorio Sanipoli, Andrea Matteuzzi, Mimmo Craig, Giulio Oppi,<br />

Stefano Svevo, Gianni Mante<strong>si</strong>, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Signora Dolfuss), Adriana Asti, Giovanna<br />

Pellizzi. Scene e costumi: Mischa Scandella. Compagnia del Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino. Prima:<br />

Teatro Carignano, 1 settembre 1961.<br />

La cameriera brillante <strong>di</strong> Carlo Goldoni. Regia <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o. Interpreti: Sergio<br />

Tofano, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Argentina), Franco Parenti, Checco Rissone, Giovanna Pellizzi,<br />

Adriana Asti, Mimmo Craig, Renzo Giovampietro. Scene e costumi: Mischa Scandella.<br />

Compagnia del Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino. Venezia, ottobre 1961.<br />

Don Giovanni involontario <strong>di</strong> Vitaliano Brancati. Regia <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o. Interpreti:<br />

Renzo Giovampietro, Franco Parenti, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Cecilia Sacchi, Giovanna Pellizzi,<br />

145


Isabella Riva, Annamaria Bottini, Cristiano Cen<strong>si</strong>, Giulio Oppi, Mimmo Craig, Carla<br />

Parmeggiani. Scene e costumi: Emanuele Luzzati. Compagnia del Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino.<br />

Prima: Torino, Teatro Stabile, 28 novembre 1961.<br />

1962<br />

La moscheta, ovvero la comme<strong>di</strong>a del parlar fino <strong>di</strong> Ruzante, adattamento <strong>di</strong> Gianfranco De<br />

Bo<strong>si</strong>o e Ludovico Zorzi. Regia <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o. Interpreti: Franco Parenti, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> (Betìa), Alessandro Espo<strong>si</strong>to, Virgilio Zernit, Gino Cavalieri. Scene e costumi: Mischa<br />

Scandella. Compagnia del Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino. Tournèè in Italia e a Barcellona, Madrid,<br />

1962.<br />

L‟ufficiale reclutatore <strong>di</strong> George Farquhar, traduzione <strong>di</strong> L. Bonino. Regia <strong>di</strong> Gianfranco De<br />

Bo<strong>si</strong>o e Franco Parenti. Interpreti: Franco Parenti, Giulio Oppi, Osvaldo Ruggieri, Mimmo<br />

Craig, Carla Gravina, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>. Scene. Mischa Scandella. Costumi: Eugenio<br />

Guglielminetti. Mu<strong>si</strong>che <strong>di</strong> Giancarlo Chiaramello. Compagnia del Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino.<br />

Prima: Teatro Carignano, 24 novembre 1962.<br />

1964<br />

L‟uomo, la bestia e la virtù <strong>di</strong> Luigi Pirandello. Regia <strong>di</strong> Franco Parenti. Interpreti: <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> (Signora Perella), Franco Parenti, Lino Troi<strong>si</strong>. Produzione Teatro Stabile <strong>di</strong> Palermo.<br />

J.B. <strong>di</strong> Archibald Mac Leish. Regia <strong>di</strong> Franco Parenti. Interpreti: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Sara),<br />

Franco Parenti. Scene e costumi: Eugenio Guglielminetti. Produzione Teatro Stabile <strong>di</strong><br />

Palermo.<br />

Don Giovanni <strong>di</strong> Molière, riduzione <strong>di</strong> Bertolt Brecht, Benno Besson, Elizabeth Hauptmann.<br />

Regia <strong>di</strong> Benno Besson. Interpreti: Franco Parenti, Sandro Dori, Gualtiero Rizzi, Maria Teresa<br />

Bax, Sebastiano Calabrò, Carlo Formigoni, Gigi Reder, Franco Morillo, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

(Carlotta, figlia <strong>di</strong> pescatore), Carmen Scarpitta, Mino Bellei, Geo Corsaro, Elvira Cortese,<br />

Margarita Puratich, Manfre<strong>di</strong> Frataccia, Vincenzo Fontana, Pier Giorgio Siino, Roberto<br />

Sala<strong>di</strong>no. Scene e costumi: Philippe Pilliod. Mu<strong>si</strong>che: Jean Baptiste Lully. Produzione del<br />

Teatro Stabile <strong>di</strong> Palermo. Prima: Palermo, Teatro Stabile, 1 marzo 1964.<br />

1965<br />

Tre sorelle <strong>di</strong> Anton Pavlovic Cechov, traduzione <strong>di</strong> Gerardo Guerrieri. Regia <strong>di</strong> Giorgio De<br />

Lullo. Interpreti: Mas<strong>si</strong>mo De Francovich, Rossella Falk, Elsa Albani, Elena Cotta, Romolo<br />

146


Valli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Natascia), Enzo Tarascio, Piero Sammataro, Carlo Giuffré, Ferruccio<br />

De Ceresa, Italo Dall‟Orto, Salvatore Puntillo, Luigi Battaglia, Italia Marche<strong>si</strong>ni, Gabriella<br />

Gabrielli, Nino Segurini, Sebastiano Calabrò, Franco Barbi, Pietro Tempestati, Maria Rosaria<br />

Paolini. Scene e costumi: Pier Luigi Pizzi. Compagnia dei Giovani. Roma, Teatro Eliseo,<br />

gennaio 1965.<br />

I due gentiluomini <strong>di</strong> Verona <strong>di</strong> William Shakespeare, traduzione Gerardo Guerrieri. Regia <strong>di</strong><br />

Giorgio De Lullo. Interpreti: Franco Parenti, Glauco Mauri, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Lucietta), Carla<br />

Gravina, Piero Sammataro, Mas<strong>si</strong>mo De Francovich, Elena Cotta, Alessandro Espo<strong>si</strong>to,<br />

Mas<strong>si</strong>mo Foschi. Scene: Pier Luigi Pizzi. Verona, 1965.<br />

1966<br />

Il cilindro, uno dei due atti unici dello spettacolo Due giorni <strong>di</strong>spari (Atti: Il cilindro e Dolore<br />

sotto chiave) <strong>di</strong> Eduardo De Filippo. Regia <strong>di</strong> Eduardo De Filippo. Interpreti: <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>, Eduardo De Filippo, Regina Bianchi, Franco Parenti, Gennaro Di Napoli. Roma,<br />

Teatro Quirino, febbraio 1966.<br />

Il mondo è quello che è <strong>di</strong> Alberto Moravia. Regia <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o. Interpreti: Franco<br />

Parenti, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Pupa), Karola Zopegni, Roberto Bisacco, Mas<strong>si</strong>mo De Francovich,<br />

Paola Bacci, Italo Dall‟Orto, Valerio Ruggeri, Nera Donati. Scene: Riccardo Manzi. Costumi:<br />

Brunetta. Produzione Teatro Stabile <strong>di</strong> Torino. Prima: Venezia, XXV Festival Internazionale<br />

della Prosa, Teatro La Fenice, 8 ottobre 1966.<br />

1967<br />

Il Volpone <strong>di</strong> Ben Jonson, riduzione <strong>di</strong> Roberto Guicciar<strong>di</strong>ni e Franco Parenti. Regia <strong>di</strong><br />

Roberto Guicciar<strong>di</strong>ni. Interpreti: Franco Parenti, Carlo Bagno, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Putta Alice),<br />

Alfredo Bianchini, Piero Nuti, Luciano Virgilio. Scene e costumi: Lorenzo Ghiglia. Firenze,<br />

Teatro Romano <strong>di</strong> Fiesole, luglio 1967.<br />

1968<br />

Il bagno <strong>di</strong> Vla<strong>di</strong>mir Majakovskij, traduzione <strong>di</strong> Giuseppe Mariano. Regia <strong>di</strong> Franco Parenti.<br />

Interpreti: Franco Parenti, Giulio Girola, Lola Bonora, Elettra Bisetti, Italo Dall‟Orto, Paolo<br />

Pozzi, Giorgio Trestini, Renato Montanari, Marco Gui<strong>di</strong>, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (la donna<br />

fosforescente), Quinto Parmeggiani, Andrea Matteuzzi, Benedetta Barzini, Luigi Castejon,<br />

Giorgio Cerri, Gianni Cavina, Giulio Pizzirani, Nada Fraschi, Adolfo Milani, Gloria Bonfiglioli,<br />

Silvano Chinni, Angela De Sanctis, Piero Filiberti, Giglio Meloni, Clau<strong>di</strong>a Viero, Anita Zanarini,<br />

147


Gianni Bacchilega. Scene: Enrico Manelli. Costumi: Ivano Mantovani. Mu<strong>si</strong>che: Mario Baroni.<br />

Produzione del Teatro Stabile <strong>di</strong> Bologna. Prima: Bologna, Teatro Duse, 8 marzo 1968.<br />

La commessa <strong>di</strong> Luigi Diemoz. Novità assoluta in due atti unici, presentata con La mosca.<br />

Regia <strong>di</strong> Franco Parenti. Interpreti: Franco Parenti, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Signorina Nasturzio),<br />

Benedetta Barzini. Scene e costumi: Elena Mannini. Produzione del Teatro Stabile <strong>di</strong><br />

Bologna. Bologna, Teatro La Ribalta, aprile 1968.<br />

Socrate immaginario <strong>di</strong> Abate Fer<strong>di</strong>nando Galiani, adattamento <strong>di</strong> Giovanni Poli e Nino<br />

Taranto. Regia <strong>di</strong> Giovanni Poli. Interpreti: Nino Taranto, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Donna Rosa –<br />

Santippe), Maria Grazia Sughi, Anita Laurenzi, Pietro Bion<strong>di</strong>, Emilio Cappuccio, Carlo Taranto,<br />

Marina Pagano, Franco Mazzieri, Leo Pantaleo, Franco Marchesani, Umberto Liberati. Scene<br />

e costumi: Mischa Scandella. Produzione del Teatro Stabile dell‟Aquila. L‟Aquila, Cortile del<br />

Campanara, luglio 1968.<br />

1970<br />

Chicchignola <strong>di</strong> Ettore Petrolini. Regia <strong>di</strong> Maurizio Scaparro. Interpreti: Mario Scaccia, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>. Scene e costumi: Roberto Francia. Produzione del Teatro Stabile <strong>di</strong> Bolzano.<br />

Cosa <strong>di</strong>rà la gente? (due atti unici: Non andartene in giro tutta nuda e Leonie in anticipo) <strong>di</strong><br />

George Feydeau. Regia <strong>di</strong> Mario Scaccia. Interpreti: Mario Scaccia, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

Produzione del Teatro Stabile <strong>di</strong> Bolzano.<br />

Magia rossa <strong>di</strong> Michel De Ghelderode, traduzione <strong>di</strong> Ros<strong>si</strong>ni Nicoletti. Regia <strong>di</strong> Maurizio<br />

Scaparro. Interpreti: Mario Scaccia, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>. Scene e costumi: Roberto Francia.<br />

Produzione del Teatro Stabile <strong>di</strong> Bolzano.<br />

1971<br />

L‟uomo nero <strong>di</strong> Paolo Poli e Ida Omboni. Regia <strong>di</strong> Paolo Poli. Interpreti: Paolo Poli, Edoardo<br />

Borioli, Pierino Dotti, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (vari personaggi), Manuel Manfre<strong>di</strong>, Angiolina<br />

Quinterno, Rodolfo Traversa. Scene: Raffaele Giove. Prima: Prato, Teatro Metasta<strong>si</strong>o, 19<br />

novembre 1971.<br />

1972<br />

Il malloppo <strong>di</strong> Joe Orton. Regia <strong>di</strong> Sandro Sequi. Interpreti: Mario Scaccia, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>,<br />

Tullio Valli. Produzione del Teatro Stabile <strong>di</strong> Bolzano.<br />

148


1973<br />

Il mercante <strong>di</strong> Venezia <strong>di</strong> William Shakespeare. Regia <strong>di</strong> Mario Scaccia. Interpreti: Mario<br />

Scaccia, Gianfranco Ombuen, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Porzia), Giorgio Favretto, Lucio Rosato,<br />

Edoardo Sala, Luciano Luciani, Adriano Bona, Pippo Degara, Lucio Allocca, Stefania<br />

Romagnoli, Carla Macelloni, Roberto Ros<strong>si</strong>ni. Scene e costumi: Mario Padovani. Roma,<br />

Teatro Parioli.<br />

1974<br />

Il malato immaginario <strong>di</strong> Molière, traduzione <strong>di</strong> Cesare Garboli. Regia <strong>di</strong> Giorgio De Lullo.<br />

Interpreti: Romolo Valli, Franco Parenti, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (la serva Tonina), Mauro Avogadro,<br />

Antonella Bal<strong>di</strong>ni. Scene: Pier Luigi Pizzi. Festival dei due mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> Spoleto, XVII e<strong>di</strong>zione,<br />

1974.<br />

1975<br />

Tutto per bene <strong>di</strong> Luigi Pirandello. Regia <strong>di</strong> Giorgio De Lullo. Interpreti: Romolo Valli, Mino<br />

Bellei, Isabella Guidotti, Gianrico Ton<strong>di</strong>nelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Signora Barbetti), Mauro<br />

Avogadro, Anita Bartolucci, Antonio Meschini. Scene e costumi: Pier Luigi Pizzi. Roma, Teatro<br />

Eliseo.<br />

1976<br />

Le allegre comari <strong>di</strong> Windsor <strong>di</strong> William Shakespeare. Traduzione, adattamento e regia <strong>di</strong><br />

Orazio Costa. Interpreti: Tino Buazzelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Lady Page), Daniele Valmoggi,<br />

Alberto Ricca, Giampaolo Pod<strong>di</strong>ghe, Gianfranco Ombuen, Sandro Ros<strong>si</strong>, Fabrizio Mazzotta,<br />

Antonio Meschini, Tullio Solenghi, Pino Manzari, Sandro Dori, Donato Castellaneta, Orazio<br />

Stracuzzi, Natale Russo, Mario Bussolino, Ilaria Occhini, Francesca Benedetti. Scene, costumi<br />

e maschere: Giacomo Calò Carducci e Dafne Ciarrocchi. Mu<strong>si</strong>che d‟epoca scelte e trascritte<br />

da Sergio Pro<strong>di</strong>go, eseguite da Alvin Curran. Produzione Estate Teatrale Veronese. Verona,<br />

Teatro Romano, autunno 1976.<br />

1977<br />

Mephistovalzer <strong>di</strong> Sandro Bajini. Regia <strong>di</strong> Tino Buazzelli e Aurelio Pierucci. Interpreti: Tino<br />

Buazzelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Taide), Gianpaolo Pod<strong>di</strong>ghe, Donato Castellaneta. Scene e<br />

costumi: Piero Buzzichelli. Mu<strong>si</strong>che <strong>di</strong> Giovanna Busatta. Compagnia Tino Buazzelli. Milano,<br />

Teatro Nuovo, giugno 1977.<br />

149


Il borghese gentiluomo <strong>di</strong> Molière, traduzione <strong>di</strong> Cesare Garboli. Regia <strong>di</strong> Tino Buazzelli e<br />

Angelo Corti. Interpreti: Tino Buazzelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Dorimène), Andrea Matteuzzi,<br />

Donato Castellaneta, Roberto Pescara, Rita Di Lernia, Maria Grazia Sughi, Anna Macci,<br />

Fabrizio Temperini, Raffaele Bon<strong>di</strong>ni, Luigi Ottoni, Giuliano Santi, Orazio Donati, Alberto<br />

Ricca. Scene: Giacomo Calò Carducci. Costumi: Dafne Ciarrocchi. Pescara, Teatro<br />

D‟Annunzio, ottobre 1977.<br />

1978<br />

L‟uomo con le valigie <strong>di</strong> Eugène Jonesco. Regia <strong>di</strong> Tino Buazzelli, Angelo Corti e Aurelio<br />

Pierucci. Interpreti: Tino Buazzelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Andrea Matteuzzi, Donato Castellaneta,<br />

Raffaele Bon<strong>di</strong>ni, Giancarlo Pod<strong>di</strong>ghe, Alberto Ricca, Maria Grazia Sughi, Anna Macci,<br />

Roberto Pescara, Anni Girola, Maretta Di Carmine, Luigi Ottoni, Li<strong>di</strong>a Bonetti. Scene: Roberto<br />

Laganà. Mu<strong>si</strong>che: Nicolai. Bologna, Teatro Duse, maggio 1978.<br />

L‟aiuola bruciata <strong>di</strong> Ugo Betti. Regia <strong>di</strong> Tino Buazzelli. Interpreti: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Luisa),<br />

Tino Buazzelli, Andrea Matteuzzi.<br />

Le cercle de craie cauca<strong>si</strong>en <strong>di</strong> Bertolt Brecht. Adattamento: Benno Besson, Geneviève<br />

Serreau. Regia <strong>di</strong> Benno Besson. Interpreti: Philippe Avron, Liliane Becker, J.F. Bonnas<strong>si</strong>es,<br />

Christian Crahay, Jean Luc Debattice, Roland Depauw, Patrick Descamps, Patrick Donnay,<br />

Colette Emmanuelle, Stèphane Excoffier, Claude Koener, Alain Lahaye, André Lenaerts,<br />

Robert Lemaire, Christian Leonard, Gisèle Oudart, Jean-Marie Petiniot, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>,<br />

Coline Serreau, Françoise Thyrion. Scene e costumi: Ezio Toffolutti. Mu<strong>si</strong>che: Paul Dessau.<br />

Collaborazione mu<strong>si</strong>cale: Jean Pierre Mas. Luci: Jean Louis Albert. Suoni: Mark Elst.<br />

Produzione: Atelier teatrale del Louvain-la Neuve, Théatre National de Chaillot (Parigi),<br />

Festival d‟Avig<strong>non</strong>. Prima: Teatro Atelier de Louvain, 10 luglio 1978.<br />

1979<br />

La do<strong>di</strong>ce<strong>si</strong>ma notte <strong>di</strong> William Shakespeare, traduzione <strong>di</strong> Fanta<strong>si</strong>o Piccoli, adattamento <strong>di</strong><br />

Giorgio De Lullo e Romolo Valli. Regia <strong>di</strong> Giorgio De Lullo. Interpreti: Mas<strong>si</strong>mo Ranieri,<br />

Monica Guerritore, Mino Bellei, Anita Bartolucci, Gabriele Tozzi, Giovanni Crippa, Gianni<br />

Williams, Luigi Onorato, Martino Duane, Gianni Felici, Alessandro Iovino, Gino Pernice, Carlo<br />

Gravina, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Maria), Giuliano Quaglia, Cesare Guerra, Alessandro Festa, Marina<br />

150


Locchi, Co<strong>si</strong>ma Minù. Scene e costumi: Pier Luigi Pizzi. Mu<strong>si</strong>che: Nino Rota. Compagnia <strong>di</strong><br />

prosa Teatro Eliseo. Roma, Teatro Eliseo, maggio 1979.<br />

Enrico IV <strong>di</strong> Luigi Pirandello. Regia <strong>di</strong> Giorgio De Lullo, II e<strong>di</strong>zione. Collaborazione alla regia<br />

televi<strong>si</strong>va: Olga Bevacqua. Interpreti: Romolo Valli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Matilde Spina <strong>di</strong><br />

Canossa), Mariella Fenoglio, Pino Luongo, Mino Bellei, Adolfo Geri, Gian Franco Mari,<br />

Gabriele Tozzi, Gianni Felici, Alessandro Festa, Gino Pernice. Scene e costumi: Pier Luigi<br />

Pizzi. Compagnia <strong>di</strong> prosa del Teatro Eliseo. Roma, Teatro Eliseo, ottobre 1979.<br />

1980<br />

Tre sorelle <strong>di</strong> Anton Cechov, traduzione <strong>di</strong> Gerardo Guerrieri. Regia <strong>di</strong> Giorgio De Lullo.<br />

Interpreti: Mas<strong>si</strong>mo De Francovich, Carla Romanelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Olga), Anita<br />

Bartolucci, Caterina Sylos Labini, Paolo Giuranna, Sergio Fantoni, Giovanni Crippa, Gabriele<br />

Tozzi, Andrea Matteuzzi, Vanni Corbellini, Roberto Alpi, Ezio Marano, Maria Marchi, Miriam<br />

Ver<strong>di</strong>ro<strong>si</strong>, Cesare Guerra, Alessandro Festa, Maria Terenzi, Ales<strong>si</strong>a Terenzi. Scene e costumi:<br />

Pier Luigi Pizzi. Gruppo Teatro Libero Romolo Valli. Prima: Roma, Teatro Nuovo Parioli, 10<br />

ottobre 1980.<br />

1981<br />

La locan<strong>di</strong>era <strong>di</strong> Carlo Goldoni, regia ideata da Luchino Visconti nel 1952, riproposta da<br />

Giorgio De Lullo, Piero To<strong>si</strong>, Umberto Tirelli e Maurizio Monterverde. Interpreti: Gabriele<br />

Tozzi, Ezio Marano, Andrea Matteuzzi, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Mirandolina), Isabella Guidotti,<br />

Marina Locchi, Roberto Alpi, Martino Duane, Cesare Festa. Mu<strong>si</strong>che: Nino Rota, eseguite dal<br />

Maestro Mario Gangi. Prima: Reggio Emilia, Teatro Municipale Romolo Valli, 14 febbraio<br />

1981.<br />

1985<br />

Terra sconosciuta <strong>di</strong> Arthur Schnitzler, adattamento <strong>di</strong> Karel Kraus e Otomar Krejça,<br />

traduzione <strong>di</strong> Eugenio Bernar<strong>di</strong>. Regia <strong>di</strong> Otomar Krejça. Interpreti: Gabriele Ferzetti, Anna<br />

Bonaiuto, Relda Ridoni, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Signora Wahl), Elisabetta Pozzi, Giovanni<br />

Vettorazzo, Daniela Franchi, Ugo Maria Moro<strong>si</strong>, Clau<strong>di</strong>o Beccari, Camillo Milli, Ruggero De<br />

Daninos. Scene: Guy-Claude François. Costumi: Jan Skalicky. Mu<strong>si</strong>che: Johann Strauss<br />

padre. Produzione del Teatro Stabile <strong>di</strong> Genova. Prima: Prato, Teatro Metasta<strong>si</strong>o, 25 gennaio<br />

1985.<br />

151


1986<br />

Faust <strong>di</strong> Johann Wolfgang von Goethe, traduzione <strong>di</strong> Dario Del Corno, riduzione e<br />

adattamento <strong>di</strong> Dario Del Corno e Glauco Mauri. Regia <strong>di</strong> Glauco Mauri. Interpreti: Glauco<br />

Mauri, Roberto Sturno, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Angela Di Nardo, Felice Leveratto, Rinaldo Porta,<br />

Clau<strong>di</strong>o Marchione, Francesco Marino, Luca De Bei. Scene: Mauro Caro<strong>si</strong>. Costumi: Odette<br />

Nicoletti. Mu<strong>si</strong>che: Arturo Annecchino. Compagnia Glauco Mauri, in coproduzione con Ente<br />

Teatro Comunale <strong>di</strong> Treviso. Prima: Treviso, Teatro Comunale, 16 ottobre 1986.<br />

1988<br />

Vita <strong>di</strong> Galileo <strong>di</strong> Bertolt Brecht. Regia <strong>di</strong> Maurizio Scaparro. Interpreti: Pino Micol, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> (Signora Sarti), Ezio Marano, Andrea Matteuzzi, Fernando Pannullo, Giulio Pizzirani,<br />

Beppe Tosco, Sabina Vannucchi, Alfio Antico, Salvatore Corbi, Vittorio De Bisogno, Dely De<br />

Majo, Martino Duane, Maurizio Fabbri, Silvio Fiore, Fabio Lucarelli, Domenico Maglionico,<br />

Gianfranco Mari, Galliano Mariani, Enrico Mastracchi Manes, Emiliana Perina, Adalberto<br />

Rosseti, Mario Toccacelli, Emanuele Valentini, Marco Vivio. Scene: Roberto Francia e Pedro<br />

Cano. Costumi: Alberto Verso. Mu<strong>si</strong>che: Hanns Eisler. Elaborazione mu<strong>si</strong>cale: Pasquale<br />

Scialò. Prima: Firenze, Teatro della Pergola, 27 maggio 1988. Tournèè in Italia e a Berlino.<br />

Sogno <strong>di</strong> una notte <strong>di</strong> mezza estate <strong>di</strong> William Shakespeare, traduzione <strong>di</strong> Dario Del Corno,<br />

riduzione e adattamento <strong>di</strong> Dario Del Corno e Glauco Mauri. Regia <strong>di</strong> Glauco Mauri.<br />

Interpreti: Glauco Mauri, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Titania), Mas<strong>si</strong>mo Foschi, Roberto Sturno,<br />

Almerica Schiavo, Alessandro Gassman, Luca Lazzareschi, Stefania Micheli, Cesare Lanzoni,<br />

Clau<strong>di</strong>o Marchione, Franco Famà, Andrea Liberovici. Scene e costumi: Uberto Bertacca.<br />

Mu<strong>si</strong>che: Arturo Annecchino. Compagnia Glauco Mauri. Coproduzione con Taormina Arte,<br />

Estate Fiesolana, Estate Veronese. Prima: Taormina, “Taormina Arte „88”, Teatro Antico, 28<br />

luglio 1988.<br />

Le baruffe chiozzotte <strong>di</strong> Carlo Goldoni. Regia <strong>di</strong> Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o, II e<strong>di</strong>zione. Interpreti:<br />

Marcello Bartoli, Antonio Meschini, Michela Martini, Piergiorgio Fasolo, Paolo Valerio, Virgilio<br />

Hernitz, Dorotea Aslan<strong>di</strong>s, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Madonna Pasqua), Stefania Grazio<strong>si</strong>, Stefania<br />

Felicioli, Mas<strong>si</strong>mo Loreto, Daniele Griggio, Gian Campi, Antonio Bazza. Scene: Emanuele<br />

Luzzati. Costumi: Santuzza Calì. Luci: Venanzio Ugolini. Mu<strong>si</strong>che: Gabriella Zen. Produzione<br />

Veneto<strong>teatro</strong>. Verona, Teatro Romano, ottobre 1988. Tournèe in Italia e a Parigi, Teatro<br />

Bobigny.<br />

152


1991<br />

E<strong>di</strong>po <strong>di</strong> Renzo Rosso. Regia <strong>di</strong> Pino Micol. Interpreti: Pino Micol, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

(Giocasta), Franco Alpestre, Federico Gras<strong>si</strong>, Tiziana Bagatella, Lombardo Fornara,<br />

Piergiorgio Fasolo, Enzo Saturni, Riccardo Zini, Laura Bernar<strong>di</strong>ni, Roberto Biagini, Fabrizio<br />

Battistoni, Mario Cor<strong>si</strong>, Fabio Balasso. Scene: Antonio Fiorentino. Costumi: Alessandro Chiti.<br />

Mu<strong>si</strong>che: Stefano Marcucci. Luci: Venanzio Ugolini. Coproduzione con il Teatro <strong>di</strong> Roma.<br />

Prima: Padova, Teatro Ver<strong>di</strong>, 5 marzo 1991.<br />

1992<br />

I rusteghi <strong>di</strong> Carlo Goldoni. Regia <strong>di</strong> Mas<strong>si</strong>mo Castri. Interpreti: Daniele Griggio, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> (Siora Felice), Quinto Parmeggiani, Stefania Felicioli, Mario Valgoi, Michela Martini,<br />

Wanda Benedetti, Enrico Ostermann, Gian Campi, Piergiorgio Fasolo. Scene: Antonio<br />

Fiorentino. Costumi: Clau<strong>di</strong>a Calvare<strong>si</strong>. Mu<strong>si</strong>che: Bruno De Franceschi. Luci: Iuraj Saleri.<br />

Veneto<strong>teatro</strong>, Prima: Treviso, Teatro Comunale, 25 febbraio 1992. Tournèe in Italia, e a<br />

Parigi, Berlino, Leningrado, Mosca.<br />

1993<br />

Il ventaglio <strong>di</strong> Carlo Goldoni. Regia <strong>di</strong> Luigi Squarzina. Interpreti: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

(Geltruda), Daniele Griggio, Mascia Musy, Gianni Fenzi, Mario Valgoi, Alberto Ricca, Stefania<br />

Felicioli, Wanda Benedetti, Sergio Ba<strong>si</strong>le, Piergiorgio Fasolo, Mario Tricamo, Tony Barpi,<br />

Antonio Bazza. Scene e costumi: Carlo Diappi. Mu<strong>si</strong>che: Fiorenzo Carpi. XXVII Festival<br />

Teatrale <strong>di</strong> Borgio Verezzi. Prima: Verona, Teatro Romano, 15 luglio 1993.<br />

1994<br />

Il ferro, dramma in 3 atti <strong>di</strong> Gabriele D‟Annunzio. Regia <strong>di</strong> Aurelio Pierucci. Interpreti: Mario<br />

Granato, Fabio Balasso, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Costanza), Pia Lanciotti, Alessandra Tomas<strong>si</strong>ni,<br />

Livia Bonifazi, Laura Panti. Scene e costumi: Aldo Buti. Manifestazione D‟Annunzio e la<br />

Toscana, a cura dell‟Associazione culturale Il Convivio. Prima: 10 luglio 1994.<br />

2002<br />

Racconto d‟inverno <strong>di</strong> William Shakespeare, traduzione <strong>di</strong> Agostino Lombardo. Regia <strong>di</strong><br />

Roberto Guicciar<strong>di</strong>ni. Interpreti: Giulio Brogi, Pamela Villore<strong>si</strong>, Marco Marelli, Gianni De Lellis,<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Paulina), Franco Scaldati, Mario Parlagreco, Antonio Fermi, Caterina<br />

Marcianò, Elena Pistillo, Stefania Giambona, Mas<strong>si</strong>miliano Davoli, Antonio Silva, Virgilio<br />

Zernitz, Fiorenza Brogi, Gabriele Parrillo. Scene e costumi: Pietro Carriglio. Responsabile<br />

153


allestimento scenico: Filippo Spicuzza. Mu<strong>si</strong>che: Bruno Coli. Luci: Franco Caruso. Produzione<br />

Ente Teatro <strong>di</strong> Mes<strong>si</strong>na e Teatro Biondo Stabile <strong>di</strong> Palermo. Milano, Teatro Strehler.<br />

2003<br />

Il fiore del dolore <strong>di</strong> Mario Luzi. Regia <strong>di</strong> Pietro Carriglio. Interpreti: Giulio Brogi, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> (Madre Vincenza), Stefania Blandeburgo, Umberto Cantone, Aurora Falcone, Filippo<br />

Luna, Liliana Paganini, Gian Paolo Pod<strong>di</strong>ghe, Antonio Raffaele Addamo, Antonio Silvia, Pippo<br />

Spicuzza, Alfonso Veneroso. Scene e costumi: Pietro Carriglio. Mu<strong>si</strong>che: Matteo D‟Amico.<br />

Orchestra Franco Ferrara, <strong>di</strong>retta da Carmelo Caruso. Produzione del Teatro Biondo Stabile<br />

<strong>di</strong> Palermo. Prima: Palermo, Teatro Biondo Stabile, 28 marzo 2003.<br />

Serata Campanile tratta da scritture <strong>di</strong> Achille Campanile. Regia <strong>di</strong> Pippo Spicuzza. Interpreti:<br />

Umberto Cantone, Filippo Luna, Stefania Blandeburgo, Aurora Falcone, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

(vari personaggi), Danila Laguar<strong>di</strong>a, Aurelio Pierucci, Elena Pistillo, Giovanni Pontillo, Fabrizio<br />

Romano, Maurilio Scaduto, Laura Seragusa. Scene: Bruno Caruso. Produzione del Teatro<br />

Biondo Stabile <strong>di</strong> Palermo. Prima: Palermo, Teatro Biondo, 14 maggio 2003.<br />

Assas<strong>si</strong>nio nella cattedrale <strong>di</strong> Thomas Stearns Eliot, traduzione <strong>di</strong> Giovanni Raboni. Regia <strong>di</strong><br />

Pietro Carriglio. Interpreti: Giulio Brogi, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Liliana Paganini, Stefania<br />

Blandeburgo, Filippo Luna, Rinaldo Clementi, Antonio Silvia, Alfonso Veneroso, Aurelio<br />

Pierucci, Aldo Ralli, Umberto Cantone, Anna Gualdo, Valentina D‟Agostino, Caterina<br />

Marcianò, Giorgia Panasci, Salvatore Panasci, Elio Caccamo, Aurora Falcone. Scene: Pietro<br />

Carriglio. Costumi: Bruno Caruso. Mu<strong>si</strong>che: Matteo D‟Amico. Produzione del Teatro Biondo<br />

Stabile <strong>di</strong> Palermo. Prima: Palermo, Teatro Biondo, 29 <strong>di</strong>cembre 2003.<br />

2004<br />

La Vedova allegra, operetta in 3 atti <strong>di</strong> Victor Léon e Léo Stein da L‟attachè d‟ambassade <strong>di</strong><br />

Henri Meilhac, ver<strong>si</strong>one italiana <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando Fontana. Mu<strong>si</strong>ca <strong>di</strong> Franz Lehar. Regia <strong>di</strong><br />

Filippo Crivelli. Interpreti: Marcello Lippi, Daniela Mazzucato, Markus Werba, Svetla<br />

Vas<strong>si</strong>leva, Max Renè Cosotti, Aldo Orsolini, Paolo Zizich, Paolo Orecchia, Pinuccia Passarello,<br />

Antonio Marani, Patrizia Gentile, Clau<strong>di</strong>o Ottino, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Praskowia), Elio Pandolfi.<br />

Scene e costumi: Maurizio Monteverde. Coreografia: Gerlinde Dill. Orchestra, Coro e Corpo<br />

<strong>di</strong> ballo della Fondazione Teatro Mas<strong>si</strong>mo <strong>di</strong> Palermo. Direttore d‟Orchestra: Carmelo Caruso.<br />

Prima: Palermo, Teatro <strong>di</strong> Verdura, 8 luglio 2004.<br />

154


2005<br />

Il Padre <strong>di</strong> August Strindberg, traduzione <strong>di</strong> Luciano Co<strong>di</strong>gnola. Regia <strong>di</strong> Mas<strong>si</strong>mo Castri.<br />

Interpreti: Umberto Or<strong>si</strong>ni, Manuela Mandracchia, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (la balia del Capitano),<br />

Alarico Salaroli, Roberto Valerio, Roberto Salemi, Corinne Castelli. Scene e costumi: Maurizio<br />

Balò. Luci: Gigi Saccoman<strong>di</strong>. Suono: Franco Vi<strong>si</strong>oli. Produzione <strong>di</strong> Emilia Romagna Teatro<br />

Fondazione, Nuova Scena Arena del Sole, Teatro Stabile <strong>di</strong> Bologna. Prima: Cesena, Teatro<br />

Bonci, 18 ottobre 2005.<br />

155


CINEMATOGRAFIA<br />

1959<br />

Arrangiatevi! Di Mauro Bolognini, scritto da L. Benvenuti e P. De Bernar<strong>di</strong>, tratto dalla comme<strong>di</strong>a Casa<br />

nova… vita nova (1956) <strong>di</strong> Mario De Majo e Vinicio Gioli. Interpreti: Peppino De Filippo, Totò, Laura<br />

Adani, Franca Valeri, Vittorio Caprioli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>. Comme<strong>di</strong>a.<br />

1960<br />

La contessa azzurra , regia <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Gora. Interpreti: Amedeo Nazzari, Elly Davis, Zsa Zsa Gabor,<br />

Paolo Stoppa, Ugo D’Ales<strong>si</strong>o, Franca Marzi, Angela Luce, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>. Drammatico.<br />

1961<br />

La viaccia , regia <strong>di</strong> Mauro Bolognini, tratto da L’ere<strong>di</strong>tà (1889) <strong>di</strong> Mario Prate<strong>si</strong>. Sceneggiatura <strong>di</strong> Vasco<br />

Pratolini, Pasquale Festa Campanile e Franciosa. Fotografia: L. Barboni. Scene: Flavio Mogherini.<br />

Costumi: Piero To<strong>si</strong>. Interpreti: Jean Paul Belmondo, Clau<strong>di</strong>a Car<strong>di</strong>nale, Pietro Germi, Romolo Valli,<br />

Paul Frankeur, Paola Pitagora, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (giovane prostituta). Drammatico.<br />

1996<br />

Albergo Roma , regia <strong>di</strong> Ugo Chiti, tratto da Allegretto… per bene ma <strong>non</strong> troppo (1987) <strong>di</strong> Ugo Chiti.<br />

Interpreti: Alessandro Benvenuti, Clau<strong>di</strong>o Bi<strong>si</strong>o, Barbara Enrichi, Deborah Caprioglio, Tchéky Karyo,<br />

Lucia Poli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Olimpia), Alessandra Acciai. Comme<strong>di</strong>a.<br />

1996<br />

Ritorno a casa Gori , regia <strong>di</strong> Alessandro Benvenuti, tratto dall’omonimo copione teatrale <strong>di</strong> Alessandro<br />

Benvenuti. Sceneggiatura: Alessandro Benvenuti, Ugo Chiti, Francesco Marciano. Interpreti: Sabrina<br />

Ferilli, Alessandro Benvenuti, Ilaria Occhini, Athina Cenci, Alessandro Haber, Mas<strong>si</strong>mo Ceccherini,<br />

Novello Novelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Fosca), Vito, Carlo Monni. Comme<strong>di</strong>a.<br />

1997<br />

Ovosodo , regia <strong>di</strong> Paolo Virzì. Interpreti: Edoardo Gabbriellini, Clau<strong>di</strong>a Pandolfi, Nicoletta Braschi,<br />

Salvatore Barbato, Marco Cocci, Regina Orioli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>. Gran Premio Speciale della giuria alla<br />

Mostra <strong>di</strong> Venezia. Comme<strong>di</strong>a.<br />

1998<br />

Il Signor Quin<strong>di</strong>cipalle , regia <strong>di</strong> Francesco Nuti. Interpreti: Francesco Nuti, Sabrina Ferilli, Novello<br />

Novelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (mamma <strong>di</strong> Francesco), Alberto Gimignani, Antonio Petrocelli. Comme<strong>di</strong>a.


1998<br />

I volontari , regia <strong>di</strong> Domenico Costanzo. Interpreti: Barbara Enrichi, Stefano Bicocchi, Carlo Monni,<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Andrea Cambi, Novello Novelli, Romina Mondello, Sergio Bini. Comme<strong>di</strong>a.<br />

1999<br />

Un tè con Mussolini , regia <strong>di</strong> Franco Zeffirelli, tratto da L’autobiografia <strong>di</strong> Zeffirelli, adattamento <strong>di</strong><br />

Franco Zeffirelli e John Mortimer. Interpreti: Cher, Ju<strong>di</strong> Dench, Joan Plowright, Maggie Smith, Lily<br />

Tomlin, Baird Wallace, Mas<strong>si</strong>mo Ghini, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Paolo Seganti. Drammatico.<br />

1999<br />

Bagnomaria , regia <strong>di</strong> Giorgio Panariello. Interpreti: Giorgio Panariello, Manuela Arcuri, Ugo Pagliai,<br />

Katia Beni, Valeria Fabrizi, Giuliana Colzi. Comico.<br />

2000<br />

Il cielo cade , regia <strong>di</strong> Andrea e Antonio Frazzi, tratto dal romanzo omonimo <strong>di</strong> Lorenza Mazzetti,<br />

premio Viareggio 1967, adattamento <strong>di</strong> Suso Cecchi D’Amico. Fotografia: F. Di Giacomo. Scene: M.<br />

Garbuglia. Interpreti: Isabella Rossellini, Jeroen Krabbé, Barbara Enrichi, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (la<br />

domestica Elsa), Luciano Virgilio, Veronica Niccolai, Lara Campoli, Elena Sofonova, Paul Brooke.<br />

Drammatico.<br />

2004<br />

Tre<strong>di</strong>ci a tavola , regia <strong>di</strong> Enrico Oldoini. Sceneggiatura <strong>di</strong> Enrico Oldoini. Interpreti: Giancarlo Giannini,<br />

Nicolas Vapori<strong>di</strong>s, Silvia De Santis, Ka<strong>si</strong>a Smutniak, Paolo Bonacelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Angela<br />

Finocchiaro, Maria Amelia Monti, Alessandro Benvenuti. Comme<strong>di</strong>a.<br />

157


TELEVISIONE<br />

1957<br />

Tessa la ninfa fedele, <strong>di</strong> Margaret Kennedy. Regia: Mario Ferrero. Adattamento: Anna Luisa Meneghini.<br />

Interpreti: Achille Millo, Alberto Lupo, Elena Cotta, Silvio Spacce<strong>si</strong>, Fulvia Mammi, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

(Toni).<br />

Puntate: 4. Rete: Programma Nazionale. Data: 30/11/1957 – 21/12/1957.<br />

1959<br />

L’i<strong>di</strong>ota, <strong>di</strong> Fedor Dostoevskij. Regia: Giacomo Vaccari. Sceneggiatura: Giorgio Albertazzi. Interpreti:<br />

Giorgio Albertazzi, Sergio Tofano, Gianni Santuccio, Antonio Pierfederici, Gian Maria Volonté, Anna<br />

Proclemer, Lina Volonghi, Anna Maria Guarnieri, Davide Montemurri, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Aglaia), Augusto<br />

Mastrantoni, Ferruccio De Ceresa, Marcello Bertini, Maria Fabbri, Carlo Hintermann, Franca Nuti.<br />

Scenografia: Bruno Salerno. Costumi: Marcello Escoffier.<br />

Puntate: 4. Rete: Programma Nazionale. Data: dal 26/09/1959, sabato ore 21.00.<br />

Le due orfanelle, <strong>di</strong> Adolfo d’Ennery e Eugène Cormon. Regia: Guglielmo Moran<strong>di</strong>. Traduzione: Diego<br />

Fabbri. Adattamento televi<strong>si</strong>vo in tre atti <strong>di</strong> Diego Fabbri. Interpreti: Roldano Lupi, Elisa Cegani, Alberto<br />

Lupo, Giulia Lazzarini, Franca Badeschi, Cesarina Gheral<strong>di</strong>, Luca Ronconi, Dante Biagioni, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> (Marianna), Cesare Fantoni, Miranda Campa, Giovanni Materas<strong>si</strong>, Evar Maran, Manlio<br />

Guardabas<strong>si</strong>, Andreina Paul, Raffaella Pelloni, Antonella Della Porta.<br />

Scenografia: Emilio Voglino.<br />

Rete: Programma Nazionale. Data: 14/12/1959, lunedì ore 21.00.<br />

1960<br />

Il costruttore Sollness, tre atti <strong>di</strong> Henrik Ibsen. Regia: Mario Ferrero. Traduzione: Anita Rho. Interpreti:<br />

Mas<strong>si</strong>mo Girotti, Elena Da Venezia, Giuseppe Pagliarini, Olinto Cristina, Renato De Carmine, <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong> (Hilde Wangel), Lucia Catullo.<br />

Scenografia: Cesarini da Senigallia. Costumi: Veniero Colasanti.<br />

Rete: Programma Nazionale. Data: 01/04/1960, venerdì ore 21.00.<br />

Papà Lebonnard, <strong>di</strong> Jean Aicard. Regia: Clau<strong>di</strong>o Fino. Traduzione: Olga De Vellis Aillaud. Adattamento<br />

televi<strong>si</strong>vo in due tempi <strong>di</strong> Diego Fabbri. Interpreti: Cesco Baseggio, Warner Bentivegna, Giulio Oppi,<br />

Paolo Carlini, Lida Ferro, Annamaria Alegiani, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Franco Scandurra, Pina Cei, Aldo<br />

Allegranza.<br />

Scenografia: Filippo Corra<strong>di</strong> Cervi. Costumi: Emma Calderini.<br />

Rete: Programma Nazionale. Data: 23/05/1960, lunedì ore 21.15.


1961<br />

Gli ad<strong>di</strong>i, due tempi <strong>di</strong> Guido Cantini. Regia: Edmo Fenoglio. Interpreti: Laura Adani, Armando Furlai,<br />

Tina Lattanzi, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Dina), Dante Biagioni, Antonio Venturi, Enrico Glori, Andrea Checchi,<br />

Franco Bucceri.<br />

Scenografia: Emilio Voglino. Costumi: Maria Teresa Stella.<br />

Rete: Programma Nazionale. Data: 20/01/1961, venerdì ore 21.15.<br />

1962<br />

Raccomandato <strong>di</strong> ferro, tre atti <strong>di</strong> Efraim Kishòm. Regia: Edmo Fenoglio. Traduzione: Samuel Avisar.<br />

Interpreti: Clau<strong>di</strong>o Ermelli, Luigi Pavese, Alberto Lionello, Cesare Fantoni, Michele Malaspina, Pina Cei,<br />

Manlio Busoni, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Giancarlo Corelli.<br />

Scenografia: Emilio Voglino.<br />

Rete: Rai Due. Data: 26/02/1962, lunedì ore 21.10.<br />

L’amore me<strong>di</strong>co, atto unico <strong>di</strong> Molière. Regia: Edmo Fenoglio.<br />

Rete: Rai Due. Data: 28/12/1962, venerdì ore 21.00.<br />

1963<br />

Il mistero delle tre orchidee, <strong>di</strong> Augusto De Angelis, dalla serie Il Commissario De Vincenzi. Regia:<br />

Mario Ferrero. Sceneggiatura: Manlio Scarpelli, Nino Palumbo, Bruno Di Geronimo. Interpreti: Paolo<br />

Stoppa, Lia Tanzi, Nora Ricci, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Giuliana Calandra, Ferruccio De Ceresa, Elsa Albani,<br />

Antonio Casagrande, Salvatore Puntillo.<br />

Scenografia: Sergio Palmieri. Costumi: Maurizio Monteverde.<br />

Rete: Programma Nazionale. Prima serie <strong>di</strong> Il Commissario De Vincenzi in tre sceneggiati <strong>di</strong> due<br />

puntate ciascuno. Data: dal 24/03/1963, domenica ore 21.00.<br />

1965<br />

La maschera e il volto, grottesco in tre atti <strong>di</strong> Luigi Chiarelli. Regia: Flaminio Bollini. Interpreti: Elisa<br />

Mainar<strong>di</strong>, Enzo Tarascio, Lorenzo Terzon, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Ferruccio Soleri, Paola Quattrini, Aldo<br />

Giuffrè, Edmonda Al<strong>di</strong>ni, Roldano Lupi, Luigi Proietti, Bruno Marinelli, Attilio Fernandez, Maria Capocci.<br />

Scenografia: Pino Valenti. Costumi: Guido Cozzolino.<br />

Rete: Programma Nazionale. Data: 16/07/1965, venerdì ore 21.00.<br />

1966<br />

Il marito della sua vedova, atto unico <strong>di</strong> Jacinto Benavente. Regia: Flaminio Bollini. Traduzione: Maria<br />

Luisa Aguirre. Interpreti: Giuseppe Porelli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Quinto Parmeggiani, Franca Dominici,<br />

Wanda Casagrande, Renato Lupi, Franco Parenti, Irma De Simone.<br />

Scenografia: Vincenzo Celone. Costumi: Roberto Coppa.<br />

159


Rete: Programma Nazionale. Data: 10/06/1966, venerdì ore 21.00.<br />

I fuochi <strong>di</strong> San Giovanni, <strong>di</strong> Hermann Sudermann. Regia: Edmo Fenoglio. Traduzione: Italo Alighiero<br />

Chiusano. Adattamento televi<strong>si</strong>vo in due tempi <strong>di</strong> Edmo Fenoglio. Interpreti: Quinto Parmeggiani,<br />

Roldano Lupi, Ottavia Piccolo, Karola Zopegni, Carlo Sabatini, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Winnie Riva, Roberto<br />

Bisacco, Elsa Albani, Evelina Gori, Clau<strong>di</strong>o Guarino.<br />

Scenografia: Maurizio Mammì. Costumi: Maria De Matteis.<br />

Rete: Programma Nazionale. Data: 14/10/1966, venerdì ore 21.00.<br />

1967<br />

Don Giovanni, in due tempi, <strong>di</strong> Molière. Regia: Vittorio Cottafavi. Traduzione: Cesare Vico Lodovici.<br />

Interpreti: Giorgio Albertazzi, Franco Parenti, Margherita Guzzinati, Carlo Cataneo, Stefano Satta<br />

Flores, Sergio Tofano, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Carolina), Mila San<strong>non</strong>er, Renzo Palmer, Pierluigi Aprà,<br />

Pierluigi Zollo, Camillo Milli, Gino Nelinti, Enrico Canestrini.<br />

Scenografia: Mariano Mercuri. Costumi: Veniero Colasanti.<br />

Rete: Programma Nazionale. Data: 05/05/1967, venerdì ore 21.00.<br />

1968<br />

L’acqua cheta, tre atti <strong>di</strong> Augusto Novelli. Regia: Alessandro Brissoni. Interpreti: Arnoldo Foà, Dory Cei,<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Anita), Maria Grazia Sughi, Antonio Venturi, Guido Marchi, Ottavio Fanfani, Guido<br />

Ver<strong>di</strong>ani, Alfredo Bianchini, Rita Chiari, Marianella Laszlo, Evelina Gori.<br />

Scenografia: Nicola Sanfelice. Costumi: Maria Teresa Stella.<br />

Rete: Programma Nazionale. Data: 02/01/1968, martedì ore 21.00.<br />

La casa in or<strong>di</strong>ne, due tempi, <strong>di</strong> Arthur Wing Pinero. Regia: Carlo Di Stefano. Traduzione: Olga De<br />

Vellis Aillaud. Interpreti: Franco Aloi<strong>si</strong>, Tino Schirinzi, Enzo Tarascio, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Ivo Garrani,<br />

Paola Bacci, Gisella Sofio, Laura Carli, Edoardo Toniolo, Gabriele Polvero<strong>si</strong>, Germano Longo, Alberto<br />

Carloni.<br />

Scenografia: Emilio Voglino. Costumi: Mario Gior<strong>si</strong>.<br />

Rete: Programma Nazionale. Data: 21/05/1968, martedì ore 21.00.<br />

Piccoli borghe<strong>si</strong>, in due tempi, <strong>di</strong> Mak<strong>si</strong>m Gorkij. Regia: Edmo Fenoglio. Traduzione: Flaminio Bollini e<br />

Angelo Maria Ripellino. Interpreti: Mario Feliciani, Lina Volonghi, Renato De Carmine, Ileana Ghione,<br />

Gigi Proietti, Gianrico Tedeschi, Maria Grazia Antonini, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Mario Maranzana, Dante<br />

Biagioni, Vittoria Dal Verme, Maria Zanoli, Angiolina Quinterno, Bruno Smith.<br />

Scenografia: Lucio Lucentini. Costumi: Maria Teresa Stella.<br />

Rete: Programma Nazionale. Data: 26/11/1968, martedì ore 21.00.<br />

160


1969<br />

Vespertino al Luna Park e Il pane <strong>di</strong> Vespertino. Regia: A. Sapori. Interpreti: <strong>Gianna</strong><br />

<strong>Giachetti</strong>, Paolo Poli.<br />

1971<br />

La <strong>si</strong>gnora delle camelie, <strong>di</strong> Alexandre Dumas figlio. Regia: Vittorio Cottafavi. Traduzione: Maria<br />

Bellonci. Adattamento televi<strong>si</strong>vo in due tempi <strong>di</strong> Mas<strong>si</strong>mo Franciosa. Interpreti: Giacomo Piperno,<br />

Arturo Dominici, Gabriella Gabrielli, Rossella Falk, Luciano Zuccolini, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Olimpia), Clau<strong>di</strong>o<br />

Gora, Alfredo Bianchini, Mas<strong>si</strong>mo Foschi, Elsa Albani, Giorgio Piazza, Antonio Pierfederici, Bianca<br />

Galvan, Dino Peretti, Ezio Ros<strong>si</strong>.<br />

Scenografia: Giorgio Aragno. Costumi: Pier Luigi Pizzi. Mu<strong>si</strong>che: Rino De Filippi.<br />

Rete: Rai Due. Data: 24/09/1971, venerdì ore 21.15.<br />

1973<br />

Un bambino per commis<strong>si</strong>one, <strong>di</strong> Tommaso Gherar<strong>di</strong> Del Testa. Regia: Carlo Di Stefano. Adattamento<br />

televi<strong>si</strong>vo <strong>di</strong> Carlo Di Stefano. Interpreti: Paolo Poli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Luciano Melani, Lucia Poli, Nella<br />

Barbieri, Manlio Busoni, Sandro Sardone, Marco Tulli.<br />

Scenografia: Franco Nonnis. Costumi: Fiammetta Benedetto.<br />

Rete: Rai Due. Data: 24/07/1973, martedì ore 21.25.<br />

1975<br />

Ginevra degli Almieri, sepolta viva in Firenze con Stenterello ladro in sepoltura, <strong>di</strong> Luigi Del Buono.<br />

Regia: Mario Ferrero. Adattamento televi<strong>si</strong>vo: Alfredo Bianchini. Interpreti: Osvaldo Ruggeri, Vittorio<br />

Congia, Alfredo Bianchini, Vanna Castellani, Guido Marchi, Paolo Pieri, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Ginevra),<br />

Vivaldo Matteani, Alessandro Berti, Maria Grazia Sughi, Enrico Ostermann.<br />

Rete: Rai Due. Data: 04/02/1975, martedì ore 21.00.<br />

Stenterello a Tuni<strong>si</strong>, <strong>di</strong> Cesare Causa. Regia: Mario Ferrero. Adattamento televi<strong>si</strong>vo: Alfredo Bianchini.<br />

Interpreti: Paolo Pieri, Alfredo Bianchini, Gabriele Tozzi, Vittorio Congia, Alessandro Berti, Maria Grazia<br />

Sughi, Daniela Gatti, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Franco Pugi, Giampiero Becherelli, Dante Biagioni.<br />

Scenografia: Fer<strong>di</strong>nando Ghelli. Costumi: Anna Anni. Mu<strong>si</strong>che: Marco Vavolo.<br />

Rete: Rai Due. Data: 22/07/1975, martedì ore 21.00.<br />

Così va il mondo, in due tempi, <strong>di</strong> William Congreve. Regia: Sandro Sequi. Traduzione: Raoul Soderini.<br />

Interpreti: Giuseppe Pambieri, Maurizio Gueli, Franco Gamba, Giulio Trevisani, Alfredo Bianchini,<br />

Agostino De Berti, Giancarlo Santelli, Ezio Busso, Giuliana Calandra, Francesca Benedetti, Milena Alberi,<br />

Milena Vukotic, Valentino Macchi, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Foible), Anita Laurenzi, Rosa Maria Fantaguzzi,<br />

Adriano Pomodoro, Camillo Milli. Scenografia: Armando Nobili. Costumi: Maurizio Monteverde.<br />

161


Rete: Rai Due. Data: 24/10/1975, venerdì ore 21.00.<br />

1978<br />

Un lungo grido <strong>di</strong> libertà (da Mariana Pineda), <strong>di</strong> Federico Garcia Lorca. Regia: Mario Ferrero.<br />

Adattamento televi<strong>si</strong>vo: Mario Ferrero. Interpreti: Juan Manuel, Costa Andrade, Gaetano Balistreri,<br />

Roberto Bonanni, Elena Crocr, Sara Di Nepi, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Mariana Pineda), Felice Leveratto,<br />

Francesca Lumachi, Marzio Margine, Loredana Martinez, Diego Michelotti, A. Ninchi, Osvaldo Ruggeri,<br />

Libero Sansavini.<br />

Costumi: Maurizio Monteverde. Mu<strong>si</strong>che: Tito Schipa jr. Fotografia: Pier Luigi Santi. Montaggio: Luigia<br />

Magrini.<br />

Rete: Rai Due. Data: 22/02/1978, mercoledì ore 20.40.<br />

Il borghese gentiluomo, <strong>di</strong> Molière. Ripresa dal Teatro <strong>di</strong> Pompei. Regia teatrale: Tino Buazzelli e<br />

Angelo Corti. Regia televi<strong>si</strong>va: Giacomo Colli. Traduzione: Cesare Garboli. Interpreti: Tino Buazzelli,<br />

Rita Di Lernia, Anna Macci, Maria Grazia Sughi, Fabrizio Temperini, Donato Castellaneta, Andrea<br />

Matteuzzi, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Dorimène), Raffaele Bon<strong>di</strong>ni, Luigi Ottoni, Roberto Pescara, A. Ricca,<br />

Giuseppe Lo Parco, Giuliano Santi, Orazio Donati.<br />

Scenografia: Giacomo Calò Carducci. Costumi: Dafne Ciarrocchi. Mu<strong>si</strong>che: G. B. Lugli a cura <strong>di</strong> Bruno<br />

Nicolaj.<br />

Rete: Rai Due. Data: 13/05/1978, sabato ore 20.40.<br />

1979<br />

Enrico IV, <strong>di</strong> Luigi Pirandello. Ripresa dal Teatro Eliseo <strong>di</strong> Roma. Regia: Giorgio De Lullo con la<br />

collaborazione <strong>di</strong> Olga Bevacqua. Compagnia <strong>di</strong> prosa del Teatro Eliseo <strong>di</strong>retta da Giorgio De Lullo e<br />

Romolo Valli. Interpreti: Romolo Valli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Matilde Spina <strong>di</strong> Canossa), Mariella Fenoglio,<br />

Pino Luongo, Mino Bellei, Adolfo Geri, Gabriele Tozzi, Gian Franco Mari, Gianni Felici, Gino Pernice,<br />

Gualtiero Isnenghi, Cesare Guerra, Alessandro Festa.<br />

Scenografia: Pier Luigi Pizzi. Costumi: Pier Luigi Pizzi. Luci: Giuseppe Demitri.<br />

Rete: Rai Due. Data: 07/04/1979, sabato ore 20.40.<br />

1980<br />

La tela del ragno, Clas<strong>si</strong>ci del Teatro Giallo <strong>di</strong> Agatha Christie. Regia: Mario Ferrero. Adattamento<br />

televi<strong>si</strong>vo: Mario Ferrero. Traduzione: Germana Erba e Connie Ricono. Interpreti: Warner Bentivegna,<br />

Piero Nuti, Monica Guerritore, Gabriele Tozzi, Antonella Bal<strong>di</strong>ni, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Sandro Dori, Paolo<br />

Scalondro, Daniele Tedeschi, Gino Pernice.<br />

Scenografia: Lucio Lucentini. Costumi: Maurizio Monteverde. Luci: Bruno Saccheri.<br />

Rete: Rai Uno. Data: 20/05/1980, martedì ore 20.40.<br />

1996<br />

162


I rusteghi, <strong>di</strong> Carlo Goldoni. Ripresa dal Teatro La Pergola <strong>di</strong> Firenze per Palcoscenico. Regia teatrale:<br />

Mas<strong>si</strong>mo Castri. Regia televi<strong>si</strong>va: Walter Licastro. Interpreti: Compagnia Teatrale del Veneto con<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Siora Felice), Mario Valgoi (Lunardo).<br />

Scenografia: Antonio Fiorentino. Costumi: Clau<strong>di</strong>a Calvare<strong>si</strong>. Mu<strong>si</strong>che: Bruno De Franceschi. Fotografia:<br />

Clau<strong>di</strong>o Co<strong>di</strong>lupi.<br />

Rete: Rai Due. Data: 24/02/1996, sabato ore 22.30.<br />

1997<br />

Primo citta<strong>di</strong>no, sceneggiatura <strong>di</strong> Graziano Diana e Roberta Colombo. Regia: Gianfranco Albano.<br />

Interpreti: Tullio Solenghi, Giulia Boschi, Susanna Marcomeni, Andrea Ferreol, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong><br />

(Serena), Ennio Coltorti, Ray Lovelock, Sergio Fiorentini, Carmen Onorati, Ettore Belmondo, Vittorio Di<br />

Prima, Andrea Mugnai. Produzione Raicinemafiction – Aran srl.<br />

Puntate: 6. Rete: Rai Due. Data: 10/09/1997 – 15/10/1997.<br />

Don Milani il priore <strong>di</strong> Barbiana, sceneggiatura <strong>di</strong> Sandro Petraglia e Stefano Rulli. Regia: Andrea Frazzi<br />

e Antonio Frazzi. Interpreti: Sergio Castellitto, Ilaria Occhini, Roberto Citran, Arturo Paglia, Alberto<br />

Gimignani, Bettina Giovannini, Mauro Marino, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Eda Pelagatti), Lorenza Indovina, Mario<br />

Valgoi. Produzione: Raicinemafiction – Hiland.<br />

Puntate: 2. Rete: Rai Due. Data: 02/12/1997 – 03/12/1997.<br />

Un giorno fortunato, soggetto <strong>di</strong> Stefano Disegni, Mas<strong>si</strong>mo Caviglia e Mas<strong>si</strong>mo Martelli. Sceneggiatura:<br />

Marco Videtta e Mas<strong>si</strong>mo Martelli. Regia: Mas<strong>si</strong>mo Martelli. Interpreti: Fabio Fazio, Bianca Galvan,<br />

Carola Stagnaro, Bruno Gambarotta, Clau<strong>di</strong>o Bi<strong>si</strong>o, Enzo Jannacci, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Giuliana), Wilma<br />

De Angelis, Adolfo Margiotta, Mas<strong>si</strong>mo Olcese, Roberto Citran.<br />

Produzione: Raicinemafiction – Sidecar Film TV.<br />

Puntate: 2. Rete: Rai Due. Data: 16/12/1997 – 19/12/1997.<br />

1998<br />

Trenta righe per un delitto, soggetto <strong>di</strong> Susanna Bolchi, Aureliano Lalli Per<strong>si</strong>ani. Sceneggiatura: Giorgio<br />

Mariuzzo, Franco Ferrini. Regia: Lodovico Gasparini. Interpreti: Luca Barbareschi, Felice Andrea<strong>si</strong>,<br />

Paolo Maria Scalondro, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Adua), Toni Bertorelli, Lucrezia Lante della Rovere, Sergio<br />

Fiorentini, Ramona Badescu, Vittoria Belvedere.<br />

Produzione: Raicinemafiction – First Film.<br />

Puntate: 4. Rete: Rai Due. Data: 10/03/1998 – 31/03/1998.<br />

1999<br />

Ama il tuo nemico , soggetto <strong>di</strong> Damiano Damiani, Sibilla Damiani. Sceneggiatura: Graziano Diana,<br />

Damiano Damiani. Regia: Damiano Damiani. Interpreti: Mas<strong>si</strong>mo Ranieri, Romina Mondello, Mario<br />

163


Adorf, Andrea Di Stefano, Cecilia Dazzi, Angelo Infanti, Nino D’Angelo, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (la madre <strong>di</strong><br />

Fabrizio), Mas<strong>si</strong>mo Poggio, Tullio Sorrentino, Franco Castellano.<br />

Produzione: Raicinemafiction – ZDF Enterprises – Nauta Film srl.<br />

Puntate: 2. Rete: Rai Due. Data: 09/02/1999 – 11/02/1999.<br />

Un prete tra noi, 2 a serie. Soggetto: Mas<strong>si</strong>mo De Rita, Simone De Rita, Achille Manzotti. Sceneggiatura:<br />

Mas<strong>si</strong>mo De Rita, Simone De Rita. Regia: Lodovico Gasparini. Interpreti: Mas<strong>si</strong>mo Dapporto, Giovanna<br />

Ralli, Julia Brendler, Francesco De Rosa, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Ada), Pino Ammendola, Marina Tagliaferri,<br />

Ales<strong>si</strong>o Boni.<br />

Produzione: Rai Fiction – Faso Film srl.<br />

Puntate: 6. Rete: Rai Due. Data: 23/03/1999 – 08/04/1999.<br />

2000<br />

Un colpo al cuore, sceneggiatura <strong>di</strong> Laura Toscano e Franco Marotta. Regia: Alessandro Benvenuti.<br />

Interpreti: Alessandro Benvenuti, Ornella Muti, Luigi Montini, Salvatore Mortelliti, Chiara Criele<strong>si</strong>, Cecilia<br />

Dazzi, Anita Zagaria, Prospero Richelmy, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Luisa Ardenzi), Gabriele Antonini, Stefano<br />

Davanzati.<br />

Produzione: Rai Fiction – Mastrofilm srl.<br />

Puntate: 2. Rete: Rai Uno. Data: 15/10/2000 – 16/10/2000.<br />

2001<br />

Don Matteo, 2 a serie. Soggetto <strong>di</strong> Enrico Oldoini, Domenico Saverni, Francesca Melandri, Alessandro<br />

Bencivenni. Sceneggiatura: Francesca Melandri, Giovanni Capetta, Sabina Marabini, Gla<strong>di</strong>s Di Pietro.<br />

Regia: Leone Pompucci. Interpreti: Terence Hill, Gastone Moschin, Nathalie Guetta, Francesco Scali,<br />

Clau<strong>di</strong>o Ricci, Evelina Gori, Nino Fras<strong>si</strong>ca, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (madre <strong>di</strong> Anceschi), Flavio In<strong>si</strong>nna.<br />

Produzione: Rai Fiction – LUX VIDE S.p.A.<br />

Puntate: 16. Rete: Rai Uno. Data: 21/10/2001 – 09/12/2001.<br />

2002<br />

Commesse 2, sceneggiatura <strong>di</strong> Laura Toscano e Franco Marotta. Regia: Josè Maria Sanchez. Interpreti:<br />

Sabrina Ferilli, Nancy Brilli, Anna Valle, Veronica Pivetti, Elo<strong>di</strong>e Treccani, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Teresa),<br />

Caterina Vertova, Franco Castellano, Caterina De Regibus, Mas<strong>si</strong>mo Ghini, Ivan Venini, Lorenzo Ciompi,<br />

Ruben Rigillo.<br />

Produzione: Rai Fiction – Immagine e cinema.<br />

Puntate: 6. Rete: Rai Uno. Data: 10/03/2002 – 14/04/2002.<br />

Stiamo bene in<strong>si</strong>eme, soggetto <strong>di</strong> Vittorio Sindoni. Sceneggiatura: Piero Mirarchi, Benedetta Fae<strong>di</strong>,<br />

Salvatore Ba<strong>si</strong>li, Alessandro De Gregorio, Bruno Garbuglia, Mariolina Venezia, Mila Venturini, Pierpaolo<br />

Pirone. Regia: Elisabetta Lodoli, Vittorio Sindoni. Interpreti: Monica Comegna, Pierluigi Coppola,<br />

164


Eleonora D’Urso, Denis Fasolo, Linda Celani, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Gabriele Mainetti, Ludgero Fortes Dos<br />

Santos, Antonio Angiulli, Anita Zagaria, Roberto Accornero, Remo Remotti, Orso Maria Guerrini, Piero<br />

Natoli, Lina Sastri.<br />

Produzione: Rai Fiction – LDM Comunicazione S.p.A.<br />

Puntate: 8. Rete: Rai 1 – Rai 2. Data: 12/04/2002 – 06/06/2002.<br />

2004<br />

A casa <strong>di</strong> Anna, soggetto <strong>di</strong> Lorenzo Favella, Pietro Bodrato, Elisabetta Zincone, Maura Nuccetelli,<br />

Umberto Marino. Sceneggiatura: Francesca Panzarella. Regia: Enrico Oldoini. Interpreti: Virna Li<strong>si</strong>,<br />

Angelo Infanti, Giada De<strong>si</strong>deri, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Stefania Grazio<strong>si</strong>, Marco Bonini, Caterina De Regibus.<br />

Produzione: Rai Fiction – Endemol Italia.<br />

Puntate: 2. Rete: Rai Uno. Data: 12/12/2004 – 13/12/2004.<br />

2006<br />

Donna Roma, fiction. Interpreti: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> (Carla), Luca Barbareschi, Jutta Spider. Produzione:<br />

Germania, Berlino. Trasmessa in Germania, pros<strong>si</strong>mamente (primavera 2008) in Italia.<br />

165


LETTURE RECITATIVE<br />

I sette a Tebe, <strong>di</strong> Eschilo. Regia <strong>di</strong> Aurelio Pierucci. Museo Archeologico, Piazzetta del Limbo, Firenze,<br />

1984.<br />

Dante alla Ba<strong>di</strong>a, 16 letture della Divina Comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dante. Ciclo organizzato dal Centro <strong>di</strong><br />

Avviamento all’Espres<strong>si</strong>one <strong>di</strong> Firenze e dal Comune <strong>di</strong> Firenze. Voce recitante: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>.<br />

Firenze, Chiesa della Ba<strong>di</strong>a Fiorentina, 1986.<br />

Il marito assente, <strong>di</strong> Norberto Avila. Regia <strong>di</strong> Aurelio Pierucci. Interpreti: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Aurelio<br />

Pierucci, Mario Valgoi. Venezia, Palazzo Labia, 23 settembre 1991.<br />

La casa comune, <strong>di</strong> Yves Laplace. Regia <strong>di</strong> Beppe Navello. Interpreti: Toni Barpi, Piergiorgio Fasolo,<br />

Stefania Felicioli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Daniele Griggio. Venezia, Palazzo Labia, 24 settembre 1991.<br />

L’allegoria del tempo, <strong>di</strong> Ermanno Cursana. Regia <strong>di</strong> Aurelio Pierucci. Interpreti: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>,<br />

Corrado Pani. Venezia, Palazzo Labia, 25 settembre 1991.<br />

Se tende ad infinire, da Mizar <strong>di</strong> Pino Giacopelli. Voci recitanti: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Aurelio Pierucci,<br />

Gaetano Balistreri. A cura del Teatro Libero <strong>di</strong> Palermo. Monreale, Abbazia <strong>di</strong> S. Martino delle Scale,<br />

1991.<br />

… Puccini en sortirà!, spettacolo per attori animati su mu<strong>si</strong>che <strong>di</strong> Giacomo Puccini. Testo: Clau<strong>di</strong>o<br />

Cinelli, Paolo Lucche<strong>si</strong>ni. Regia e adattamento : Clau<strong>di</strong>o Cinelli. Interpreti: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Anna<br />

Montinari, Paola Roman, Patrizia Tagliagambe. Associazione culturale Porte Girevoli. Firenze, Teatro <strong>di</strong><br />

Rifre<strong>di</strong>, 12 aprile 1994.<br />

Poe<strong>si</strong>a del Me<strong>di</strong>oevo. Voce recitante: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>. Firenze, Chiesa <strong>di</strong> S. Croce, (senza data).<br />

Omaggio a Emilio Serva<strong>di</strong>o. Voce recitante: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>. Firenze, Gabinetto Vieusseux, (senza<br />

data).<br />

Fer<strong>di</strong>nando Arrabal. Voce recitante: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>. Padova, Palazzo Comunale, (senza data).


Drammaturghi contemporanei europei, manifestazione a cura della S.I.A.E. Venezia, Palazzo Labia,<br />

(senza data).<br />

Eugenij Onegin <strong>di</strong> Sergej Prokofev, dal poema <strong>di</strong> A. Puskin. Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, <strong>di</strong>r.<br />

Frank Shipway. Voce recitante: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>. 53 Settimana Mu<strong>si</strong>cale Senese. Lingotto, Torino,<br />

(senza data).<br />

Cofano <strong>di</strong> bellezza, presentazione del libro <strong>di</strong> poe<strong>si</strong>e omonimo <strong>di</strong> Piero Longo. Lettura interpretativa:<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Aurelio Pierucci. Firenze, Caffè storico letterario Giubbe Rosse, 04 maggio 2007.<br />

Un saluto attraverso le stelle, presentazione del libro omonimo <strong>di</strong> Marisa Bulgheroni. Lettura<br />

interpretativa: <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>. Firenze, Gabinetto Vieusseux, febbraio 2008.<br />

167


BIBLIOGRAFIA<br />

1. Saggi<br />

Silvio D’Amico, Il <strong>teatro</strong> dei fantocci, Vallecchi e<strong>di</strong>tore, Firenze 1920.<br />

Idem, Tramonto del grande attore, Mondadori, Milano 1929.<br />

Idem, Invito a <strong>teatro</strong>, Ed. Morcelliana, Roma 1935.<br />

Idem, Il <strong>teatro</strong> <strong>non</strong> deve morire, E<strong>di</strong>zioni dell’Era Nuova, Roma 1945.<br />

Idem, Storia del <strong>teatro</strong> drammatico, 4 volumi, Garzanti, Milano 1958.<br />

Eligio Possenti, La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui <strong>di</strong> Brecht, in 10 anni <strong>di</strong> <strong>teatro</strong> (cronache<br />

drammatiche) <strong>di</strong> Eligio Possenti, E<strong>di</strong>tore Nuova Accademia, Milano 1964, p.343.<br />

Orazio Costa, Quaderni, Lettera al nipote Nicola, Quaderno XVI, inizio 29/08/1966, presso<br />

ETI, Firenze.<br />

Romano <strong>Giachetti</strong>, Porno power: pornografia e società capitalistica, Guaral<strong>di</strong>, Bologna 1971.<br />

Gianfranco De Bo<strong>si</strong>o, Un trentennio <strong>di</strong> lavoro sul Ruzante, in Giovanni Calendoli (a cura <strong>di</strong>),<br />

Ruzante sulle scene del II dopoguerra: catalogo della mostra a Padova 25 maggio – 15<br />

giugno 1983, Grafiche Piesse, Mugliano Veneto 1983.<br />

Fabrizio Borghini, Fosco <strong>Giachetti</strong>, Prefazione <strong>di</strong> Fernaldo Di Giammatteo, E<strong>di</strong>zioni Play Time,<br />

Firenze 1989.


Gianni Batistoni, Sesto Fiorentino tra racconti e ricor<strong>di</strong>, E<strong>di</strong>zioni Agemina, Sesto Fiorentino,<br />

Firenze, 1992.<br />

Carlo Maria Pensa, Interpreti e critici: Memorie <strong>di</strong> mezzo secolo, in III Convegno<br />

Internazionale <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> sul Ruzante, a cura <strong>di</strong> Giovanni Calendoli, Società Coop. Tipografica,<br />

Padova 1993, pp. 122.<br />

Paolo Lucche<strong>si</strong>ni, Storia del Teatro Metasta<strong>si</strong>o, Vol. II, a cura <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Casale, Teatrologia,<br />

Angelo Pontecorboli e<strong>di</strong>tore, Firenze 1995, p. 264.<br />

Roberto Tessari, Teatro italiano del Novecento, Fenomenologie e strutture 1906 – 1976,<br />

Casa E<strong>di</strong>trice Le Lettere, Firenze 1996.<br />

AA.VV., Storia del <strong>teatro</strong> moderno e contemporaneo, vol.III, Avanguar<strong>di</strong>a e Utopie del<br />

Teatro, Collana Gran<strong>di</strong> Opere, Einau<strong>di</strong>, 2001.<br />

Cesare Molinari, Storia del <strong>teatro</strong>, E<strong>di</strong>tori Laterza, Milano 2003.<br />

Mirella Schino, La nascita della regia teatrale, E<strong>di</strong>zioni Laterza, Roma-Bari, 2003.<br />

Maricla Boggio, Mistero e <strong>teatro</strong>, Orazio Costa, regia e pedagogia, Bulzoni, 2004.<br />

Teresa Megale, commento, L’autore a chi legge, in Carlo Goldoni, La locan<strong>di</strong>era, a cura <strong>di</strong><br />

Sara Mamone e Teresa Megale, Mar<strong>si</strong>lio E<strong>di</strong>tori, Venezia, giugno 2007, p. 235.<br />

2. Testi teatrali<br />

Mas<strong>si</strong>mo Bontempelli, Primo spettacolo: La guar<strong>di</strong>a alla luna, Siepe a Nordovest, Mondadori,<br />

Milano 1927.<br />

Mas<strong>si</strong>mo Bontempelli, Minnie la can<strong>di</strong>da, Mondadori, Milano 1928.<br />

Carlo Goldoni, Comme<strong>di</strong>e, a cura <strong>di</strong> Nicola Mangini, volume II, Unione Tipografico-E<strong>di</strong>trice<br />

Torinese, Torino, Prima e<strong>di</strong>zione 1971.<br />

Mas<strong>si</strong>mo Bontempelli, Nostra Dea e altre comme<strong>di</strong>e, a cura <strong>di</strong> Alessandro Tinterri, Einau<strong>di</strong>,<br />

Torino 1989.<br />

3. Testi letterari<br />

Romano <strong>Giachetti</strong>, Il bacio, Idealibri, Milano 1984.<br />

Idem, Lo scrittore americano, Garzanti, Milano 1987.<br />

Idem, Nel letto <strong>di</strong> Marylin, Rizzoli, Milano 1994.<br />

169


Idem, Il giovane Salinger, Bal<strong>di</strong>ni & Castol<strong>di</strong>, Milano 1998.<br />

Idem, Quaderno americano, a cura <strong>di</strong> Luca Scarlini, Marcos Y Marcos, Milano 2001.<br />

4. Au<strong>di</strong>ovi<strong>si</strong>vi<br />

Il borghese gentiluomo, <strong>di</strong> Molière. Ripresa dal Teatro Grande <strong>di</strong> Pompei. Regia teatrale:<br />

Tino Buazzelli e Angelo Corti. As<strong>si</strong>stente alla Regia: Aurelio Pierucci. Regia televi<strong>si</strong>va:<br />

Giacomo Colli. Traduzione: Cesare Garboli. Interpreti: Tino Buazzelli, Rita Di Lernia, Anna<br />

Macci, Maria Grazia Sughi, Fabrizio Temperini, Donato Castellaneta, Andrea Matteuzzi,<br />

<strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Raffaele Bon<strong>di</strong>ni, Luigi Ottoni, Roberto Pescara, A. Ricca, Giuseppe Lo<br />

Parco, Giuliano Santi, Orazio Donati. Scenografia: Giacomo Calò Carducci. Costumi: Dafne<br />

Ciarrocchi. Mu<strong>si</strong>che: G. B. Lugli a cura <strong>di</strong> Bruno Nicolaj. In collaborazione con CTB SpA -<br />

patrocinio Ente Napoli.<br />

Ripresa televi<strong>si</strong>va: Rete Rai Due. Data: 13/05/1978, sabato ore 20.40.<br />

Enrico IV, <strong>di</strong> Luigi Pirandello. Ripresa dal Teatro Eliseo <strong>di</strong> Roma. Regia: Giorgio De Lullo con<br />

la collaborazione <strong>di</strong> Olga Bevacqua. Compagnia <strong>di</strong> prosa del Teatro Eliseo <strong>di</strong>retta da Giorgio<br />

De Lullo e Romolo Valli. Interpreti: Romolo Valli, <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Mariella Fenoglio, Pino<br />

Luongo, Mino Bellei, Adolfo Geri, Gabriele Tozzi, Gian Franco Mari, Gianni Felici, Gino<br />

Pernice, Gualtiero Isnenghi, Cesare Guerra, Alessandro Festa. Scenografia: Pier Luigi Pizzi.<br />

Costumi: Pier Luigi Pizzi. Luci: Giuseppe Demitri.<br />

Ripresa televi<strong>si</strong>va: Rete Rai Due. Data: 07/04/1979, sabato ore 20.40.<br />

Fanny e Alexander, con Gunn Walgren, Ewa Froling, Jarl Kulle, <strong>di</strong>retto da Ingmar Bergman,<br />

Sve.-Fr.-RFT, 1982.<br />

I rusteghi, con <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong>, Mario Valgoi, Stefania Felicioli, scritto da Carlo Goldoni,<br />

<strong>di</strong>retto da Mas<strong>si</strong>mo Castri, regia televi<strong>si</strong>va Walter Licastro; Compagnia Goldoniana del<br />

Bicentenario in collaborazione con Rai Due, Produttore esecutivo Rai Gioia Tosti, ripresa dal<br />

Teatro La Pergola, Firenze 24/02/1996.<br />

170


5. Perio<strong>di</strong>ci<br />

5.1 Donna del Para<strong>di</strong>so<br />

E. B., Al <strong>teatro</strong> Quirino, Donna del Para<strong>di</strong>so, <strong>«Il</strong> Giornale d’Italia», 1 Aprile 1956.<br />

Onorato, Donna del Para<strong>di</strong>so mistero religioso ed opera <strong>di</strong> Silvio D’ Amico al Quirino, in<br />

Poltrona aggiunta, <strong>«Il</strong> Travaso», 8 aprile 1956.<br />

Sandro De Feo, Dal cielo delle Lau<strong>di</strong> all’inferno del Ruzante, L’Espresso, 8 aprile 1956.<br />

5.2 Nostra Dea<br />

Vice, Saggio <strong>di</strong> regia all’Accademia d’Arte drammatica, <strong>«Il</strong> Paese», 28 marzo 1957.<br />

P.P., Bontempelli, «Sipario», n. 458-459, luglio-agosto 1986, pp. 108-109.<br />

5.3 Lina e il cavaliere<br />

La bruna <strong>Gianna</strong> <strong>Giachetti</strong> è la «pin up» della prosa, a cura della redazione, <strong>«Il</strong> Giorno», 22<br />

aprile 1957.<br />

G. B., Lina e il cavaliere al Valle, <strong>«Il</strong> Secolo d’Italia», 18 gennaio 1958.<br />

P. M., La brutta… bellis<strong>si</strong>ma, «Paese Sera», 8 – 9 marzo 1958.<br />

5.4 Le ragazze bruciate ver<strong>di</strong><br />

Ag. Sa., Le ragazze bruciate ver<strong>di</strong>, «L’Unità», 30 gennaio 1959.<br />

Cronaca, avanguar<strong>di</strong>a e telefoni bianchi, Lo spettatore, a cura della redazione, «Sipario», n.<br />

155, marzo 1959, p. 23.<br />

5.5 Veglia la mia casa, angelo<br />

Raul Ra<strong>di</strong>ce, Veglia la mia casa, angelo <strong>di</strong> Ketty Frings al Teatro Quirino, <strong>«Il</strong> Giornale<br />

d’Italia», 12 ottobre 1958.<br />

Giorgio Prosperi, Veglia la mia casa, angelo al Quirino, <strong>«Il</strong> Tempo», 12 ottobre 1958.<br />

Ancora un dramma familiare, a cura della redazione, «Sipario», n. 151, novembre 1958, p.<br />

23.<br />

5.6 Portava la maschera<br />

Arnaldo Fratelli, Portava la maschera, «Sipario», n.156, aprile 1959, p. 18.<br />

5.7 Gog e Magog<br />

Gog e Magog <strong>di</strong> Gabriel Arout, In attesa dei gros<strong>si</strong> spettacoli, Lo spettatore, a cura della<br />

redazione, «Sipario», n. 175, novembre 1960, p. 29.<br />

171


5.8 Uomo e Superuomo<br />

Roberto Rebora, A Genova, Una regia impeccabile e un Lionello in gran forma per <strong>non</strong><br />

parlare dell’autore, «Sipario», n. 180, aprile 1961, pp. 28-29.<br />

5.9 La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui<br />

Roberto Rebora, La pistola puntata <strong>di</strong> Ui, La re<strong>si</strong>stibile ascesa <strong>di</strong> Arturo Ui, «Sipario», n. 186,<br />

ottobre 1961, pp. 13-14.<br />

5.10 La cameriera brillante<br />

Arnaldo Fratelli, La cameriera brillante, «Sipario», n. 187, novembre 1961, p. 24.<br />

5.11 La moscheta<br />

Alcuni ottimi spettacoli vecchi e nuovi, a cura della redazione, «Sipario», n.188, <strong>di</strong>cembre<br />

1961, p. 118.<br />

5.12 Don Giovanni involontario<br />

Roberto Rebora, Don Giovanni involontario, «Sipario», n. 189, gennaio 1962, pp. 16-17.<br />

5.13 L’ufficiale reclutatore<br />

Guido Bour<strong>si</strong>er, L’Ufficiale reclutatore, «Sipario», n. 201, gennaio 1963, pp. 38-39.<br />

5.14 Don Giovanni<br />

Arturo Lazzari, Don Giovanni secondo Brecht, «Sipario», n. 216, aprile 1964, pp. 38-39.<br />

Guido Val<strong>di</strong>ni, L’incertezza nella Palermo teatrale, «Sipario», n. 380, gennaio 1978, pp. 52-<br />

53.<br />

5.15 Tre sorelle<br />

Sandro De Feo, Un Cecov troppo e<strong>di</strong>ficante, «L’Espresso», 31 gennaio 1965.<br />

Arnaldo Fratelli, Dopo Visconti, «Sipario», n. 226, febbraio 1965, pp. 13-14.<br />

5.16 I due gentiluomini <strong>di</strong> Verona<br />

Ettore Capriolo, Pretesto shakespeariano, «Sipario», n. 232-233, agosto-settembre 1965, p.<br />

90.<br />

172


5.17 Il cilindro<br />

Eduardo e la famiglia all’italiana, a cura della redazione, «Sipario», febbraio 1966, n. 238,<br />

pp. 22-23.<br />

5.18 Il mondo è quello che è<br />

La cri<strong>si</strong> del linguaggio e <strong>di</strong> una società nella felice comme<strong>di</strong>a-saggio <strong>di</strong> Alberto Moravia, a<br />

cura della redazione, «Sipario», n. 247, novembre 1966, pp. 26-27.<br />

5.19 Il volpone<br />

Aggres<strong>si</strong>vità moderna <strong>di</strong> una “libera riduzione”, a cura della redazione, «Sipario», n. 256-<br />

257, agosto-settembre 1967, pp. 89-90.<br />

5.20 Il bagno<br />

Ettore Capriolo, Il bagno <strong>di</strong> Vla<strong>di</strong>mir Majakovskij, La scelta dei contenuti, «Sipario», n. 264,<br />

aprile 1968, pp. 33-34.<br />

5.21 Socrate immaginario<br />

Giorgio Polacco, Ritorno alla comme<strong>di</strong>a dell’arte, «Sipario», n. 268-269, agosto-settembre<br />

1968, p. 42.<br />

5.22 L’uomo nero<br />

Franco Cuomo, L’uomo nero, «Sipario», n. 307, <strong>di</strong>cembre 1971, pp. 54-55.<br />

5.23 Il mercante <strong>di</strong> Venezia<br />

Agostino Lombardo, Il mercante <strong>di</strong> Venezia, «Sipario», n. 331, <strong>di</strong>cembre 1973, pp. 47-48.<br />

5.24 Il malato immaginario<br />

Giovanni Lombardo, Un rilancio per la prosa?, «Sipario», n. 339-340, agosto-settembre<br />

1974, pp. 25-26.<br />

5.25 Tutto per bene<br />

Fabio Doplicher, Tutto per bene, «Sipario», n. 347, aprile 1975, pp. 24-25.<br />

5.26 Mefistovalzer<br />

Enrico Groppali, Mefistovalzer, «Sipario», n. 373-374, giugno-luglio 1977, p. 28.<br />

173


5.27 Il borghese gentiluomo<br />

Enrico Groppali, Il Borghese gentiluomo, «Sipario», n. 377, ottobre 1977, pp. 18-19.<br />

5.28 L’uomo con le valigie<br />

Gianfranco Civolani, L’uomo con le valigie, «Sipario», n. 384, maggio 1978, pp. 24-25.<br />

5.29 La do<strong>di</strong>ce<strong>si</strong>ma notte<br />

Fabio Doplicher, La do<strong>di</strong>ce<strong>si</strong>ma notte, «Sipario», n. 396, maggio 1979, p. 20.<br />

5.30 Tre sorelle<br />

Giorgio De Lullo, da un’intervista <strong>di</strong> Rodolfo Di Giammarco, «La Repubblica», 28 settembre<br />

1980.<br />

Aggeo Savioli, Ridere amaro con Cechov, L’Unità, 12 ottobre 1980.<br />

Gastone Geron, De Lullo ripropone le Tre sorelle in una rarefatta atmosfera glaciale, <strong>«Il</strong><br />

Giornale Nuovo», 28 novembre 1980.<br />

Franco Quadri, Le Tre sorelle, «Panorama», 22 <strong>di</strong>cembre 1980.<br />

5.31 La locan<strong>di</strong>era<br />

Roberto De Monticelli, Da quella locanda un nuovo Goldoni, <strong>«Il</strong> Corriere della Sera», 21<br />

marzo 1981.<br />

Tommaso Chiaretti, Quel buon gusto <strong>di</strong> 30 anni fa, «La Repubblica», 21 marzo 1981.<br />

Gastone Geron, Sis<strong>si</strong>gnori, fu proprio così “La locan<strong>di</strong>era” <strong>di</strong> Visconti, <strong>«Il</strong> Giornale degli<br />

spettacoli», 21 marzo 1981.<br />

Aggeo Savioli, C’era una volta una famosa Locan<strong>di</strong>era…, «L’Unità», 21 marzo 1981.<br />

Giorgio De Lullo, da programma <strong>di</strong> sala, «Patalogo», n. 4, aprile 1981, p. 108.<br />

5.32 Terra sconosciuta<br />

Tommaso Chiaretti, Schnitzler e il suo doppio, «La Repubblica», 31 gennaio 1985.<br />

Aldo Viganò, Un’avventura dello spirito umano, conversazione con Otomar Kreiça, nel<br />

programma <strong>di</strong> sala dello spettacolo, <strong>«Il</strong> Patalogo», n. 10, agosto 1985, pp. 121-124.<br />

5.33 Faust<br />

Ugo Volli, Né Dio né Demonio, Faust vuol essere solo un uomo, «La Repubblica», 18 ottobre<br />

1986.<br />

174


5.34 Vita <strong>di</strong> Galileo<br />

Fabio Doplicher, Vita <strong>di</strong> Galileo, Dialoghi sull’invenzione scenica, «Sipario», n. 480-481,<br />

settembre-ottobre 1988, p. 50.<br />

5.35 Sogno <strong>di</strong> una notte <strong>di</strong> mezza estate<br />

Sogno <strong>di</strong> una notte <strong>di</strong> mezza estate, a cura della redazione, <strong>«Il</strong> Patalogo», n. 12, <strong>di</strong>cembre<br />

1988, p. 74.<br />

5.36 E<strong>di</strong>po<br />

Nico Garrone, a colloquio con Pino Micol, «La Repubblica», 10 febbraio 1991.<br />

Franco Quadri, Micol, Re dopo l’omici<strong>di</strong>o, «La Repubblica», 16 aprile 1991.<br />

5.37 I rusteghi<br />

Aggeo Savioli, Avvio anticipato del bicentenario goldoniano al Comunale <strong>di</strong> Treviso con la<br />

celeberrima comme<strong>di</strong>a messa in scena da Mas<strong>si</strong>mo Castri. Dal conflitto familiare a quello tra<br />

conservazione e progresso, «L’Unità», domenica 1 marzo 1992.<br />

Masolino D’Amico, Al Donizetti <strong>di</strong> Bergamo il lavoro <strong>di</strong> Goldoni nell’allestimento <strong>di</strong><br />

Veneto<strong>teatro</strong> regista Mas<strong>si</strong>mo Castri, «La Stampa», lunedì 16 marzo 1992.<br />

Giovanni Raboni, Gran<strong>di</strong> applau<strong>si</strong> a Bergamo per il capolavoro goldoniano allestito con<br />

inten<strong>si</strong>tà e pathos da Mas<strong>si</strong>mo Castri. Aria nuova sui Rusteghi, «Corriere della Sera»,<br />

mercoledì 18 marzo 1992.<br />

Franco Quadri, A Bergamo, “I Rusteghi” <strong>di</strong> Goldoni con la regia <strong>di</strong> Castri. Quei misantropi in<br />

balìa <strong>di</strong> comari. Ma <strong>non</strong> vince nessuno…, «La Repubblica», venerdì 20 marzo 1992.<br />

Mario Brandolin, Le impareggiabili sfumature della genialità <strong>di</strong> Goldoni, «Messaggero<br />

Veneto», venerdì 27 marzo 1992.<br />

Giorgio Polacco, Gli “or<strong>si</strong>” immortali. Bella rilettura dei “Rusteghi” <strong>di</strong> Goldoni <strong>di</strong>retta da Castri,<br />

<strong>«Il</strong> Piccolo», sabato 28 marzo 1992.<br />

Gastone Geron, <strong>«Il</strong> Giornale», 1 marzo 1992, in I Rusteghi, <strong>«Il</strong> Patalogo», stagione<br />

1992/1993, settembre 1992, p. 156.<br />

Giorgio Prosperi, Splen<strong>di</strong>do l’allestimento dell’opera <strong>di</strong> Goldoni, in scena al Teatro Quirino. I<br />

Rusteghi sconfitti dalle donne, <strong>«Il</strong> Tempo», venerdì 11 <strong>di</strong>cembre 1992.<br />

5.38 Il ventaglio<br />

Giovanni Raboni, Più ritmo per la gran comme<strong>di</strong>a del “Ventaglio”, <strong>«Il</strong> Corriere della Sera», 14<br />

luglio 1993.<br />

175


5.39 Racconto d’inverno<br />

Vito La Paglia, Racconto d’inverno <strong>di</strong> William Shakespeare al <strong>teatro</strong> Biondo <strong>di</strong> Palermo,<br />

«Prometheus, Quin<strong>di</strong>cinale <strong>di</strong> informazione culturale», Anno I, n. 23, 15 aprile 2002.<br />

5.40 Il fiore del dolore<br />

Laura Nobile, Su il <strong>si</strong>pario, debutta “Il fiore del dolore” - Il Biondo mette in scena il prete e il<br />

suo assas<strong>si</strong>no, «La Repubblica», 28 marzo 2003.<br />

5.41 Assas<strong>si</strong>nio nella cattedrale<br />

Giuseppe Drago, “L’Assas<strong>si</strong>nio”? Una convincente produzione del Biondo <strong>di</strong> Palermo,<br />

«Prometheus, Quin<strong>di</strong>cinale <strong>di</strong> informazione culturale», anno III, n. 71, lunedì 16 febbraio<br />

2004.<br />

5.42 Il padre<br />

Domenico Rigotti, La trage<strong>di</strong>a borghese <strong>di</strong> un padre bambino, «Hystrio, trimestrale <strong>di</strong> <strong>teatro</strong><br />

e spettacolo», n. 1, anno 2006, p. 95.<br />

6. Testi telematici<br />

Luigi Farina, Intervista ai protagonisti, Cronaca dalla prima <strong>di</strong> Il fiore del dolore al Teatro<br />

Biondo Stabile <strong>di</strong> Palermo, www.<strong>teatro</strong>biondo.it.<br />

La vedova allegra apre la stagione del Teatro <strong>di</strong> Verdura, <strong>di</strong>chiarazioni del regista Filippo<br />

Crivelli nel Comunicato stampa, www.<strong>teatro</strong>mas<strong>si</strong>mo<strong>di</strong>palermo.it.<br />

Carlo Goldoni, Lettera a Stefano Sciugliaga, Opere, XIV, 127, p. 327, in Giuseppe Bonghi,<br />

Introduzione a Il Ventaglio <strong>di</strong> Carlo Goldoni, www.clas<strong>si</strong>ciitaliani.it.<br />

Paolo Albonetti, Il Ventaglio <strong>di</strong> Carlo Goldoni, Libri, recen<strong>si</strong>oni, www.drammaturgia.it.<br />

7. Repertori<br />

Enciclope<strong>di</strong>a dello spettacolo, fondata da Silvio D’Amico, Parte e<strong>di</strong>toriale curata da G. C.<br />

Sansoni Firenze-Roma, Casa E<strong>di</strong>trice Le Maschere, Roma luglio 1958.<br />

176


Enciclope<strong>di</strong>a della televi<strong>si</strong>one Garzanti, a cura <strong>di</strong> Aldo Grasso, Garzanti e<strong>di</strong>tore, Milano, 1996.<br />

Maria Letizia Compatangelo, La maschera e il video, Tutto il <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> prosa in televi<strong>si</strong>one dal<br />

1954 al 1998, Rai-Eri e<strong>di</strong>tore, Roma 1999.<br />

Dizionario dello spettacolo, Bal<strong>di</strong>ni e Castol<strong>di</strong> e<strong>di</strong>tore, Milano 2003.<br />

Il Moran<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>zionario dei film 2006, a cura <strong>di</strong> Laura, Luisa e Morando Moran<strong>di</strong>ni, Zanichelli,<br />

Padova 2005.<br />

177

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