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lotto 356 

lotto 94 

in copertina: 

lotti 166, 5, 69, 123 

DIPINTI ANTICHI 

GENOVA, 29 NOVEMBRE 2011 

OLD MASTERS PAINTINGS 

ASTA - AUCTION 

Genova 

Palazzo del Melograno 

Piazza Campetto, 2 

MARTEdì 29 NOVEMBRE 

Tuesday 29 November 

Tornata Unica 

ore 15.30 Lotti 1 - 201 

Single Session 

at 3.30pm lots 1 - 201 

GENOA, 29 NOVEMBER 2011 

ESPOSIZIONE - VIEWING 

Genova 



VENERdì 25 NOVEMBRE 

ore 10-13 15-19 

Friday 25 November 

10am to 1pm - 3 to 7pm 

SABATO 26 NOVEMBRE 

ore 10-13 15-19 

Saturday 26 November 


dOMENICA 27 NOVEMBRE 

ore 10-13 15-19 

Sunday 27 November 


lUNEdì 28 NOVEMBRE 

ore 10-13 15-19 

Monday 28 November 


AVVISO IMPORTANTE 

Si comunica che i diritti d’asta sono pari al 24% del prezzo di aggiudicazione, in ottemperanza 

alla manovra economica L. 148 del 14/09/2011 (aumento IVA) 

IMPORTANT NOTICE 

We would like to inform that purchaser will pay a sum equivalent to 

24% of the hammer price including the VAT, in compliance with the economic 

measure L. 148 dated 14.09.11 (VAT increase) 

La partecipazione all’Asta implica l’integrale e incondizionata accettazione delle Condizioni di Vendita riportate in questo catalogo 

I lotti potranno essere ritirati a partire da Giovedì 1 Dicembre esclusivamente previo appuntamento telefonico +39 010 2530097 

Taking part in the Auction implies the entire and uncondItional acceptance of the Conditions of Sale outlined in this Catalogue. 

The lots may be collected from Tuesday 1 December, by telephone appointment calling +39 010 25 300 97. 

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Genova 



16123 Genova 

Tel. +39 010 2530097 

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Roma 

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00195 Roma 

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lotto 7

6 

S I N G L E S E S S I O N 

TUESDAY 29 NOVEMBER 2011 AT 3.30 PM 

LOTS 1 - 201 

lotto 15 

T O R N A T A U N I C A 

MARTEDÌ 29 NOVEMBRE 2011 ORE 15.30 

DAL LOTTO 1 AL LOTTO 201 

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1. 

FEDELE FISCHETTI 

(Napoli, 1734 - 1789) 

ALESSANDRO FISCHETTI 

(documentato dal 1773 al 1802) 

Bagno di Venere 

Venere e Amore 

Tempera su carta, cm 19X29 (2) 

Stima € 1.500 - 2.500 

Aggraziate, luminose, e cromaticamente armoniche, queste due tempere già attribuite a un pittore francese si riconducono alla scuola 

napoletana tardo settecentesca, più precisamente all’ambito di Fedele Fischetti. Gli indizi filologici e la qualità permettono altresì di 

circoscriverne la genesi all’interno della bottega stessa e di proporre quali autori il nome del maestro e del suo collaboratore (i cui vincoli di 

parentela sono ancora ignoti), Alessandro Fischetti (documentato a Napoli tra il XVIII ed il XIX secolo). Fedele è uno dei principali artisti 

attivi a Napoli nella seconda metà del Settecento, la sua cultura figurativa trae origine dalla memoria solimeniana, ma le opere rivelano anche 

una manifesta adesione al classicismo romano. La sua fortuna critica deriva principalmente dalle opere a fresco, eseguite in chiese e residenze 

napoletane - ricordiamo brevemente quelle di Palazzo Maddaloni, Palazzo Casacalenda, Palazzo Doria d’Angri (1784) e Palazzo Cellamare 

(1789 circa) - ma la commissione più importante è la decorazione di alcuni ambienti della Reggia di Caserta (1778 - 1781), dove il maestro 

approda grazie alla diretta segnalazione di Luigi Vanvitelli (Spinosa 1988, p. 137, n. 212). Le carte qui presentate esprimono al meglio la felicità 

inventiva del pittore che si qualifica quale raffinato illustratore, aulico, e in sereno equilibrio tra la tradizione rococò e il classicismo. I caratteri 

di stile suggeriscono una datazione matura, in analogia con gli affreschi eseguiti nel Palazzo Caracciolo di Torella a Napoli, che Spinosa 

colloca dopo il 1780. A questo proposito è opportuno osservare Allegoria della Primavera (Spinosa 1988, p. 140, n. 215), in cui le figure 

trovano un preciso corrispettivo disegnativo e strutturale, il medesimo che riscontriamo nelle iconografie allestite per la Reggia di Caserta. Detto 

ciò, si deve condividere il giudizio in parte negativo della critica, che osserva quanto sia stancamente ripetitivo il formulario in uso dal pittore 

che non porta a compimento l’evoluzione in senso neoclassico della sua arte, ma è altrettanto necessario intendere che il Fedele e Alessandro 

Fischetti appartengono per età e formazione all’Antico Regime e ne interpretano al meglio lo spirito di leggera e delicata giovialità, aspetti di 

un’arte che si esaurisce con l’età dei lumi e i movimenti rivoluzionari che culmineranno nel 1789, che guarda caso è l’anno di morte del più 

anziano maestro. 

Bibliografia di riferimento: 

N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento, dal Rococò al Classicismo, Napoli 1988, vol. II, pp. 59-60 

2. 

PITTORE SICILIANO DEL XVII SECOLO 

Lapidazione di Santo Stefano 

Tempera su pergamena, cm 51X43 

Stima € 4.000 - 5.000 

Questa affascinante pergamena già riferita a un autore di scuola genovese, si riconduce all’ambito della pittura Siciliana ed è possibile proporne 

l’attribuzione a Simone Bonaccolti o al suo stretto entourage. Confrontando la miniatura raffigurante il Martirio di San Sebastiano conservata 

presso la Galleria Regionale a Palermo, possiamo cogliere un interessante spunto di riflessione, specialmente se confrontiamo il volto e lo 

sguardo del martire o dello sgherro a sinistra con quello di Santo Stefano. L’opera palermitana si data al 1626 ma l’aspetto più interessante 

è che il Bonaccolti è un artista più per diletto che per scelta professionale, per il semplice fatto che è l’esponente di una facoltosa famiglia e 

nel 1631 con Orazio Lomellino, genovese e vedovo di Sofonisba Anguissola, è tra i senatori committenti per far realizzare la famosa arca di 

Santa Rosalia. Detto ciò, è di notevole interesse per comprendere la penetrazione della cultura artistica genovese in Sicilia, la figura di Gregorio 

Castello - figlio di Giovan Battista Castello, “diligentissimo miniatore”, figlioccio di Sofonisba - che agli inizi del ‘600 è uno dei principali 

protagonisti del patriziato mercantile ligustico e l’inventario dei suoi beni contava ben 80 miniature su pergamena con cornici nere di ebano. 


Maestri del Disegno nelle collezioni di Palazzo Abatellis, catalogo della mostra a cura di V. Abbate, Palermo 1995, pp. 28-31, fig. 9 

Porto di mare. Pittori e pittura a Palermo 1570 - 1670, tra memoria e recupero, catalogo della mostra a cura di V. Abbate, 1999, p. 68, fig. 14 

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3. 

PITTORE LOMBARDO DEL XVIII SECOLO 

Natura morta di fiori 

Olio su tavola tonda, cm 30 

Stima € 800 - 1.000 

Questa tavoletta raffigurante un vaso di vetro fiorito è un 

piccolo gioiello che, per le sue caratteristiche di stile e scrittura, 

si attribuisce a un artista lombardo del XVIII secolo, prossimo 

per qualità, concezione illustrativa e stesura al fare pittorico 

di Giuseppe Volò detto Giuseppe Vincenzino (Milano, 1662 - 

notizie fino al 1700) e alla sua bottega. Dell’immagine 

sorprende il nitore essenziale, la sequenza cromatica delle 

diverse tipologie floreali, ravvivate da una regia luministica 

che dà corpo e volumetria alla rappresentazione. Sorprende 

altresì come, a discapito delle contenute dimensioni, il brano 

assuma valenze di notevole energia decorativa, offrendoci 

l’impressione di trovarci al cospetto di una composizione di 

maggior misura. In ultimo, si desidera portare l’attenzione sul 

il vaso di vetro che dalla visione dall’alto appare quasi un 

riflesso, un gioco di lume che dà risalto al contrasto 

chiaroscurale, che fa lievitare l’immagine verso il limite esterno 

della superficie pittorica accentuandone il realismo. 


G. e U. Bocchi, Problematiche vincenziniane, in Naturaliter. 

Nuovi contributi alla natura morta in Italia settentrionale e 

Toscana tra il XVII e XVIII Secolo, Casalmaggiore 1998, 

pp. 63-65 

4. 

PITTORE FRANCESE DEL XVIII-XIX SECOLO 

Cestino fiorito 

Olio su tela, cm 56X68 

Stima € 2.500 - 2.800 

Questa natura morta raffigurante un cestino fiorito è ispirata 

alle simili composizioni create da J. B. Monnoyer (Lille, 1636 

- Londra, 1699), creatore di una vera e propria tipologia 

illustrativa per questo genere di raffigurazioni che trovarono 

un consenso collezionistico straordinario, tanto che il modello 

s’impose per tutto il XVIII secolo, e oltre, in tutta Europa. Nel 

nostro caso la non perfetta conservazione impedisce un 

adeguata lettura del tessuto pittorico, tuttavia sono percepibili 

sia la qualità sia la luminosità che contraddistinguono i brani 

floreali. 

5. 

PITTORE DEL XVII SECOLO 

Natura morta 


Stima € 8.000 - 12.000 

La stesura e la conformazione del brano floreale rimandano a composizioni nord italiane, a un artista 

attivo nel XVII secolo in area lombarda prossimo o, per meglio dire, influenzato dalle opere di 

Giuseppe Volò detto Giuseppe Vicenzino (Milano, 1662 - notizie fino al 1700). I confronti possibili 

si colgono osservando la Natura morta con frutti, fiori e frammenti architettonici pubblicata da 

Gianluca e Ulisse Bocchi (G. e U. Bocchi 1998, p. 113, fig. 111). A questo maestro appartiene altresì 

la peculiare disposizione per piani sovrapposti degli elementi raffigurati, mentre tornando al brano 

floreale, troviamo spunti di confronto con la serie di piccole nature morte di fiori e uva appartenente 

alla Collezione Borromeo (G. e U. Bocchi 1998, p. 118, figg. 117-118). 


G. e U. Bocchi, Problematiche vincenziniane, in Naturaliter. Nuovi contributi alla natura morta in Italia settentrionale e Toscana tra il 

XVII e XVIII Secolo, Casalmaggiore 1998, pp. 63-65 

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La tipologia di queste due bellissime “nature in posa” presenta una struttura dalla sensibilità tardo seicentesca quasi rococò: i gruppi floreali 

ricordano le vivacità compositive di Francesco Lavagna, Gaspare Lopez, Andrea Scacciati ed è solo la modalità d’esecuzione, il medium, a 

indicare una datazione più arcaica. Questi piccoli indizi possono suggerire l’origine fiorentina dell’autore, influenzato inevitabilmente dalle 

opere di Giovanna Garzoni (Ascoli Piceno, 1600 - Roma, 1670), ma ancor più da Lorenzo Todini (attivo a Firenze nella seconda metà del XVII 

secolo), con la differenza che la vivacità d’interpretazione è più immediata, si potrebbe dire maggiormente pittorica e meno conforme a uno 

stile generalmente impiegato nelle pergamene. L’aria è quella che si può riscontrare a esempio nelle opere dell’Anonimo di San Giovanni di 

Dio, autore di una serie di ventotto piccole nature morte conservate presso l’Ospedale di San Giovanni di Dio a Firenze. 


G. De Julis in La Natura Morta in Italia, a cura di F. Porzio e F. Zeri, Milano 1989, p. 603 

6. 

PITTORE DEL XVII XVIII SECOLO 

Natura morta di fiori con volatile 

Natura morta di fiori con tazza 

Tempera su pergamena, cm 31X38(2) 

Stima € 3.000 - 3.500 

7. 

LORENZO TODINI 

(attivo a Firenze nella seconda 

metà del XVII secolo) 

Vaso fiorito 


Stima € 8.000 - 12.000 

Buona conservazione, ottimo ductus disegnativo, meticolosa descrizione botanica e infine una rilevante sensibilità estetica, tali sono i pregi di 

questa natura morta - un elegante vaso fiorito con accanto una conchiglia, collocati su una mensola tufacea, quindi, nulla di più semplice. Il 

punto di vista frontale di sapore arcaico che caratterizza la composizione trova la sua ragione nella necessità di ritrarre al meglio ogni singolo 

stelo, così la luminosità diffusa, indispensabile alla deliberata visibilità di taglio scientifico che l’artista ha desiderato offrire, in una silloge di 

notevole e rara qualità, che svela quanto l’apparente facilità del soggetto nasconda invece una complessa elaborazione progettuale. Detto ciò, 

l’analisi formale e illustrativa ci agevola per trovare e comprendere le strette analogie di questa tempera con l’arte di Giovanna Garzoni (Ascoli 

Piceno, 1600 - Roma, 1670), qua espresse con la medesima forza artistica. Nondimeno, il fare pittorico e il segno rivelano interessanti 

similitudini con un altro fiorante su pergamena e attivo a Firenze durante la seconda metà del XVII secolo: Lorenzo Todini, la cui personalità 

artistica è stata acutamente indagata da Marilena Mosco nel prezioso compendio sulla natura morta in Italia curato da Francesco Porzio e 

Federico Zeri nel 1989. 


M. Mosco, in La Natura Morta in Italia, a cura di F. Porzio e F. Zeri, Milano 1989, vol. II, pp. 600-601, fig. 713-714, con bibliografia precedente 

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8. 

ANDREA LOCATELLI (attr.a) 

(Roma, 1695 - 1741) 

Paesaggio con villa suburbana e figura 

Paesaggio lacustre con chiesa, borgo fortificato e figure 

Olio su tela, cm 38X63 (2) 

Stima € 8.000 - 12.000 

Il pittore nasce a Roma nel 1695, della sua formazione avvenuta con il padre Giovanni Francesco e suo zio Pietro Lucatelli (nato a Roma nel 

1634), possediamo scarne notizie. Sappiamo anche di un periodo d’apprendistato presso il pittore di marine Monsù Alto, di cui conosciamo 

solo due opere rintracciate da Marco Chiarini nei depositi dei musei fiorentini. In seguito sarà presso il paesista Fergioni sino al 1712, 

probabilmente in compagnia di Paolo Anesi (Roma, 1697 - 1773). Locatelli in seguito a questa data è attivo in piena autonomia e accreditato 

presso le più note famiglie romane, quali i Ruspoli, gli Albani, gli Ottoboni e i Colonna, che furono i suoi principali mecenati - senza però 

dimenticare le commissioni Savoia per tramite di Filippo Juvarra che gli ordinò di decorare le facciate nord e ovest del Castello di Rivoli. Il 

pittore s’inserisce nel difficile ambiente artistico capitolino al meglio, producendo paesaggi di fantasia dal carattere archeologico, sull’esempio 

di Giovanni Ghisolfi e van Bloemen, vedute realistiche e arcadiche, sino a raffigurare scene popolaresche che influenzarono Paolo Monaldi. 

Inoltre, le sue composizioni furono certamente importanti per il percorso artistico di Gian Paolo Pannini che dalla nativa Piacenza si trasferì 

a Roma all’incirca nel 1715, divenendo ben presto il più famoso vedutista del tempo. I paesaggi in esame, databili al terzo decennio del XVIII 

secolo, su un impianto scenico di memoria dughettina bene esprimono la sensibilità paesistica dell’artista, visibile nel ductus pittorico e 

nell’atmosfera rarefatta e chiara, vicinissima negli esiti alle migliori prove di Paolo Anesi. 


A. Busiri Vici, Andrea Locatelli, Roma 1976 

M. Chiarini, Monsù Alto, le maitre de Locatelli, in “ Revue de l’Art “, 7/1970, p. 18 

F. Arisi. Gian Paolo Pannini e i fasti della Roma del 700, Roma, 1986 

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9. 

CARLO LODI (attr. a) 

(Bologna, 1701 - 1765) 

Paesaggio con pastore e casa rurale 


Stima € 2.000 - 3.000 

Provenienza: 

Fermo, Pinacoteca di Monsignor Filippo Trenta 

Fermo, Asta Pubblica dei quadri della Pinacoteca 

Trenta di Fermo, 9 marzo 1905 

Bibliografia: 

M. Filippo Trenta, Indice delle pitture più ragguardevoli 

Monsignor Filippo Trenta, Fermo 1791, nn. 

73-74 

L. Battista, La collezione di Filippo Trenta, tesi di 

laurea, Università degli studi di Firenze, a.a. 1986- 

1987, con bibliografia precedente 

10. 


Maddalena penitente 

Olio su rame, cm 22,5X17 

Stima € 1.000 - 1.200 

11. 

PITTORE DEL XVII-XVIII SECOLO 

Battaglia 


Stima € 2.000 - 3.000 

Il dipinto è tradizionalmente attribuito a Pietro 

Graziani detto Ciccio Napoletano. Il carattere 

decorativo, il fascino desunto dalle opere del 

Borgognone e Salvator Rosa è qui stemperato da una 

sensibilità illustrativa che trova ancora nelle tele del 

primo naturalismo un punto di contatto evidente. 

Nondimeno, la stesura, in taluni casi schematica 

nella sua velocità di svolgimento, e la sensibilità 

atmosferica indicano una data d’esecuzione avviata 

al XVIII secolo. Detto ciò, il carattere generale 

dell’opera non presenta quella sintesi di tocchi rapidi 

e vigorosa enfasi riconducibile al maestro e che 

compone le sue scene con movimenti affollati dove i 

personaggi sono delineati con un tratto rapido e 

nervoso, quasi arricciato, rinvigorito da efficaci 

tocchi luministici. Gli aspetti presenti suggeriscono 

invero un talento ravvisabile in opere nord italiane e 

a pieno titolo settecentesche, sulla falsariga di Pier 

Ilario Spolverini o Francesco Monti. 


G. Sestieri, I Pittori di Battaglie, Roma 1999 

12. 

CARLO LODI (attr. a) 

(Bologna, 1701 - 1765) 

Paesaggio fluviale con villa 


Stima € 2.000 - 3.000 

Provenienza: 

Fermo, Pinacoteca di Monsignor Filippo Trenta 

Fermo, Asta Pubblica dei quadri della Pinacoteca Trenta di Fermo, 

9 marzo 1905 

Bibliografia: 

M. Filippo Trenta, Indice delle pitture più ragguardevoli Monsignor 

Filippo Trenta, Fermo 1791, nn. 73-74 

L. Battista, La collezione di Filippo Trenta, tesi di laurea, Università 

degli studi di Firenze, a.a. 1986-1987, con bibliografia 

precedente 

13. 

PITTORE ROMANO DEL XVIII SECOLO 

Veduta di Piazza san Pietro 

Olio su rame, cm 20X37,7 

Stima € 2.500 - 3.500 

Provenienza: 

Christie’s Roma 22 marzo 1988, n. 213 

Roma, collezione privata 

Il dipinto raffigura la veduta di Piazza San Pietro e dei palazzi 

vaticani, lo stile suggerisce una data d’esecuzione durante il XVIII 

secolo e un carattere esecutivo prossimo al fare pittorico di 

Giacomo Van Lint (Roma, 1723 - 1790). Secondo questa 

indicazione cronologica l’opera si può collocare attorno alla 

seconda metà del Settecento. Figlio del pittore Hendrick, dopo la 

morte del padre assunse lo pseudonimo di “Monsù Studio” e 

divenne celebre grazie alla sua produzione destinata ai viaggiatori 

stranieri. L’opera in esame, infatti, è da considerarsi un elegante 

Souvenir d’Italie, secondo la migliore tradizione del Grand Tour. 

14. 

ANDREA DE LIONE (attr. a) 

(Napoli, 1610 - 1685) 

Battaglia 


Stima € 3.000 - 4.000 

Il dipinto raffigura una battaglia tra cavalieri turchi e cristiani, 

una carica in fieri che prelude lo scontro o plausibilmente la 

disfatta dello schieramento ottomano che par ritirarsi incalzato 

dallo spiegamento avverso la cui avanguardia è rappresentata 

dal soldato in armatura in primo piano a destra. 

I caratteri di stile denotano immediatamente l’origine napo - 

letana dell’autore, riconoscibile in Andrea de Lione. La 

luminosità diffusa e una serie di dettagli stilistici sembrano 

appartenere al lessico del maestro qui ancora influenzato dalle 

opere del Falcone ma oramai autonomo e pronto a sciogliere il 

suo fare pittorico. In similitudine possiamo citare la Battaglia 

tra ebrei e filistei pubblicata da Vincenzo Pacelli nel 2001 in 

cui lo studioso riconosce nella stilizzazione dei cavalli e nel 

controluce del paesaggio il segno distintivo maturo dell’artista. 

Sempre per analogia iconografica e tecnica citiamo altresì la 

Battaglia pubblicata da Gianluca Forgione e Vincenzo Pacelli 

in un recente articolo dedicato a Salvator Rosa battaglista. 

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15. 

BARTOLOMEO BETTERA 

(Bergamo, 1639 - 1712 circa) 

Natura morta con strumenti musicali, spartiti, libri e mappamondo 


Stima € 8.000 - 12.000 

Imitatore e verosimilmente allievo di Evaristo Baschenis, Bartolomeo Bettera fu un raffinato pittore di nature morte con strumenti musicali e, 

sia pur non raggiungendo i livelli eccelsi del maestro, espresse una notevole abilità nella resa dei particolari decorativi. La similitudine tra i 

due artisti fu comunque all’origine di molti errori attributivi, dipanati all’inizio del ‘900 da Michele Biancale e in seguito da una serie di studi 

monografici affrontati da Malaguzzi Valeri (1928) e dall’Angelini (1943), fino a giungere al fondamentale catalogo ragionato curato da Marco 

Rosci nel 1971 e nel 1985. La tela in esame presenta adagiati su un piano marmoreo coperto da un tappeto diversi strumenti musicali, secondo 

una scenografia cara all’artista, maniacale nel descrivere sontuose tende e preziosi tessuti orientali. Gli strumenti dipinti sono la viola, il liuto 

attiorbato, il violino, la chitarra, la tromba e una spinetta. Per variegare la scena il pittore ha collocato alcuni libri e spartiti, mentre in secondo 

piano si scorge uno stipo e un mappamondo, il tutto è distribuito con un ordine indistinto, ma affascinante, mirato a esaltare gli aspetti 

ornamentali dell’opera, eseguita con una stesura precisissima e matericamente ricca. Per quanto riguarda il rapporto con il Baschenis è 

opportuno ricordare che i due, sia pur coincidenti per le iconografie, appartengono a due entità e destini culturali diversi e il Bettera era 

orientativamente predisposto a privilegiare l’aspetto esornativo e barocco delle sue immagini. Bisogna altresì prendere atto che l’artista 

probabilmente realizzava sia derivazioni desunte dal maestro, sia tele che si accompagnavano a pendant, quasi a voler definire al meglio la 

differenza tra le due tipologie d’impostazione metodologica e strutturale delle composizioni ,e per assurdo, un’idiosincrasia retorica della loro 

essenza illustrativa. 

Il dipinto è corredato da una scheda critica di Mina Gregori. 


M. Rosci, Bartolomeo Bettera, in I Pittori Bergamaschi. Il Seicento, Bergamo 1985, III, pp. 151-183 

E. De Pascale, Baschenis e dintorno: il “caso” Bartolomeo Bettera, in Evaristo Baschenis e la natura morta in Europa, catalogo della 

mostra a cura di F.Rossi, Milano 1996, pp. 79-85 

16. 

ANTONIO GIANLISI SENIOR 

(Ponte dell’Olio, 1655 - Crema, 1713) 

Natura morta con uva, limoni e funghi 


Stima € 10.000 - 12.000 

Questa esuberante natura morta si attribuisce ad Antonio Gianlisi Senior, il cui catalogo è stato definito recentemente da Gianluca e Ulisse 

Bocchi che hanno distinto la produzione rispetto a quella generalmente assegnata a Gilardo da Lodi (Lodi, attivo nei primi decenni del XVIII 

secolo). La struttura compositiva vede una “cascata” di tralci d’uva i cui grappoli arrivano sino in primo piano, ai lati, appoggiati su basamenti 

in pietra, si vedono dei limoni e dei funghi. La regia luminstica che scorre attraverso i diversi elementi naturali è modulata per dare il maggior 

risalto possibile alle forme e alle sfumate tonalità dei frutti, in modo particolare agli acini d’uva, mentre le foglie con le loro cangianti cromie 

autunnali creano un vibrante gioco chiaroscurale. L’effetto è di straordinaria ricchezza scenica, in analogia con il Trofeo di uve all’aperto 

conservato in collezione privata (Bocchi 1998, p. 172, fig. 211) e la coppia di tele appartenenti alla Galleria dell’Accademia di Lovere (Bocchi 

1998, p. 173, fig. 212-213). 




19

20 

L’iconografia, arcaica e rinascimentale, rammenta le composizioni di Andrea del Sarto e del Pontormo, ma lo stile e le caratteristiche della 

stesura suggeriscono una datazione più tarda, attorno alla fine del XVI secolo e l’inizio del Seicento. Questi primi indizi indicano prima di 

tutto l’origine fiorentina dell’opera e in secondo luogo permettono di comprenderne il gusto ritardatario, in linea con posizioni puriste e 

conservatrici, agevolando il suo inserimento in una corrente culturale contro riformata che allo scadere del secolo rinascimentale trova nella 

città medicea un ampio consenso. Basti pensare a Santi di Tito ma ancor più a Jacopo Chimenti detto l’Empoli (Firenze, 1551 - 1640) che con 

la sua lunghissima vita continuò a divulgare concetti illustrativi in anni in cui la reazione cattolica era oramai esaurita da tempo e il linguaggio 

artistico indirizzato alla felice modernità barocca. A documentare al meglio l’assunto con cui queste tipologie di opere erano concepite, è ad 

esempio la pala d’altare della cappella Palagio nella chiesa della SS. Annunziata raffigurante La Vergine con il Bimbo, angeli e i Santi Nicola 

da Bari, Giuliana Falconieri, Andrea e Giovanni Battista del 1627 (Marabottini 1988, p. 267 - 268, n. 117), in cui la Vergine con il Bambino 

presenta strette analogie con la tavola in esame, secondo un’iconografia che possiamo riscontrare all’inizio della sua attività, nella Madonna 

con il Bimbo di Lozzole, databile attorno al 1580 circa (Marabottini 1988, p. 178, n. 14). 


A. Marabottini, Jacopo Chimenti da Empoli, Roma 1988 

17. 

PITTORE FIORENTINO DEL XVII SECOLO 

Madonna con il Bambino e San Giovannino 

Olio su tavola, cm 110X85 

Stima € 10.000 - 15.000 

18. 

FRANCESCO COZZA (attr. a) 

(Stignano, 1605 - Roma, 1682) 

Madonna con il Bambino 


Stima € 6.000 - 8.000 

Nato in Calabria, Francesco Cozza svolse la sua attività a Roma, in principio come allievo e collaboratore di Domenichino, dal quale 

assimilò i tratti distintivi del classicismo bolognese. Affrancatosi dal maestro nel 1631 e iniziata un’autonoma carriera, la sua arte fu 

precocemente apprezzata, come testimoniano Giovan Battista Passeri e Leone Pascoli che lo stimarono “intelligente e studioso”. Nel 

1648 si attesta la sua adesione alla Congregazione dei Virtuosi del Pantheon e i rapporti con Gregorio Preti, fratello di Mattia e membro 

della medesima istituzione. Tra il 1637 e il 1641 l’artista soggiornò a Napoli al seguito del Domenichino, mentre nel decennio 

successivo, tra il 1658 e il 1659 eseguì la decorazione della Stanza del fuoco in Palazzo Doria Pamphilij a Valmontone che, insieme 

agli affreschi della volta nel Collegio Innocenziano a Piazza Navona raffigurante la Divina Sapienza, esprime la sintesi delle varie 

esperienze maturate e l’eccellente versatilità pittorica dall’autore. L’opera qui presentata si data agevolmente alla maturità, tra il sesto 

e il settimo decennio, in prossimità alla Madonna del Riscatto, conservata nel refettorio del Collegio Nepomuceno di Roma. 


L. Trezzani, Francesco Cozza 1605 - 1682, Roma 1981, pp. 52-53 

Francesco Cozza (1605 - 1682), un calabrese a Roma tra Classicismo e Barocco, catalogo della mostra a cura di C. Strinati, R. 

Vodret, G. Leone, S. Mannelli, Catanzaro 2007 

R. Lattuada, Tendenze di pittura purista tra Napoli e Roma al tempo di Francesco Cozza, in Francesco Cozza e il suo tempo, 

Valmontone, 2-3 aprile 2008, Atti del Convegno, pp. 157-175 

21

22 

19. 

PITTORE VENETO DEL XVII SECOLO 

Miracolo dell’infermo 


Stima € 4.000 - 6.000 

Il dipinto recava un’attribuzione ad Agostino Beltrano, ma si tratta indubbiamente di un’opera d’autore veneto e appartenente alla corrente 

tenebrosa. Osservando il ductus pittorico e la tipologia dei volti è chiara la matrice langettiana, formulata tuttavia con una delicatezza di 

tonalità cromatiche e di stesura evidentemente più matura e classica. Questi indizi conducono a una datazione quasi settecentesca, verso 

impressioni prossime ad Antonio Zanchi e Antonio Molinari. Interessante è rilevare la profondità dei colori, specialmente nei brani dei 

panneggi, morbidi e delicati nelle vesti di Cristo, accesi e improvvisi in altri, quasi a modulare per contrappunto il ritmo narrativo, 

ammantandolo di un’aulica eleganza tesa a smorzare la drammaticità del soggetto. La qualità del disegno è altrettanto rimarchevole, ed offre 

un’impressione di intima monumentalità scenica e movimento teatrale, secondo un gusto di consapevole registro barocco. 

20. 

PITTORE VENEZIANO DEL XVII SECOLO 

Giuseppe spiega i sogni 


Stima € 6.000 - 8.000 

Il dipinto raffigura Giuseppe che interpreta i sogni, il giovane è riconoscibile al centro della composizione nel momento in cui predice la sorte 

del coppiere, la cui liberazione dalla prigionia sarebbe avvenuta dopo tre giorni (Genesi 40,1-23). I protagonisti, illuminati da una luce che 

cade dall’alto a sinistra, sono distribuiti su una direttrice orizzontale, mentre in secondo piano si scorge nell’ombra la figura del panettiere il 

cui destino sarà quello dell’impiccagione. Il punto prospettico è focalizzato sull’eloquente gestualità di Giuseppe, funzionale a tradurre con 

precisione la narrazione biblica. L’opera, attribuita al pittore veneziano Antonio Molinari (Venezia, 1655 - 1704), trova per le sue caratteristiche 

di stile e scrittura un’indubbia attinenza alla scuola veneta e la sua sensibilità chiaroscurale è pertanto pertinente ad una datazione tardo 

seicentesca, quando gli aspetti del tenebrismo lagunare desunti da Antonio Zanchi si stemperano grazie a modulazioni classicistiche. Interprete 

di questa evoluzione “pur detenendo l’accezione melodrammatica” del naturalismo (Pallucchini 1981) sarà proprio il Molinari, come possiamo 

osservare nelle tele della Fondazione Sorlini (Craievich 2005, pp. 132 - 133, n. 6). La qualità della stesura, morbida e con delicate profondità 

tonali suggerisce altresì una datazione matura, attorno all’ultimo decennio del Secolo, quando lo stile dell’artista preannuncia sensibilità 

settecentesche, le medesime che traspirano nelle prove giovanili di Francesco Trevisani. 


A. Craievich, Antonio Molinari, Soncino 2005 

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21. 

LUCA GIORDANO 

(Napoli, 1634 - 1705) 

Fuga in Egitto 


Stima € 15.000 - 18.000 

Questa inedita tela si attribuisce senza esitazione a Luca Giordano. Si tratta di un piccolo gioiello pittorico riconducibile al periodo giovanile 

dell’artista, quando riformula le proficue influenze dell’arte veneta, distillando una freschezza cromatica e una vivacità espressiva di altissimo 

livello. Il pittore in questo caso si misura con un’iconografia che non accondiscende a particolari libertà sceniche: il tema, devozionale e 

domestico, deve mantenere il filo narrativo dettato dalle Sacre Scritture. Il centro della composizione è quindi dedicato alla Vergine, alla sua 

umile condizione di madre, costretta alla fuga per sottrarre alla morte il figlio, mentre i lati sono dedicati all’anziano Giuseppe e all’angelo 

che guida la Sacra Famiglia verso la salvezza. L’analisi dell’opera evidenzia una stesura di sorprendente qualità, costruita a pennellate veloci, 

minute, sovrapposte a delicate velature capaci di mantenere inalterata la luminosità del pigmento e la freschezza dei toni. Basta osservare la 

profondità cromatica dei panneggi, la loro illusionistica densità, resa vibrante dal movimento e da una brezza irreale. Sorprende la geniale 

rielaborazione del Cinquecento veneziano qui messa in atto, che trasforma la materia in luce e la tradizione in modernità, portando a termine 

con sprezzatura e leggerezza un’opera “manifesto” dell’emotività barocca. Un’opera che prelude a tutta la successiva produzione del pittore, 

minuta e monumentale, per non parlare del suo seguito settecentesco, capace di influenzare autori di levatura europea come Fragonard. Per 

quanto riguarda la datazione, la tela non oltrepassa il sesto decennio, per le chiare analogie di stile che riscontriamo ad esempio nelle tele firmate 

e datate 1657 conservate presso la chiesa dell’Ascensione a Chiaia, raffiguranti San Michele Arcangelo sconfigge gli angeli ribelli e Sant’Anna 

e la Vergine. (Ferrari, Scavizzi 1992, p. 258, n. 49). 

Siamo grati a Riccardo Lattuada che ha confermato l’attribuzione a Luca Giordano. 


O. Ferrari, G. Scavizzi, Luca Giordano. L’opera completa, Napoli 1992 

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22. 

PITTORE ROMANO DEL XVII SECOLO 

Scena carnevalesca 

L’indovino 


Stima € 6.000 - 8.000 

Certamente eseguite a Roma attorno al quinto decennio, le tele raffigurano temi peculiari della pittura di genere bambocciante. Le scene sono 

ambientate con sensibilità realistica e gli scorci urbani rappresentati, sia pur difficilmente riconoscibili, offrono una credibile visione dei 

quartieri popolari della Città Eterna. I caratteri di stile e di scrittura non consentono un’attribuzione precisa, ma è possibile cogliere interessanti 

affinità con l’opera di Michelangelo Cerquozzi detto Michelangelo delle Battaglie o Michelangelo delle Bambocciate (Roma, 1602 - 1660). 

La stesura, la tipologia dei volti e l’impaginazione narrativa sono riconducibili ad una sensibilità pittorica italiana, e il Cerquozzi, come 

correttamente nota Laura Laureati, fu uno dei “pochi artisti romani di nascita” ad “avvicinarsi e non soltanto per la scelta dei soggetti, al 

gruppo dei pittori nordici di Strada Paolina e di Via Margutta, e in particolare, ai pittori di piccole figure come Pieter e Roeland van Laer o 

Jan Miel”. L’esame delle opere consente d’apprezzare la cura con cui l’artista descrive i diversi protagonisti, le loro gestualità e gli indumenti, 

attenzione che indica una visione e uno studio dal vero della vita quotidiana, letta e interpretata senza filtri letterari ma con spiccato 

naturalismo, sincero e appassionato, impossibile da archiviare sbrigativamente nell’ambito dell’aneddotica o della cronaca spicciola, ma altresì 

da leggere quale fenomeno denso di motivazioni culturali. L’immagine della “finestra aperta” adottato da Giuliano Briganti è quindi la via 

critica migliore per comprendere questo particolare filone della pittura dell’età barocca, il cui il nominativo di bambocciante, come rimarca 

lo studioso, può risultare un diminutivo grottesco e ingiusto, da non tenere in “simpatia”. 


G. Briganti, L. Laureati, L. Trezzani, I Bamboccianti, Roma 1983 

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23. 

NICOLÒ CODAZZI 

(Napoli, 1642 - Genova, 1693) 

GIAN LORENZO BERTOLOTTO 

(Genova, 1646 - 1720) 

Cattura di Cristo 


Stima € 18.000 - 20.000 

Il dipinto sarà incluso nel volume curato da Giancarlo Sestieri Il Capriccio architettonico in Italia nel Seicento e Settecento di prossima 

pubblicazione. La rilevanza dell’opera è dettata non solo dall’ottima qualità pittorica ma altresì dal valore documentario inerente l’attività di 

Nicolò Codazzi a Genova e delle sue diverse collaborazioni con i pittori di figura. Rammentiamo ad esempio il sodalizio con Paolo Gerolamo 

Piola che nel loggiato affrescato a Palazzo Rosso, detto Loggia delle rovine (1689), offre l’esito più scenografico e famoso (Marshall 1993, 

pp. 430 - 432), oppure si osservino i due capricci architettonici raffiguranti una Veduta di un antico palazzo e la Veduta di un antico complesso 

termale (olio su tela, cm 148X116) esitati a Vienna presso la casa d’aste Dorotheum il 6 ottobre 2009. Tuttavia, il giovane Piola non è l’unico 

dei genovesi ad avvalersi di Nicolò Codazzi, a calarsi nella parte “secondaria” di macchiettista vediamo niente meno che Gregorio De Ferrari 

(Newcome 1998, pp. 65-67 nn. 50-51). Per quanto riguarda le tele con l’intervento di Giovanni Lorenzo Bertolotto, conosciamo solo un’Ultima 

cena d’ubicazione sconosciuta pubblicata nel 1979 da Giuliana Biavati, in cui l’aspetto architettonico non è certamente preponderante rispetto 

alla complessità scenografica della tela qui presentata. 


D. R. Marshall, Viviano and Niccolò Codazzi and the baroque architectural fantasy, Milano 1993 

M. Newcome, Gregorio de Ferrari, Torino 1998 

24. 

GIOVANNI GHISOLFI 

(Milano, 1623 - 1683) 

Paesaggio con rovine e scena classica 

Olio su tela, cm 33X48,5 

Stima € 10.000 - 12.000 

Si avverte la difficoltà da parte del grande pubblico di percepire Giovanni Ghisolfi 

quale importantissimo antesignano di un genere pittorico che solo nel XVIII secolo e 

con Giovanni Paolo Pannini conseguirà una fortuna illustrativa straordinaria. Detto 

ciò, desidero evidenziare la distanza qualitativa tra il dipinto in esame e le 

innumerevoli tele che attraversano il mercato antiquario, che sono in gran parte da 

ricondurre senza appello all’ambito delle copie. Il distinguo appare evidente 

osservando la bellezza della stesura, del tessuto pittorico, con le sue profondità e le 

accensioni di lume, di tono e precisione disegnativa. Ghisolfi, ricordiamolo, è nato a 

Milano, si formò nell’ambito familiare e si trasferì a Roma per sua fortuna intorno al 

1650, beneficiando della lezione cortonesca e soprattutto del periodo trascorso in 

collaborazione con Salvator Rosa, dedicandosi a dipingere paesaggi e vedute 

architettoniche. Questa propensione paesistica e archeologica rivelò presto un’intima 

vena classicista, contrassegnata da eleganti equilibri compositivi, che, non lo si ripeterà mai abbastanza, costituiranno un precedente essenziale 

per il Panini. In affinità con la nostra opera e il suo tipo di impaginazione narrativa ricordiamo in questa sede il Capriccio architettonico con 

rovine romane del 1655, appartenente alle raccolte di Palazzo Leoni Montanari a Vicenza. Tipica del suo stile è altresì la modalità con cui 

costruisce le sequenze prospettiche, trattando lo sfondo con una cromia chiara e leggera, quasi argentea, mentre i brani d’architettura sono 

delineati con pennellate accurate e precise, forti contrasti e tocchi di nero nei dettagli plastici. E’ interessante anche notare come traspaiano 

nei brani di figura curiose reminiscenze venete, che rammentano nel loro sviluppo quelle di Giulio Carpioni, specialmente se osserviamo la 

figura femminile a sinistra. Si compie così una curiosa miscela di istanze nord italiane con lo stile rosiano, il medesimo che si esprime nella 

tela del Museo Nazionale di Praga (Busiri 1992, p. 79, n. 32) e in quelle di Collezione Almagià (Busiri 1992, pp. 80-81, nn. 33-34), tele le cui 

figure sono dal Busiri attribuite a Salvator Rosa. 


A. Busiri Vici, Giovanni Ghisolfi (1623-1683). Un pittore milanese di rovine romane, Roma 1992 

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25. 

PITTORE FIAMMIMGO 

DEL XVII-XVIII SECOLO 

Scena di genere 


Stima € 4.000 - 6.000 

La verve narrativa, l’ironia e la tecnica di stile caratterizzata da una delicata vivacità cromatica, sono aspetti che conducono a datare il dipinto 

tra il XVII e il XVIII secolo e suggeriscono un’attribuzione all’ambito di Jan Havickszoon Steen (Leida, 1626 - 1679). La sua produzione è 

principalmente indirizzata a descrivere la vita quotidiana della media e ricca borghesia commerciale, ma è altrettanto evidente che le immagini 

da lui create sottintendano allegorie comportamentali e proverbi popolari olandesi, con significati moraleggianti e sottintesi pruriginosi neppure 

troppo velati. In questo caso, il monito al vizio dell’alcol e delle sue conseguenze è inequivocabile. L’elegante signore addormentato in maniera 

scomposta con il boccale appoggiato a terra ne è la chiara dimostrazione, come altrettanto chiaro e metaforico è il confronto con l’operoso, 

savio e prestante giovanotto che, compiaciut,o mostra i suoi “trofei” venatori alla desolata moglie dell’ubriaco. 


K. Cloutier Blazzard, Counter-Balancing Classicism: Jan Steen and the “Socratic Style” (PhD. Virginia, L. Goedde: website NHA 2004) 

26. 


Scena storica 

La morte di Lucrezia 


Stima € 20.000 - 25.000 

La collocazione geografica di queste due opere a soggetto storico è presumibilmente da riconoscere all’ambito genovese, tuttavia è problematico 

avanzare una proposta attributiva persuasiva. Possiamo comunque percepire la loro valenza cromatica, di gusto tenebroso e naturalistico, con 

lontani echi delle composizioni mature di Gioacchino Assereto e in termini cronologici ancor più lontani, una vaga reminiscenza strozzesca. 

Quel che emerge è quindi un carattere illustrativo drammatico e teatrale, costruito con impasti densi che si contrappongono a passaggi liquidi 

quasi evanescenti, che appaiono altresì debitori nei confronti della cultura veneta intaccata dagli eccessi espressivi di Giovanni Battista Langetti 

e che in Liguria trovano esempio in Pietro Paolo Raggi. Queste considerazioni ci permettono di collocare le tele attorno alla seconda metà del 

Secolo, ma distanti dalle trasparenze e le delicate luminosità di Domenico Piola o alle vivaci invenzioni barocche di Valerio Castello. Qui, l’idea 

di pittura è ancora vincolata al primo naturalismo, agli esempi del Fiasella maturo e ai “tremendi impasti” di Orazio de Ferrari. 

31

32 

27. 

PITTORE NORDICO ATTIVO IN VENETO NEL XVII SECOLO 

Veduta di fantasia con figure e scene di genere 


Stima € 25.000 - 30.000 

In una Venezia fantastica e gioviale, quasi una versione idillica delle virtù cittadine della Serenissima, vediamo dipanare sotto i nostri occhi la 

“capricciosa” rappresentazione di sontuosi palazzi, canali e calle dove una moltitudine di personaggi svolge le più svariate attività commerciali 

e domestiche. La scenografia trova nelle iconografie di mercato olandesi un punto di confronto avvincente, ricordiamo a esempio i dipinti di 

Joachim Beuckelaer, mentre l’aspetto della veduta è memore delle creazioni di Lodewijk Toeput detto Lodovico Pozzoserrato (1550 circa - 

1604/5) e Hans Vredeman de Vries, qui riproposti su un registro comico. L’aspetto gioviale del dipinto non deve tuttavia distrarci dalla sua 

verità allegorica, rappresentata dalla vecchia ignuda visibile all’interno della loggia posta sullo sfondo, vecchia vezzeggiata e sollazzata da figure 

di dubbia educazione e morale. Questa immagine allude sicuramente alla Vanità umana e il fatto stesso che non partecipi alla vita sociale denota 

la sua dissoluta falsità, che è cosa da tener riservata e non può essere di pubblica esibizione, a differenza delle virtù stabilite da una vita 

laboriosa e condotta alla luce del sole. 

DIPINTI DA UN 

HÔTEL PARTICULIER 

lotto 36 

LOTTI 28 - 48

28. 

GIOVANNI MICHELE GRANERI 

(Torino, 1708 - 1762) 

Paesani che giocano a carte 

Lite tra giocatori di carte 


Stima € 15.000 - 20.000 

34 DIPINTI DA UN HÔTEL PARTICULIER 

Giovanni Michele Graneri (Torino, 1708 - 1762), sulla scia del gusto illustrativo derivato dalle opere di Jan Miel (Beveren-Waas, 1599 - 

Torino, 1663) e Pietro Domenico Olivero (Torino, 1679 - 1755), è il più celebre pittore piemontese di quel genere “basso” che trova origine 

nella Roma Seicentesca e si evolve nel secolo seguente attraverso i diversi caratteri regionali e inflessioni di sapore rococò. Le fonti storiche 

indicano che la sua formazione avviene presso la bottega di Pietro Domenico Olivero, ma il suo stile sia pur meno ricercato e minuzioso, 

presenta uno spiccato gusto narrativo, attento a delineare scenari di vita popolare con sincera sensibilità aneddotica. Le prime opere note, 

databili al 1738, presentano un artista oramai formato, talvolta ancora un po’ incerto nella costruzione delle immagini e nella definizione delle 

figure, ma compiuta appare la scelta stilistica e iconografica, affrontata con un fare pittorico vivace, bozzettistico negli esiti, assai apprezzato 

non solo dalla committenza nobiliare, ma anche dal mercato artistico d’estrazione borghese. I temi e le scene raffigurati testimoniano la 

delicata ironia del pittore e un piglio concreto esente dalla compiaciuta retorica in auge a Roma. Le opere di Graneri dimostrano altresì la piena 

similitudine con le invenzioni di Giuseppe Maria Crespi, Alessandro Magnasco, Giacomo Ceruti e Giacomo Francesco Cipper, autori ispirati 

dalle idee preilluministe di Muratori, dall’Arcadia letteraria e dalle riforme che interessano il teatro dialettale, specialmente milanese, capace 

di indagare con verve satirica e dicotomia allegorica la vita quotidiana del tempo, evidenziandone con grazia il gioco delle parti sociali, 

mescolando critica antropologica e commedia dell’arte. Nel suo percorso creativo il nostro dimostra assai bene con quale sapienza rinnovi la 

tradizione seicentesca dei bamboccianti, rileggendone in chiave personalissima gli esempi, con l’ambizione oltremodo riuscita di trasporre le 

sue idee con spirito “alto”, dedicandosi ad una realistica definizione degli oggetti d’uso quotidiano, dei cibi e delle masserizie, giungendo sino 

alle massime conseguenze della tradizione comica e grottesca, che nel nord Italia ha origini rinascimentali. Nelle opere qui presentate i 

protagonisti appartengono alla classe popolare, interpreti di una società minuta e le composizioni racchiudono in sé diversi generi: la natura 

morta, la figura umana e in parte il paesaggio urbano. Temi che Graneri dimostra di saper condurre con abilità e spirito d’osservazione, in 

simbiosi con una materia vibrante e veloci pennellate, raggiungendo un livello qualitativo eccellente, specialmente nei brani di natura morta 

e nel descrivere le fogge degli abiti che ci sorprendono per i rapporti cromatici e la precisione dei dettagli. Il tema delle tele è tipico della sua 

produzione e la Lite tra giocatori di carte trova un preciso corrispondente illustrativo con il dipinto firmato e datato 1738 pubblicato da 

Arabella Cifani e Franco Monetti. Tuttavia la nostra opera, per i caratteri di stile e scrittura, si può datare attorno alla metà del Secolo, a 

testimonianza di come l’artista durante la sua carriera riproponesse temi e soggetti a lui cari. 


A. Cifani, F. Monetti, I Piaceri e Le Grazie. Collezionismo, pittura di genere e di paesaggio fra Sei e Settecento in Piemonte, Torino 1993, 

II, p. 377, n. 501 

DIPINTI DA UN HÔTEL PARTICULIER 35

29. 

ANTONIO SENAPE 

(Roma, 1788 - Napoli, 1850 circa) 

Veduta di Napoli da Chiaia (1840) 

Penna su carta, cm 22X35 

Stima € 400 - 600 

Nato a Roma nel 1788, Antonio Senape è un paesista specializzato in vedute eseguite principalmente a penna. La sua produzione documentata 

scorre tra il 1818 e il 1842, ma si presume che la morte sia avvenuta attorno alla metà del Secolo, per la presenza nelle sue opere di edifici la 

cui costruzione risale a tale periodo. La data iscritta sull’incorniciatura del foglio in esame trova quindi un consono appiglio filologico e 

documenta, di fatto, un percorso cronologico più ampio. La maggior parte delle composizioni eseguite dal Senape ritraggono la città di Napoli 

e i suoi dintorni, ma al catalogo non mancano vedute di tutte le città italiane, realizzate con la medesima tecnica a inchiostro nero o seppia. 

Le notizie biografiche che lo riguardano sono invece scarne: sappiamo che svolgeva l’attività di restauratore, ma anche l’insegnante di “disegno 

con la Penna” come suggerisce giustamente Teresa Barone che immagina tra i suoi allievi i turisti dilettanti in viaggio attraverso la penisola e 

suggestionati dalla bravura del Maestro e dalla bellezza del paesaggio. Questa considerazione e l’esistenza di un album contenente oltre cento 

disegni di vedute italiane, suggerisce altresì che il Senape possa essere stato ingaggiato da una committenza interessata ai suoi servigi durante 

il Grand Tour, secondo una tradizione codificata nel corso del secolo precedente. Il disegno raffigura il tratto di costa napoletano che vede in 

primo piano la Riviera di Chiaia con la Villa Comunale, in lontananza possiamo osservare la collina di Pizzofalcone e sul mare Castel dell’Ovo, 

mentre sullo sfondo si stagliano il Vesuvio e Portici. 


T. Barone in Salomon Master Drawings, a cura di A.Orlando, Firenze 2010 

Campi Flegrei, mito, storia, realtà, catalogo della mostra a cura di R. Muzii, Napoli 2006, n. 144 

Cento disegni per un Grand Tour del 1829, Napoli (e dintorni), Sicilia, Roma e Italia nelle vedute di Antonio Senape, catalogo della mostra 

a cura di L. Di Mauro, Napoli 2001 

U. Di Pace, Antonio Senape “disegnatore di paesi”, in Tra il Castello e il mare. L’immagine di Salerno, Napoli 1994, pp. 237-238 


30. 



Veduta del golfo di Napoli da Sorrento (1850) 


Stima € 400 - 600 

Il disegno qui presentato raffigura verosimilmente quel tratto di 

costa che conduce alla penisola sorrentina subito dopo 

Castellamare di Stabia e nei pressi di Vico Equense. 

Lo stile dell’opera è tipico dell’artista: il segno grafico modulato 

con la bicromia tonale e la quantità d’inchiostro disteso consentono 

di misurare la profondità prospettica della veduta e definire al 

meglio la descrizione degli edifici. La capacità tecnica dell’artista nel 

comporre questa difficile armonia si coglie al meglio analizzando la 

lieve dissolvenza che riesce a conseguire per evocare i volumi e le 

distanze, con sensibilità e delicatezza. Qualità che ci consentono di 

poter considerare Antonio Senape uno dei più interessanti 

disegnatori del XIX secolo, tanto da aiutarci a comprendere la 

confusione attributiva avvenuta all’inizio del ‘900 nientemeno che 

con William Turner. 

31. 



Veduta di Palermo dal Monte Pellegrino 


Stima € 500 - 700 

Vero e proprio massiccio calcareo alto 609 metri, il monte 

Pellegrino si erge sul mare Tirreno chiudendo da nord il Golfo di 

Palermo. Il disegno di Antonio Senape consente di osservare la città 

lungo tutta la sua estensione. Il punto di vista utilizzato dal maestro 

trova un precedente illustre nel volume edito a Napoli nel 1829 ad 

opera dei Signori Cuciniello e Bianchi, intitolato Viaggio pittorico 

nel Regno delle due Sicilie. Come per le altre vedute realizzate dal 

Senape, lo scopo è quello di illustrare le meraviglie del Regno, di 

documentare monumenti e paesaggi attraverso un attento lavoro 

descrittivo. La tecnica utilizzata è quella consueta - penna su carta 

bianca - che l’artista gestisce con sapienza, sapendo sfumare la 

profondità, misurando l’intensità e la quantità d’inchiostro. 

30 

31 


32. 

PITTORE NAPOLETANO DEL XVII SECOLO 

Scena di battaglia nei pressi di un forte 


Stima € 3.000 - 5.000 

Il dipinto esibisce caratteri i tipici della scuola napoletana, evolutasi sugli esempi di Jacques Courtois detto il Borgognone (St. Hyppolite, 

1621 - Roma, 1676) e Salvator Rosa (Napoli, 1615 - Roma, 1673), celebri autori delle cosiddette “battaglie senza eroe”, da cui deriva il 

carattere dinamico di questo tipo di scene e la peculiare struttura delle composizioni, dove la statica concezione d’Aniello Falcone (Napoli, 

1607 - 1656) e gli intenti celebrativi del Cavalier d’Arpino (Arpino, 1568 - Roma, 1640) lasciano spazio ad immagini di cruento realismo, in 

linea con il gusto collezionistico barocco. L’immagine evidenzia altrettanto bene l’influenza delle composizioni di Andrea De Lione (Napoli, 

1610 - 1685), per il variegato tessuto pittorico in cui risaltano brani di un raffinato preziosismo cromatico. Peculiare di questa cruenta scena 

bellica è la rappresentazione del combattimento in primo piano, descritto con crudo realismo e un’attenta regia scenica che pone in risalto il 

vortice di violenza che trova il suo apice al centro, con il cavaliere che vibra colpi di spada, secondo un’intonazione realistica desunta dal 

Courtois, e “par vedervi il coraggio che combatte per l’onore e per la vita” (cfr. Sestieri 1999, op. cit. pp. 228-229). 


G. Sestieri, I pittori di battaglie, Maestri italiani e stranieri del XVII e XVIII Secolo, Roma 1999 


33. 


Scena di battaglia tra cavalieri turchi e cristiani 


Stima € 3.000 - 5.000 

Il dipinto si può attribuire alla medesima mano della tela raffigurante Scena di battaglia nei pressi di un forte, ma a differenza di quest’ultima, 

il pittore descrive in primo piano a sinistra lo scontro tra un gruppo di cavalieri, mentre a destra in lontananza, è in atto la battaglia principale. 

L’importanza di questa tela risiede nella migliore visione dei protagonisti che presentano caratteri fisionomici prossimi a quelli di Carlo 

Coppola (attivo a Napoli verso la metà del XVII secolo). Secondo le notizie forniteci da De Dominici il Coppola è allievo del Falcone, ma, se 

ne accettiamo l’attribuzione, è presumibile una data d’esecuzione alla maturità, quando l’influenza delle creazioni di Jacques Courtois e 

Salvator Rosa evolvono il genere della battaglia, liberandolo dai caratteri schiettamente regionali, modulando gli schemi ancora arcaici del 

Falcone e del De Lione verso soluzioni compositive barocche. 


G. Sestieri, I pittori di battaglie, Maestri italiani e stranieri del XVII e XVIII Secolo, Roma 1999 



34. 

PITTORE DEL XVIII SECOLO 

Scontro tra cavalieri turchi e 

cristiani 

Scontro tra cavalieri 


Stima € 3.000 - 4.000 

Il tipo di schema utilizzato dal pittore per descrivere le scene belliche in esame sembra risalire ai modi del Monti e del Borgognone, schema a 

sua volta utilizzato dai battaglisti attivi soprattutto in Italia settentrionale, che codificarono il genere della battaglia nella sua funzione 

prettamente decorativa. I limiti illustrativi e di repertorio formale attribuibile a queste rappresentazioni non è tuttavia insito nel tema, ma è 

in gran parte determinato dalla loro notevole diffusione commerciale. La Guerra dei Trent’Anni e la pressione Turca nelle zone balcaniche e 

ai confini austriaci rendono altresì i soggetti d’estrema attualità, a loro volta traslati attraverso immagini inevitabilmente ripetitive nello 

svolgersi narrativo, mettendo in seria difficoltà un procedimento filologico atto a distinguere i diversi autori, spesso artisti viaggianti e soggetti 

ad una costante reciproca influenza. Le due tele qui presentate sono pertanto un esempio preciso di come tra il XVII e il XVIII secolo si evolve 

la battaglia in quanto genere, si può, infatti, affermare che è il momento in cui la produzione diviene peculiarmente alta e diffusa, toccando 

un buon livello qualitativo, e non è da escludere l’esistenza di vere e proprie botteghe specializzate, come testimonia Patrizia Consigli che 

censendo i dipinti di battaglia nella zona parmense ha riscontrato la presenza assai frequente di repliche, spesso di medesima mano, con lievi 

differenze iconografiche. 

35. 

PITTORE LOMBARDO 

DEL XVIII SECOLO 

Scimmie che suonano 

Scimmie che mangiano e 

bevono 


Stima € 6.000 - 8.000 

Sorprendente è l’ironia di queste tele che raffigurano rispettivamente animali nella veste di musici e una comitiva di scimmie ad una déjeuner 

sur l’herbe, descritte in un clima idilliaco, mentre a sottolineare il paradosso comico della scena è il gatto rinchiuso in un’uccelliera, che osserva 

interdetto e triste il banchetto. La tematica - che può essere associata alle opere di Faustino Bocchi e dei suoi seguaci - insieme ai caratteri di 

stile indirizza la ricerca attributiva verso un autore lombardo attivo nel XVIII secolo. La scimmia, connessa al temperamento sanguigno, fu 

altresì identificata nel Medioevo quale allegoria della pittura e della scultura, in quanto all’artista si attribuivano qualità imitative. Tale visione 

nel corso dell’età moderna si estese alla parodia vera e propria, con la scimmia intenta a svolgere diverse attività umane, come giocare a carte 

o suonare strumenti musicali, a significare la presunzione, la follia e la vanità degli uomini. 


36. 


(Torino, 1708 - 1762) 

L’indovina 

La distribuzione della minestra ai poveri 


Stima € 15.000 - 20.000 


Di alta qualità e bella conservazione, queste due opere di Giovanni Michele Graneri si datano alla sua maturità, in analogia con le tele 

eseguite nel 1761 raffiguranti Piazza con Mercato e Piazza con commedianti conservate presso la Banca Popolare di Novara ma provenienti 

dall’antiquario torinese Pietro Accorsi. Il carattere narrativo di queste immagini, come accennato nelle schede precedenti, è ispirato dalle 

invenzioni di Pietro Domenico Olivero, da cui il nostro desume le diverse tipologie umane, declinando l’aspetto realistico con sensibilità 

aristocratica e sognante. Il sapore bozzettistico gradevole e brioso, in queste tele si accompagna ad un’amabile coreografia, dove l’aneddoto 

e l’attenzione per il dettaglio denotano un lavoro d’impegno, destinato a soddisfare una committenza raffinata e colta. Dobbiamo inoltre 

ricordare che i soggetti rappresentati sono cari al pittore: conosciamo difatti due opere simili eseguite nel 1754 già presso la Galleria 

Antiquaria di Gilberto Zabert a Torino e pubblicate da Arabella Cifani e Franco Monetti nel 1993. 


A. Cifani, F. Monetti, I Piaceri e Le Grazie. Collezionismo, pittura di genere e di paesaggio fra Sei e Settecento in Piemonte, Torino 1993, 

II, p. 341, n. 551-552 

A. Ferrarini in Capolavori dalla collezione del Banco Popolare, Verona 2011, pp. 127-129, nn. 33-34 


37. 

ANDRIES VAN EERTVELT (attr. a) 

(Antwerpen 1590 – 1652) 

Marina con vascelli 


Stima € 2.000 - 3.000 

Opera attribuibile al pittore Andries van Eertvelt e da assegnare alla prima maturità, in seguito al soggiorno presso la bottega di Cornelio de 

Wael avvenuto tra il 1608 e il 1610, la cui influenza è ravvisabile in modo particolare nelle figure e nella resa atmosferica. Questa peculiare 

cifra stilistica evidenzia ancora una volta l’importante ruolo di Cornelio nell’offrire assistenza ai pittori conterranei e nella diffusione dei loro 

dipinti sul mercato artistico e di come nei primi decenni del Secolo è possibile parlare di un gusto italianizzante in chiave genovese. A questo 

riguardo è opportuno ricordare le uniche opere conservate a Genova nel museo Luxoro raffiguranti vascelli in navigazione, che anticipano 

come in questo caso, risoluzioni d’immagine in seguito sviluppate da Jan Theunisz Blanckerhoff e Pieter Mulier. 

La nostra tela si confronta altresì con alcune composizioni conservate presso il Museo Navale e attribuite sempre alla bottega di Cornelio De 

Wael (Cfr. Campodonico 1993). 


Repertori of Dutch and Flemish Paintings in Italian Public Collections, I. Liguria, a cura di Maria Fontana Amoretti e Michiel Plomp, Firenze 

1998, p. 127, nn. 132 – 133. 

G. Algeri, “Fortune di mare” e paesaggi del secondo seicento, in Pittura fiamminga in Liguria, secoli XIV – XVII, a cura di Piero Boccardo 

e Clario di Fabio, Milano1997, pp. 285 – 297. 

E. Duverger, Antwerpse kunstinventarissen uit de zeventiende eeuw, Brussel 1984, p. 52 

Dal Mediterraneo all’Atlantico. La Marina ligure nei mari del mondo, catalogo della mostra a cura di P. Campodonico, Genova 1993, pp. 

100-101, nn. 60-61 


38. 

MARZIO MASTURZO (attr. a) 

(attivo a Napoli e a Roma nel XVII secolo) 

Battaglia 


Stima € 4.000 - 5.000 

I caratteri di stile suggeriscono l’origine napoletana dell’autore e se la sigla I. B. posta in basso a destra confonde i procedimenti di 

riconoscimento, la stesura, gli impasti e la qualità, conducono ad attribuire l’opera a Marzio Masturzo, specialmente osservando i brani di 

sfondo, come le figure di cavalieri in prossimità della torre, che ricordano inequivocabilmente nei loro passaggi cromatici e formali il fare 

pittorico del maestro. Allievo e amico di Salvator Rosa (De Dominici 1742-1744, pp. 254-255), il catalogo dell’artista trova nelle due battaglie 

conservate alla Galleria Corsini di Roma i documenti figurativi per definirne la produzione che conta altresì una notevole compagine d’imitatori 

e seguaci. L’opera in esame dimostra le peculiari qualità artistiche del pittore e la sua origine napoletana, ma anche l’adesione ai moduli 

compositivi oramai barocchi del Courtois. La stesura, morbida e pastosa, chiara e armonica, rivela notevoli qualità ornamentali, espresse con 

una verve e una cifra stilistica personalissima. E’ dunque palese l’aggiornamento del Masturzo nei confronti della coeva produzione battaglistica 

di marca capitolina, che oltre al Borgognone e al Rosa, conta Michelangelo Cerquozzi detto Michelangelo delle battaglie, e queste ascendenze, 

ben visibili nel dipinto, conducono a una datazione avanzata, quando il Masturzo è di stanza nella città capitolina e ne respira a pieno 

l’esuberanza dell’arte. 


G. Sestieri, I Pittori di Battaglie, Roma 1999, pp. 382-393, con bibliografia precedente 


39. 


(Torino, 1708 - 1762) 

Rissa tra contadini 

Festa contadina 


Stima € 15.000 - 20.000 


Le tele in esame raffigurano due soggetti tipici della pittura bambocciante che il Graneri riesce a tradurre con la sensibilità tipica del Settecento, 

senza modificare o ingentilire il gusto per il grottesco, ma solo attenuando gli aspetti più crudi e realistici con sottile ironia, agevolando la 

fruizione da parte di una committenza plausibilmente poco incline a condividere le condizioni di vita delle classi popolari. Il pittore, come già 

accennato nelle schede precedenti, è capace di esplorare con verve satirica e dicotomia allegorica la vita quotidiana del tempo, evidenziandone 

con grazia il gioco delle parti sociali, mescolando critica antropologica e commedia dell’arte, secondo una modalità narrativa ben collaudata. 

Gli esempi illustrativi come sappiamo sono molteplici, e se i modelli romani sono imprescindibili, non dobbiamo dimenticare le influenze 

nordiche e specialmente lombarde. 


A. Cifani, F. Monetti, I Piaceri e Le Grazie. Collezionismo, pittura di genere e di paesaggio fra Sei e Settecento in Piemonte, Torino 1993 


40. 

PITTORE FIAMMINGO DEL XVII SECOLO 

Paesaggio con Cristo e il centurione 


Stima € 2.000 - 3.000 

Il dipinto, eseguito a olio su tavola, raffigura un ampio paesaggio di gusto fiammingo in cui il pittore descrive l’incontro tra Cristo e il 

centurione (Luca, 7,1-10). L’episodio evangelico narra che quando Gesù si trovava a Cafarnao in Galilea, gli venne incontro un centurione 

romano pregandolo di curare il suo giovane servo. Nell’opera vediamo il centurione con l’elmo in mano inginocchiato davanti a Gesù che 

attorniato dai discepoli benedice l’uomo. Lo stile non consente di individuare l’autore dell’opera, ma permette di collocarlo nell’ambito 

anversese e a conoscenza dei paesaggi italianizzanti di Pietro Paolo Rubens, Jan Wildens e Jean Brueghel II. La trama pittorica minuta e le 

lumeggiature con cui sono delineate le fronde degli alberi denotano una discreta qualità d’esecuzione e una felice valenza decorativa. 


41. 

HENDRIK VAN LINT (attr. a) 

Studio di figure 

Scorcio del Tempio di Vesta a Tivoli 

Veduta di fantasia 

Penna ed acquarello su carta, cm 19X25 

Stima € 200 - 400 

Attribuito tradizionalmente a Hendrik Van Lint, il 

foglio apparteneva senza dubbio ad un album di 

viaggio, su cui l’artista ha disegnato scorci e 

“impressioni “ del territorio laziale. La buona 

qualità del segno grafico e la precisa descrizione dei 

soggetti raffigurati confermano la presa dal vero, 

secondo una pratica abituale da parte di quei pittori 

attivi a Roma e dediti al paesaggio e al genere della 

veduta. I luoghi visitati e memorizzati velocemente, 

componevano un repertorio d’immagini destinato a 

essere utilizzato durante la stesura di opere finite, in 

cui le antiche vestigia classiche, il fascino dei 

monumenti e la pittoresca popolazione deliziavano i 

forestieri non digiuni di storia e letteratura antica. 

“In questa campagna la nostra memoria vede più dei 

nostri occhi” sentenziava nel 1740 Horace Walpole, 

alludendo all’ascendente che esercitava il passato 

sulla sensibilità di chi visitava la regione attorno a 

Roma, evocando l’Arcadia, le poesie d’Orazio e 

Virgilio. 

42. 


Madonna col Bambino che appare a un Santo 

vescovo 

Matita e acquerello su carta azzurra, cm 53X35 

Timbro di collezione: M.G.T. de Villenave (1762 - 

1846) Paris 

Stima € 300 - 500 

Attribuito a Giovanni Battista Piazzetta (Venezia, 

1683 - 1754), il foglio qui presentato è da ricondurre 

certamente ad un autore italiano attivo in Italia 

settentrionale nel XVIII secolo. La buona 

conservazione consente una lettura ottimale del 

segno grafico e delle sapienti stesure ad acquerello, 

che caratterizzano la tonalità dell’immagine, di alta 

qualità e fresca esecuzione.. La struttura compositiva 

dell’opera si può accostare alle diverse versioni della 

Vergine che appare a San Filippo Neri, la cui pala 

principale è conservata presso la chiesa veneziana di 

Santa Maria della Consolazione. Mathieu Guillaume 

Thérèse fu uno dei più noti collezionisti di autografi 

e bibliofili francesi tra il XVIII e il XIX secolo, nato 

a Saint-Félix de Caraman nel 1762, è altresì noto per 

la traduzione di Ovidio e Virgilio 


A. Mariuz, Piazzetta, Milano 1982, pp. 85-86, nn. 

42-44a 



43. 

PITTORE FRANCESE DEL XVII SECOLO 

Compianto sul Cristo morto 

Matita, penna e acquarello su carta, cm 30X21 

Stima € 300 - 500 

Il presente disegno raffigura il compianto di Maria 

sul corpo di Cristo Il taglio dell’immagine è 

singolare: visto dal basso il gruppo di figure è 

sovrastato dalla croce che in equilibrio precario pare 

rovinare a terra. L’osservatore è altresì partecipe 

della drammaticità scenica grazie al terreno scosceso 

e mosso, al cielo striato di nubi e al profondo senso 

di abbandono. Non siamo affatto al cospetto di una 

riproposizione aulica dell’infausto evento: in questo 

caso, il pittore è riuscito a comunicare la desolazione 

umana senza nessuna mediazione letteraria, 

facendoci toccare dal vivo il dolore, vedere e 

percepire il Golgota quale luogo di supplizio e 

violenza, un luogo brullo e brutale, senza luminosità 

o rumore. Sono questi gli aspetti qualitativi 

dell’opera, tragica ma capace di toccare i nostri 

sensi, evocando il silenzio e l’angoscia. Da questo 

punto di vista chi scrive non conosce opere simili 

prodotte da un artista italiano. Le modalità 

d’esecuzione, infatti, suggeriscono un’attribuzione 

altra, indirizzata alla scuola francese tarda 

seicentesca. 

44. 


Maria Maddalena penitente 

Matita nera, acquerello e bistro su carta, 

cm 28X19 

Stima € 300 - 500 

Il disegno in esame, già attribuito a un pittore 

emiliano, presenta un modello illustrativo e un segno 

che suggeriscono di riferirne l’esecuzione a un artista 

fiammingo, prossimo o, per meglio dire, influenzato 

dagli illustri esempi rubensiani. Non possediamo 

documentazione fotografica della Maddalena 

penitente andata distrutta nel 1945 al Kaiser 

Friedrich Museum di Berlino, ma è possibile intuirne 

i nessi illustrativi con lo stile del pittore fiammingo 

osservando ad esempio la tela raffigurante il Suicidio 

di Didone conservata al Museo del Louvre. Al 

maestro è peculiare la figura della Maddalena come 

la citazione classica a bassorilievo del plinto a 

sinistra. Per concludere dobbiamo osservare altresì 

la buona qualità dell’opera, condotta con sapiente 

segno grafico e un armonioso gioco di lumeggiature 

che torniscono i volumi, il panneggio e la profondità 

prospettica della scena. 


J. Michael, Rubens, catalogo completo, Milano 

1989, p. 350, n. 1214-1215 

45. 

CARLO CIGNANI (attr. a) 

(Bologna, 1628 - Forlì, 1719) 

Angelo 

Inscritto sul fronte: Cignani 

Penna ed inchiostro bruno, cm 15,5X12,5 

Stima € 300 - 500 

Iscritto al Cignani, il disegno è attribuibile 

indubbiamente ad un artista del XVIII secolo attivo 

in area emiliana. Il riferimento al noto pittore 

bolognese è di non facile interpretazione, in quanto 

non sono stati identificati precise relazioni con 

un’opera finita o testimonianze grafiche che 

consentano confronti di stile convincenti. Detto ciò, 

la qualità del foglio è assai alta, come indiscutibile è 

la sua armonia formale, il cui classicismo trova 

notevoli punti di contatto con il maestro e la cultura 

emiliana, la medesima che traspare nelle prove 

giovanili di Felice Giani e cogliamo in Marcantonio 

Franceschini. 


B. Buscaroli Fabbri, Carlo Cignani. Affreschi, 

dipinti disegni, Bologna 1991 

46. 


Ritratto di vecchio con libro 

Sanguigna su carta, cm 19X14,5 

Stima € 200 - 300 

Di composizione bilanciata, con un intenso gioco di 

lume e una bella delineazione del volto, lumeggiato 

e vibrante, il foglio si attribuisce ad un artista di 

scuola veneta e attivo nel XVIII secolo. Il riscontro 

principale si ha con le teste di carattere create da 

Giambattista Piazzetta (Venezia, 1683 - 1754), 

autore la cui produzione grafica si rivela di 

fondamentale complessità, qualità formale e 

notevole diffusione. Accanto ai disegni preparatori 

destinati all’elaborazione di opere finite, si riconosce 

all’artista una produzione di composizioni 

autonome, fini a se stesse, destinate a una clientela di 

collezionisti e amatori. Altra sua prerogativa è 

l’invenzione di gustose teste di carattere, che la 

critica paragona per qualità e forza espressiva alla 

ritrattistica di Rosalba Carriera. La fortuna 

commerciale di queste invenzioni è attestata da 

Piazzetta stesso che dichiarò di aver guadagnato con 

questo lavoro più di settemila zecchini. 


A. Mariuz, Piazzetta, Milano 1982, p. 131 



47. 

PITTORE GENOVESE 

DEL XVI-XVII SECOLO 

Sacra Famiglia con Sant’Anna 


Stima € 300 - 500 

Privo di un preciso riferimento critico, il foglio mostra inequivocabili caratteri genovesi e uno stile che suggerisce l’attribuzione a Luca Cambiaso 

(Moneglia, 1527 - Escorial, 1585), figura di spicco del Cinquecento italiano, influenzato dal manierismo romano divulgato da Perin del Vaga 

e da Giovanni Battista Castello detto il Bergamasco. La composizione raffigura la Sacra Famiglia e Sant’Anna, secondo uno schema 

iconografico più volte utilizzato dal pittore, in cui oltre a manifestare gli stilemi centro italiani, esprime le influenze di Antonio Allegri detto 

il Correggio, autore che il nostro ha più volte interpretato manifestando una rara sprezzatura inventiva (Ratti 1766, pp. 286-287). L’immagine 

è delineata con tratti rapidi e immediati, che ben definiscono i volumi, mentre il sapore aulico della costruzione scenica, memore dei modelli 

rinascimentali, declina in una prosaica intimità, atta a descrivere il sentimento familiare e religioso. 


L. Magnani, Luca Cambiaso, Genova 1995 

Luca Cambiaso, un maestro del Cinquecento europeo, catalogo della mostra a cura di P. Boccardo, F. Boggero, C. di Fabio e L. Magnani, 

Milano 2007 

48. 

PITTORE PIEMONTESE 

DEL XVI SECOLO 

Madonna col Bambino e Santi 


Stima € 10.000 - 15.000 

Il dipinto raffigura al centro della composizione la Madonna con il Bambino, ai lati si riconoscono Santa Lucia e un Santo Vescovo, 

verosimilmente identificabile in Sant’Agostino. I caratteri di stile e scrittura suggeriscono l’origine piemontese dell’autore e una datazione alla 

prima metà del XVI secolo. La struttura, priva della cornice originaria per un trasporto della tavola su un rinnovato supporto, può suggerire 

una possibile autonomia compositiva, tuttavia non si esclude che in antico l’opera fosse la parte centrale di un grande retablo oggi smembrato, 

mentre è plausibile che fosse dotata di una predella. La tipologia dei volti e la peculiare raffinatezza dei brani pittorici d’inflessione fiamminga 

suggeriscono interessanti analogie con le creazioni di Defendente Ferrari (Chivasso. fra il 1480 e il 1485 - Torino. 1540 circa). A questo 

proposito sono interessanti i confronti con il polittico del Museo Leone, il trittico della Galleria Sabauda e il trittico con la Madonna in trono 

e Santi del Museo Civico Borgogna a Vercelli. Seguendo questo indirizzo di ricerca, l’analisi dello stile conduce all’ambito del Maestro 

dell’Incoronazione di Biella, come suggerisce giustamente Vittorio Natale. Questo anonimo autore, il cui catalogo è stato ricostruito da 

Giovanni Romano, fu attivo nel Biellese e in Savoia nel corso del quarto del XVI secolo, e le sue opere sono state attribuite al Bernardino 

Lanino, al Moncalvo e al Giovenone. 


V. Natale, Un’opera inedita del Maestro dell’Incoronazione, in “La rivista Biellese”, 3.1999, 2, pp. 71-72 

V. Natale, Il Maestro dell’Incoronazione, in “La rivista Biellese”, 6.2002, 3, pp. 35-44 


54 

49. 

JAN HARMENSZ VAN BIJLERT 

(Utrecht, 1597/98 - 1671) 

Suonatore di liuto 

Olio su tela, cm 105,5X82,9 

Stima € 25.000 - 30.000 

Bibliografia: 

P. Huys Janssen, Jan van Bijlert 

(1597/98 - 1671), Utrecht, 1994, p. 

399 

Provenienza: 

Christie’s, Amsterdam, 5 

settembre 2001, n. 128 

Jan Harmensz van Bijlert si formò presso la bottega familiare fino alla morte del padre, avvenuta nel 1616, poi proseguì il suo apprendistato 

con Abraham Bloemaert. Il primo dipinto conosciuto della sua produzione è un San Sebastiano curato da Sant’Irene eseguito nel 1624, quando 

il pittore è nuovamente in patria dopo il soggiorno romano documentato dalla prima metà del 1620. Non possediamo opere riferibili a questo 

periodo, ma è logico intuire che il suo stile fosse allineato al gusto caravaggesco della bent capitolina, gusto particolarmente influenzato ad 

esempio da Terbrugghen (anch’esso allievo di Bloemaert) e Gerrit Van Honthorst, come possiamo facilmente comprendere osservano la tela 

in esame, che solo per via ipotetica possiamo interpretare quale elegante allegoria dell’udito. A questo proposito si deve tuttavia avere presente 

che ad ispirare simili composizioni fu la famosa immagine creata sul finire del Cinquecento dal Merisi e a noi nota nelle versioni dell’Ermitage 

e di collezione privata newyorkese. Queste composizioni a loro volta ispirarono gli affreschi con suonatrici realizzati da Orazio Gentileschi 

tra il 1611 e il 1612 al Casino delle Muse a Palazzo Pallavicini Rospigliosi, all’epoca di proprietà Borghese. Ecco qui dispiegato il percorso di 

questo peculiare soggetto d’origine rinascimentale, che attraverso Caravaggio e Gentileschi perviene ai caravaggeschi olandesi, seduce di 

conseguenza Bijlert sino a giungere a Vermeer. Nel nostro caso, però, Bijlert si conforma a un naturalismo che guarda ancora con interesse gli 

esempi più immediati del verbo caravaggesco o manfrediano rispetto alle corrispettive figure eleganti e poetiche di Terbrugghen o Honthorst 

dipinte nel medesimo periodo. A questo proposito basti qui citare la Suonatrice di liuto di Vienna o del Fitzwilliam Museum di Terbrugghen, 

databile agli anni 1624 - 1626, ovvero al momento in cui datiamo la tela qui presentata che, se indiscutibilmente guarda all’illustre predecessore, 

ha in mente le sue composizioni databili al 1620 - 1622. Per tentare una maggiore precisione, si presume un arco di spazio temporale tra il 

1625 e il 1630, ma ancor più verosimile è una collocazione cronologica vicina alla fine del secondo decennio, quando l’aria caravaggesca si 

stempera in un lento ma progressivo schiarimento delle luminosità degli sfondi, per arrivare a uno stile con tendenze più marcatamente 

classiche, che si esprimeranno nel corso del quarto decennio. 

L’opera è archiviata presso il Rijksbureau voor Kunsthistorische Documentatie. 

50. 

GIOVANNI BATTISTA CARACCIOLO 

detto BATTISTELLO 

(Napoli, 1578 - 1635) 

Santa Caterina da Siena 


Stima € 20.000 - 25.000 

Provenienza: 

Firenze, collezione Luigi Gonnella 

Milano, collezione Gilberto Algranti fino 

al 1974 

Collezione privata. 

Bibliografia: 

M. Gregori, Un altro Battistello, in 

“Paragone Arte”, 111, 1959, pp. 46-47, 

tav. 41 

M. Stoughton, The Paintings of 

Giovanni Battista Caracciolo, Tesi di 

dottorato, Ann Arbor 1973, pp. 119- 

120, n. 44 

B. Nicolson, Caravaggism in Europe, ed. 

a cura di L. Vertova, 1989, I, p. 76 

F. Bologna, Battistello e gli altri. Il primo 

tempo della pittura Caravaggesca a 

Napoli, Napoli 1991, p. 144 

M. Causa Picone, Giunte a Battistello. 

Appunti per una storia critica di 

Battistello Disegnatore, in “Paragone 

Arte” 519-521, 1993, p. 57, figg. 87 a-b 

S. Causa, Battistello Caracciolo. L’opera 

completa, Milano 2000, pp. 190-191, n. 

A 66, fig. 248 

N. Spinosa, Pittura del Seicento a 

Napoli, da Caravaggio a Massimo 

Stanzione, Napoli 2010, p. 176, n. 32 

Resa nota per la prima volta da Mina Gregori che confutandone l’attribuzione al Caravaggio la ricondusse al catalogo di Battistello, l’opera 

fu datata dalla studiosa al 1620 circa. Lo Stoughton con un riferimento documentario del 1734 inerente al Palazzo Tarsia a Napoli - “un 

cuoriade di palmi 7 e 5 di Gio Battista Caracciolo cornice liscia d’oro”.- ne intese ritardare l’esecuzione. Ferdinando Bologna, invece, suggerisce 

che la probabile provenienza del dipinto sia Villa Borghese, seguendo la descrizione fattane dal Montelatici nel 1700: “una Santa Caterina da 

Siena coronata di spine in atto di adorare il crocifisso…del Battistello di Napoli”. Questo breve excursus critico testimonia l’interesse suscitato 

dal dipinto presso gli storici dell’arte contemporanei e se l’antica attribuzione al Merisi era certamente inammissibile, la tela è una testimonianza 

preziosa dell’ufficio svolto dal Battistello nell’interpretare il lessico caravaggesco tra il secondo e il terzo decennio del Seicento. La data proposta 

dalla Gregori trova quindi piena giustificazione stilistica, calandoci negli anni in cui il pittore è appena rientrato dai suoi viaggi a Genova e a 

Firenze, quando giunto a Napoli nel 1622 esegue la “fondamentale” Lavanda dei piedi destinata al presbiterio della Certosa di San Martino 

e Vouet inviò da Roma la Circoncisone per la chiesa di Sant’Angelo a Segno (Bologna, 1991). L’incrocio tra l’artista francese e quello 

napoletano configura di conseguenza un nodo di lettura imprescindibile per la comprensione stilistica della Santa Caterina in esame, sia essa 

memore o ispiratrice della bellissima Vergine addolorata appartenente al Banco popolare, che con la sua datazione al 1621 - 1625 segna uno 

degli esempi più toccanti dell’attività italiana di Simon Vouet (cfr. R. Colace in Capolavori della collezione del Banco popolare. Dipinti scelti 

dal XIV al XX Secolo, a cura di P. Marini e F. Rossi, Verona 2010, pp. 198-199, n. 67). 

55

56 

51. 

MARCO LIBERI 

(Venezia, 1644 circa - dopo il 1691) 

Matrimonio mistico di Santa Caterina 


Stima € 4.500 - 5.500 

La prima impressione che si coglie al cospetto di questa tela è la qualità del tessuto pittorico, qualità riscontrabile sia nel pigmento, sia 

osservando la stesura e gli impasti che esibiscono tonalità e rilevanze cromatiche interessantissime e una rara sprezzatura. Fatte queste debite 

considerazioni di ordine tecnico, i caratteri di stile suggeriscono altresì l’origine veneta dell’autore, la sua appartenenza al XVII secolo e 

un’autonomia lessicale che dimostra una felice indipendenza dai consueti modelli lagunari, rivelandoci un maestro che possiamo riconoscere 

in Marco Liberi. Il confronto con la tela d’identico soggetto conservata presso il Museo Regionale d’Arte a Tula e resa nota dalla Markova 

nel 1982 con un riferimento a Pietro, è indicativo per confermare la nostra attribuzione e, come ben sottolinea il Ruggeri, l’analogia con la 

Scultura del Museo Correr e il Lot e le figlie del Museo Civico di Venezia (cfr. Ruggeri 1996, p. 299, n. M45). La veste della Vergine, di 

vermiglio acceso, il manto dai cangianti raffinatissimi e i lineamenti del volto trovano altresì confronto con la Santa Cecilia e un angelo di 

Poemmersfelden (Ruggeri 1996, n. M38) che sempre il Ruggeri classifica tra i lavori di “primo gruppo” del maestro, quelli meno vincolati 

all’esempio paterno. Questo fare pittorico è distinguibile per una maggiore compiutezza disegnativa, una plasticità più tesa nelle forme e una 

stesura ricca ma distesa con estrema sapienza, caratteristica questa che si accentua quando alla morte del genitore, avvenuta nel 1687, Marco 

intraprende la carriera autonoma, lavorando a Venezia e a Vienna, dedicandosi a produrre quadri a soggetto mitologico, in cui la delicata e 

vaporosa caratteristica dei dipinti paterni si modella e irrobustisce declinando verso una vena naturalistica. 


U. Ruggeri, Pietro e Marco Liberi. Pittori nella Venezia del Seicento, Rimini 1996 

DIPINTI DA UNA 

IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA 

lotto 52 

LOTTI 52 - 53 

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58 DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA 

52. 

PITTORE OLANDESE DEL XVII SECOLO 

Ritratto d’uomo con versatoio 


Stima € 4.000 - 6.000 

L’opera presenta caratteri di stile e scrittura peculiari della scuola fiammingo-olandese del XVII secolo: sono percepibili le influenze desunte 

dalla ritrattistica di gusto rubensiano e inflessioni memori di Jan van Bijlert (Utrecht, 1598 - 1671). Si tratta di un ritratto di estrema 

spontaneità e chiarezza espressiva, il cui carattere distintivo è l’illuminazione che risalta i dettagli e struttura lo spazio attorno alla figura. Inutile 

è rimarcare altresì la genesi di sensibilità caravaggesca, che rinvia agli esempi maturi della ritrattistica Honthorstiana. 


J. Giltaij, ‘Jan van Bijlert’ [biografisch gedeelte], in A. Blankert e.a., Hollands Classicisme in de zeventiende -eeuwse schilderkunst, 

(tent.cat. Rotterdam-Frankfurt a/M),Rotterdam 1999, p. 112 

D.P. Weller, L.J. Slatkes, R. Ward, Sinners & Saints, Darkness and Light. Caravaggio and his Dutch and Flemish Followers, tent. cat. 

Raleigh (North Carolina Museum of Art) 1998 - 1999 [reizende tent. langs Raleigh NC, Milwaukee IL en Dayton OH), pp. 77-80 

53. 

MARCO PALMEZZANO 

(Forlì, 1459 - 1539) 

San Sebastiano 

Firmato al centro: MARCHUS - 

PALMEZANUS - PINSIT 

Tempera su tavola, cm 85X71 

Stima € 15.000 - 20.000 

Il dipinto raffigura il martirio di San Sebastiano e l’episodio è descritto all’interno di un porticato delimitato da colonne che si apre verso uno 

scorcio urbano. La firma posta al centro della composizione dove si erge la colonna a cui è legato il martire è di inequivocabile chiarezza, sia 

pur inusuale rispetto a quelle conosciute del maestro. Il trattamento della struttura architettonica è di notevole interesse per lo spiccato gusto 

anticlassico. Se l’origine della composizione trova analogie con esempi aulici centroitaliani, non possiamo trascurare come in questo caso l’artista 

sembra orientare la sua attenzione verso eccentricità di gusto nordico. Queste considerazioni pongono la nostra attenzione alla tavola di 

medesimo soggetto attribuita prudenzialmente al Maestro del Sant’Eustachio Figdor resa nota da Stefano Tumidei in occasione della mostra 

dedicata all’artista nel 2005 (Tumidei 2005, pp. 184-185, n. 5), in cui si coglie un similare anticonformismo figurativo. Nel nostro caso, parafrasando 

lo studioso, l’effetto è meno sconcertante, tuttavia l’ipotesi avanzata da Anna Tambini e Vittorio Sgarbi di riconoscere in quest’opera 

il momento giovanile del Palmezzano conduce per conseguenza critica a collocarne l’esecuzione alla genesi del pittore, anteriore alla Pala di 

Dozza (Ceriana 2005, pp. 186-191, n. 6) che, datandosi al 1493, segna la prima maturità del suo percorso. Se così fosse, la traccia critica dell’artista 

da un incipit presso Melozzo da Forlì, quindi centro italiano e su un’orbita romana, spariglia in coerenza e linearità attraverso una 

sperimentazione stilistica estemporanea difficile da delineare, ma inequivocabilmente nord italiana ed eccentrica. Si evidenzino ad esempio 

le figure deformi e sgraziate degli sgherri, le loro espressioni grottesche e la singolare ambientazione architettonica, elementi che appartengono 

a quel lessico eccessivo e stravagante non difficile da incontrare in territori emiliano - romagnoli tra Quattro e Cinquecento. 


A. Paulucci, L. Prati, S. Tumidei, a cura di, Marco Palmezzano, il Rinascimento nelle Romagne, catalogo della mostra, Milano 2005, pp. 

184-185, n. 5 

DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA 59

54. 

PITTORE DEL XIX SECOLO 

Ritratto di donna con trecce 

Ritratto di donna di tre quarti con nastro azzurro tra i capelli 

Pastello su carta, cm 28X23 (2) 

Stima € 1.000 - 1.500 

Le reminiscenze raffaellesche e le sensibilità marattesche oramai declinate al gusto neoclassico indicano una data d’esecuzione all’inizio del 

XIX secolo, collocazione cronologica altresì espressa dalle caratteristiche di stile e scrittura. L’ambito romano è identificabile grazie a queste 

considerazioni, ma non è altrettanto agevole comprendere se si tratta di un autore forestiero. Bisogna inoltre considerare la scioltezza del 

segno grafico e lla buona qualità estetica di queste opere che non tradiscono una genesi accademica, ma appaiono libere interpretazioni di quel 

preciso gusto di ripresa rinascimentale quale guida affidabile per l’acquisizione di un formulario e un lessico classicista. 

60 DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA 

55. 


Ritratto di dama 

Ritratto di gentiluomo 


Stima € 4.000 - 6.000 

I dipinti in esame si attribuisco a un artista olandese del Seicento, probabilmente attivo ad Amsterdam attorno alla seconda metà del secolo, 

ma non ignaro dei modelli italianizzanti di Ferdinad Voet, specialmente se si osserva l’effige femminile. La condotta pittorica caratterizzata 

da un’attenta analisi degli austeri personaggi ricordano i modi di Santvoort (Amsterdam ,1610 - 1680), ma la spigliata espressione dell’uomo 

pare orientare la ricerca anche verso i modi di Gerrit de Wet, attivo ad Harlem e Leida tra il 1640 e il 1674. 

DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA 61

62 

56. 

DOMENICO PANETTI 

(Ferrara, 1470 circa - 1512/13) 

Gesù 

Olio su tavola, cm 44,3X34,5 

Stima € 6.000 - 8.000 

Classificazione archivio Federico 

Zeri: N. scheda 40204, N. busta 

0418; Intestazione busta: Pittura 

italiana sec. XVI. Ferrara 1, N. 

fascicolo 4, Intestazione fascicolo 

Domenico Panetti. 

Opera cinquecentesca matura all’interno del corpus pittorico di Domenico Panetti, per impianto, cromia e forza espressiva di sensibilità 

leonardesca. Devozionale quanto si vuole, ma energico nella sua autonomia iconografica ed emozionale, questo Cristo a mezzo busto con i 

simboli della Passione sembra riflettere influenze venete e Antonelliane per impostazione, mentre il piglio eloquente è comparabile più a un 

gusto ritrattistico che al codice utilizzato per le sacre immagini. Non a caso uno dei confronti migliori si coglie con il Ritratto di giovinetta 

della Pinacoteca Capitolina, sia pur con la sua ultima modifica attributiva da parte di Mauro Lucco a Lazzaro Grimaldi attorno al 1510, che 

non modifica comunque il nostro commento critico e la datazione. Ma, fermo restando il precedente riferimento al Panetti sostenuto da Zeri, 

nel nostro caso è inequivocabile quel gusto emiliano, altresì compiaciuto dei modi mazzoliniani in un curioso dare e avere che avviene alla 

fine del primo decennio all’interno dell’Officina ferrarese, tra il rigore classicistico alla Lorenzo Costa e l’eccentricità anticlassica sin lì in auge. 

E se qualcosa di lombardo emerge è grazie al passaggio del cremonese Bocaccino, avvenuto alla fine del XV secolo, che ammorbidisce le 

forme, addolcisce le espressioni secondo un procedimento che sarà condiviso ad esempio da Michele Coltellini, come si evince nel suo bellissimo 

ma frammentario Cristo benedicente della Pinacoteca Nazionale a Ferrara databile attorno al 1515. Un precedente illustrativo sempre 

riguardante la nostra tavola lo cogliamo ancora osservando i Santi Nicola da Tolentino e Sebastiano, appartenenti alla Cassa di Risparmio di 

Ferrara, che datati dalla Zamboni al 1503 sembrano prestabilire con i loro modi gentili l’ultimo sviluppo stilistico del Panetti, petit maitre 

capace di far evolvere la sua arte a ritmo dei tempi. 

Ringraziamo Filippo Todini per aver confermato l’attribuzione. 


S. Zamboni, Pittori di Ercole I d’Este, Giovan Francesco Maineri, Lazzaro Grimaldi, Domenico Panetti, Michele Coltellini, Milano 1975 

S. Guarino e P. Masini, Pinacoteca Capitolina. Catalogo Generale, Milano 2006, pp. 134-135, n. 47 

57. 

GIUSEPPE CESARI detto IL 

CAVALIER D’ARPINO 

(Arpino, 1568 - Roma, 1640) 



Stima € 7.500 - 9.500 

La tela in esame presenta una delicata immagine votiva, il cui stile conduce senza indugi a riconoscerne l’autore in Giuseppe Cesari ad una 

datazione matura, al quarto decennio, quando l’artista esegue opere di estremo rigore disegnativo con “accordi cromatici pacatissimi ma 

efficaci” (Röttgen 2002, p. 172). La figura della Vergine si può accostare a quello dell’Annunciazione conservata presso la Pinacoteca Vaticana, 

per i medesimi grigi-azzurro e il color porpora della veste che assume profondità cangianti dai toni severi. Un’immagine senza tempo quindi, 

dal rilevante sapore contro riformato e, come afferma Röttgen, pare rielaborare un “cristianesimo delle origini”, in opposizione alle coeve 

esuberanze barocche. Un ulteriore confronto della nostra tela con altre creazioni databili all’estrema maturità del pittore è la bellissima 

Visitazione a mezze figure della Galleria Spada datata dal Röttgen al 1636 - 1638 (Röttgen 2002, p. 486, n. 271) o la Madonna con il Bimbo 

della Collezione di Luigi Salerno databile al 1635 circa (Röttgen 2002, p. 476, n. 261). 

Ringraziamo Filippo Todini per aver confermato l’attribuzione del dipinto. 


H. Röttgen, Il Cavalier Giuseppe Cesari d’Arpino. Un grande pittore nello splendore della fama e nell’incoscienza della fortuna, Roma 2002 

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64 

58. 

DOMENICO PEDRINI (attr. a) 

(Bologna, 1728 - 1800) 

Assunzione 


Stima € 2.000 - 3.000 

L’evidente influenza dell’arte dei Gandolfi ravvisabile in questo bozzetto indica l’origine bolognese del suo autore, la cui cifra stilistica e la 

tipologia della stesura conduce al nome di Domenico Pedrini, attorno alla seconda metà del XVIII secolo. Altrettanto percepibile è la chiara 

sensibilità classicista che traspare, sia pur ancora vincolata al vivace gusto tardo barocco gandolfiano, nella sua armonica commistione tra 

istanze emiliane e un gusto cromatico prettamente veneto. La datazione si evince osservando la pala con i Santi Nicola da Bari, Rocco e 

Sebastiano della Pinacoteca Civica di Pieve di Cento eseguita attorno al 1775 circa (Cera 1994, fig. 4) 


A. Cera, La pittura Bolognese del ‘700, Milano 1994 

59. 

CRISTOFORO RONCALLI detto POMARANCIO (attr. a) 

(Pomarance, 1553 circa - Roma, 1626) 

Sant’Aniceto protettore di Palazzo 

Olio su tela, 84X39,5 

Stima € 4.000 - 5.000 

Il dipinto raffigura Sant’Aniceto protettore della famiglia Altemps: a lui è dedicata la chiesa inaugurata nel 1617 e fatta erigere nel Palazzo da 

Giovanni Angelo Altemps, figlio di Roberto, quale emblema della riabilitazione di quest’ultimo, condannato a morte nel 1586 da Sisto V per 

adulterio. Sarà proprio Giovan Angelo la figura determinante per l’affermazione del prestigio familiare, non tanto sul piano economico, 

quanto su quello culturale. La chiesa si può infatti considerare uno dei monumenti insigni della Riforma cattolica, destinata a ricevere le 

spoglie del santo donate da Clemente VIII a Giovan Angelo nel 1603, secondo un privilegio che non ha eguali nella storia pontificia. Ma 

sempre in virtù della committenza non possiamo dimenticare la preziosa biblioteca e la collezione di sculture che fanno del Palazzo a Tor 

Sanguigna uno dei centri artistici e intellettuali della Roma seicentesca. La piccola tela in esame è quindi un documento iconografico 

considerevole e l’attribuzione al Pomarancio trova motivazioni qualitative e stilistiche. Non si deve altresì trascurare che al pittore toscano fu 

affidata nel 1619 la decorazione della navata e delle pareti laterali della chiesa, con un ciclo narrativo sulla vita e il martirio di Sant’Aniceto 

papa, con l’evidente comparazione alla tragica morte di Roberto Altemps (Scoppola 1997, pp. 225-228). 


I. Chiappini di Sorio, Cristoforo Roncalli, in I pittori bergamaschi, Il Seicento, I, Bergamo 1983, pp. 1-201 

F. Nicolai, Collezionismo, committenza pittorica e mercato dell’arte nella Roma del primo seicento. Quattro famiglie a confronto: 

Massimo, Altemps, Naro e Colo, Università della Tuscia, tesi di dottorato, pp. 73-109 

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60. 

GIOVAN FRANCESCO DE ROSA detto PACECCO 

(Napoli, 17 dicembre 1607 - 1656) 

Sacra Famiglia 


Stima € 2.000 - 3.000 

Bibliografia: 

V. Pacelli, Giovanni Francesco de Rosa detto Pacecco, 1607 - 1656, Napoli 2008, pp. 349-350, n. 86.1 

Questa delicata immagine raffigurante la Vergine che allatta il piccolo Gesù con San Giuseppe è stata riconosciuta al pittore napoletano 

Pacecco de Rosa da Vincenzo Pacelli, pubblicandola a sua volta nel recente catalogo ragionato dedicato all’artista. Come convenuto oralmente 

con lo studioso, i brani pittorici ben conservati consentono di confermare senza indugi l’autografia. Possiamo renderci conto della squisita 

qualità osservando la testa del Bambino, risolta con delicate sfumature. Propri del fare pittorico di Pacecco sono anche il blu intenso del 

manto e il rosso vermiglio delle labbra, colori che il nostro riesce a evidenziare con rara maestria e sensibilità. Il modello compositivo illustre 

di questa scena è il Riposo durante la fuga in Egitto di Filippo Vitale conservato presso la Pinacoteca di Matera e pertinente la Collezione 

D’Errico: alternativamente attribuita al Pacecco, l’opera è stato restituita al suo vero autore da Riccardo Lattuada. In questo continuo rimando 

d’influenze tra Vitale e il suo collaboratore assistiamo a una codificazione di alcune immagini dal notevole impatto emotivo e patrimonio 

comune di altri artisti partenopei attivi nell’orbita estetica di Massimo Stanzione e della “classicizzazione del suo linguaggio” (Lattuada 1999). 


R. Lattuada in Dipinti della Collezione D’Errico, Napoli 1999, pp. 22-25, con bibliografia precedente 

61. 

FRANCESCO CONTI 

(Firenze, 1681 - 1760) 

Madonna che consegna il Bambino a San Felice da Cantalice 

Olio su carta applicato su tela, cm 30X36 

Stima € 4.000 - 5.000 

Bibliografia: 

F. Berti, Francesco Conti, Firenze 2010, pp. 159-160, n. 35 

M. Ciampolini, Diciotto dipinti antichi, a cura di L. Diciotto, Rimini 2005, n. 18 

S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del 600’ e ‘700, Firenze 2009, I, p. 114 

Formatosi nell’ambito di Simone Pignoni, Francesco Conti si trasferisce a Roma ed entra in contatto con Giovanni Maria Morandi e Carlo 

Maratta. Tornato a Firenze attorno al 1700, la sua arte declina il classicismo di matrice romana modellandosi a gamme cromatiche e sensibilità 

chiaroscurali apprese da Sebastiano Ricci, definendo così la sua personalissima cifra stilistica, come si evince osservando la Madonna in gloria 

con Sant’Alessandro papa e San Giovanni Battista eseguita nel 1715 per S. Alessandro a Giogoli, dove la sua propensione per il colorismo 

veneto è fatto compiuto. Il bozzetto qui presentato è un’ulteriore testimonianza di quanto siano state fondamentali per il nostro artista le 

decorazioni eseguite a Palazzo Maruccelli e Pitti dal Ricci. Inoltre, negli inventari della famiglia Riccardi (suoi principali committenti) compilati 

nel 1753, è chiaramente citato un dipinto rappresentante un Santo cappuccino cui la Madonna porge Gesù Bambino, recentemente pubblicato 

da Marco Ciampolini, di cui l’opera qui presentata è indiscutibilmente il bozzetto, che oltre al Ricci tradisce riflessioni sulle composizioni del 

Piazzetta e analogie con il fiorentino Giovanni Domenico Ferretti. 

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68 

62. 


San Tommaso 


Stima € 2.500 - 3.000 

La squadra è l’attributo iconografico di Sant’Tommaso, qui 

raffigurato di tre quarti, con il volto che guarda verso la parte 

destra dell’immagine e una luce di sapore caravaggesco che 

cade dall’alto a sinistra. L’espressione severa e accigliata, il 

piglio filosofico e “dubbioso” che l’artista è riuscito a 

comunicare, denota una sicurezza espressiva notevole, capace 

di cogliere gli stati dell’animo e a dar vita reale e narrativa ai 

personaggi dipinti. Il carattere dello stile suggerisce un’origine 

romana dell’autore e una collocazione cronologica tra il terzo 

e il quarto decennio. 

63. 

PITTORE TEDESCO DEL XVIII SECOLO 



Timbro di collezione sulla tela: H. S. B. 192 dell’inventario 

di Braunschweig del 1911; Cartellino dell’inventario del 

1929 inerente al Castello di Blankerburg. 

Stima € 3.000 - 4.000 

Provenienza: 

Casa Reale di Hannover 

Sotheby ‘s, Castello di Marienburg, 15 Ottobre 2005 

Sorprende la spigliata energia di questo ritratto, soprattutto 

per la vivace progressione cromatica e il ductus pittorico, 

capace d’evocare i riflessi di luce con sensibili lumeggiature. 

Il personaggio raffigurato è descritto a mezza figura, eretto e 

in leggera torsione. Il volto è incorniciato dalla parrucca e da 

una fascia bianca attorno al collo, secondo una tipologia di 

gusto francese diffusasi in tutta Europa dalla metà del XVIII 

secolo, specialmente nelle corti germaniche e austriache. 

L’assenza di documenti e iscrizioni rende impossibile 

identificare l’effigiato e proporre una sicura attribuzione, ma 

la provenienza dal Castello di Marienburg conferma l’area 

geografica di produzione e suggerisce l’ipotesi che si tratti di 

un antenato della nobile famiglia di Hannover. I dati di stile 

ad ogni modo evidenziano oltre ad un’alta qualità di segno e 

stesura, distinguibile nell’elegante pizzo e nei raffinati ricami 

del panciotto, la probabile origine nordica dell’autore, in 

modo particolare per l’accurata descrizione del volto e 

l’introspezione psicologica, mentre l’abbigliamento attesta 

una data d’esecuzione attorno alla metà del Settecento. 

64. 


Testa di carattere 


Stima € 3.000 - 4.000 

Il dipinto raffigura una testa di carattere, uno studio 

minuzioso destinato a impersonare la figura di un apostolo, 

probabilmente San Pietro. Il taglio dell’immagine è di tre 

quarti e da sotto in su è la visuale del volto, modellato da una 

luce intensa che cade dall’alto a destra. La pasta pittorica, 

corposa e amalgamata da un pigmento di qualità, è distesa a 

brevi pennellate filamentose, che risaltano sul tessuto 

pittorico, per spessore e vivacità tonale. Queste caratteristiche 

sono le componenti estetiche principali dell’opera, da riferire 

ancora al XVII secolo, ma pregna di una modernità 

settecentesca. Già attribuita a un autore di scuola francese, 

la tela si può ricondurre alla scuola napoletana, per il piglio 

realistico memore della lezione giordanesca e reminiscenze 

desunte dall’arte di Francesco Fracanzano. 

65. 

PITTORE NAPOLETANO DEL XVIII SECOLO 



Stima € 5.000 - 6.000 

Il ritratto raffigura un gentiluomo e lo stile come la stesura 

indicano l’origine napoletana dell’autore, affine ai modi di 

Gaspare Traversi e Paolo de Maio, specialmente se 

osserviamo il piglio dell’espressione e la ricercatezza di 

postura. Queste considerazioni, sia pur vaghe per giungere a 

una soluzione attributiva, ci conducono tuttavia a una 

collocazione cronologica dell’opera attorno alla metà del 

XVIII secolo, in un momento in cui la ritrattistica napoletana 

vede una serie di protagonisti dal notevole talento.Indagando 

proprio quest’ambito si può avanzare l’ipotesi di riconoscere 

la mano di Giuseppe Pascaletti, autore Calabrese che dopo 

un primo apprendistato a Napoli si trasferì a Roma. 


N. Spinosa, La Pittura napoletana dal Barocco al Rococò, 

Napoli 1988, p. 53 

Giuseppe Pascaletti di Fiumefreddo Bruzio (1699 - 1757), 

Un percorso artistico tra la Calabria Napoli e Roma, 

catalogo della mostra a cura di G. Leone, Lamezia Terme 

2007 

69

70 

66. 

ANDREA LOCATELLI 

(Roma, 1695 - 1751) 

Paesaggio con figure 


Stima € 5.000 - 6.000 

Il dipinto è stato ricondotto al catalogo di Andrea Locatelli da Giancarlo Sestieri che ne colloca l’esecuzione alla giovinezza del pittore, per 

l’evidente linguaggio ancora vincolato al paesismo romano seicentesco. Famoso nel suo tempo, come dimostra la biografia dedicatagli da 

Nicola Pio nel 1724, Locatelli deve la sua fortuna critica e commerciale alle opere di paesaggio che crea con impeccabile qualità e notevole 

sensibilità atmosferica, secondo un gusto tipicamente settecentesco. Nel nostro caso la tela riprende i modi di Jan Frans van Bloemen, 

soprattutto per l’impostazione scenica e la sensibilità atmosferica, soffusa e morbida, che troviamo a esempio nel Paesaggio con figure della 

Galleria Barberini e proveniente dalla Collezione Torlonia. 


A. Busiri Vici, Andrea Locatelli, Roma 1976, n. 205 

M. Chiarini, Monsù Alto, le maitre de Locatelli, in “ Revue de l’Art “, 7/1970, p. 18 

F. Arisi. Gian Paolo Pannini e i fasti della Roma del ‘700. Roma 1986 

67. 


Paesaggio lacustre 


Stima € 4.000 - 5.000 

Inequivocabile è l’origine romana di questo paesaggio, influenzato dagli illustri esempi di Gaspard Dughet e Van Bloemen. La sua datazione 

al Settecento è certa, mentre alcune lievità di linguaggio inducono a ipotizzare che l’autore sia di origine francese, o comunque, non di 

formazione italiana. Alcune caratteristiche di stile e il tessuto pittorico suggeriscono altresì di collocarne l’esecuzione alla seconda metà del 

Secolo, a causa di una sensibilità che appare oramai contigua al neoclassicismo. L’attribuzione già avanzata al pittore inglese Richard Wilson 

(Penegoes, Montgomeryshire,1713 - 1782), attivo in Italia dal 1750 al 1757, può essere uno spunto di ricerca interessante, collocandone 

l’opera al primo periodo della sua attività a Roma, sulla scia dei migliori interpreti dell’ideale classico. 


D. H. Solkin, Richard Wilson, the landscape of reaction, Londra, Tate Gallery 1982, p. 192, n. 76 

Un paese incantato. L’Italia dipinta da Thomas Jones a Corot, catalogo della mostra a cura di A. Ottani Cavina, Parigi - Milano 2001, p. 10 

S. Blasio, Richard Wilson, in La pittura di paesaggio in Italia. Il Settecento, a cura di A. Ottani Cavina ed E. Calbi, Milano 2005, pp. 325- 

328 con bibliografia precedente 

71

72 

DIPINTI DALLA 

COLLEZIONE SACERDOTE 

LOTTI 68 - 69 

68. 

ANTOINE MIROU (attr.a) 

(Anversa, 1570 - 1661 circa) 

Paesaggio con viaggiatori assaliti da banditi 


Stima € 5.000 - 8.000 

La tavola in esame per i caratteri di stile e scrittura si attribuisce al pittore olandese Antoine 

Mirou, nato ad Anversa nel 1570 e trasferitosi a Frankenthal in giovane età dove lavora al 

seguito di Gillis van Coninxloo dal 1586 al 1617. Dopo un breve soggiorno ad Anversa nel 

1617, non si esclude un viaggio di studio in Italia attorno al 1621. Pittore dedito esclusivamente 

al genere del paesaggio, le sue opere s’ispirano al Maestro della Scuola di Frankenthal, in modo 

particolare per quanto riguarda le composizioni, caratterizzate da vedute boschive dove si aprono parti rade d’alberi e distese vedute, evolvendo 

la lirica arcadica di van Coninxloo e curando una policromia morbida e suggestiva. Le sue opere, minuziose e di notevole precisione esecutiva, 

per tonalità si accostano a quelle di Jan Brueghel dei Velluti, ma con una maggiore attenzione verso un naturalismo oggettivo, il medesimo 

che esprime ad esempio il Wildens. Incerta è la data della sua morte, per Zoege von Manteuffel è avvenuta dopo il 1661, sulla scorta della 

lettura della data da parte di Corrado Ricci sul rame conservato presso la Pinacoteca di Parma, ma che recentemente è stata interpretata in 

1653. Tornando all’opera, la scena raffigura un agguato ad un carro scortato da soldati, l’ambientazione scenica è tipica del pittore, che si 

diletta nel descrivere in maniera accurata gli alberi, il fogliame e i tronchi spezzati. Rilevante è il sapiente gioco di luci che evocano il passaggio 

dei raggi solari attraverso le fronde e il cielo nuvoloso, creando suggestivi contrasti, atti a caratterizzare emotivamente la narrazione e a 

misurare la profondità prospettica del paesaggio 


Diefenbacher, Die Schwalbacher Reise, Gezeichnet von Anton Mirou, in Kupfer gestochen von Mathäus Merian d. Ä., 1620, Mannheim 2002 

M. Pietrogiovanna in Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Seicento, Milano 1999, p. 15, n. 446 

DIPINTI DALLA COLLEZIONE SACERDOTE 73

69. 

PAOLO ANESI 

(Roma, 1697 - 1773) 

PAOLO MONALDI 

(Roma, 1720 - dopo 1779) 

Paesaggio fantasioso con rovine e figure 


Veduta fantasiosa del Lazio 


Paesaggio con città sullo sfondo 


Paesaggio con vista sul Borghetto 


Stima € 200.000 - 250.000 

Provenienza: 

Roma, Villa Chigi 

Roma, Galleria Sestieri 

Milano, Collezione Alemagna 

Collezione privata 

Bibliografia: 

A. Busiri Vici, Trittico paesistico romano del 

‘700. Paolo Anesi – Paolo Monaldi – Alessio 

De Marchis. Roma 1975, pp. 99-128, figg. 

111, 112, 115, 123 

74 DIPINTI DALLA COLLEZIONE SACERDOTE 

Villa Chigi: Sala da pranzo al 

pian terreno con i paesaggi di 

Paolo Anesi e figure di Paolo 

Monaldi 

In origine era una vigna fuori porta Salaria, in località detta “Monte 

delle Gioie”, dove sorgeva un “nobil casino”. Il Cardinale Flavio 

Chigi II l’acquistò nel 1763 per 3000 scudi e diede subito l’ordine 

d’inizio ai lavori, diretti dall’architetto Tommaso Bianchi al quale 

subentrò dal luglio 1766 Pietro Camporese il Vecchio. Il piccolo 

edificio si trasformò in un’elegante villa suburbana, testimonianza 

del gusto artistico e abitativo in auge a Roma durante l’età rococò. 

I documenti a nostra disposizione informano che l’ornamento a fresco 

delle sale al primo piano fu ultimato nell’ottobre 1765 e la visita 

di papa Clemente XIII avvenuta nel 1766 attesta che in quella 

data l’edificio era in condizioni adeguate per accogliere l’importante 

visitatore. In questi ambienti raffinatissimi, di cui possediamo alcuni 

preziosi scatti fotografici realizzati da don Francesco Chigi 

all’inizio del secolo, s’intercalavano alle pareti del piano terreno i 

paesaggi di Paolo Anesi, coadiuvato nei brani di figura da Paolo 

Monaldi. A questi due artisti si aggiunge il pittore Antonio Bicchierai, 

artefice d’alcune scene mitologiche raffiguranti il Giudizio 

di Paride, Diana ed Endimione, Angelica e Medoro. I dipinti in esame 

rappresentano la parziale testimonianza del suntuoso ciclo pittorico 

che, acquistato in blocco attorno al 1965, fu disperso sul 

mercato antiquario. Le testimonianze fotografiche sono in grado di 

evocare la straordinaria raffinatezza degli arredi e la disposizione 

delle tele, fra cui spicca la Veduta di Ariccia, che descrive l’abitato, 

la cupola berniniana e Palazzo Chigi, osservati da un punto di vista 

che corrisponde pressappoco all’odierna Via Pometo, che ha 

mantenuto la sua caratteristica agricola e pastorale. Questo dipinto 

dà a vedere il notevole talento di Anesi, erede dell’illustre tradizione 

vedutistica capitolina, che tradisce l’influenza di Gaspard van 

Wittel e la stretta affinità d’intenti estetici con Andrea Locatelli, con 

cui il nostro condusse i primi studi presso la bottega di Bernardino 

Fergioni. In Anesi, però, cogliamo rispetto a questi autori una sensibile 

screziatura romantica, rafforzata da una peculiare attenzione 

ai valori atmosferici, di gusto dughettiano ma altresì contigui agli 

esempi del paesismo veneto divulgati da Marco Ricci e Francesco 

Zuccarelli. Questo temperamento, che esula dalla concretezza ottica 

vanvitelliana e dalle scenografie eroiche di Van Bloemen, consente 

al pittore di esprimere una piena autonomia espressiva e una 

rara emotività arcadica. Le scenografie, infatti, se pur rispettose della 

realtà, tradiscono una fantasia atta a trasfigurare la veduta, con- 

segue a pag 78 

Villa Chigi: Saletta al pian terreno 

detta del "Fumoir" con i 

due paesaggi di Paolo Monaldi 

e al centro la Grisaille del 

Bicchierai raffigurante Il Giudizio 

di Paride 




Ritratto di Papa Clemente XIII 

Ritratto del Cardinale Flavio Chigi II 


naturandola alle sembianze idilliache. Ad enfatizzare questa lettura immaginaria 

della vita contadina, contribuiscono le scene figurate da Paolo Monaldi che, ispirandosi 

agli indirizzi illustrativi dei bamboccianti, si colloca in una zona di confine 

temporale nella produzione dei Souvenir d’Italie. Il misurato equilibrio tra 

visione reale e d’invenzione si coglie nella tela raffigurante Paesaggio con vista su 

Borghetto, con il caratteristico corso d’acqua e i protagonisti votati ad attività 

proprie del repertorio paesistico ideale. La partitura scenica è impeccabile, grazie 

all’equilibrato sovrapporsi dei piani prospettici, percorribili ad occhio attraverso 

le rocce in primo piano, la strada che conduce alla piccola pieve e prosegue sino 

alle porte fortificate del borgo. La tela con la Veduta fluviale fantasiosa del Lazio 

con figure che danzano propone un’immagine del Tevere a nord di Roma ottenuta 

verosimilmente osservando un tratto reale del fiume. L’effetto è di grandissimo 

impatto scenico, che nulla ha da invidiare alle migliori prove di Andrea Locatelli, 

non solo per la complessità con cui è descritto il paesaggio, ma anche per la sapiente 

armonia dei contrappunti cromatici e luministici, che misurano la profondità 

congiuntamente alla scansione degli alberi, le naturali imperfezioni del terreno e 

il placido scorrere del fiume. Concepito con un diverso procedimento mentale è invece 

il Paesaggio fantasioso con rovine romane e figure. In questo caso l’artista illustra 

un’artificiosa e “ruinistica” idea del paesaggio archeologico che circonda la 

città di Roma. Riconosciamo ad esempio il Tempio di Vesta a Tivoli, le rovine di 

Villa Adriana, ma l’effetto d’insieme, più che celebrare i diversi esempi delle vestigia 

classiche con rigore antiquario, sembra destinato ad evocare le antichità con 

sensibilità onirica e sentimentale, in analogia con le creazioni di Maria Luigia Raggi, 

che trova un’equivalenza diretta e immediata con quel filone paesistico che fa 

capo a Marco Ricci e trova corrispondenza con le opere di Francesco Zuccarelli, 

e quest’analogia offre l’ipotesi di riconoscere all’Anesi il ruolo di mentore dell’aggraziata 

pittrice. Detto ciò, non resta che definire queste opere tra le più importanti 

di Paolo Anesi, non solo per il prestigio della committenza e le dimensioni, 

ma anche per la squisita qualità e valenza estetica, che qualifica l’artista quale paesista 

tra i migliori del Settecento italiano ed europeo. 


80 

70. 


Battaglia 

Olio su tela, diam. cm 96 

Stima € 4.500 - 5.000 

Raramente si è riflettuto sul fatto che il formato o la 

visuale tonda sia particolarmente indicata a 

rappresentare una battaglia dipinta. Il punto focale 

centrale, generalmente assegnato all’episodio 

cruciale della scena bellica, compresso dai margini e 

segnato dall’esuberanza cromatica risalta 

otticamente, assumendo la desiderata valenza 

narrativa. Questo mutamento si compie in modo 

particolare nel corso del XVIII secolo, quando il 

genere diventa componente decorativa irrinunciabile 

delle residenze nobiliari. A collocare 

cronologicamente la tela in esame, oltre a questo 

carattere esteriore, concorre l’analisi del tessuto 

pittorico e dello stile, pienamente settecentesco e 

osservando le guarnizioni è possibile orientare 

l’attribuzione verso un artista nord europeo, 

probabilmente boemo. Per il resto, il soggetto non 

concede altre particolari libertà inventive quando si 

misura su superfici ridotte, il fine era quello di 

inquadrare l’apice dello scontro, dove maggiore era 

il movimento, la gestualità, l’allegoria del coraggio e 

dell’onore. 

71. 


Capriccio architettonico con Giaele e Sisara 


Stima € 1.900 - 2.200 

Opera di gusto francese, da datarsi al XVIII secolo 

non solo per le tonalità cromatiche e gli aspetti di 

stile, ma anche per la sensibilità con cui è descritto il 

paesaggio di sfondo, dal carattere tipicamente 

romano, vicino agli esiti di Locatelli e Bloemen. 

L’iconografia rappresentata vede una versione 

rimaneggiata della vicenda di Giaele, le cui gesta 

sono narrate nel Libro dei Giudici: la giovane dopo 

aver attratto nella propria tenda Sisara, generale 

canaanita sconfitto dall’esercito israeliano, lo uccide 

nel sonno conficcandogli un picchetto nel cranio. In 

questo caso, il macabro episodio avviene tra le 

rovine di un tempio classico. E’ difficile codificare 

filologicamente il dipinto, la cui peculiarità è la 

distinzione di mani tra il brano paesistico, la 

costruzione architettonica e le figure. La sensazione 

è quella di trovarsi al cospetto di un’opera prodotta 

da un atelier in cui la prerogativa era l’esecuzione di 

paesaggi, ma che licenziava diversi prodotti, il 

risultato finale non è tuttavia privo di gusto ed 

eleganza decorativa. 

72. 

PITTORE DEL XVIII-XIX SECOLO 

Gli amori degli dei 

Tempera su carta, cm 55X70 

Stima € 1.000 - 1.500 

73. 


Riposo durante la fuga in Egitto 


Stima € 3.000 - 4.000 

In una natura lussureggiante il pittore ha dipinto la 

Sacra Famiglia in primo piano a sinistra. Il gruppo di 

figure si staglia su un fondale arboreo che funziona 

da quinta scenica al paesaggio che si apre al centro 

della composizione. I modelli iconografici e 

d’ispirazione dell’opera sono inequivocabilmente le 

creazioni di Claude Lorrain, in particolare possiamo 

citare la tela di medesimo soggetto conservata al 

Cleveland Museum. L’attenta definizione e la 

tonalità della stesura denotano una datazione al 

XVIII secolo e la mano di un autore non italiano. La 

serena percezione della natura e la limpida 

luminosità suggeriscono altresì una sensibilità di 

gusto neoclassico, la medesima che possiamo 

percepire nelle opere del Campovecchio ma ancor 

più in Hendrick Voogd detto Le Claude Lorrain 

Hollandais (Amsterdam, 1768 - Roma, 1839). 


Paesaggisti ed altri artisti olandesi a Roma intorno 

al 1800, catalogo della mostra a cura di D. 

Dekkers, Roma 1984, pp. 162-163 

74. 

FRANCESCO ZUCCARELLI (seguace di) 



Stima € 1.500 - 1.800 

Il dipinto esibisce una concezione paesistica 

influenzata da Francesco Zuccarelli, con un 

orizzonte disteso e modulato da quinte prospettiche 

arboree e una naturalezza con cui sono delineate le 

figure. L’essenza realistica può far pensare al 

veronese Domenico Pecchio, continuatore dei modi 

zuccarelliani, per gusto e sensibilità scenica, ma 

altrettanto evidenti sono gli aspetti che possono far 

pensare a un autore nordico. 

81

82 

75. 


Natura morta 


Stima € 6.000 - 8.000 

La semplicità e il rigore di questa natura morta rammentano composizioni arcaiche, da riferire non oltre la metà del Seicento, ciò nonostante, 

la peculiare luminosità, la stesura e il gusto naturalistico con cui il pittore descrive i grani della melagrana e la traslucida superficie degli acini 

d’uva, suggeriscono un’origine non italiana dell’autore, forse francese e una data d’esecuzione attorno alla seconda metà del XVIII secolo. 

Difficile formulare ipotesi attributive pertinenti, tuttavia sono indiscutibili le qualità artistiche dell’opera che esprime un’eccezionale concretezza 

decorativa. Interessante è cogliere la luminosità diffusa che modella le forme e costruisce la profondità prospettica, segnali anch’essi di una 

buona e strutturata concezione pittorica. 

76. 

PITTORE SPAGNOLO DEL XVIII SECOLO 

Natura morta 


Stima € 8.000 - 10.000 

Per i caratteri di stile e scrittura questa seducente natura morta si attribuisce a un artista spagnolo attivo nel XVIII secolo. Diversi i cibi raffigurati, ordinati 

su un tavolo il cui bordo rasenta il limite della tela in primo piano: possiamo osservare dei tranci di pesce spada, un taglio di carne, mentre il centro 

della composizione è dedicato a un ricco piatto di mele e a lato una portata di pesce. Sullo sfondo si scorge un pentolone di rame, un orcio in terracotta 

e una verza. Sia pur ossidata e sporca, la superficie pittorica consente di cogliere al meglio la qualità della stesura e delle delicate tonalità cromatiche 

impiegate dal pittore, tonalità che si alzano sapientemente per descrivere il rosso acceso della carne e il vermiglio cangiante delle mele, declinando con 

delicatezza per tratteggiare il pesce spada. E’ altrettanto interessante notare come il punto focale dell’osservatore sia indirizzato al vaso colmo di carne 

posto in terzo piano, in un punto in cui l’intensità di lume si attenua per accompagnare l’allusione di profondità scenica. Si tratta di un espediente ottico 

pronunciato con notevole sensibilità, un artificio coreografico per dare il massimo risalto al realismo della rappresentazione. L’attenta raffigurazione 

del naturale, con la descrizione della molle consistenza dei pesci, l’irregolare superficie delle carni e la lucida buccia delle mele, denota una rilevante 

qualità pittorica, degna dei migliori naturamortisti iberici. 


El bodegón Espanõlm en el Prado, catalogo della mostra a cura di F. F. Luna, Madrid 2008 

83

84 

77. 

PITTORE ROMANO DEL XVIII SECOLO 

San Giovanni Evangelista 


Stima € 4.000 – 6.000 

L’opera si attribuisce ad un pittore attivo a Roma nel XVIII Secolo 

e influenzato dall’arte di Carlo Maratta (Camerino 1625 - Rom 

1713). I lineamenti del volto, infatti, si possono confrontare con quelli 

del San Giovanni Evangelista conservato presso la Galleria 

Nazionale Barberini a Roma (n. inv. 2561), oppure con il Redentore 

del Corridoio Vasariano alla Galleria degli Uffizi (N. Inv. 764). Altresì 

evidenti sono alcune reminescenze che rievocano lo stile di Sebastiano 

Conca, le medesime che possiamo cogliere osservando le 

tele del nipote Tommaso (Gaeta, 1734 - Roma, 1815), per la spiccata 

sensibilità di gusto neoclassico che l’artista esprime sin dalle sue 

prime composizioni, quando era ancora partecipe della bottega paterna 

a Torino, città in cui la famiglia Conca è documentata dal novembre 

1738 al giugno 1748. 


G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento 

e del Settecento, Torino 1994, I, pp. 56 – 60. 

L. Mochi Onori, R. Vodret, Galleria Nazionale d’Arte Antica. Palazzo 

Barberini, i dipinti. Catalogo sistematico, Roma 2008, p. 260 

77 bis. 

PITTORE EMILIANO DEL XVII – XVIII SECOLO 

Sibilla 


Stima € 4.500 – 5.500 

Inequivocabili sono le caratteristiche emiliane di questa deliziosa tela, 

che verosimilmente raffigura una sibilla. L’ambiente culturale in 

cui è possibile collocarne l’esecuzione è quel milieu artistico post reniano, 

il medesimo in cui si muovono Giovanni ed Elisabetta Sirani, 

Ginevra Cantofoli e Flaminio Torri. Queste indicazioni stilistiche ci 

consentono di datarne l’esecuzione attorno alla metà del Seicento. 

Basti qui ricordare la Figura femminile in costume orientale attribuita 

al Torri e appartenete alla collezione Luzzetti di Firenze per cogliere 

le medesime sensibilità di posa e impostazione, caratteri che 

derivano altresì dalle opere di Simone Cantarini, suo maestro e che 

possiamo altresì osservare nella ritrattistica del pittore, come avviene 

nel Ritratto di Giovane conservato alla Galleria Estense di Modena. 


La pittura emiliana del ‘600, a cura di Adriano Cera, Milano 1982. 

A. Pellicciari, in Elisabetta Sirani “pittrice eroina”1638 – 1665, catalogo 

della mostra a cura di Jadranka Bentini e Vera Fortunati, Bologna 

2004, pp. 224 – 225, n. 77 

D. Feriani, in Elisabetta Sirani “pittrice eroina”1638 – 1665, catalogo 

della mostra a cura di Jadranka Bentini e Vera Fortunati, Bologna 

2004, pp.207 – 208, n. 55 

78. 

GIUSEPPE ANGELI (attr. a) 

(Venezia, 1712 - 1798) 

Ritratto di giovinetto 

Olio su tela, cm 45,5X39 

Stima € 3.000 - 4.000 

I caratteri di stile conducono a riconoscere l’opera a un artista 

settecentesco di scuola veneta con chiare inflessioni formali tratte da 

Giovanni Battista Piazzetta (Venezia, 1683 - 1754), ma sensibilità 

cromatiche e luminose che riscontriamo nelle opere del suo allievo 

Giuseppe Angeli (Venezia, 1712 - 1798), nel momento in cui 

affrancandosi dal tenebrismo del maestro lo aggiorna con sensibilità 

rococò, predisponendo una tavolozza composta dai toni tenui, sia 

pur non rinunciando al gioco chiaroscurale. Gli esiti sono prossimi 

alle teste di giovinette create altresì da Domenico Maggiotto, altro 

notevole allievo del Piazzetta 


R. Pallucchini in La pittura nel Veneto. Il Settecento, a cura di 

M. Lucco, A. Mariuz, G. Ravanello e F. Zava, Milano 1996, II, 

pp. 161-172 

79. 


Ritratto di bambino 


Stima € 3.000 - 3.500 

Il modello figurativo di quest’opera sono i giovinetti dipinti da Antonio 

Mercurio Amorosi e le mezze figure di Bloemart: immagini che nel corso 

del ‘600 troviamo in molte opere di scuola olandese e in Lombardia nelle 

composizioni del Pitocchetto. Il concetto è un’arte di genere, il cui tono 

allegorico è sovente l’opportunità per ritrarre con semplicità e 

immediatezza temi piacevoli e decorativi. Protagonista dell’opera è, 

infatti, il magistrale utilizzo del valore luminoso, la modulazione del 

chiaroscuro e il suo sapiente e misurato vibrare, che evidenzia il volto 

paffuto del bimbo che si staglia dall’ombra riportata dal cappello, mentre 

la forma trova la sua armonia di volume nella giubba blu cobalto e nella 

macchia arruffata e scura del cane in primo piano. Il risultato è una 

pittura dall’intensa sensibilità naturalistica, gioviale, e partecipe della 

felicità illustrativa rococò. 

85

86 

80. 

GIOVANNI MARIA SCUPOLA 

(attivo a Otranto intorno alla prima metà del XVI secolo) 

Crocifissione 


Stima € 2.500 - 3.500 

L’attività di Giovanni Maria Scupola è documentata a Otranto con i fratelli Bizamano e si presume che l’artista si trasferì in Italia da Creta 

all’inizio del XVI secolo. Le sue opere presentano caratteri “neobizantini”, con strutture illustrative di chiara lettura narrativa ed evidenti 

accenti adriatici e, in alcuni casi sono stati rilevati curiosi legami con la miniatura (anche ferrarese), per le piccole dimensioni e il segno 

fortemente grafico, caratterizzato da pennellate sottili e filamentose. La Pinacoteca Nazionale di Bologna possiede due trittici, mentre il museo 

di Kolmar ha un trittico firmato con Episodi della Passione. Una tavola (cm 64 X50) con Sedici storie della vita di Cristo, firmata EGO. 

IOANES. MARIA SCUPOLA. DE IDRYNTO. PINXIT IN HOTRATU è conservata presso il Museo Provinciale di Bari e datato da Clara 

Gelao e dalla Belli D’Elia attorno agli anni 1515 - 1520, perché la scena con la Deposizione dalla croce è certamente tratta da Raffello e 

verosimilmente conosciuta dal nostro artista tramite un’incisione, come ad esempio quella prodotta da Marcantonio Raimondi nel 1520 - 1521 

(P. Leone de Castris 1998, p. 58-60, n. 13). Si segnala infine il trittico con La Crocifissione, la Deposizione e San Gerolamo (tavola cm 

16,8X11,7 - chiuso) esitato presso la Christie’s di Londra il 19 giugno 1987. Il confronto tra la Crocifissione in esame e quella di Bari fa 

presumere, per l’assenza del brano paesistico, una datazione precedente al terzo decennio. 


A. C. Quintavalle, Neo-Bizantini di Puglia nelle pubbliche collezioni napoletane, in “Japigia” 1932 

O. Morisani, Un trittichetto degli inizi del ‘500, in “Klearchos” 1961, p. 12 

E. Moench, Propos sur Giovanni Maria Scupola, in “Bulletin de la sociétè Schongaue Colmar” 1987, pp. 72-79 

P. Leone de Castris, in La Pinacoteca Provinciale di Bari, a cura di C. Gelao, Roma 1998, pp. 58-60, n. 13 

DIECI RITRATTI DI PATRIARCHI VENEZIANI 

FRANCESCO MAGGIOTTO 

LOTTI 81 - 90 

Francesco Maggiotto, benchè allievo di Michelangelo Morlaiter (Venezia, 1729 - 1806), si può ben considerare un seguace del padre Domenico 

(Venezia, 1713 - 1794). La serie di ritratti qui presentati costituiscono una rara testimonianza delle sue doti di ritrattista, sia pur espresse su 

dimensioni contenute e obbligatoriamente impostate su un gusto aulico dettato dall’ufficialità dei personaggi effigiati. Notevole è nondimeno 

la freschezza cromatica e il piglio realistico utilizzato dall’artista per cogliere gli aspetti psicologici e umani, con esiti analoghi a quelli raggiunti 

da altri esponenti di primo piano del genere ritrattistico attivi a Venezia, come Alessandro e Pietro Longhi, Giuseppe Nogari, e Bartolomeo 

Nazzari, raggiungendo un lessico elegante e spiritoso al tempo stesso. L’attenzione descrittiva rivela altresì un’inaspettata capacità di “messa 

a fuoco” dei dettagli, che si rivelano essenziali alla resa del tono umorale e morale di questi uomini illustri, qualità raggiunta con brillantezza 

di scrittura, raffinata nella pungente precisione del segno e nella diafana chiarezza delle tinte. 


R. Pallucchini in La Pittura nel Veneto. Il Settecento, Milano 1996, II, pp. 172-179 

E. Martini, La Pittura del Settecento veneto, Udine 1981, pp. 551-155 

87

83. 


(Venezia, 1738 - 1805) 

Augustinus Barbadico venetiarum 

Electus Anno MCCCCLXXXVI 

Firmato sul verso 


Stima € 1.000 - 1.500 

88 DIECI RITRATTI DI PATRIARCHI VENEZIANI DI FRANCESCO MAGGIOTTO 

81. 


(Venezia, 1738 - 1805) 

Leonardus Lauredanus Dux Venetiarum 

Electus Anno MDI 



Stima € 1.000 - 1.500 

85. 


(Venezia, 1738 - 1805) 

Nicolaus Tronus Dux venetiarum 

Electus Anno MCDLXXI 



Stima € 1.000 - 1.500 

82. 


(Venezia, 1738 - 1805) 

Jannes Baduarius Patriarcha 

Venetiarium et s.r.e. Cardinalis Anno 

MDCLXXXVIIII 



Stima € 1.000 - 1.500 

84. 


(Venezia, 1738 - 1805) 

Marcus Barbandico Dux Venetiarum 

Electus Anno MCCCCLXXXV 



Stima € 1.000 - 1.500 

88. 


(Venezia, 1738 - 1805) 

Ursus Urseolus Patriarcha Grad Vicedux 

Venet. Anno MXXXI 



Stima € 1.000 - 1.500 

90. 


(Venezia, 1738 - 1805) 

Joanna Dandula Maripetra Ducissa 

Venetiarum Anno MCCCCLVIII 



Stima € 1.000 - 1.500 

86. 


(Venezia, 1738 - 1805) 

Francescus Vedramenus 

Patriarcha Veneti: et Cardinalis s.r.e. 

Anno MDCV 


Stima € 1.000 - 1.500 

87. 


(Venezia, 1738 - 1805) 

Federicus Cornelius Patriarcha 

Venetiarum et s.r.e. anno MDCXXXI 



Stima € 1.000 - 1.500 

89. 


(Venezia, 1738 - 1805) 

Franciscus Cornelius Dux Venetiarum 

Electus Anno MDCLVI 


Stima € 1.000 - 1.500 

DIECI RITRATTI DI PATRIARCHI VENEZIANI DI FRANCESCO MAGGIOTTO 89

90 

91. 

PITTORE ATTIVO A ROMA NEL XVII-XVIII SECOLO 

Natura morta di fiori e frutti 


Stima € 4.500 - 5.500 

Questo dipinto è concepito sugli esempi della natura morta romana tardo seicentesca. I modelli di Abram Brueghel e di Paolo Porpora durante 

il suo soggiorno capitolino appaiono imprescindibili per il nostro autore, che non ignorava nemmeno le prove di Franz Werner Tamm: ed è 

con quest’ultimo artista dove si possono riconoscere una serie di similitudini e coincidenze. Il melone, il vezzo d’inserire piccoli uccelli, la 

luminosità solare e il sapiente modo di far risaltare la pelle serica dei frutti, sono tutti aspetti partecipi delle sue opere, qui offerti con il 

medesimo spirito descrittivo. A questo proposito si ricorda la tela raffigurante Due putti con fiori e frutta pubblicata da Gianluca e Ulisse 

Bocchi. 


G. e U. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma: artisti stranieri 1630 - 1750, Viadana 2004, pp. 199-250, p. 247, fig. FT55 

92. 

SEBASTIEN STOSKOPFF (attr. a) 

(Strasburgo, 1597 - Idstein, 1657) 

Natura morta 

Olio su tavola, diam. cm 21 

Stima € 7.500 - 8.000 

Sebastien Stoskopff, dopo un primo apprendistato a Strasburgo, si trasferisce a Parigi, raffinando la sua arte sugli esempi di Jacques Linard e 

Lubin Baugin, celebri autori di still life. Uomo dal talento straordinario, calato in un’incondizionata tradizione umanistica, Stoskopff appare 

capace di misurarsi con tutte le arti, ma, sull’esempio dei suoi mentori, si specializza nel genere della natura morta, raggiungendo esiti eccelsi. 

Le sue composizioni sono un’alchimia di misura spaziale, luce e mimesi di raro equilibrio e bellezza. Emblematiche, le sue Vanitas sono un 

condensato di cultura filosofica e religiosa, qui riferita alla caducità dell’esistenza terrena a cui allude la candela, o ai vizi, rappresentati dal 

boccale e in primo piano appoggiato su un piatto e una scatola: il pesce, più precisamente una carpa, è simbolo cristiano per eccellenza, ma 

anche emblema di amore e amicizia. 


M. C. Heck, S. Böhmer, Sébastien Stoskopff 1597-1657 : un maître de la nature morte, Parigi 1997 

91

92 

93. 

BAROLOMEO VENETO 

(attivo in Veneto e in Lombardia 

1502 - 1530) 

Madonna col Bambino 

Olio su tavola, cm 67,5X51,5 

Stima € 25.000 - 30.000 

La tavola reca sul cartiglio un’iscrizione che può sciogliersi in: BARTOLOMEUS VENETUS 1516 L’attribuzione al pittore si deve a Giuliano 

Briganti. Lo studioso ne colloca l’esecuzione ai primi anni del XVI secolo per le visibili influenze cremonesi desunte da Boccaccio Boccaccino. 

Sono altresì evidenti alcune inflessioni nordiche che rivelano la conoscenza di modelli pittorici düreriani, assimilati tramite le incisioni a 

stampa e verosimilmente una conoscenza diretta del maestro tedesco avvenuta a Venezia. Un omaggio all’arte veneta si riscontra altresì nel 

bellissimo scorcio paesistico che si apre sullo sfondo, attraverso la finestra, quasi quadro nel quadro. La collocazione cronologica trova un 

interessante punto di confronto con la Madonna col Bambino firmata e datata 1505 conservata presso l’Accademia Carrara di Bergamo (F. 

Rossi, Accademia Carrara di Bergamo. Catalogo dei dipinti sec. XV - XVI, Milano 1988, p. 20, n. 723). A convalidare questa ipotesi è 

interessante valutare la Madonna Col Bambino (fig. 1) già in Palazzo Donà delle Rose a Venezia (cfr. B. Berenson, Italian Pictures of the 

Renaissance, Oxford 1932, p. 52) e la tavola già di collezione E.D. Levinson a New York (fig. 2) a noi nota tramite una riproduzione fotografica 

dell’archivio Zeri (N. scheda 37979, N. busta 0426, Venezia 2, n. di fascicolo 2). 

L’opera è corredata da una scheda critica di Giuliano Briganti del 4 dicembre 1985. 

fig.1 

fig.2 

lotto 95 


IMPORTANTE COLLEZIONE ROMANA 

LOTTI 94 - 96

94 DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ROMANA 

94. 

PIETRO RICCHI 

(Lucca, 1606 - Padova o Udine, 1675) 

Maddalena 


Stima € 6.000 - 8.000 

Di notevole fascino e sensualità, la tela in esame si può annoverare tra le opere migliori e di singolare forza espressiva di Piero Ricchi. La 

biografia tramandataci dal Baldinucci disegna un profilo avventuroso e inquieto dell’artista, formatosi nell’ambiente controriformista fiorentino 

con il Passignano e partecipe a Bologna della vivace bottega reniana. Ancora giovanissimo intraprese un viaggio in Francia, lavorò a Lione, e 

a Parigi, dove ferì gravemente un uomo a duello, per poi fuggire a Milano, giungere Venezia agli inizi del sesto decennio e trovare nuove 

commissioni in Trentino. La sua tecnica, capace di ottenere il meglio dagli impasti pittorici, mostra una sapienza onnivora, una stesura di 

carattere”morbido” ma intensa nei suoi giochi tonali ed invenzioni di lume. Il Lanzi rimproverava il pittore di aver introdotto a Venezia “quel 

metodo di dipingere così oleoso ed oscuro” e tra queste invenzioni vanno certamente ricordate le tele raffiguranti l’Indovina del Museo di 

Padova, l’Amore e Psiche già di collezione milanese e la Giuditta conservata al Museo di Trento, opere “a lume di notte” prodotte tra gli anni 

1653 e il 1657, nel momento di passaggio fra l’attività lombardo - trentina e quella svolta nella città lagunare. Al momento veneziano si 

colloca invece la nostra Maddalena, memore degli esempi rinascimentali, dove il colore cangiante del manto gioca brillantemente con il fondo 

oro, artificio arcaico e davvero inusuale per l’epoca, qui impiegato al meglio per stagliare il volto della giovane donna, la cui elegante figura 

è una diretta reminiscenza della ritrattistica cinquecentesca e dei suoi preziosi sedimenti manieristici. 


Pietro Ricchi 1606 - 1675, catalogo della mostra a cura di M. Botteri Ottaviani, Milano 1996 

M. Pulini, La mano cangiante di Pietro Ricchi, in “Arte documento”, 9, (1995) 1996, pp. 120-131 

95. 

BERNARDINO LICINIO 

(Venezia, 1485 - 1550) 

Ritratto di cortigiana 


Stima € 10.000 - 12.000 

Provenienza: 

Bergamo, collezione Frizzoni 

Newport, Rhode Island, collezione 

Theodore M. Davis 

New York, Metropolitan Museum 

of Art fino al 1956 

New York, Asta Sothebys Parke- 

Bernet ottobre 1956, n. 346 

Italia, mercato antiquario 


Bibliografia: 

L. Vertova, I pittori bergamaschi 

dal XIII al XIX Secolo , in Il 

Cinquecento, Bergamo 1975, p. 

427, n.81, p. 465, fig. 4 

Archivio Federico Zeri: N. scheda 

39454; N. busta 0432; Intestazione 

busta Pittura italiana sec. XVI. 

Venezia 8, N. fascicolo1; 

Intestazione fascicolo Bernardino 

Licinio: ritratti. 

La storia moderna del dipinto ha plausibili origini a partire dai rapporti intercorsi tra Bernard Berenson e il banchiere americano Theodore 

M. Davis, di cui il noto storico dell’arte e conoscitore fu consulente. I due si conobbero a Roma nel 1893 e il sodalizio segna l’affermazione 

di Berenson sul mercato artistico statunitense in qualità di art advisor. Ciò nonostante, i diversi passaggi dell’opera precedenti alla collezione 

Frizzoni sono ancora nebulosi. La vicenda critica della tavola ha quindi inizio con la donazione al Metropolitan Museum e la sua successiva 

alienazione avvenuta nel 1956. Seguace di Giorgione ed influenzato da Palma il Vecchio e Cariani, Bernardino Licinio è uno dei protagonisti 

della pittura veneziana del Cinquecento. L’opera qui presentata è tipica della sua produzione matura, una delle migliori della “serie” dedicata 

alle “Cortigiane”, insieme al Busto di cortigiana già di collezione Lebrackyauf Schoenfeld a Berlino la cui datazione alla fine del quarto 

decennio trova una precisa corrispondenza stilistica. Indirizzatosi al genere del ritratto, l’artista conseguì una straordinaria fortuna critica e 

commerciale realizzando composizioni profane con mezze figure, nel quale il suo linguaggio sobriamente naturalistico trova il più adeguato 

mezzo espressivo, come si evince osservando il Ritratto di Fanciulla del 1522 conservato al Museo Nazionale di Budapest. Linguaggio che, 

proprio allo scadere degli anni trenta, si modella su un gusto d’importazione romana, riconoscibile per la sensibilità classicista della capigliatura 

stretta sopra la fronte e le trecce attorte che adornano le tempie. Questa influenza è stabilita dalla diffusione di acqueforti desunte dalle 

creazioni di Raffaello, dall’arrivo a Mantova di Giulio Romano e di Salviati a Venezia; e le cortigiane acconciate all’antica o il severo Ritratto 

di Ottavio Grimani firmato nel 1541 propongono un’interpretazione statuaria, che rifugge ogni complessità di ritmi e di torsioni manieristiche. 


N. Righi, Opere d’arte lombarda nei musei italiani e stranieri: Szépmüveszéti Múzeum, Budapest; la collezione Esterházy, in “Arte 

lombarda”, N.S. 118.1996,3, pp. 49-60 

L. Vertova, La bottega Licinio e l’omaggio a donne celebri (e ignote), in “Studi di storia dell’arte”, 14.2003, pp. 121-140 

L. Vertova, Bernardino e Giulio Licinio: addenda e chiarimenti, in “Studi di storia dell’arte”, 16.2005, pp. 125-158 

DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ROMANA 95

96. 

GIULIO PIPPI detto GIULIO ROMANO (attr. a) 

(Roma, 1499 - Mantova, 1546) 

Giove bambino allattato dalla capra Amaltea 

Penna su carta, cm 14,8X24 

Stima € 3.000 - 4.000 

Il foglio reca un’attribuzione a Giulio Romano e il riferimento critico al “Camerino dei Cesari” nel Palazzo Te a Mantova è dettato dal 

confronto con il disegno preparatorio per il “Giove allattato dalla capra Amaltea”, dipinto dall’artista tra il 1533 e il 1534 per Federico 

Gonzaga ora conservato ad Hampton Court e di cui conosciamo un’incisione in controparte di Giulio Bonasone del 1550 circa. Secondo 

Hartt, il dipinto avrebbe fatto parte di un ciclo di dodici che l’autore definisce “della famiglia di Giove” e che comprende Giove allattato dalla 

capra Amaltea; Giove bambino guardato dalle coribanti a Creta Nascita di Apollo e Diana, Giove intronizzato (perso), Nascita di Venere, il 

giovane Nettuno su una conchiglia, Giove e Giunone ascendono all’Olimpo, Il giovane Plutone entra nell’Ade, Lo svezzamento di Ercole, 

Ercole e il serpente, Achille e Chirone. L’intero gruppo è stilisticamente molto più in relazione con l’ultimo lavoro fatto a Palazzo Te e, se si 

considera il legame col tema della maternità, nascita, infanzia, e successione di potere, è possibile pensare a una connessione con l’erede di 

Federico: Francesco III Gonzaga. Il figlio di Federico nacque nel 1533 e tra ottobre e dicembre dell’anno seguente sono registrati dei pagamenti 

per il soffitto di due piccole camere nel castello, ad uso della duchessa. Queste stanze, ora distrutte, possedevano tutti i requisiti per essere il 

luogo eletto ad ospitare questi dipinti. 


F. Hartt , Giulio Romano, New Haven 1958, vol. II p. 213 

E. Verhayen, The Palazzo del Te in Mantua. Images of Love and Politics, Baltimore e Londra, 1977 

K. Shearman, The early Italian pictures in the collections of her majesty the queen, Cambridge, Londra 1983, pp. 126-131 

M. Tafuri, Giulio Romano: linguaggio, mentalità, committenti, in Giulio Romano, Milano 1989, pp. 15-64 

G. J. Salvy, Giulio Romano, Parigi 1994 

K. Oberhuber ., Disegni e dipinti mitologici, in Giulio Romano, Milano 1989, pp. 495 e segg. 


97. 

PIETRO SIGISMONDI (attr. a) 

(Lucca,? - Roma, 1624) 



Stima € 30.000 - 35.000 

Il dipinto raffigura San Sebastiano secondo la tipica iconografia inerente al suo primo supplizio, avvenuto dopo aver affermato la sua fede 

cristiana al cospetto dell’imperatore Diocleziano. I caratteri di stile scrittura evidenziano immediatamente l’origine toscana dell’autore, prossimo 

nei suoi esiti pittorici al fiorentino Matteo Rosselli (Firenze, 1578 - 1650). L’attribuzione qui proposta è stata avanzata oralmente da Claudio 

Strinati, che accomuna la tela con quella della chiesa di San Sebastiano a Roma. Il riferimento al Sigismondi trova altresì conferma al cospetto 

di una Giuditta con la testa di Oloferne firmata, venduta presso la Christie’s il 20 marzo 1986, n. 21, in cui si possono cogliere strette analogie 

fisionomiche e di stile. 

Detto ciò, l’opera in esame è un importante aggiunta al catalogo dell’artista, esponente dell’arte toscana a Roma durante i primi anni del XVII 

secolo e divulgatore elegante di quel lessico contro riformato fondamentalmente immune dalle innovazioni emiliane e caravaggesche, 

mantenendo inalterati i dettami del buon disegno, del decoro e della tradizione rinascimentale di marca fiorentina. 


F. d’Amico, Su Paolo Guidotti Borghese e su una congiuntura di tardo manierismo romano, in Architettura e società nel secolo dei lumi, 

Roma 1984, ricerche di storia dell’arte ; 22. 1984, pp. 71-102 

F. Baldassarri, La Pittura del Seicento a Firenze. Indice degli artisti e delle loro opere, Torino 2009, pp. 648-663 

Classificazione presso l’archivio Zeri: N. scheda 53917, N. busta 0533; intestazione busta Pittura italiana sec. XVII. Toscana 2, N. 

fascicolo 2. intestazione fascicolo Niccolò Tornioli. 

97

98 

98. 

PITTORE FIAMMINGO DEL XVIII SECOLO 

Incoronazione della Vergine 


Stima € 3.500 - 3.800 

La tavola sembra prendere a modello l’Incoronazione della 

Vergine di Gaspard de Crayer esitata presso la casa d’asta 

Bonhams a Londra il 9 Dicembre, n. 47, ma proveniente dal 

convento agostiniano di Santa Monica a Leuven. 

L’iconografia è tradizionale e si può osservare in basso a 

destra la scena dell’ascensione, con gli apostoli attorno al 

sepolcro. La stesura e i caratteri della tavola suggeriscono 

una datazione settecentesca. 

99. 

DOMENICO PEDRINI 

(?, 1727 - Bologna, 1800) 

FILIPPO PEDRINI 

(Bologna, 1758 - 1844) 



Stima € 3.000 - 4.000 

Allievo del padre Domenico (1712 - 1800), Filippo proseguì 

i suoi studi presso l’Accademia Clementina seguendo gli 

insegnamenti di Ubaldo e Gaetano Gandolfi e con il suo stile 

declamatorio, di bella maniera e disegno, interpreta la 

summa della scuola bolognese tardo settecentesca. Visibili 

sono altresì gli echi più arcaici desunti dal Correggio, nel 

nostro caso decifrato attraverso una “modernità” di stesura 

in bilico tra sentimenti rococò e un classicismo senza tempo, 

ma opportuno per un’opera dal carattere devozionale e 

domestica. La tela qui presentata trova peculiari affinità con 

la Madonna col Bambino e San Nicola conservata presso 

l’Opera Pia dei Poveri Vergognosi a Bologna, attribuita a 

Domenico nel catalogo della mostra organizzata per il 

quinto centenario dell’Istituto a cura di Celide Masini e a 

Filippo Pedini da Nora Clerici Bagozzi nel 2001. 


A. Cera, La pittura bolognese del ‘700,, Milano 1994 

Gli Splendori della Vergogna, catalogo della mostra a cura 

di C. Masini, Bologna 1995, pp. 250-251, n. 84 

N. Clerici Bagozzi in Incontro con la pittura. Presenze 

nell’arte dal XV al XVIII secolo, catalogo della mostra a 

cura di D. Benati, Bologna 2002, pp. 116-117, n. 23 

100. 


Maddalena 

Firmato in basso al centro 


Stima € 3.300 - 3.500 

Il modello iconografico di questa tela è certamente da 

individuare tra le opere di Lorenzo Pasinelli e Gian Gioseffo 

dal Sole, autori bolognesi attivi tra la fine del XVII e l’inizio 

del XVIII secolo. Nel nostro caso il ductus pittorico 

indirizza verso una datazione più avanzata, alla seconda 

metà del Settecento o al massimo ai primissimi anni 

dell’Ottocento. Detto ciò, è interessante cogliere alcuni 

spunti di merito del dipinto, visibili nella stesura dei 

panneggi, risolti con un pigmento e un disegno apprezzabile 

e sensibilità cangianti nei toni, come buona è la mimesi con 

cui è descritto il libro in primo piano. 

101. 

BERNARDO STROZZI (copia da) 

(Genova, 1581 - Venezia, 1644) 

San Francesco 


Stima € 2.000 - 2.500 

La tela si attribuisce a un pittore del XVII secolo e il tema 

raffigurato è desunto dal dipinto di Bernardo Strozzi 

conservato presso il Museo Civico di Palazzo Rosso a 

Genova di cui esistono diverse versioni e repliche, tra le quali 

quella del Museo Comunale di Verviers, del Convento dei 

Cappuccini a Voltaggio. Il prototipo di Palazzo Rosso è 

datato dalla Mortari al primo periodo giovanile del pittore, 

tra il 1610 e il 1615. 


L. Mortari, Bernardo Strozzi, Roma 1995, p. 85, n. 14-15-17 

99

100 

102. 


Adamo ed Eva 


Stima € 2.500 - 3.000 

La pergamena raffigura al centro Adamo ed Eva abbracciati. La giovane donna con i capelli raccolti in un nastro rosa tiene nella mano destra 

la mela, mentre al di sopra dei protagonisti si scorge il serpente. La scena è racchiusa in un clipeo listato di nero e contornato da due tulipani 

e la scritta: Peccato originale. La parte inferiore del foglio vede inserite due farfalle, una conchiglia e alcuni insetti. L’immagine nel suo 

complesso si può definire una vanitas, eseguita sull’esempio di quelle create da Van Kessel, ma presumibilmente da attribuire a un artista operante 

in Italia. La qualità dell’esecuzione è buona, non solo nei brani di natura morta, ma altresì nel riquadro figurativo, che mostra un’interessante 

vivacità di stesura, dal vivo gusto pittorico. 

103. 

LODOVICO SOARDI 

(Rimini, 1764 - post 1837) 

Natura morta con pesci e bacile in rame 


Stima € 3.000 - 4.000 

Il dipinto in esame è stato attribuito a Lodovico Soardi da Emilio Negro, che ne confronta lo stile e la qualità con le tele di collezione privata 

pubblicate nel catalogo della mostra: La natura morta nell’Italia pontificia nel XVII e XVIII secolo e con quelle conservate al Museo Bardini 

di Firenze. Interessante è notare l’essenzialità con cui l’artista affronta e concepisce l’immagine, evocata tramite una delicatezza luministica 

che possiamo riscontare nelle nature morte iberiche, con una consapevole reminiscenza delle prove più arcaiche del genere, create in ambito 

lombardo e napoletano. Il realismo asciutto e immediato del segno e della stesura, offre un nitore ottico di notevole effetto e scenico, 

volontariamente critico nei confronti della tradizione barocca e mirata a descrivere senza mediazioni estetiche la realtà oggettiva, secondo un 

procedere assai prossimo a quello di Nicola Levoli (Rimini, 1729-1801). 


B. Cleri, C. Giardini, E.Negro, N.Roio, L’anima e le cose. La natura morta nell’Italia pontificia nel XVII e XVIII secolo, Modena 2001, 

pp. 178-179, nn. 119-124 

F. Baldassari in Fasto e rigore. La natura morta nell’Italia settentrionale dal XVI al XVIII secolo, Milano 2000, pp. 226 s. n. 88; id., in La 

natura morta in Emilia e in Romagna. Pittori, centri di produzione e collezionismo fra XVII e XVIII secolo, Milano 2000 

101

102 

104. 

GENNARO SARNELLI 

(attivo a Napoli nella seconda metà del XVIII secolo) 



Stima € 2.000 - 3.000 

Partecipe di un’attivissima bottega familiare, Gennaro Sarnelli è un singolare esponente della pittura napoletana tardo settecentesca, che 

assimila gli stilemi dei principali protagonisti dell’arte pittorica di quel secolo, da Paolo De Matteis a Francesco Solimena, attraverso Francesco 

de Mura, Pietro Bardellino, Giacinto Diano, con declinazioni desunte da Paolo de Maio e altri solimeneschi osservanti. Indiscutibile è la sua 

attenzione verso modelli iconografici largamente collaudati, che impiega attraverso una produzione a carattere devozionale, destinata a un 

commercio diffuso e “borghese”. Non a caso gli studiosi si riferiscono ai Sarnelli quando si trovano al cospetto di opere il cui i distinguo 

filologici si scontra con una codificazione qualitativa e iconografica uniforme, derivata da una pratica produttiva omogenea, presumibilmente 

gestita attraverso l’uso di cartoni, uso che non deve assolutamente scandalizzarci ben sapendo che era una pratica comune anche ai grandi 

maestri. Detto ciò, la tela in esame esprime assai bene lo spirito “culturale” di Gennaro, autore di delicate composizioni sacre e parafrasando 

Zeri, testimone di un “arte senza tempo” in piena età dei lumi. 

105. 

PIETRO BARDELLINO 

(Napoli, 1732 - 1806) 

Santa Lucia 


Stima € 3.500 - 4.000 

Allievo prediletto di Francesco de Mura, Pietro Bardellino è un autore che attraversa il XVIII secolo secondo direttrici di stile precise, seguendo 

l’epigono del tardo barocco partenopeo e la seguente sensibilità rococò, sostanzialmente indifferente alle influenze dettate dal classicismo 

romano e dal neoclassicismo. La sua attenta adesione ai modi del maestro mostra tuttavia una severa autonomia stilistica, la cui resa si rivela 

in modo particolare nelle grandi imprese a fresco. Le sue opere, dopo il giovanile soffitto della Farmacia degli Incurabili (1750), sono la 

Madonna e Santi della Confraternita dei Bianchi allo Spirito Santo, Ester e Assuero e il Battesimo di sant’Agostino nella chiesa di S. Maria 

Regina Coeli, e la Morte di santa Chiara (1787) nell’omonima chiesa napoletana. Sono da segnalare altresì gli affreschi eseguiti nei palazzi 

d’Angri e Maddaloni e l’impressionante decorazione del palazzo dei Regi Studi oggi sede del Museo Archeologico Nazionale, raffigurante il 

Trionfo delle arti e delle scienze. La piccola tela qui presentata, la cui attribuzione orale si deve a Nicola Spinosa, è un prodotto caratteristico 

della produzione giovanile dell’artista, prossimo per sensibilità disegnativa alla Madonna con Bimbo della Cappella Palatina di Cacurri 

(Crotone), ma nel nostro caso ancora strettamente vincolata ai modelli del De Mura. La gamma cromatica, la tipologia dei volti e il modello 

illustrativo sono tutti aspetti desunti dal maestro, qui proposti con seria diligenza d’esecuzione. Inutile dire che si tratta comunque di un 

prodotto destinato alla devozione domestica, ampiamente collaudato e distribuito sul vivace commercio d’arte regnicolo, ma tutt’oggi assai 

apprezzabile per qualità e conservazione. 


N. Spinosa, Pietro Bardellino un pittore poco noto del Settecento napoletano, in “Pantheon”, 31.1973 

N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento, Dal rococò al classicismo, Napoli 1987, II, p. 53 

103

104 

106. 


Putti 


Stima € 6.000 - 8.000 

La composizione ritrae un gruppo di angeli in volo accompagnati da cherubini adagiati su nuvole bianche. La scena risalta sia per la delicatezza 

dei putti, sia per il panno rosso vermiglio mosso dal vento con cui gli stessi si avviluppano. Le delicatezze cromatiche giocate su sovrapposizioni 

di velature e il contrasto di lume su cui si stagliano i profili, rimandano alla più tipica espressione rococò di matrice romana. 

Un linguaggio questo, che troverà particolare diffusione europea con Corrado Giaquinto e la cultura juvarriana, che vede il suo punto di diffusione 

a Torino e nelle committenze sabaude della prima metà del XVIII secolo. La tela qui presentata sembra adattarsi perfettamente a questo 

specifica linea di gusto, per la modulata espressione neoventa alla Crosato e gli interessanti apporti della cultura centro - meridionale 

espressi da Claudio Francesco Beaumont, Francesco Solimena, Francesco De Mura e dal già ricordato Giaquinto. Questa delineazione è altresì 

suffragata dalla peculiarità del tessuto pittorico, dalla gamma cromatica e dai valori formali esaltati dalla luminosità tonale della stesura, 

preziosa e raffinata. 

107. 

PLACIDO COSTANZI 

(Roma, 1702 - 1759) 

Cristo e l’adultera 


Stima € 10.000 - 12.000 

Pittore tuttora in gran parte sottovalutato e trascurato dalla critica, Placido Costanzi è uno tra gli esponenti più interessanti della pittura 

romana settecentesca. Gli studi condotti negli ultimi anni da Giancarlo Sestieri, Arnauld Brejon de Lavergnée e Anthony M. Clark, solo per 

citare i principali, hanno delineato una figura di grande levatura, la cui fama e fortuna fu certamente schiacciata dalle personalità di 

Francesco Trevisani, suo maestro insieme a Bendetto Luti, Sebastiano Conca e Pompeo Batoni. Detto ciò, l’aspetto da sottolineare 

introducendone la personalità artistica, è l’alto merito delle sue opere, contrassegnate da un disegno impeccabile e una stesura 

straordinaria, altresì caratterizzata da una pasta pittorica di medesimo livello qualitativo. Il dipinto qui presentato, comprova assai bene 

tali asserzioni critiche e si colloca cronologicamente alla prima maturità dell’artista, attorno al terzo decennio, prossimo al San Giuseppe da 

Leonessa distribuisce il pane ai poveri, e alla tela raffigurante Latona e i contadini della Licia, entrambi provenienti dalla Collezione 

Lemme e per donazione ora conservati presso Palazzo Chigi in Ariccia. 


A. M. Clark, An introduction to Placido Costanzi, in “Paragone Arte”, 19.1968,219/239, pp. 39-54 

A. Brejon de Lavergnée, Un ensemble de tableaux romains peints pour les églises de Franche-Comté : Costanzi, Pietri, Mazzanti, Conca, 

Trevisani , in “Il se rendit en Italie”: études offertes à André Chastel , Roma 1987, pp. 537-549 

G. Sestieri, Aggiunte a Placido Costanzi, in “Paragone Arte”, 42. 1991, pp. 66-77 

G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento, Torino 1994, I, p. 66 

F. Lemme in Il Museo del Barocco Romano. La Collezione Lemme a Palazzo Chigi in Ariccia, a cura di F. Petrucci, Roma 2007, pp. 134- 

135, n. 65 

S. Loire in Il Museo del Barocco Romano. La Collezione Lemme a Palazzo Chigi in Ariccia, a cura di F. Petrucci, Roma 2007, pp. 136-137, n. 66 

105

106 

108. 

STEFANO CHIANTORE 

(Savigliano, 1772 - 1849) 

Ritratto d’uomo con libro 

Iscritto sul verso: Stefano Chiantore, pittore regio 1830 


Stima € 1.500 - 1.800 

Nato a Savigliano nel 1772, Stefano Cantero si formò 

con il padre e con regia patente del 25 ottobre 1814 

venne nominato da Vittorio Emanuele I suo “pittore in 

ritratti”, con l’obbligo “di copiare ritratti e raccomo - 

dare quadri...”. Tra le opere citate dal Vesme 

ric or diamo le due effigi di Vittorio Emanuele I, una 

conservata presso la prefettura di Torino, firmata a 

tergo e datata 1819, l’altra presso l’Archivio di Stato di 

Torino, firmata a tergo e datato 1815. Un Ritratto di 

dama firmato a tergo “Stefano Chiantore pittore regio, 

1829” è nel Museo civico d’arte antica a Torino. 


Schede Vesme, I, Torino 1963, pp. 307-312 

L. Mallé, I dipinti del Museo d’arte antica, Torino 

1963, p. 39 

109. 

PITTORE PIEMONTESE DEL XVIII SECOLO 

Ritratto di Carlo Emanuele III re di Sardegna (1701 - 

1773)? 


Stima € 3.000 - 4.000 

Il dipinto si data alla prima metà del XVIII secolo e 

ritrae verosimilmente Carlo Emanuele III re di Sardegna 

. Lo stile dell’opera trova attinenze con il fare pittorico 

di Giuseppe Duprà (Torino, 1703 - 1784) e una 

datazione attorno alla metà del secolo, in similitudine 

con il ritratto reale conservato presso la Quadreria del 

Quirinale (cfr. Trezzani 1993, p. 184 - 185, n. 192). 


G.Briganti, L. Laureati, L. Trezzani, a cura di Il 

patrimonio artistico del Quirinale. Pittura Antica. La 

Quadreria, Milano 1993 

110. 




Stima € 2.500 - 3.000 

L’intonazione del ritratto con il suo approccio mordace 

e spigliato, insieme alle evidenti influenze desunte dalle 

opere di Vittore Ghislandi, acconsentono un’attribu - 

zione a un artista lombardo attivo durante i primi 

de cen ni del Settecento. L’area di produzione è da 

circoscrivere all’ambiente culturale tra Brescia e 

Bergamo, per la memoria stilistica che induce a pensare 

alle prove di Antonio Cifrondi, Paolo Maria Bonomino 

e Andrea Torresani. La parrucca indossata secondo la 

moda d’inizio Settecento e la formalità necessaria per il 

gusto ritrattistico dell’epoca, viene tuttavia alleggerita 

da un’ironia comunicata con sprezzatura e leggerezza, 

quasi a sottolineare che la levatura dell’effigiato è 

consacrata dalla sua stessa levità e non necessita di 

sguardi o espressioni altere. Queste considerazioni 

possono altresì condurci a proporre Andrea Torresani 

(Brescia, 1695 - 1728) quale autore dell’opera. 


F. Frangi, Il ritratto in Lombardia da Moroni a 

Ceruti, catalogo della mostra a cura di F. Frangi e A. 

Morandotti, Milano 2002, p. 287 

111. 

JUSTUS SUSTERMANS (attr. a) 

(Anversa, 1597 - Firenze, 1681) 



Stima € 2.000 - 2.500 

Il ritratto raffigura una giovane donna che si staglia su 

un fondo scuro a tonalità uniforme. Il volto e i ricami 

della veste risaltano grazie a una luce che cade dall’alto, 

modellando la fisionomia e donando la necessaria 

illusione prospettica ai volumi. L’impostazione 

generale, la minuziosa resa realistica dei ricami e 

l’intensità psicologica dell’effigiata, suggeriscono di 

attribuire l’opera al fiammingo Justus Sustermans. 

L’artista formatosi ad Anversa e a Parigi ottenendo 

fama e fortuna come ritrattista, fu nel 1621 invitato da 

Cosimo II de’ Medici (1590-1621) a Firenze. Nominato 

pittore di corte, in tale veste dipinse numerosi ritratti 

della famiglia Medici che lo resero celebre in tutta 

Europa. Tra i suoi ritratti più noti, oltre a quello di 

Galileo, ricordiamo quello di Pandolfo Ricasoli, 

Vittoria della Rovere, Francesco de’ Medici, Geri della 

Rena. Francesco Redi, medico, naturalista e letterato 

fiorentino, in una lettera a Benedetto Menzini del 22 

febbraio 1686, parlando dei ritratti del “famoso Giusto 

Susterman”, diceva che non solo erano “somiglian - 

tissimi all’originale”, ma avevano anche il pregio di 

mostrare “più brillanti certe grazie, le quali ne’ volti 

degli originali o non si ravvisano così alla prima, o 

veramente non vi sono così scintillanti”. 

107

108 

112. 

PIETER MULIER detto IL CAVALIER TEMPESTA 

(Haarlem 1637 – Milano 1701) 



Stima € 15.000 – 18.000 

Quest’opera di affascinante sensibilità paesistica è da attribuire senza esitazioni al primo periodo italiano di Pieter Mulier, tra il settimo e l’ottavo 

decennio, quando maggiore è l’aderenza stilistica con Gaspard Dughet e ancora presenti sono gli stilemi di memoria nordica. A questo 

proposito è interessante il confronto con la grande tela raffigurante Paesaggio col Ponte Lucano oggi conservata nella Sala del Pussino a Palazzo 

Doria Pamphilj al Corso, modello che Mulier replicherà con varianti nel Paesaggio pastorale di Burghley House (Roethlisberger, pp. 106- 

107, n. 214). Ma ancor più con le prove a fresco di Palazzo Colonna, eseguite in un ambiente attiguo a quello in cui Dughet realizzò una serie 

di paesaggi campestri. L’immagine raffigura un esteso paesaggio con un cacciatore. Il soggetto, dal carattere arcadico sembra altresì prossimo 

alla tela conservata presso la State Galllery di Stuttgart, che mostra un’analoga composizione paesistica (Roethlisberger, pp. 106 - 107, n. 

214) e con i paesaggi del Museo di Budapest (Roethlisberger, pp. 106 -107, n. 214; 211 -212). 


M. Roethlisberger-Bianco, Cavalier Pietro Tempesta and his time,University of Delaware, Newark 1970 

F. Cappelletti, Pieter Mulier in La Pittura di Paesaggio in Italia. Il Seicento, a cura di L. Trezzani, Milano 2004, pp. 313-315 

Andrea G. De Marchi, Il Palazzo Doria Pamphilj e le sue collezioni, Firenze 2008, pp. 99-116, fig. 53 

113. 

ALESSANDRO GREVENBROEK 

(attivo a Venezia e San Pietroburgo nella prima metà del XVIII secolo) 

Veduta costiera di fantasia 


Stima € 4.000 - 5.000 

I Grevenbroeck sono una famiglia d’origine olandese già attiva dalla metà del Seicento e di cui abbiamo scarse notizie. Jan I Grevenbroeck 

soggiorna a Roma nel 1667, dove nascono i figli Alessandro ed Orazio nel 1668 e 1678. Orazio fu a Napoli e inaugurò con Butler e Ruiz il 

vedutismo partenopeo. Charles Leopold è figlio d’Orazio, documentato a Napoli dal 1758, dove morì in assoluta povertà. Lo stile di Charles 

non è molto dissimile da quello del padre, ma le sue opere presentano una cromia rischiarata di sapore rococò e un tocco leggero. Nelle sue 

opere si riconosce l’ascendenza nordica della formazione e ma anche l’influenza d’Antonio Joli. A confronto con l’opera in esame, segnaliamo 

quella esitata presso la Sotheby’s il 9 dicembre 2003, lotto n. 361. 


N. Spinosa, N. Di Mauro, Le Vedute napoletane del Settecento, Napoli 1989, p. 191, n. 51, fig. 47 

109

110 

114. 

GIUSEPPE ANTONIO PETRINI (attr. a) 

(Carona, 1677 - 1755/1759) 

Maddalena 


Stima € 5.000 - 6.000 

L’attribuzione di questo suggestivo dipinto, proveniente da un’importante collezione italiana è stata indirizzata sia al ticinese Giuseppe 

Antonio Petrini (Carona, 1677 - 1755/1759) sia al napoletano Andrea Vaccaro (Napoli, 1604 - 1670), ma se la discrepanza può apparire 

bizzarra, non lo è affatto se analizziamo il percorso formativo del primo e alcuni aspetti stilistici del secondo, in modo particolare quando 

all’interno della bottega è oramai attivo in collaborazione o in totale autonomia il figlio Nicola. La fredda luce che cade dall’alto a sinistra, 

che modella le forme e brucia i colori come in una foto sovraesposta stagliando la figura dal fondale scuro, è inequivocabilmente un’eredità 

caravaggesca e meridionale; tuttavia, confonde quel velo color indaco che copre parzialmente il capo e le nudità della santa, velo che per 

carattere di stesura e cromia riscontriamo invero nelle opere del pittore nord italiano. L’idea di trovarci al cospetto di un Petrini nella sua 

forma più smagliante è quella certamente più facile, l’altra ipotesi è altresì complicata e forse audace, pur rammentando la bellissima 

Maddalena del Monte di Pietà a Napoli. Sappiamo che il Petrini apprese l’arte della pittura a Genova presso Bartolomeo Guidobono (Ratti 

1769, p. 144), proseguendo il suo tirocinio a Torino, dove il giovane ebbe modo di subire il fascino delle tenebrose invenzioni di Giovanni 

Battista Piazzetta, Francesco Solimena e Padre Pozzo, traendone speciale ispirazione per le sue opere raffiguranti mezze figure di santi, 

profeti, filosofi e astronomi. Ecco la traccia critica possibile, quella che consentì al pittore di esprimere una cifra stilistica personalissima, 

prediligendo schemi d’immagine di notevole vigore espressivo e visionaria illuminazione. L’opera in esame, allora, testimonia assai bene la 

tempra artistica qui descritta che alcuni critici hanno cercato d’interpretare chiamando in causa Luca Giordano e, con maggior pertinenza, 

Pierfrancesco Mola. Tuttavia, l’intero corpus di Giuseppe Petrini emana un’indiscutibile autonomia creativa e una qualità rara, che rapisce 

lo sguardo, e mai come in questo caso incanta l’intelletto. Ma tornando alle indicazioni delle fonti, sappiamo bene quanto il gusto di 

Guarino Guarini espresso nella Torino di fine Seicento abbia influito sulla diffusione di un linguaggio pittorico di stampo meridionale nel 

nord Italia, che certamente influenzò il Petrini con maggior forza e persuasione rispetto ai modelli giordaneschi. 


Petrini, catalogo della mostra a cura di R. Chiappino, Milano 1991 

115. 

ANTON RAPHAEL MENGS 

(Aussig, 1728 - Roma, 1779) 

Ritratto di bambino 

Tecnica mista su carta incollata su tavola, 

cm 27X21,5 

Stima € 7.500 - 8.000 

Acclamato in tutta Europa come il maggiore esponente del Neoclassicismo, rinnegando la tradizione pittorica barocca con la rivisitazione e 

lo studio dell’antico, Anton Raphael Mengs compie il suo primo viaggio a Roma dal 1741 al 1744 lavorando presso l’atelier di Marco Benefial, 

senza tralasciare lo studio della statuaria, dei grandi cicli a fresco di Raffaello e della pittura classicista del ‘600. Tornato a Dresda nel 1744 

venne nominato pittore di corte, eseguendo per lo più ritratti a pastello - tra cui il Ritratto di Augusto III, il Ritratto del padre e l’Autoritratto 

- opere ora conservate alla Gemäldegalerie della città. Nel 1746, dopo aver visitato Venezia, Parma, Bologna e Firenze, il pittore raggiunge 

nuovamente Roma dove soggiorna fino al 1749, teorizzando il concetto del bello ideale che trascende la natura perfezionandola: un assunto 

critico che nel 1762 tradusse nell’opera a stampa Pensieri sulla bellezza e sul gusto nella pittura, codificando con Johan Joachim Winckelmann 

gli ideali della cultura neoclassica. Lo studio qui presentato è un piccolo ma delizioso assaggio della sua arte, frutto delle riflessioni sulle opere 

di Raffaello e di altri artisti rinascimentali, esplicato con una tecnica pittorica di stupefacente qualità e raffinatezza, al pari di un’esecuzione 

su porcellana. Il risultato è di altissima forza espressiva, non distante dalla grisaille esitata presso la Christie’s di New York il 19 marzo 2007 

(n. 106). L’opera per la sua immediatezza difficilmente può essere considerata alla stregua di un’esercitazione, ma possiede la verve di un vero 

e proprio ritratto. La naturalezza e la pienezza di vita sono gli indizi principali che confermano non solo l’indirizzo attributivo, ma altresì la 

naturale propensione artistica di Mengs che fa rivivere la sprezzatura umanistica in pieno secolo dei lumi. Il bimbo, come ben commenta 

Andrea Emiliani nella scheda che accompagna il dipinto, ricorre in altre immagini create dall’artista. Lo riconosciamo nella nota copia della 

Madonna della Sedia di Raffaello conservata alla Galleria Palatina a Firenze (Rottgen 2001, pp. 180-181, n. 44), lo ritroviamo nei volti di 

Gesù e San Giovannino della Sacra Famiglia con Santa Elisabetta, Giovanni Battista e due angeli di collezione privata britannica (Rottgen 2001, 

pp. 164-165, n. 36), ma una vera e propria citazione la si coglie osservando il Gesù Bambino nella splendida Sacra Famiglia con San Giovannino 

e Santa Elisabetta di Agnolo di Cosimo detto il Bronzino appartenente alla National Gallery di Washington (Giordani 2010). 


G. Sestieri, Repertorio della pittura romana della fine del Seicento e del Settecento, Torino 1994, III, p. 129 

111

112 

116. 

PITTORE VENETO DEL XVII SECOLO 

Maddalena penitente 

Olio su tela cm 100X82 

Stima € 5.000 - 6.000 

Raffigurante la Maddalena penitente, il dipinto si riconosce quale opera di un artista veneto attivo tra il XVI e il XVII secolo. L’immagine, 

tradizionale dal punto di vista iconografico, mostra altresì caratteri di stile prossimi a Paolo Veronese (Verona, 1528 - Venezia, 1588), in 

modo particolare con la tela di medesimo soggetto conservata presso l’Alte Pinakothek di Monaco, che in una foto dell’archivio Zeri è 

anonimamente attribuita a Paolo Farinati (Verona, 1524 - 1606). Questa indicazione o indirizzo critico, sia pur errato, torna utile per 

comprendere non solo il peculiare ascendente del maestro sulle successive generazioni, ma anche per inquadrare l’indirizzo stilistico del suo 

seguace, lodato dal Vasari per le virtù di disegnatore. Detto ciò, a questa conclusione era giunto tempo fa Maurizio Marini compilando una 

scheda critica dell’opera, inquadrandola cronologicamente all’estrema maturità, attorno al 1602, in concomitanza temporale con l’Andata al 

Calvario del Museo di Palazzo Venezia, il ciclo di Santa Maria in Organo a Verona e la Maddalena conservata presso la Narodni Galerie di 

Praga. Tuttavia, un’attribuzione al Farinati se è interessante ai fini di comprendere la curvilinea evoluzione dell’artista, è qui rammentata con 

le dovute cautele, fermo restando il fatto che il tema fu da lui più volte rivisitato, come documentano sia i disegni sia le diverse redazioni a 

stampa (Marini 2005, pp. 207-219, n, 193). 


Paolo Farinati, 1524 - 1606, dipinti, incisioni e disegni per l’architettura, catalogo della mostra a cura di G. Marini, P. Marini, F. Rossi, 

Venezia 2005 

117. 

JACOPO NEGRETTI detto PALMA IL GIOVANE 

(Venezia, 1544 - 1628) 

Compianto 


Stima € 20.000 - 25.000 

Il dipinto si data ai primi anni del XVII secolo e per stile si riconduce senza incertezze al corpus di Palma il Giovane. Il soggetto è stato 

affrontato più volte dall’artista, come documenta il catalogo ragionato di Stefania Mason Rinaldi e un discreto numero di disegni. A questo 

proposito ricordiamo il foglio conservato presso l’Art Institute of Chicago (cfr. S. Folds Mc Cullagh, L. Giles, Italian Drawings before 1600 

in the Art Institute of Chicago. A Catalogue of the Collection, Chicago 1997, n. 201), sviluppato in un formato verticale e con una disposizione 

dei personaggi che tradisce ancora le influenze del tardo manierismo romano e il disegno conservato al département des Arts graphiques del 

Louvre (INV. 5194), più maturo e concepito con una regia scenica prossima alla nostra composizione. Tornando alla tela in esame, possiamo 

affermare che è una delle migliori, non solo per chiarezza illustrativa ma altresì per la rilevante qualità pittorica e sensibilità tenebrosa. La 

luminosità crepuscolare sembra scivolare sulle figure trasfigurando il colore, la cui stesura tradisce una sapienza notevole. L’estetica dell’opera 

è da cogliere nei diversi passaggi a velatura, nei pigmenti preziosi come i rosa e i rossi garanza e negli impasti rapidi impiegati nel delineare la 

struttura dei panneggi e lo sfumare delle figure. Queste peculiarità propendono a datarne l’esecuzione al secondo decennio, in prossimità della 

Pietà conservata nel Duomo di Reggio Emilia (1612) e al Cristo e Nicodemo di collezione privata (Mason Rinaldi 1984, p. 119, n. 278). 


S. Mason Rinaldi, Palma il Giovane. L’opera completa, Milano 1984 

Palma il Giovane 1548 - 1628. Disegni e dipinti, catalogo della mostra a cura di S. Mason Rinaldi, Milano 1990, pp. 232-233, n. 101 

113

114 

118. 


Natura morta con cacciagione e cane 


Stima € 2.000 - 3.000 

Questa natura morta con cacciagione rievoca immediatamente le composizioni di Giovanni Crivelli detto il Crivellino (Milano, ? - Parma, 

1760): al suo stile rinvia la costruzione dell’immagine, funzionale ad una destinazione decorativa e probabilmente partecipe di una serie, 

sull’esempio derivatogli da Felice Boselli, suo probabile maestro, e Angelo Maria Crivelli. A confronto possiamo prendere ad esempio le tele 

già di collezione Visconti di Modrone raffiguranti Carniere di selvatici custoditi da cani, che oltre a confermare la stretta aderenza ai modelli 

boselliani, permettono di riscontrare simili sensibilità cromatiche e disegnative - nel nostro caso particolarmente penalizzate da una vernice 

ossidata e da depositi di sporcizia che alterano la percezione della stesura. 





IMPORTANTE COLLEZIONE ROMANA 

lotto 120 

LOTTI 119 - 123

119. 

GENNARO GRECO 

(Napoli, 1663 - 1714) 

Capriccio architettonico con figure 

Olio su tela, cm 70 

Stima € 8.000 - 12.000 

Provenienza: 

Dorotheum, 21 aprile 2010, n. 299 


Bibliografia: 

G. Sestieri, Il capriccio architettonico in Italia nel Sei e Settecento, Roma in cds. 

L’intensa luce meridiana che traspare in eleganti alternanze cromatiche grigie-azzurre dell’architettura e la sapiente costruzione prospettica 

accentuata dalla profondità scenica indirizzano l’attribuzione al pittore napoletano Gennaro Greco, come altresì suggerito da Giancarlo 

Sestieri. Secondo le fonti storiche settecentesche l’artista studiò il trattato di prospettiva compilato da Padre Pozzo nel 1693 e il De Dominici 

narra che “impratichito da quelle ottime regole fece bellissimi quadri, tirando linee in vedute prospettiche con tanta intelligenza” (cfr. B. De 

Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, Napoli 1742-1744, III, pp. 553-554). Queste evidenti qualità pongono il Greco 

quale anello di congiunzione tra Viviano Codazzi e i capricci napoletani di Leonardo Coccorante (attivo a Napoli nella prima metà del XVIII 

secolo), inaugurando quel filone illustrativo dedicato ai paesaggi fantastici con capricci architettonici e figure risolte con pennellate veloci e a 

macchia, sulla falsariga di Domenico Gargiulo. 


N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Barocco al Rococò, Napoli 1988, I, figg. 422- 442 

K. Murawska Muthesius, Il teatro napoletano delle rovine: i quadri della cerchia di Leonardo Coccolante e di Gennaro Greco nelle 

raccolte polacche, pp. 74-75 in “Bulletin du Musée National de Varsovie”, XXXIX 1998 n 1-4, pp. 71-89 


120. 

ENRICO ALBRICCI 

(Vilminore, 1714 - Bergamo, 1775) 

La volpe e i nani 


Stima € 15.000 - 18.000 

Provenienza: 

Finarte Milano 23 dicembre 1988, n. 88 


Opera geniale, divertente, gustosa e dissacrante, che vede al centro la volpe che su un improvvisato tavolo composto da una pila di libri, gestisce 

la fortuna e la sorte dei lillipuziani con cinica e vana astuzia. La scena è convulsa e, alla stregua delle allegorie di gusto nordico, possiamo osservare 

le diverse punizioni e angherie a cui sono sottoposti i piccoli protagonisti. Si tratta di un colorato spettacolo tipicamente albricciano, una favola di 

gusto pestalozziano in cui la volpe, che solitamente rappresenta il soggetto debole e ricorre all’astuzia per difendersi dalla prepotenza e dalla forza 

dei suoi avversari, esercita la sua rivalsa contro i nani e la furbizia diviene inutile e soggetta al caso per la loro palese impossibilità a difendersi. Il 

punto metaforico è quindi l’esercizio della prepotenza nei confronti di chi non può tutelarsi e nel tal caso emerge anche una terribile verità: che 

un’umanità “piccola” mentre attraversa tali sventure può abbandonarsi alla piaggeria e alle peggiori azioni. 



121. 



Festa campagnola di nani 

Litigio di nani in taverna 


Stima € 10.000 - 12.000 

Provenienza: 

Christie’s Roma, 7 aprile 1987, n. 115 


Il più delle volte immaginiamo Enrico Albricci allievo di Faustino Bocchi, ma la sua adesione ai modi del noto “bambocciante” lombardo fu 

indotta dal conte Giacomo Carrara, suo estimatore e committente, che lo invitò a proseguire quel gaio filone illustrativo che si era interrotto 

nel 1741 con la morte del maestro. La fortuna critica e commerciale di Albricci si evince da Francesco Maria Tassi che gli dedica una “Vita” 

dettagliata, informandoci che le sue piccole creazioni erano vendute a caro prezzo anche fuori Bergamo. Questo metro di lettura mutò solo 

con la critica positivista di fine Ottocento, quando Pietro Locatelli rivalutò la sua produzione devozionale licenziando sbrigativamente quella 

profana. La rivalutazione moderna avviene con la famosa mostra fiorentina del 1922 e da quel momento iniziò la ricostruzione del suo 

catalogo, con il Fiocco e il De Logu. Ricostruzione resa faticosa per l’esistenza di tre sole opere certe e una sola datata. Infine con il 1980 

prendono corpo le ricerche di Maria Adelaide Baroncelli che si concludono con lo studio monografico edito nella collana dei Pittori 

Bergamaschi, seguito dal catalogo ragionato dell’Olivari stampato nel 1990. I dipinti in esame sono tipici della sua produzione, ma si 

discostano per tema narrativo dalle opere a carattere moraleggiante o allegorico, in cui compaiono animali implicati in vicende burlesche. Il 

soggetto in questo caso è desunto dai dipinti olandesi e al posto dei contadini compaiono protagonisti lillipuziani. 


M. A. Baroncelli, Faustino Bocchi ed Enrico Albricci: pittori di bambocciate, Brescia 1965 

M. A. Baroncelli, Enrico Albricci, in I pittori bergamaschi. Il Settecento, Bergamo 1990, vol. V, pp. 105-135, con bibliografia precedente 

122. 



Nani che catturano un gambero 

Nani che cucinano un gambero 


Stima € 10.000 - 12.000 

Provenienza: 

Christie’s Roma, 7 aprile 1987, n 11 


Il tema della caccia è uno dei più rappresentati dal pittore, secondo un modello narrativo desunto da Faustino Bocchi. Inutile accennare che 

la pratica venatoria è in tutti i casi dedicata ad animali innocui e domestici. Parlando di quest’opera è altrettanto importante ricordare la 

notevole diffusione dei Viaggi di Gulliver, libro scritto da Jonathan Swift in forma anonima nel 1726 e in versione definitiva nel 1735, autore 

che ispirò indubbiamente Albricci per immaginare queste grottesche scene, vere e proprie epiche battaglie tra nani e bestiole, a cui non sono 

estranee le polemiche civili dell’illuminismo lombardo. Polemiche che troveranno ancora voce in pieno XIX secolo con la Satira contro il 

villano di Domenico Merlini (1894). Nondimeno Albricci nelle sue squisite regole della versificazione compendia brillantemente le due poetiche, 

quella favolistica accentata da un’attenta descrizione naturalistica e quella metaforica, componendo una raffinata commistione tra 

divertissement, cultura letteraria e istanze sociali. 



123. 

JEAN ALPHONSE DUPLESSY 

(Parigi, 1817 - ?) 

La scimmia pittrice 


Firmato e datato in basso a sinistra 1872 

Stima € 8.000 - 12.000 

Provenienza: 


Bibliografia: 

A. G. Palacios, Un’allegoria liminare: La 

scimmia pittrice, in La cultura 

dell’ignoranza, Torino 1983, pp. 17-19, 

ripr. a colori p. 4 

Da emblema peccaminoso a goffo sembiante dell’artista, la scimmia fu utilizzata da Albrecht Dürer per raffigurare l’uomo dopo la caduta o 

quale allegoria della difficoltà d’affrancarsi dal vizio come illustrata da Pieter Brueghel il Vecchio. L’immagine, derivata dalla Naturalis Historia 

di Plinio - “Scimmia, per figura imita ciò che vede” - condurrà a partire dal XVIII secolo a quella della scimmia pittrice o scultrice descritta 

da Watteau, Chardin e Alexandre Gabriel Decamps. Si tratta di precedenti illustri per il dipinto qui presentato che Duplessy esegue nel 1872, 

dove lo spunto di riflessione sulla condizione umana assume una curiosa e attuale valenza, giocando sull’ambiguità androide del manichino 

governato da un primate. Visione che a latere si collega alla scorata riflessione di Palacios sulla cultura contemporanea, vittima talvolta di 

impulsi selvaggi, animali e dispettosi perpetuati da ambigue figure logorate da un’ambizione mal riposta. Ma, per tornare all’opera, lo studioso 

ne precisa l’aspetto culturale, quello di un gusto collezionistico e d’arredo tipicamente ottocentesco e romantico, da gabinetto di curiosità e 

anticaglie, sviluppata su modelli seicenteschi di gusto olandese, soprattutto per la sorprendente qualità di mimesi degli oggetti e della luminosità 

rarefatta capace di evocare l’atmosfera emotiva dell’ambiente. 


G. P. Weisberg, The Realist tradition: French painting and drawing (1830 - 1900), The Brooklyn Museum, Chicago 1980 

124. 

PITTORE NORDICO DEL XIX-XX SECOLO 

Santa Maria Maddalena 

Santa Elisabetta d’Ungheria 


Stima € 4.000 - 6.000 

Queste due tavole rievocano immediatamente quel gusto falsario in auge ai tempi di William Bode, quando attorno alla seconda metà del XIX 

secolo si incrementavano le collezioni delle Gallerie Nazionali europee. Il mercato di old masters trovò di conseguenza uno straordinario 

incremento e su questa precisa spinta culturale - e la conseguente bolla speculativa - furono all’opera falsari di eccezionale bravura e 

spregiudicatezza. Uno dei primi a operare, specialmente in Germania, fu il Rohrig, attivo durante la prima metà dell’Ottocento, dedicandosi 

in modo particolare a riprodurre ritratti di Lucas Cranach. Detto ciò il fenomeno fu così diffuso che Otto Kurz sostenne che, per esempio, i 

ritratti quattrocenteschi originali sono una minima percentuale di quelli presenti sul mercato e nelle collezioni private e statali. 


O. Kurz, Falsi e falsari, Vicenza 1961 

F. Zeri, La Costellazione del falso, Milano 2000 

121

122 

125. 

PITTORE DEL XVIII - XIX SECOLO 

Sacra Famiglia con San Giovannino 

Olio su tela ovale, diam. cm 93 

Stima € 4.000 - 6.000 

La composizione di questo affascinante dipinto è desunta dalla tavola di Francesco di Cristoforo detto Franciabigio (Firenze ?, 1482 circa - 

1525) conservata presso la Galleria dell’Accademia di Firenze (olio su tavola, cm 94, inventario 1880 - 1882 n. 558 (esposti), 1881), ma 

proveniente dal Monastero di S. Niccolò di Cafaggio e in seguito dalla Galleria degli Uffizi. La tavola fiorentina è databile al primo decennio 

del Cinquecento, mentre questa in esame per i caratteri di stile e scrittura è riconducibile a una collocazione cronologica che scorre tra il XVIII 

e il XIX secolo. Detto ciò, le qualità estetiche sono da considerarsi interessanti, il pigmento e l’esecuzione sono d’apprezzabile qualità artistica, 

riconducibili a quegli autori “accademici” attivi a Firenze la cui produzione era destinata a soddisfare i viaggiatori, desiderosi di possedere 

una testimonianza ideale della grande pittura rinascimentale. 


Cultura neoclassica e romantica nella Toscana Granducale, Collezioni lorenesi, acquisizioni 

posteriori, depositi, catalogo della mostra a cura di S. Pinto, Firenze 1972 

126. 

PITTORE NORDICO DEL XVII SECOLO 

Ritratto d’uomo 


Stima € 3.000 - 4.000 

Di struttura rinascimentale specificatamente fiorentina, questo singolare ritratto presenta altresì inflessioni nordiche e cadenze venete. La 

difficoltà nel circoscrivere con precisione l’area culturale dell’autore è quindi spiegabile con la sua origine che vede una formazione 

verosimilmente nord italiana e una posteriore influenza toscana avvenuta seguendo una peculiare rotta da Grand Tour ante litteram. A questo 

proposito è interessante l’esempio del Maestro del Monte di Pietà (attivo a Treviso nel XVI secolo): alcune sue opere sono state riferite da 

Roberto Longhi ad un artista della Germania meridionale attivo verso il 1540, come è avvenuto per il Ritratto di Dama conservato presso la 

Galleria Spada di Roma, da Zeri attribuito in un primo momento alla scuola romagnola e successivamente all’anonimo Maestro di Treviso, 

senza però trascurare il suo eterogeneo carattere. 


F. Zeri, La Galleria Spada in Roma. Catalogo dei dipinti, Firenze 1954, pp. 115-116 

123

124 

127. 

PITTORE LOMBARDO DEL XVII SECOLO 

Matrimonio mistico di Santa Caterina 


Stima € 1.800 - 2.200 

L’opera qui esaminata non tocca livelli di qualità rilevanti, 

tuttavia è un’interessante testimonianza della pittura tra 

Cinquecento e Seicento in ambito cremonese. Il disegno e il 

gusto pittorico sono memori delle composizioni di 

Bernardino e Giulio Campi, qui rilette attraverso quella 

pittura chiaroscurale lombarda che è il precedente del 

caravaggismo seicentesco. Solo indagando tra le pieghe 

della produzione pittorica sviluppatasi nella provincia 

cremonese possiamo cogliere altre similitudini, come quelle 

espresse da Andrea Mainardi detto il Chiaveghino (1573 

circa - 1629) e Luca Cattapane (1563 - 1591), autori che 

hanno influenzato il nostro autore, piccolo maestro attivo 

per una committenza popolare ma non insensibile alle 

novità della sua epoca. A questo proposito si rammenta il 

Cristo risorto e due angeli cerforari della chiesa parrocchiale 

di Castelleone eseguito da Giulio Campi nel 1546, oppure 

il Matrimonio mistico di Santa Caterina dipinto da 

Gervasio Gatti per la medesima chiesa attorno al 1773 - 

1774. Detto ciò una possibile ipotesi attributiva s’incontra 

osservando l’opera di Giovan Battista Dordoni raffigurante 

la Madonna col Bimbo e i Santi Giovanni Evagelista, 

Apollonia e Lucia, riconducibile al medesimo arco di tempo 

delle tele precedenti. 


Dipinti restaurati a Castelleone, catalogo della mostra cura di 

M. Marubbi, Castelleone 1997, nn. 2-4-5 

128. 

PITTORE TOSCANO DEL XVII SECOLO 



Stima € 3.000 - 4.000 

La tela raffigura San Sebastiano e lo stile suggerisce una 

datazione alla prima metà del XVII secolo e un’origine 

toscana dell’autore, memore delle opere di Matteo Rosselli 

e di Domenico Pugliani (Vaglia, 1589 - Firenze, 1658). 

L’espressione del giovane e la sensibilità sfumata della 

stesura rammentano, infatti, i profili dipinti da quest’ultimo 

nella pala con la Comunione della Maddalena in Santa 

Maria Maggiore a Firenze. 


S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ‘600 e ‘700, 

Firenze 2009, p. 233, n. 1330 

129. 

BERNARDINO LUINI (seguace di) 

(Dumenza, 1481 circa - Milano, 1532) 

Cristo benedicente 

Olio su tavola, cm 35,8X27 

Stima € 1.500 - 2.000 

Il modello e lo stile di questa affascinante tavola sono 

indubbiamente prossimi ai modi di Bernardino Luini, 

artista attivo nei primi decenni del XVI secolo a Milano e 

partecipe di quella cultura leonardesca ivi in auge. 

Troviamo un significativo confronto iconografico ad 

esempio con l’affresco trasportato raffigurante il Cristo in 

Gloria tra gli angeli oggi conservato alla Pinacoteca di Brera 

ma proveniente dal convento di Santa Maria della 

Purificazione e datato dalla critica attorno al 1520-1521, 

per le analogie con il Polittico di Bobbio. Un secondo 

esempio certamente più stringente lo abbiamo altresì con 

un altro strappo di affresco di Brera raffigurante Il 

Redentore ma la cui consunta condizione non consente di 

riferirlo con certezza alla mano del maestro, mentre 

passando ai prototipi su tavola, è da ricordare La disputa 

dei dottori conservata alla National Gallery di Londra (inv. 

NG 18, dono Holwell Carr). Detto ciò, l’opera in esame a 

causa di una spessa vernice e alcune ridipinture non è con 

certezza riconducibile al XVI secolo, consigliandoci quindi 

un generico riferimento a un seguace. 


M. T. Binaghi Olivari in Pinacoteca di Brera. Scuole 

lombarda e piemontese 1300 - 1535, Milano 1988, pp. 

215-217, n. 125 

F. Frangi in Pinacoteca di Brera. Scuole lombarda e 

piemontese 1300 - 1535, Milano 1988, pp. 232-234, n. 130 g 

130. 

PITTORE CARAVAGGESCO NORDICO DEL XVII 

SECOLO 

Profilo di donna al lume artificiale 


Stima € 2.000 - 2.500 

La tela raffigura una donna ritratta a mezzo busto e di profilo, 

con una torcia e un mestolo con il quale copre la fiamma 

orientandone il riflesso verso il volto. Il carattere della stesura 

e l’aria caravaggesca indirizzano la ricerca verso un autore 

nordico influenzato dal Merisi, ma probabilmente formatosi 

sull’opera di Gerrit Van Honthorst e del caravaggismo 

olandese, attivo verso la metà del Secolo. La peculiare stesura 

dei panneggi e la modalità con cui è delineato il volto 

ricordano lo stile di Wolfgang Heimbach, nato probabilmente 

nella regione di Oldenburg, formatosi nella cerchia di Duyster 

e Codde, la cui attività è documentata tra il 1636-1678 e 

presente in toscana attorno al 1646. 


B. Nicolson, Caravaggism in Europe, ed recise and 

enlarged by Luisa Vertova, Torino, 1989, I, p. 120-121 

125

126 

131. 

PIETER DE MOLYN 

(Londra, 1595 - Haarlem, 1661) 

Paesaggio 

Firmato e datato in basso a sinistra 1645 


Stima € 6.000 - 8.000 

Membro della gilda di Haarlem dal 1616, Pieter de Molyn fu allievo di Isaia van de Velde, con il quale si specializzò nella pittura di paesaggio. 

L’opera in esame è una testimonianza interessante della sua arte, uno studio dal gusto onirico e surreale, che testimonia la particolare 

propensione del genere paesistico agli aspetti sperimentali. Il risultato raggiunto è di estrema modernità, per il carattere essenziale e la studiata 

sequenza di piani prospettici, calibrati da pennellate veloci che modellano il terreno a seconda della luminosità. La presenza della firma e della 

data, attesta la volontà dell’artista d’includere l’opera nell’ambito della sua produzione “finita”, affermando la simbiosi tra esperienza 

sperimentale e volontà estetica. 


E. J. Allen, The life and art of Pieter Molyn, University of Maryland College Park 1987 

I. van Thiel Stroman, Pieter Pietersz de Molijn, in Painting in Haarlem 1500-1850. The collection of the Frans Hals Museum, Gent- 

Haarlem 2006, pp. 246-249 


IMPORTANTE COLLEZIONE TOSCANA 

lotto 133 

LOTTI 132 - 142

128 DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE TOSCANA 

132. 

GASPARE LOPEZ 

(Napoli, 1650 - Firenze, 1732) 

Vasi fioriti in un giardino 


Stima € 4.000 - 5.000 

Gaspare Lopez è uno dei principali protagonisti della natura morta non solo napoletana ma europea d’inizio Settecento. La sua formazione 

avvenne presso l’atelier di Andrea Belvedere, ma ne rinnovò lo stile grazie all’influenza del francese Jean Baptiste Dubuisson che divulgò nella 

città vesuviana i modi aulici di Jean-Baptiste Monnoyer, favorendo la sua propensione per uno stile ornamentale caratterizzato da un vivace 

preziosismo di sapore rocaille. Peculiare al Lopez è l’ambientazione en plein air delle sue eleganti composizioni floreali, dove si possono 

scorgere elementi architettonici e scorci paesistici che creano una fusione dei generi e l’invenzione del “giardino arcadico”, con uno stile 

leggero, arioso ed elegante, perfettamente in linea con il gusto settecentesco e una sensibilità pittoresca che sarà propria di quel secolo. Questi 

risultati sono tuttavia il frutto di una cultura cosmopolita e onnivora, appresa dal pittore durante i suoi viaggi a Roma, Venezia, Polonia e 

Firenze, città, quest’ultima, dove il suo successo non trovò ostacoli per l’alta qualità delle sue creazioni e tale fu l’emancipazione che è possibile 

considerarlo ispiratore dei fioranti tardo settecenteschi, del Guardi e della produzione pseudoguardesca, a conferma dell’istintiva modernità 

delle sue tele, costruite con tremendo impasto, velature e spessori, ma specialmente, con la luce. 


R. Middione in La natura morta in Italia, a cura di F. Porzio e F. Zeri, Milano, 1989, II, p. 951, n. 1155 

G. e U. Bocchi, Naturalia. Nature morte in collezioni pubbliche e private, Torino, 1992, pp. 324-325, tav. 116 

133. 

FRANS SNYDERS e BOTTEGA 

(Anversa, circa 1579 - 1657) 

Natura morta con cani e cesto di frutta 

Olio su tavola di quercia, cm 69X106 

Stima € 8.000 - 10.000 

Provenienza: 

Bruxelles, Mr. Philippe Carlier, Galerie D’arenberg; 

Parigi, Ader Picard, Tajan, 14 gennaio 1979, n. 55 

Bibliografia: 

H. Roberts, Franns Snyders. Stilleben und Tiermaler 1579-1657, Monaco 1989 p. 300, n. 186 

Allievo di Hendrick van Balen I e Pieter Brueghel II, fu eletto Maestro della Gilda di Anversa nel 1602. Dal 1608 al 1609 è documentato in 

Italia, dove visita Roma e Milano, e grazie alla presentazione di Jan Bruehel I fu accolto dal cardinale Borromeo. Nel 1611, sposò Margueretha 

de Vos, sorella dei pittori Cornelis e Paul, fatto che spiega le diverse analogie di stile con questi maestri. Al suo ritorno dall’Italia attorno al 

1609 la sua produzione è principalmente indirizzata a creare nature morte e, in analogia con la pittura di Pietro Paolo Rubens di cui fu amico, 

ne rivoluziona il genere in senso barocco, emancipandolo dagli esempi arcaici di P. Aertsen e J. Beuckelaer. La tavola in esame è stata considerata 

dal Roberts un prodotto autografo ma con l’intervento della bottega, l’analisi dell’immagine rivela la stretta derivazione del quadro conservato 

presso il Museo Reale di Bruxelles (inv. n. 4323), che rappresenta i cani che si disputano un osso, mentre il cesto di frutta con il melone 

tagliato deriva dalla tavola del Rockox Museum di Anversa. Non deve sorprendere che molti dipinti siano genericamente giudicati quali 

prodotti in cui sono intervenuti i collaboratori del maestro, in quanto la bottega di Snyders contava una notevolissima quantità di aiutanti. 


M. Jaffé, Rubens and Snijders: a fruitful partnership, “Apollo”1971, 93, pp. 184-196 

S. Koslow, Frans Snijders, stilleven- en dierenschilder 1579-1657, Anversa 1995 

DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE TOSCANA 129

134. 

PIETER CORNELISZ VAN SLINGELAND (attr. a) 

(Leida, 1640 - 1691) 

Le quattro stagioni 

Olio su tavola, cm 17,5X15,5 (4) 

Stima € 4.000 - 5.000 

Allievo di Gerard Dou, l’artista è documentato nella Gilda di San Luca a Leida dal 22 novembre del 1661 e vi è registrato fino al 1668 e negli 

anni 1673-1680. Nel 1691 ne divenne il decano e l’anno seguente diacono. Raffinato pittore di genere, le opere qui presentate sono un felice 

esempio della sua arte e delle peculiari doti di ritrattista. E’ infatti interessante osservare come questa serie di opere raffiguranti le quattro 

stagioni sia una proposizione allegorica, ma anche una sequenza di ritratti femminili particolarmente elegante, risolti con una vivace velocità 

di pennello e una stesura pittorica densa di colore e luminosità. 


E.J. Sluijter e.a., cat. tent. Leidse fijnschilders: van Gerrit Dou tot Frans van Mieris de Jonge 1630-1760, Leiden (Stedelijk Museum de 

Lakenhal), 1988, pp. 205-213 

P. Hecht, cat. tent. De Hollandse fijnschilders: van Gerard Dou tot Adriaen van der Werff, Amsterdam (Rijksmuseum) 1989, pp. 217-228 


135. 

PITTORE TOSCANO DEL XVII SECOLO 

(Firenze, 1603 - 1646) 

Andromeda 


Stima € 4.000 - 5.000 

Già attribuito a Francesco Furini, il dipinto è da riferire senza indugi a un artista toscano attivo durante i primi decenni del XVII secolo. 

L’idea furiniana è probabilmente scaturita dalla particolare posa della figura, memore delle diverse rappresentazioni della maga Circe dipinte 

dall’artista e, con maggiore aderenza iconografica, alle tele di medesimo soggetto conservate all’Hermitage, a Palazzo Pitti e a Palazzo Corsini 

di Roma. Queste opere sono databili tra il quarto e il quinto decennio, ma con una valenza tenebrosa e una sensibilità luministica che non 

riscontriamo in quella qui presentata, la cui eleganza si muove su tonalità di gusto ancora primo seicentesco e un marcato impianto disegnativo 

e nitidezze cromatiche più vicine ad esempio al Balassi. A parte il quesito attributivo, sono indiscutibili le valenze estetiche e le qualità offerte 

dal quadro, in cui la bellezza sensuale di Andromeda non tradisce la descrizione fatta da Ovidio nelle sue Metamorfosi. 


F. Baldassarri, La Pittura del Seicento a Firenze. Indice degli artisti e delle loro opere, Torino 2009 

G. Cantelli, Francesco Furini e i furiniani, Pontedera 2010 



136. 

ERNST ROELOFSZ MALER 

(Kampen, 1537 - ?, 1558) 

Il Giudizio universale 

Monogrammato e datato 1551 


Stima € 20.000 - 25.000 

Il dipinto di notevole impatto visivo e monumentale per composizione traccia la diffusione europea dei modelli michelangioleschi e la formulazione 

del manierismo olandese. La tavola qui presentata trova altresì un corrispettivo di confronto con la composizione di medesimo soggetto 

commissionata dal municipio di Kampen nel 1545 e dove è tutt’oggi conservata. I documenti storici citati nei conti della Chiesa di San Nicola, 

documentano la presenza dell’artista in città negli anni 1543, 1551, e nel 1558 Maler divenne il direttore della locale Gilda di San Luca. Il confronto 

tra le due versioni del Giudizio è interessante per valutare l’evoluzione stilistica e tecnica del pittore, che a distanza di 6 anni cimentandosi 

nuovamente con gli esempi del michelangiolismo esprime una maggiore maturità e capacità compositiva, più articolata e narrativa. 


G.J. Hoogewerff, De Noord-Nederlandsche schilderschool, Den Haag 1942, dl. IV, pp. 421-422 

G.P. Rouffaer, Vier Kamper schilders: Ernst Maeler, Mechtelt toe Boecop, Bernhard 

Vollenhove, Steven van Duyven, “Oud-Holland” 4 (1886), pp. 47-60 

G.P. Rouffaer, Vier Kamper schilders: Ernst Maeler, Mechtelt toe Boecop, Bernhard 

Vollenhove, Steven van Duyven. II & III, “Oud-Holland” 5 (1887), pp. 295-308 

G.J. Hoogewerff, De Noord-Nederlandsche Schilderkunst, dl. 4 (1941-1942), pp. 418-427 

C.N. Fehrmann, De Werken van de Familie Maler, “Kamper Almanak” 1950-1951, pp. 173-194 

F. Gorissen, Ein Hauptwerk des Kamper Malers Ernst Roelofsz. in Kranenburg?, “Oud-Holland” 72 (1957), pp. 235-238 

137. 

PIETER BRUEGHEL II (cerchia di) 

(Bruxelles, 1564 - Anversa, 1638) 

Le sette opere della misericordia 

Olio su tavola di quercia, cm 64X89 

Stima € 30.000 - 35.000 

Provenienza: 

Sotheby’s Monaco. 16 giugno 1989, n. 338, come studio di Pieter Brueghel II 

Hampel Art Auktionen, Monaco di Baviera, 12 maggio 2008, n. 283 

Bibliografia: 

U. Harting, “Werke der Barmherzigkeit “. Zu einem Gemälde Pieter Brueghel II. im Deutschen Brotmuseum Ulm, Arte Die Welt, 

1997/01/09, pp. 1702-1703 

Questa affascinante tavola trova analoghe composizioni di confronto eseguite Brueghel I. Quella principale è conservata presso il Voor Schone 

Kunsten di Anversa (inv. del Museo di Koninklijk n. 969) che a sua volta deriva da un’incisione di Philippe Galle desunta da un disegno di 

Brueghel il Vecchio oggi al Museo di Boymans-van Beuningen a Rotterdam (inv. n. 18), ma una disquisizione precisa per l’analisi delle varianti 

e derivazioni si rimanda al volume di K. Erts, Pieter Brueghel der Jungere, Lingen 2000, vol. I, p. 392, n. 376. 


138. 

ARTUS WOLFFORT 

(Anversa, 1581 - dopo il 1641) 

La piscina probatica 


Stima € 20.000 - 25.000 

Artus Wolffort fu un pittore di composizioni religiose e quadri di genere e ricoprì un ruolo di rilievo nell’ambito dell’arte fiamminga durante 

l’età di Rubens e Van Dyck. I soggetti a lui congeniali erano ispirati dalle Sacre Scritture, del Nuovo e Vecchio Testamento, che offrivano 

l’opportunità di comporre grandi scenari narrativi Il successo di queste tele, spesso di notevoli dimensioni, è suggerito dall’esistenza di repliche, 

simili per dimensioni o eseguite su supporti in rame. Il suo stile inizialmente si assimila a quello di Otto Van Veen, con cui collabora attorno 

al 1615, mentre tra il terzo e quarto decennio si fa sempre più evidente l’influenza di Pietro Paolo Rubens, interpretato talvolta con piglio 

realistico dettato dal caravaggismo nordico, come si evince osservando i Quattro evangelisti del museo di Belle Arti di Bordeaux. 

Una versione simile a questa in esame fu esitata presso la Christie’s di Londra el 25 Aprile 2008 (n. 10). Il soggetto raffigura la piscina dove 

si svolse il miracolo narrato da Giovanni (GV, 5,1-17) e il pittore pone in primo piano i protagonisti: a sinistra il Cristo contornato dagli apostoli 

ritratto nel momento in cui esorta il paralitico ad alzarsi, mentre la folla guarda attonita l’evento. Lo sfondo è caratterizzato da un edificio di 

sapore classico e al centro in alto si staglia in volo un angelo, memore di quelli tintoretteschi e reubensiani. Il ritmo con cui sono cadenzate le 

figure è funzionale alla chiarezza scenica e all’esaltare la figura umana, ed è in questa che si colgono le ragguardevoli doti pittoriche del 

Wolffort, le cui opere furono spesso confuse con quelle di Jacob Joardaens e Adam van Noort. 


H. Vlieghe, Zwischen van Veen und Rubens: Artus Wolffort (1581-1641), ein vergessener Antwerpener Maler, Wallraf-Richartz jahrbuvh 

39 (1977), pp. 93-136 

H. Vlieghe, Nog wat over Wolffort, zijn atelier en Van Lint, in “Feestbundel Kolveniershof en Rubenianum”, Anversa1981, pp. 83-87 


139. 

MASTER WITH THE PARROT 

(attivo ad Anversa nel primo terzo 

del Cinquecento) 

Madonna con il Bambino in un 

paesaggio, con scene della fuga in 

Egitto, vassoio con frutta e 

pappagallo 

Olio su tavola di quercia, cm 

86X72 

Stima € 45.000 - 55.000 

Provenienza: 

Collezione Franz Freiherr von 

Coels von der Bruggen 

Attivo durante la prima metà del Cinquecento, questo anonimo artista anversese fu denominato Maestro del pappagallo da M. J. Friedländer per 

la presenza del pappagallo che, pur senza avere valore di firma, appare in alcune sue tavole raffiguranti la Madonna con il Bambino, dove il piccolo 

Gesù gioca con il colorato volatile. Lo stile del pittore è stato a sua volta avvicinato al Maestro delle mezze figure, così chiamato dal peculiare taglio 

d’immagine con cui ritrae giovani donne dal carattere aristocratico in veste di Maria Vergine o della Maddalena e abbigliate secondo la moda della 

prima metà del XVI secolo. Le similitudini tra questi due artefici sono notevoli e usuali sono le problematiche attributive, a cui si deve aggiungere 

il nome di Pieter Coeck d’Alost anch’esso prossimo al Maestro del pappagallo. Il tipo della Vergine, il viso ovale, l’espressione dei tratti, le dita sottili 

e il corpo allungato del Bambino sono comuni ai due maestri anonimi che non hanno mai smesso di rendere un omaggio indiretto alla grazia ideale 

e al contempo sensibile delle nobildonne della corte di Margherita d’Austria e di Maria d’Ungheria. 


M. J. Friedländer, Der Meinster mit dem Papagei, Phoebus 1949, II, n. 2, pp. 49-55 

M.J. Friedländer, Early Netherlandish painting, dl. XII, Leiden 1975, pp. 18, 20-21, pl. 210 

M. Díaz Padrón, Nuevas Pinturas del Maestro del Papagayo identificadas en colecciones espagnolas y extranjera’, “Archivo Español de 

Arte” 57 (1984), pp. 257-276 

J. Sanzsalazar, Una pintura del Maestro del Papagayo en el Museum Mayer van den Bergh de Amberes, “Archivo Español de Arte” 76 

(2003), pp. 433-436 

J. Sanzsalazar, Un San Jerónimo penitente” del Maestro del Papagayo en colección privada Madrileña, “Archivo Español de Arte” 78 

(2005), pp. 434-438 


140. 

PIETER VAN DER FAES (attr. a) 

Noto come SIR PETER LELY 

(Soest, 1618 - Londra, 1680 ?) 

Ritratto di nobildonna inglese 


Stima € 3.000 - 4.000 

Dal 1640, anno del suo arrivo a Londra, Pieter van der Faes, meglio conosciuto con l’appellativo di Sir 

Peter Lely, fu il pittore più ricercato e noto di tutto il regno d’Inghilterra, successore nel ruolo di ritrattista 

presso la corte di Antoon van Dyck. L’opera qui presentata ne è un esempio di notevole eleganza formale 

ed estetica, in cui si evince quanto sia stata fondamentale la lezione del maestro fiammingo, non solo per 

la sua formazione ma altresì per formularne con la continuità stilistica il successo. Nondimeno il Lely non 

si può considerare un mero continuatore del gusto ritrattistico di van Dyck, ma più che altro un 

raffinatissimo professionista, colui che codificò con una tecnica pittorica impeccabile e un vivace 

cromatismo l’immagine della nobiltà britannica, oltremodo diffusa dalle innumerevoli incisioni desunte 

dalle sue opere. 


F. Lammertse, Sir Peter Lely, in A. Blankert e. a., Hollands Classicisme in de zeventiende -eeuwse schilderkunst, Rotterdam 1999, pp. 228-231 

M. Wenzel, The Windsor Beauties by Sir Peter Lely and the collection of paintings at St James’s Palace, 1674, Journal of the History of 

Collections 14 (2002), pp. 205-213 


141. 

GASPAR VAN DER LANEN (attr. a) 

(Anversa, 1592 - 1651 circa) 

Paesaggio fluviale con figure e cittadina sullo sfondo 


Stima € 6.000 - 7.000 

La tavola è contrassegnata con il marchio del Castello di Anversa e con le mani ed il marchio di Michael Claessens (1590 - 1637). 

Van Der Lanen fu allievo di Nicola Geerts nel 1607 e membro della Gilda anversese nel 1615. La delineazione critica e biografica dell’artista si deve 

al Burchard, grazie a un articolo monografico pubblicato nel 1948 sul Burlington Magazine. Da questo studio è stato possibile ricostruire il corpus 

dell’artista che si rivela un qualcosa di più rispetto a un petit maitre del paesismo fiammingo. Le sue opere dimostrano sapienti equilibri formali e dal 

punto di vista stilistico contribuiscono all’evoluzione del genere in concomitanza delle creazioni rubensiane. Da questo punto di vista la tavola in 

esame evidenzia la totale emancipazione dal paesaggio di gusto cinquecentesco, memore delle creazioni brueghelliane, introducendo quella sensibilità 

realistica e al contempo italianizzante che caratterizzerà il genere per buona parte del XVII secolo. La buona conservazione del supporto e del tessuto 

pittorico, permettono altresì di cogliere la raffinatezza della stesura, condotta con sapienti velature e contrasti luminosi, atti a evocare la profondità 

prospettica e le diverse tonalità create dal sole che filtra attraverso le fronde degli alberi. 


L. Burchard, Jasper van Lanen. La sua unica opera, “The Burlington Magazine”90 (1948), pp. 236-238 

F.J. Dubiez, Un’altra opera di Jasper van Lanen, “Oud-Holland” 65 (1950), pp 120-122 


142. 


Agar e l’angelo 


Stima € 5.000 - 6.000 

Il dipinto raffigura il momento in cui l’angelo compare ad Agar e gli indica dove può trovare la fonte per dissetare suo figlio Ismaele. Lo stile 

e le caratteristiche tecniche dell’opera suggeriscono una datazione al XVIII secolo e un’area geografica di produzione non italiana. Si possono 

cogliere, infatti, inflessioni francesi, ma anche sfumature della pittura nord europea. L’analisi delle figure, dei profili e di alcuni particolari 

inducono a pensare quale autore il parigino Luis de Silvestre (Parigi, 1675 - 1760), noto ritrattista e pittore di storia che formatosi in patria 

proseguirà la sua fortunata carriera presso il re Augusto II di Polonia. Silvestre è documentato a Dresda sin dal 1716 e nel corso della sua 

permanenza orienterà il suo stile verso un indirizzo neoclassico. 


143. 


Natura morta 


Stima € 3.500 - 4.000 

Questa piccola tavola già riferita all’ambito di Van Kessel, esibisce affinità di stile con le opere di Van der Ast (Middelburg, 1593/1594 - 

Delft,1657), non solo per l’essenzialità del tema decorativo, ma altresì per la pregevole definizione floreale, la raffinata descrizione del piatto 

in primo piano e l’inequivocabile significato allegorico. Gli insetti, i fiori recisi e i frutti simboleggiano, infatti, la corruzione delle cose terrene. 

Le raffinate stoviglie, pur mostrando la loro preziosità, esplicano quanto siano ininfluenti a causa della transitoria e fragile esistenza terrena. 

Ogni elemento della composizione esorta quindi a contemplare la caducità della vita, l’inefficacia della vanità e persuade alla penitenza. 

139

140 

144. 


Paesaggio con Diana, ninfe e satiri 


Stima € 40.000 - 50.000 

L’indagine su questo dipinto dal notevole fascino illustrativo, di certa origine fiamminga e databile alla prima metà del XVII secolo, inizia da 

una tela conservata al Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra (inv. 1852-16) che propone il particolare di Diana e le ninfe spiate dai satiri. La 

catalogazione del museo classifica il dipinto come scuola di Pietro Paolo Rubens indicandoci chiaramente l’indirizzo attributivo. Seguendo 

questa traccia diviene facile trovare una composizione affine a quella qui presentata presso il Musée de la Chasse et de la Nature a Parigi, (olio 

su tavola, cm 61X98, inv. 02/03/68), la cui attribuzione è senza esitazione confermata a Pietro Paolo Rubens e a Jan Brueghel I (Jaffe1989, 

p. 282 n. 772). La fortuna dell’opera si valuta dalle sue repliche e versioni successive, come quella dell’ambito di Brueghel II esitata presso la 

Sotheby’s di New York il 1988-06-03 (n. 108) e in seguito a Stoccolma dalla Stockholms Auktionsverk, il 16 e 17 Maggio 2000(n. 1434). 

Mentre la versione più simile alla nostra è stata venduta alla Christie di New York il il 31 Maggio 1990 (n. 115) con l’attribuzione a Jan 

Brueghel II e all’ambiente di Pietro Paolo Rubens (olio su rame, cm 48,5X64). Fatte le debite considerazioni e confronti, questa sequenza di 

opere con i differenti passaggi attributivi e di generazione, permette di ascrivere la tavola in esame a Brueghel II e all’ambito di Pietro Paolo 

Rubens, in analogia al rame newyorkese, secondo una modalità produttiva tipica della bottega del Brueghel che nei brani di figura si avvaleva 

di Rubens o di un artista del suo atelier. 


K. Ertz, Jan Brueghel der Jünger (1601-1678). Mit che Gemälde kritischem Oeuvrekatalog, Freren 1984, n. 242 

M. Jaffe, Rubens. Catalogo completo, Milano 1989 

Pan & Syrinx, eine erotische Jagd. Peter Paul Rubens, Jan Brueghel und ihre Zeitgenossen, Museum Schloss Wilhelmshöhe, Kassel 

(Hessen) 2004, n. 22 

141

142 

145. 


Salomè 

Olio su tela cm 67X55 

Stima € 4.000 - 6.000 

L’opera è da attribuire a un artista francese probabilmente 

attivo a Roma nel XVII-XVIII secolo. La scena è ambientata in 

un ampio loggiato con al centro la figura di Salomè che risalta 

per la vivacità cromatica delle vesti e in modo particolare per il 

manto blu cobalto. I modelli illustrativi possono trovare 

similitudini di gusto con le tele di Pierre Subleyras, in modo 

particolare per la stesura vivace e brillante. 

146. 

PITTORE NEOCLASSICO 

Episodio miracoloso 


Stima € 1.000 - 1.200 

L’iconografia di questa piccola tela, verosimilmente un bozzetto 

progettuale destinato alla realizzazione di una pala, raffigura 

un episodio miracoloso. Al centro della composizione un 

cardinale nell’atto di impartire la comunione a una giovane 

donna distesa, mentre la scena è calcata da personaggi oranti e 

intenti a soccorrere persone morenti. L’impressione è quella di 

essere al cospetto di un episodio borromaico avvenuto durante 

la terribile peste milanese. La data d’esecuzione invece, per 

motivazione di stile e scrittura, è da collocare al XIX secolo. 

147. 

PAOLO MONALDI 

(Roma, 1725 - dopo il 1779) 

Festa contadina 


Stima € 1.500 - 1.800 

Questa piccola tela descrive un soggetto tipico di Paolo Monaldi 

che nel panorama artistico romano si afferma figurando “la 

gente semplice del contado nella loro tranquillità agreste” 

(Busiri Vici 1976, p. 97), secondo un indirizzo illustrativo 

direttamente desunto dalle iconografie seicentesche dei 

bamboccianti. La visione arcadica-pastorale del pittore, però, 

si distacca dalla visione concreta e disincantata della vita rurale, 

regalandoci una traduzione edulcorata della realtà, ma senza 

mai regredire nel pittoresco. L’apertura a sollecitazioni culturali 

di respiro europeo mostrata dall’artista è tuttavia modellata 

sulle necessità di mercato, che nella Roma settecentesca vede 

nei viaggiatori del Grand Tour la principale clientela, interessata 

alle esteriorità del costume locale, “di saltarelli, altalene e bevute 

con o senza suono di Zampogna” (Zeri 1976, p. 45). Detto ciò, 

il Monaldi si colloca in una zona di confine temporale nella 

produzione dei Souvenir d’Italie, la cui declinazione susseguente 

sarà la trasfigurazione letteraria o il distorto naturalismo 

ottocentesco, privo d’impegno morale o sociale, fatto di 

tarantelle, serenate e carri impennacchiati. Per queste 

motivazioni la sua arte è ancora culturalmente apprezzabile, 

fermo restando l’indiscussa qualità pittorica delle opere. 


A. Busiri Vici, Trittico paesistico romano del ‘700, Roma 1976 

F. Zeri, La percezione visiva dell’Italia e degli italiani, 

Torino 1976 

148. 

FRANCESCO FONTEBASSO 

(Venezia, 1707 - 1769) 

San Gregorio Magno Papa 


Stima € 3.000 - 3.500 

143

144 

149. 

CORNELIO DE WAEL E BOTTEGA 

(Anversa, 1592 - Roma, 1667) 

Marina con vascello alla fonda, barca e figure 


Stima € 3.000 - 4.000 

L’opera presenta i caratteri pittorici di Cornelio De 

Wael, tuttavia il ductus e alcune densità di segno suggeriscono 

un’attribuzione prudenziale, forse condizionata 

dalle non perfette condizioni del tessuto 

pittorico. Ciò nonostante, il dipinto presenta una 

freschezza luminosa e una verve narrativa peculiare 

all’artista anversese, in questo caso plausibilmente 

coadiuvato dal fratello Luca (Anversa, 1591 - 1661) 

o da un collaboratore. Detto ciò è indubbio che il 

soggetto partecipi a pieno titolo all’immaginario pittorico 

di De Wael a cui si riferisce senza esitazione la 

progettualità illustrativa. 


A. Orlando, Luca De Wael, in La pittura di 

Paesaggio in Italia. Il Seicento, a cura di L. 

Trezzani, Milano 2004, pp. 378-380, con 

bibliografia precedente 

150. 


Scena d’interno 

Scena d’interno con contadini 

Tempera su carta, cm 18X21 (2) 

Stima € 500 - 700 

Di probabile area lombardo-veneta le due tempere 

in esame si riconducono ad un artista prossimo a 

Giovan Battista Volpato (1740 - 1803). L’artista 

svolse il proprio apprendistato presso la calcografia 

Remondini dove poté studiare le matrici di numerosi 

artisti, si trasferì a Venezia presso Bartolozzi ed in 

seguito presso la bottega di Jospeh Wagner. Al 

primario impiego del bulino affiancò la pratica 

dell’acquaforte e quindi delle tecniche unite; questo 

particolare impiego doveva averlo appreso nella città 

natale, ma fu a Venezia presso i due maestri che 

Volpato approfondì la conoscenza di tali mezzi 

espressivi. 

151. 

PITTORE VENETO DEL XVII-XVIII SECOLO 

Paesaggio con cavalieri 


Stima € 5.000 - 7.000 

La costruzione dell’immagine, l’arco naturale e lo sfondo paesistico, la figura di cavaliere al centro che risalta per la vivace veste vermiglia, 

sono indizi che conducono la ricerca attributiva all’area veneta, suggerendo un riferimento ad Antonio Maria Marini (Venezia, 1668 - 1725). 

Altrettanto evidenti sono tuttavia le influenze di Johann Anton Eismann (Salisburgo, 1604 - Venezia 1698), pittore d’origini austriache ma la 

cui formazione si svolse in gran parte a Roma per poi proseguire la sua attività a Venezia, dando vita a un paesismo immaginario e fantastico 

che influenzerà indubbiamente il Marini. Entrambi gli autori si possono reputare precursori di una visione paesaggistica rococò: Eisman 

declinando la sua arte verso modulazioni delicate e influenzate dal Cavalier Tempesta, il Marini creando visioni fantastiche, irreali e 

polimorfiche con lontani echi rosiani, una scala cromatica personalissima e nel genere battaglistico incidenze desunte dal Borgognone e dal 

Reschi. A frenare l’attribuzione a quest’ultimo è tuttavia la stesura, qui sensibilmente meno fremente o costruita con pennellate filamentose 

tipicamente settecentesche, ma con densità di pasta e toni che indicano un diverso agire di pennello, non meno di qualità, ma più aderente a 

un gusto barocco di tradizione. 

145

152. 

NICOLA MALINCONICO 

(Napoli, 1663 - 1726) 

Paesaggio con figure, natura morta di fiori, frutta e scultura 


Stima € 20.000 - 30.000 

Questa affascinante composizione di fiori ,frutta e figure manifesta immediatamente la sua appartenenza alla scuola napoletana, eseguita in 

un intervallo di tempo che scorre dalla fine del XVII agli inizi del XVIII secolo. I caratteri di stile e scrittura mostrano un fare pittorico 

prossimo a quello di Luca Giordano, il principale interprete del barocco partenopeo, la cui fortuna critica si misura non solo per le innumerevoli 

e prestigiose opere, ma altresì per la fama raggiunta dai suoi allievi, che si distinguono fra i migliori artisti del settecento italiano; tra loro: 

Paolo de Matteis, Nicola Malinconico e Francesco Solimena. Dal punto di vista filologico, il dipinto presenta una morbidezza di tessuto e una 

qualità particolarmente ravvisabile nei brani di natura morta che suggerisce l’attribuzione al Malinconico, altresì indicata dalla tipicità delle 

figure: il taglio degli occhi a sfumare, l’espressione dei volti, la peculiarità dei putti, il modo di panneggiare, appartengono al repertorio del 

pittore sin dalle iniziali opere autonome, dal cantiere di Santa Maria Maggiore a Bergamo, dove porta a compimento la decorazione avviata 

da Luca Giordano, alle tele ed affreschi che ornano chiese e palazzi napoletani. La bravura nell’eseguire raffinate nature morte è documentata 

dal De Dominici, che lo dice allievo d’Andrea Belvedere, con cui intraprende la carriera, per poi dedicarsi a studiare il “colorito e le figure di 

Luca Giordano, e vi riuscì assai bene, servendogli molto la solita sua freschezza di colore, laonde dipinse opere così vive, e belle, che da taluno 

fu stimato il suo colorito più vago di quello dello stesso Giordano”. Secondo il De Martini, Malinconico si dedica al genere della natura morta 

sino agli anni ‘90, per poi rivolgersi esclusivamente ad opere di figura, ma è assai più comprensibile l’ipotesi di Nicola Spinosa, che giustamente 

suggerisce una continuità simultanea di produzione ben oltre il 1700. Tuttavia le sue tele di “ natura in posa “ sono rare, tanto che si conosce 

un solo quadro firmato appartenente alla Gemäldegalerie der Akademie der bildenden Künste di Vienna. Intorno a questo dipinto è stato 

plausibile costituire un catalogo, con la Natura morta con coniglio e la Natura morta con pappagallo entrambe conservate alla Walters Art 

Gallery di Baltimora, il Giardino con fiori e un putto di collezione privata e la Natura morta di frutta e fiori in un giardino pubblicata da 

Spinosa nel 1986. Tornando al nostro dipinto, è gioco forza datarlo oltre il 1690 per l’esplicito impiego del linguaggio giordanesco, mentre la 

contaminazione fra i “generi” conferma la teoria di Nicola Spinosa prima accennata, che consiglia una posizione cronologica oramai settecentesca. 

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148 

153. 

MARGHERITA CAFFI 

(Milano 1650/1651 - 1710) 

Natura morta di fiori 


Stima € 2.000 - 3.000 

Allieva e forse nipote di Vincenzo Volò, Margherita andò in sposa a Ludovico Caffi, artista specializzato in pitture di fiori e tappeti. 

Svolse la propria attività a Cremona, a Piacenza (1670-1682) e poi a Milano, mentre il numero di tele presenti nelle collezioni 

medicee fanno supporre un soggiorno fiorentino. Certamente la sua fortuna critica e commerciale fu assai rapida e i suoi dipinti sono 

citati in quasi tutti gli inventari antichi di area lombarda ed emiliana. Indubbio è che la sua arte segna la svolta settecentesca per 

il genere naturamortistico, grazie alla sciolta stesura, alle pennellate sfrangiate di sapore precocemente rococò, secondo uno stile che 

contamina altresì la produzione di Elisabetta Marchioni (attiva a Rovigo nella seconda metà del XVII secolo). La tela in esame è un 

buon esempio del suo felice talento, probabilmente da collocare alla seconda metà del XVII secolo, per l’aspetto ancora razionale 

e calcolato della composizione, in analogia con le tele della Galleria degli Uffizi (Zani 1999, pp. 160-161). 


V. Zani, in Natura morta lombarda, catalogo della mostra a cura di A. Veca, Milano 1999, 160-165, nn. 42-45 

154. 


Natura morta con cesto di frutto e brocca 


Stima € 2.000 - 3.000 

La semplicità e il rigore di questa natura morta rammenta composizioni arcaiche, da riferire al XVII secolo; ciò nonostante, la peculiare luminosità, 

la delicatezza della stesura e la precisione naturalistica con cui il pittore descrive i frutti e la loro traslucida superficie suggeriscono una datazione 

settecentesca, altresì indicata dalla sensibilità rococò della maiolica. Difficile formulare ipotesi attributive pertinenti: i dati filologici necessari 

sembrerebbero indirizzare la ricerca verso un autore francese, tuttavia, sono indiscutibili le qualità artistiche insite dell’opera, che a dispetto delle 

contenute dimensioni, manifesta un’eccezionale concretezza decorativa. Nondimeno, la composizione presenta un rigore ottico minuzioso e una 

luminosità diffusa di grande effetto, che evidenzia le forme, esalta le cromie e la profondità di campo, evocando il passo biblico: “perché il tuo Signore 

t’indurrà in un’ottima terra...terra da grano, da orzo e da viti, dove prosperano i fichi, i melograni e gli uliveti”. 

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155. 

PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO 

Giuditta 


Stima € 5.000 - 6.000 

La tela in esame raffigura il momento in cui l’eroina ostenta compiaciuta il macabro trofeo e la felicità pittorica e cromatica della stesura 

suggerisce l’origine veneta dell’autore. La struttura linguistica presenta una koinè di gusto tiepolesco, con una sintesi formale e una sensibilità 

espressiva in linea con la migliore tradizione lagunare settecentesca; nondimeno la tipologia del volto tradisce una pacatezza di orientamento 

neoclassico, la stessa che possiamo osservare nelle opere mature di Giambattista Mengardi (Padova, 1738 - Venezia, 1796). 


R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, Milano 1996, II, pp. 484-488 

156. 

LORENZO PASINELLI 

(Bologna, 1629 - 1700) 

Sibilla 


Stima € 25.000 - 30.000 

Elegantemente avvolta nel suo manto rosa garanza e in una veste gialla dalle ampie maniche bianche segnate d’azzurro, la giovane donna 

intenta a scrivere assistita da un puttino si riconosce quale sibilla e il putto traduce visivamente l’ispirazione divina, nello specifico la profezia 

della nascita di Cristo da una vergine. Lo stile tipicamente bolognese e attinente alla seconda metà del XVII secolo suggerisce l’attribuzione a 

Lorenzo Pasinelli. Il confronto con la versione pubblicata da Carmela Baroncini (p. 206, n. 22, fig. XXII) trova precisi riscontri iconografici 

e formali, qui pronunciati attraverso una stesura dalla notevole forza espressiva e dall’elevata 

qualità. La redazione pubblicata si discosta tuttavia per la diversa tipologia delle vesti e un differente panneggiare del turbante, mentre la foto 

in bianco e nero rivela altresì una sostanziale durezza di segno, forse motivata da una superficie ossidata e una dubbia conservazione. 

Caratteristiche, queste, che risaltano la ricercata qualità pittorica della tela in esame che presenta levità di forme e giochi di velature che 

affiorano attraverso le veloci pennellate, comprovando ulteriormente il suggerimento attributivo. 


C. Baroncini, Pasinelli, Faenza 1993 

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157. 

MATTEO BONECHI (attr. a) 

(Firenze, 1669 - 1756) 

Allegoria 


Stima € 6.000 - 7.000 

Il dipinto è chiaramente un’allegoria, un’apoteosi rivolta a una famiglia in cui uno dei suoi membri ha raggiunto il soglio pontificio, come 

suggeriscono gli emblemi sorretti dai putti visibili sopra la donna vestita di bianco e avvolta di luce. Lo stile suggerisce una datazione attorno 

alla metà del XVIII secolo e la felicità cromatica e disegnativa indica una verosimile attribuzione a un artista toscano, riconoscibile in Matteo 

Bonechi. A questo proposito vengono in mente i raffinati affreschi che il pittore eseguì nel 1746 a Palazzo Capponi e in particolare quello 

raffigurante il Tempio dell’immortalità, dove il Bonechi comprova la sua insuperabile capacità di frescante. 


R. Spinelli, L’arte e Firenze da Cosimo III de’Medici a Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena: un viatico alla mostra, in Il Fasto e la Ragione. 

Arte del Settecento a Firenze, catalogo della mostra a cura di C. Sisi e R. Spinelli, Firenze 2009, p. 22 

158. 

PITTORE FRANCESE DEL XIX SECOLO 

Scena di genere 

Firmato in basso a destra C. Michel 

Olio su tela ovale, cm 34X41 

Stima € 500 - 600 

La ricerca per identificare l’autore di questa leziosa 

scena di genere non ha condotto a nessun risultato 

attendibile, mentre lo stile e la scrittura indicano la 

sua origine francese e una datazione al XIX secolo. 

L’immagine descrive un “portico all’antica” dove 

una giovane donna contornata da bambini e 

un’ancella parla con un uomo affacciatosi alla 

finestra a dorso d’asino. La stesura e le dimensioni 

denotano un carattere da bozzetto, ma è verosimile 

che questa sensibilità “non finita” sia da imputare 

allo stile dell’artista, teso a creare un divertissement, 

un’immagine leggera e giocosa. 

159. 


Et in Arcadia ego 

Olio su tavola applicata su tavola, cm 31,3X39,5 

Stima € 2.500 - 3.500 

Il titolo del dipinto è desunto dal famoso “Et in 

Arcadia ego” che il Guercino appose nell’opera 

omonima realizzata tra il 1610 e il 1622 e qui 

riesumato per un’immediata comprensione del 

soggetto raffigurato. Di ben altra difficoltà è la 

collocazione geografica e cronologica del dipinto, 

che, già riferito ad un artista francese del XIX 

secolo, sembra modellarsi con maggior agio alla 

scuola bolognese tardo settecentesca. Con estrema 

prudenza, infatti, possiamo scorgere analogie di 

stesura e impasto con le coeve prove dei Gandolfi, e 

sempre a questa genia di artisti si possono accostare 

i volti dei personaggi. 

160. 

PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO 

Scena allegorica 


Stima € 2.000 - 2.500 

153

154 

161. 

PITTORE EMILIANO DEL XVII-XVIII SECOLO 

Resurrezione di Cristo 


Stima € 3.000 - 4.000 

Questa tela pone un quesito filologico di notevole 

interesse, che travalica la semplice traduzione critica 

della riproduzione. In questo caso, il modello 

illustrativo è la famosa Resurrezione di Cristo 

eseguita da Annibale Carracci nel 1593 per la 

cappella privata della famiglia Luchini a Bologna 

(Parigi, Museo del Louvre, olio su tela, cm 

217x160), passata già al tempo del Malvasia e dello 

Scanelli agli Angelelli che a loro volta nel 1689 la 

donarono alle monache del Corpus Domini per 

ornare la cappella dedicata a Santa Caterina Vigri, 

da dove fu tolta nel 1796 dalle truppe napoleoniche. 

Di questa pala siamo a conoscenza da una copia 

antica eseguita su rame acquistata da Luigi XIV e 

oggi conservata al museo Frabre a Montpellier, 

mentre è inedita la versione qui esaminata che, 

oltretutto, possiede le medesime dimensioni. Detto 

ciò, è molto interessante rilevare come lo Zanotti 

nella vita di Aureliano Milani citi una copia 

commissionata proprio dalla famiglia Angelelli al 

pittore Alessandro Mari dove il giovane era a 

bottega, copia che è possibile sia questa in esame, 

per i caratteri di stile e di tessuto e destinata a 

sostituire la tela originale. 

162. 

FRANCESCO CURRADI 

(Firenze, 1570 - 1661) 

Cristo orante 


Stima € 1.500 - 1.800 

Caposcuola della pittura toscana, Francesco Curradi 

fu un prolifico ideatore d’immagini religiose e 

concettualmente controriformate. La tela in esame 

esprime al meglio questa linea ideologica, confacente 

alla devozione domestica e alla meditazione sui 

misteri della Passione, qui evocati in maniera 

emblematica e presentati all’osservatore grazie 

all’ausilio degli angeli. L’iconografia che ricalca 

quella dell’orazione nell’orto se ne discosta per 

l’assenza degli apostoli. La figura di Cristo è posta in 

primo piano a sinistra e l’ambientazione notturna 

offre al pittore l’opportunità di creare una 

scenografia di sapore caravaggesco e dal notevole 

impatto emotivo. La luce in questo caso è d’origine 

divina e cala dall’alto a destra illuminando la Croce 

e Gesù che risalta dal fondo scuro grazie ad una 

veste rosso vermiglio. Queste caratteristiche 

suggeriscono un’avanzata data d’esecuzione, attorno 

al quinto decennio. 


F. Baldassari, La pittura del Seicento a Firenze, 

indice degli artisti e delle loro opere, Milano 2009 

G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del 

Seicento, Pontedera 2009 

163. 


Deposizione 

Olio su rame, cm 27X22 

Stima € 1.000 - 1.200 

D’inequivocabile gusto fiammingo, il piccolo dipinto 

trova appropriati spunti di confronto con le opere 

di Iacopo Negretti detto Palma il Giovane 

(Venezia, 1544 - 1628), in modo particolare con le 

composizioni designate alla “maniera notturna” che 

caratterizzano la produzione matura dell’artista. 

L’immagine trova accurati riferimenti, in primo luogo 

con il disegno raffigurante la Madonna con il Cristo 

morto in grembo conservato presso il British Museum 

(Mason Rinaldi, D88, cat 209, fig. 731), probabile prima 

idea per la tela della chiesa del Sacro Cuore di Parre 

(Mason Rinaldi, cat. 209, fig. 734). Sfogliando il 

catalogo ragionato di Stefania Mason Rinaldi, possiamo 

inoltre osservare come il peculiare assetto dell’immagine, 

in modo particolare quello del Cristo morto, 

sia un modulo iconografico più volte impiegato dal 

Palma, ad esempio nel Compianto sul Cristo morto 

del Museo Civico di Reggio Emilia (Mason Rinaldi, 

cat. 229, fig. 515) e in versioni simili conservate presso 

la Cassa di Risparmio di Udine (Mason Rinaldi, 

cat. 325, fig. 637) e in collezione privata (Mason Rinaldi, 

cat. 74, fig. 654). 

164. 


La Vergine con il Bambino 

Olio su tela cm 46X40,5 

Stima € 1.500 - 2.000 

Il carattere della composizione ha origine nelle 

creazioni cinquecentesche di Giovanni Gerolamo 

Savoldo, che troveranno diffusione e fortuna con il 

caravaggismo e il seguito tenebroso che si esaurirà 

attorno alla metà XVII secolo. La precedente 

attribuzione ad Antonio Balestra è qui messa in 

dubbio cogliendo gli aspetti ligustici dell’opera che 

mostra affinità stilistiche con le tele eseguite attorno 

al quarto decennio da Domenico Fiasella, quando, 

riesaminando le natività di Gerrit van Honthorst, 

l’artista propone una serie di scene a “lume di notte” 

dal notevole fascino illustrativo. A questo proposito 

ricordiamo le diverse natività a noi note e pubblicate 

negli ultimi anni da Piero Donati, Anna Orlando e 

Antonio Gesino, dove l’artificio notturno testimonia 

un chiaro dialogo tra il Fiasella e il pittore olandese. 


P. Boccardo, A. Orlando, L’eco caravaggesco a 

Genova. La presenza di Caravaggio e dei suoi 

seguaci e i riflessi sulla pittura genovese, in 

Caravaggio e l’Europa, catalogo della mostra a 

cura di V. Sgarbi, Milano 2005, pp. 103-111 

155

156 

165. 

GIACOMO NANI 

(Porto Ercole, 1698 - Napoli, 1755) 

Natura morta con cane, carni, frutta, melone e pasta (firmato in basso a destra: Giacomo Nani f.) 

Natura morta con carni, verdure, formaggio e gatto 

Olio su tela, cm 76,5X128,5 (2) 

Stima € 15.000 - 20.000 

Allievo di Andrea Belvedere e di Gaspare Lopez, Giacomo Nani crea nature morte dal sentito animo naturalistico, in affinità con Tommaso 

Realfonso (Napoli, 1677 circa - post 1743), costruendo le sue composizioni ispirandosi a moduli compositivi ed estetici desunti dalle opere 

di Giovanni Battista Ruoppolo (Napoli, 1629 - 1693) e Giuseppe Recco (Napoli, 1634 - Alicante, 1695). Secondo il De Dominici, l’artista 

era il miglior allievo del Belvedere: “pittore universale in tutto quello che può dipingere un professore”. Se le sue tele non pongono particolari 

difficoltà filologiche e sono spesso firmate, è assai più difficile definire la cronologia della produzione, per la mancanza di riferimenti 

documentari precisi e l’esistenza di una sola opera datata. Il nucleo più cospicuo e valente del suo catalogo è composto da nature morte di 

fiori, eseguite con uno stile prossimo a quello di Gaspare Lopez (Napoli, 1650 - Firenze, 1740), seguendo uno sviluppo tendenzialmente 

rococò, in similitudine a Nicola Casissa, per poi sviluppare un genere naturamortistico di gusto neo-naturalista prettamente seicentesco. Le 

due opere qui presentate appartengono a questo filone e sono, in modo particolare quella con il cane, da accomunare a quelle conservate al 

Museo di Capodimonte, datate da Marina Santucci al 1724, come le tele citate nell’inventario del 1746 della collezione della regina Isabella 

Farnese e ora nel Palazzo Reale di Riofrio. 


M. Santucci in Museo Nazionale di Capodimonte. Dipinti del XVIII Secolo, la scuola napoletana. Le collezioni borboniche e postunitarie, 

Napoli 2010, p. 130, n. 99 a-b, con bibliografia precedente 

157

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166. 

PIETER MULIER detto IL CAVALIER TEMPESTA 

(Haarlem, 1637 - Milano, 1701) 

Paesaggio fantasioso della campagna romana con pastori, fuga in Egitto e la Piramide di Caio Cestio 


Stima € 30.000 - 40.000 

L’affascinante dipinto si attribuisce senza esitazioni al pittore d’origine olandese Pieter Mulier detto il Cavalier Tempesta, conosciuto 

principalmente per la produzione realizzata a Genova e in Lombardia, ma la cui formazione è prevalentemente romana, città dove è 

documentato tra il 1656 e il 1668 e dove plasmò il suo talento sugli esempi di Gaspard Dughet, con cui collaborò insieme a Crescenzo Onofri 

e Giovanni Battista Giovannini. La sua principale impresa riferibile agli anni capitolini è la decorazione a fresco di Palazzo Colonna, dove 

dipinse otto vedute di mare in un ambiente attiguo a quello in cui Dughet realizzò una serie di paesaggi campestri. Il dipinto in esame, riferibile 

alla maturità dell’artista, descrive un esteso paesaggio con un gruppo di pastori in primo piano, singolare è la dimensione delle figure e degli 

animali, inusuale nella produzione corrente del pittore che predilige formati più contenuti e figure “in piccolo”. La scenografia rileva aspetti 

di stile distintivi, capaci di evocare con felice e armoniosa sensibilità il paesaggio, con l’uso di raffinate gamme cromatiche che s’impreziosiscono 

negli azzurri intensi del cielo, dove risalta la sensibilità luministica atta a descrivere l’atmosfera, con intense variazioni tonali che modellano 

le nuvole e si riverberano sul terreno. Il contrasto luce-ombra, oltre a contraddistinguere in senso magico e onirico la narrazione, è altresì 

artificio atto a scandire prospetticamente la visuale, consentendoci di spingere il nostro sguardo sino all’orizzonte con un susseguirsi di quinte 

in perfetta euritmia e concretezza, raggiungendo con lo sguardo la Piramide di Caio Cestio e l’orizzonte. Altrettanto interessante è constatare 

come il pittore riesca con sapienza a unire suggestioni nord italiane, reminiscenze bassanesche e grechettiana con spunti fiamminghi e 

concordanze romane. Per quanto riguarda la datazione, la felicità cromatica delle vesti e la delicatezza della stesura, suggeriscono una 

collocazione cronologica allo scadere del Secolo, in concomitanza con le opere prodotte per i Borromeo all’Isola Bella. Un interessante spunto 

di confronto a questo riguardo è la tela di simile soggetto conservata al Museo di Ginevra firmata e datata 1696 (Roethlisberger-Bianco 1970, 

p. 116, n. 322). 


M. Roethlisberger-Bianco, Cavalier Pietro Tempesta and his time,University of Delaware, Newark 1970 

F. Cappelletti, Pieter Mulier, in La Pittura di Paesaggio in Italia. Il Seicento, a cura di L. Trezzani, Milano 2004, pp. 313-315 

Il Palazzo Doria Pamphilj e le sue collezioni, a cura di A. G. De Marchi, Firenze 2008, pp. 99-116, fig. 53 

159

160 

167. 


Baccante 


Stima € 3.000 - 3.500 

Il dipinto si data attorno alla seconda metà del XIX Secolo e verosimilmente è da collocare 

nell’ambito della scuola francese per il suo spiccato gusto pompier. Esplicito è il soggetto 

raffigurato, una giovane donna dai capelli scarmigliati con un grappolo d’uva, ritratta secondo 

uno schema mitologico familiare e la cui metafora è dichiaratamente un gioco teatrale che 

tradisce la contemporaneità dell’immagine. Il presente, infatti, si esprime a scapito di una 

riproposizione storica della tematica antica, una scusante aggraziata per giustificare la 

sensualità della protagonista, ignuda e dallo sguardo lascivo. Appare altresì evidente la 

derivazione neoclassica con cui è impostata la composizione, di stretta matrice accademica, 

qui impiegata per creare una pittura dalle finalità essenzialmente decorative. 


IMPORTANTE DIMORA TORINESE 

lotto 168 

LOTTI 168 - 179

168. 

PAOLO MARIA ANTONIANI 

(Milano, 1735 - Torino, 1807) 

Paesaggio con rovine, barche e figure 


Stima € 3.000 - 4.000 

Tipica veduta di fantasia da riferire a Paolo Maria Antoniani, pittore d’origine milanese formatosi presso la bottega familiare e attivo a Torino 

durante la seconda metà del Settecento, dedito a creare paesaggi e marine destinate all’ornamento. La letteratura artistica e le fonti 

documentarie lo ricordano attivo a Stupinigi, Moncalieri e presso il Palazzo Reale della capitale sabauda, dove dipinge sovrapporte e decori 

per carrozze. Le sue opere, eseguite con larghe campiture di colore e animate da figurine delineate velocemente, evocano ambientazioni 

sognanti, con sfondi sfumati e delicati. La scenografia composta da una veduta costiera con rovine e vascelli alla fonda, propone un soggetto 

caro all’artista, ancora memore dei precetti compositivi paterni e dell’influenza di Joseph Vernet. 


A. Cottino, Vittorio Amedeo Cignaroli. Un paesaggista alla corte dei Savoia e la sua cerchia, a cura di Alberto Cottino, Torino 2001, p. 123, 

n. 17; p. 145, n. 75, con bibliografia precedente. 

162 DIPINTI DA UNA IMPORTANTE DIMORA TORINESE 

169. 

PAOLO MARIA ANTONIANI 

(Milano, 1735 - Torino, 1807) 

Paesaggio con nave, figure e torre d’avvistamento 


Stima € 3.000 - 4.000 

DIPINTI DA UNA IMPORTANTE DIMORA TORINESE 163

170. 

PITTORE BOLOGNESE DEL XVII-XVIII SECOLO 

Agar e l’angelo 

Rachele e Giacobbe 


Stima € 5.000 - 7.000 

Raffiguranti gli episodi biblici di Agar salvata dall’angelo e di Giacobbe con sua moglie Rachele nell’attimo in cui mostra gli idoli trafugati al 

padre Labano, le due tele si attribuiscono a un artista emiliano, più precisamente bolognese e attivo tra il XVII e il XVIII secolo. Il ductus 

pittorico e lo stile, infatti, trovano interessanti analogie con le opere di Donato Creti (Cremona, 1671 - Bologna, 1749) e Gian Gioseffo Dal 

Sole (Bologna, 1654 - 1719). Al Creti rimandano le peculiari lumeggiature dei panneggi e la scenografia notturna, mentre alcuni profili 

rievocano quelli del Dal Sole, in modo particolare il volto di Agar, ma a quest’ultimo autore possiamo aggiungere il confronto con un disegno 

di Collezione Savini a Bologna (Thiem 1990, p. 154, ch 2) in cui la figura di Agar e dell’angelo trovano una medesima conformazione 

illustrativa, compendiata dalle posture e dal modo in cui sono collocate le misere masserizie. Queste considerazioni ci consentono di proporre 

una prudente attribuzione a Lorenzo Pasinelli (Bologna, 1629 - 1700), maestro del Creti, le cui opere presentano analogie di stile e gusto, in 

modo particolare per quanto riguarda la stesura, la modalità di lumeggiare i drappeggi delle vesti e la tipologia delle figure. 


C. Thiem, Giovan Gioseffo Dal Sole, Bologna 1990 

C. Baroncini, Lorenzo Pasinelli, Faenza 1993 


171. 

CARLO COPPOLA (attr. a) 

(documentato a Napoli dalla metà del XVII secolo fino al 1672) 

Battaglia 


Stima € 2.000 - 3.000 

Il contributo della scuola napoletana al genere della battaglia fu fondamentale, i nomi di Aniello Falcone, Andrea da Lione, Salvator Rosa e 

Luca Giordano compongono le note di una vicenda iconografica che segnerà tutto il XVII secolo, con l’aggiunta del maestro indiscusso e sempre 

fedele al tema attivo a Roma: Jacques Courtois detto il Borgognone, a cui si deve una vera e propria codificazione illustrativa che influenzerà 

tutta Europa. Tornando a Napoli e “alle sue battaglie senza eroe”, per parafrasare Saxl, è ad un suo artista che riconduciamo la tela in esame: 

a quel Carlo Coppola allievo di Falcone e suo diretto seguace. A confronto possiamo citare la Battaglia di collezione privata romana pubblicata 

dal Sestieri in cui è possibile cogliere il medesimo schema compositivo e un’omogenea sensibilità cromatica. L’opera qui presentata è da 

collocare alla maturità, quando le peculiari tonalità cromatiche e iconografiche desunte dal maestro si stemperano a contato con la sensibilità 

barocca capitolina, secondo un’analoga evoluzione che contraddistingue Marzio Masturzo e Salvator Rosa. 


G. Sestieri, I Pittori di Battaglie, Roma 1999, pp. 296-303, figg. 1, 9 


172. 

PITTORE ITALIANO DEL XVIII-XIX SECOLO 

Paesaggio marino con figure 


Stima € 4.000 - 5.000 

Il dipinto propone uno schema compositivo desunto dalle opere d’Alessandro Salucci (Firenze, 1590 - Roma, 1655/1660), l’immagine è 

costruita sull’immaginario delle vedute portuali ideali create da Claude Lorrain, tra gusto antiquario e fantasia, seguendo una modalità 

prospettica collaudata, che vede in primo piano l’edificio a carattere monumentale e i particolari narrativi della scena. 


A. Busiri Vici, Fantasie architettoniche di Alessandro Salucci, in “Capitolium”, anno XXXVII, n. 12, dicembre 1962 

L. Salerno, I Pittori di vedute in Italia (1580 - 1830), Roma 1991 


173. 

JACOBUS VICTOR (attr. a) 

(Amsterdam, 1640 - 1705) 

Natura viva con volatili 

Natura viva con volatili 


Stima € 4.000 - 6.000 

I dipinti si possono attribuire al pittore anversese Jacobus Victor (Amsterdam, 1640 - 1705) e raffigurano diverse specie di volatili ritratti in 

volo, nell’atto di sbattere le ali o accovacciati. La vivacità cromatica che caratterizza queste opere induce a pensare che siano da collocare nel 

periodo italiano dell’artista, quando soggiornò a Venezia, dove nel 1663 è ricordato come “mirabile nel formar animali volatili” (Sansovino, 

Martinioni 1663, appendice e p. 22). 


F. Sansovino, Venetia città nobilissima e singolare[...]con l’aggiunta di tutte le cose notabili […] sino al presente 1663 da G. Martinioni, 

Venezia 1663 


174. 

PITTORE ITALIANO DEL XVIII SECOLO 

Paesaggio con figure e rovine 


Stima € 3.000 - 4.000 

Il dipinto raffigura una fantasiosa veduta di costa mediterranea con figure e rovine architettoniche classiche. Circoscrivere l’area regionale di queste 

opere è alquanto problematico per la loro notevole fortuna commerciale, la cui origine ha negli esempi del “ruinismo” romano un punto di partenza 

indubbio, ma che nel corso del XVIII secolo trovano ampia diffusione da parte di pittori “viaggianti” dediti perlopiù a produrre scenografie teatrali e 

dipinti di gusto puramente decorativo. Non si deve altresì trascurare la pratica stessa con cui sono concepite le composizioni, assemblate attraverso 

cartoni e modelli che consentivano una veloce delineazione del disegno che in seguito, attraverso una collaudata pratica di bottega, veniva dipinto. Detto 

ciò una possibile origine geografica da assegnare alla tela è quella piemontese, per le analogie di stile con le opere di Giovanni Domenico Gambone 

(documentato a Torino nella prima metà del XVIII secolo), specialmente se prendiamo a esempio la decorazione della Camera degli Archivi nel Palazzo 

Reale di Torino, e Paolo Maria Antoniani (Milano, 1735 - Torino, 1807). 


175. 

PITTORE ITALIANO DEL XVIII SECOLO 

Paesaggio architettonico con figure 


Stima € 3.000 - 4.000 

Vedi scheda al lotto precedente. 



176. 


Natura morta con vaso di frutti 


Stima € 800 - 1.200 

177. 




Stima € 500 - 700 

178. 


Natura viva con tacchino entro paesaggio 


Stima € 1.500 - 2.000 

179. 


Capriccio architettonico 


Stima € 2.000 - 3.000 


172 

180. 


Paesaggio con armenti 

Paesaggio con armenti vicino ad un ruscello 


Stima € 1.000 - 1.500 

181. 


Ultima cena 

Bistro su carta, cm 38X26 

Stima € 1.000 - 1.500 

182. 


Martirio di Sant’Agata 

Bistro e acquerello su carta, cm 27X17 

Stima € 800 - 1.200 

173

174 

183. 


Cristo coronato di spine 

Sanguigna su carta, cm 23X26 

Stima € 400 - 600 

184. 


Scena storica 

Tecnica mista su carta, cm 19X12 

Stima € 200 - 300 

185. 


Paesaggio marino con barche 

Firmato in basso a destra 

Acquerello su carta, cm 15X24 

Stima € 200 - 300 

186. 

CHINA SU CARTA 

La distribuzione del cibo ai poveri 

cm 21X30 

Stima € 200 - 300 

187. 

MARIA CLEOFE DI PIETRO 

(Torino ?, XIX secolo) 

Rebecca al pozzo 

Matita su carta, cm 51X67 

Stima € 300 - 400 

175

176 

188. 

GIACOMO ZOBOLI 

(Modena 1681 - Roma 1767) 

Episodi di storia romana 

Olio su tela, cm 54X66,2 (2) 

Stima € 15.000 - 20.000 

Le tele in esame esprimono una decisa espressione barocca, tesa a rielaborare la tradizione narrativa emiliana con l’enfasi d’ascendenza cortonesca. 

La vitalità cromatica e la spasmodica descrizione degli eventi raffigurati attestano le qualità dell’artista, che si riconosce in Giacomo 

Zoboli. Il pittore modenese dopo un apprendistato con Francesco Stringa (Modena, 1635 - 1709) e Gian Gioseffo Dal Sole (Bologna, 1654 - 

1719) si trasferì a Roma nel 1712/1713, divenendo membro dell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon nel 1718 e venendo accolto all’Accademia 

di San Luca nel 1725. La sua elaborazione formale denota un interessante eclettismo, in cui il rigore marattesco è modulato con una dinamica 

struttura prospettica, capace d’evocare persino il gusto decorativo tardo manierista di Cavalier d’Arpino. La scioltezza del suo 

linguaggio, infatti, esibisce esiti dichiaratamente svincolati dal rigore classicista o accademico, con uno sguardo verso il neosecentismo di 

Benefial e il recupero di ritmi e citazioni carraccesche. Gli episodi raffigurati sono verosimilmente attinenti alle vicende guerresche di Gneo 

Pompeo Magno, generale romano che fu ucciso su indicazione dei consiglieri di re Tolomeo per ingraziarsi Giulio Cesare, che vedeva in lui 

un pericoloso nemico politico. Plutarco narra le molte battaglie navali condotte dal generale nel bacino mediterraneo e in Sicilia, e le opere 

qui presentate paiono rappresentare le vittorie ottenute, che avvalorarono le sue straordinarie doti strategiche e di comando. 


G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento, Roma 1994, I, pp. 185-186, con bibliografia precedente 

177

178 

189. 


Muzio Scevola 


Stima € 3.000 - 4.000 

190. 

PITTORE DEL XIX 

SECOLO 



Stima € 200 - 300 

191. 

PITTORE FIAMMINGO 

DEL XVII-XVIII SECOLO 



Stima € 500 - 700 

192. 


DEL XVII SECOLO 

Testa di Santo 


O.l. 

193. 

PITTORE DEL 

XIX SECOLO 

Conversazione amorosa 


Stima € 2.000 - 2.200 

193 bis. 

PITTORE DEL XVIII 

SECOLO 

Ritratto di gentildonna con 

gorgiera 


Stima € 600 - 800 

194. 

PITTORE DEL XIX-XX 

SECOLO 

Madonna col Bambino 


Stima € 300 - 400 

195. 

PITTORE DEL XVIII 

SECOLO 

Vergine in preghiera 

Olio su tela applicata su 

tavola, cm 49X36 

Stima € 800 - 1.000 

196. 

PITTORE DEL XIX 

SECOLO 

Conversazione amorosa 

Pastello su carta, cm 64X65 

Stima € 1.000 – 1.200 

197. 

PITTORE DEL XVII 

SECOLO 

Ecce Homo 


Stima € 2.000 - 3.000 

198. 

PITTORE ATTIVO A 

ROMA NEL XVII 

SECOLO 

Cristo davanti a Caifa 


Stima € 2.000 - 3.000 

199. 

PITTORE FRANCESE DEL 

XIX SECOLO 

Natura morta con pesche 


Stima € 900 - 1.100 

200. 

PITTORE ATTIVO A 

ROMA NEL XVII-XVIII 

SECOLO 

Rovine classiche 


O.l. 

201. 


DEL XVIII SECOLO 

Frate in preghiera 


O.l. 

179

180 

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opera dell’artista, ma non ve n’è certezza. 

BoTTeGA DI TIZIANo: l’opera, secondo la nostra opinione, è di un 

pittore non conosciuto della bottega dell’artista che può averla 

eseguita sotto la sua supervisione o meno. 

CeRCHIA DI TIZIANo: l’opera, secondo la nostra opinione, è di un 

pittore non conosciuto, ma distinguibile, legato al suddetto 

artista, ma non necessariamente da un rapporto di alunnato. 

STILe DI/SeGUACe DI TIZIANo: l’opera, secondo la nostra opinione, 

è di un pittore, contemporaneo o quasi contemporaneo, che 

lavora nello stile dell’artista, senza essere necessariamente 

legato a lui da un rapporto di alunnato. 

MANIeRA DI TIZIANo: l’opera, secondo la nostra opinione, è stata 

eseguita nello stile dell’artista, ma in epoca successiva. 

DA TIZIANo: l’opera, secondo la nostra opinione, è una copia di 

un dipinto dell’artista. 

IN STILe...: l’opera, secondo la nostra opinione, è nello stile menzionato, 

ma di epoca successiva. 

FIRMATo – DATATo – ISCRITTo: secondo la nostra opinione, la firma 

e/o la data e/o l’iscrizione sono di mano dell’artista. 

ReCANTe FIRMA – DATA - ISCRIZIoNe: secondo la nostra opinione, 

la firma e/o la data e/o l’iscrizione sono state aggiunte. 

Le dimensioni date sono prima l’altezza e poi la larghezza. 

181

182 

CoNDITIoNS oF SALe 

Taking part in an Auction implies the entire and unconditional acceptance 

of the Conditions of Sale outlined in this Catalogue. Bidders are 

required to read carefully the section of the Catalogue containing the 

purchase terms of the Lots for sale by WANNeNeS ART AUCTIoNS. 

eSTIMATeS 

Beside each Lot description in the Catalogue there is an indication of the 

estimate for potential Purchasers. In each case, all the Lots, in light of market 

interest, may achieve prices that are either superior to or inferior to the 

indicated estimates. The estimates published in the Auction Catalogue may 

be subject to revision and do not include the purchase commission (buyer’s 

premium) and VAT. 

ReSeRVe 

The reserve price corresponds to the minimum price agreed upon 

between WANNeNeS ART AUCTIoNS and the SeLLeR, beneath which 

the Lot will not be sold. Lots offered with no reserve are indicated in 

the Catalogue with the estimate in ReD and with the description o.1. 

These Lots are sold to the highest Bidder independently of the published 

estimates. 

VIeWING BeFoRe THe AUCTIoN 

each Auction is preceded by a Viewing which is open, admission free, 

to the public. opening times are shown in the first few pages of this Catalogue. 

The Viewing enables all Purchasers to undertake an appropriate 

examination of the Lots for sale and to verify all aspects related 

to the Lot, such as authenticity, state of preservation, materials and provenance 

etc. 

STATe oF PReSeRVATIoN 

The Lots are sold in their current state. We recommend, therefore, that 

potential Purchasers check the state of preservation of the Lots/s, as 

well as the type of Lot/s being offered, before the Sale. The experts of 

WANNeNeS ART AUCTIoNS will be happy to provide upon request reports 

on the state of preservation of the Lots on sale. The descriptions 

in the Catalogues merely represent the opinion of our experts and may 

be subject to further revisions that will, in due course, be given to the 

public during the Auction. 

TAKING PART IN AN AUCTIoN 

Taking part in an Auction may occur by means of the Bidder being present 

in the Auction Room, or by means of written or telephone Bids that 

WANNeNeS ART AUCTIoNS will gladly carry out for potential Purchasers. 

This service is free of charge and, therefore, WANNeNeS ART AUCTIoNS 

bears no form of responsibility for this service. WANNeNeS ART AUCTIoNS 

will, therefore, not be responsible for any Bids inadvertently mislaid or for 

mistakes in relation to the latter. New Purchasers will have to provide sufficient 

bank references by means of a Presentation Letter supplied by the 

Purchaser’s bank to WANNeNeS ART AUCTIoNS, piazza Campetto, 2, 

16124, Genoa. 

BIDDING IN PeRSoN 

In order to bid in person, potential Purchasers have to register and collect 

a bidding number by filling out the Bidding Form and providing a valid 

document of identification and tax code number. All Lots sold will be invoiced 

to the name and address supplied when collecting the Bidding 

Number and they will not be able to be transferred to other names and/or 

BUYING AT WANNENES 

addresses. Should a potential Purchaser wish to bid on behalf of a third 

party, s/he should inform WANNeNeS ART AUCTIoNS before the beginning 

of the Auction. 

WRITTeN AND TeLePHoNe BIDS 

In order to bid by means of written or telephone Bids potential purchasers 

have to fill out the Bidding Form in this Catalogue and send it 

by fax to the number +39 010 2517767 at least SeVeN hours before the 

beginning of the Auction. Bids must be in euro and do not include Auction 

commissions and charges and taxation as laid down by the Law. 

Written Bids are carried out on behalf of the Bidder at the lowest price 

possible in consideration of the reserve price and the other Bids offered. 

In the absence of a higher Bid, written Bids undertaken on Lots without 

a reserve (indicated by the estimate in ReD) will be sold at 

approximately 50% of the lowest estimate or at the figure corresponding 

to the Bid, even though lower than 50% of the lowest estimate. Telephone 

Bids are organised by WANNeNeS ART AUCTIoNS according to 

the availability of the telephone lines being used and exclusively for 

Lots that have a maximum estimate of at least 500 euro. Telephone calls 

during the Auction may be recorded. Potential purchasers who bid by 

telephone consent to the recording of their conversations. 

HAMMeR PRICe 

The Hammer Price indicates that a Sale of a Lot has been made and 

at that moment the Purchaser assumes full responsibility for the Lot. 

As well as the hammer price the Purchaser has to recognise the commissions 

(buyer’s premium) to be paid to WANNeNeS ART AUCTIoNS 

and the taxes to be paid as laid down by the Law. 

PAYMeNT 

Purchasers have to carry out payment for the Lot/s by 10 working days 

from the date of the Auction by means of: 

Cash payment less then 2.500 euro. 

Circular cheque written out to Art Auctions S.r.l., subject to verification 

with the issuing institute. 

Current account bank cheque written out to Art Auctions S.r.l., following 

prior agreement with the Management of WANNeNeS ART AUCTIoNS. 

Credit transfer to Art Auctions S.r.l.: 

UNICReDIT BANCA, Via Dante, 1, 16121, Genoa 

SWIFT UNCRITMM - IBAN IT 02 H 02008 01400 000110001195 

WANNeNeS ART AUCTIoNS may, upon agreement with the Seller, offer 

those Purchasers it deems reliable the possibility to pay for Lots in instalments. 

Potential purchasers who wish to undertake payment by instalments 

should contact the Management of WANNeNeS ART 

AUCTIoNS before the Sale. 

CoLLeCTIoN oF LoTS 

Purchasers must collect the Lot/s by 15 working days from the date of 

the Auction. At the end of this span of time, WANNeNeS ART AUCTIoNS 

will not be responsible either for the custody of the Lot/s or for any damage 

that may occur to the Lot/s upon their removal to an appropriate 

warehouse. WANNeNeS ART AUCTIoNS will charge the Purchaser 

with the costs of insurance and storage as laid down in the Chart available 

to Customers in the headquarters of the Company. When collecting 

the Lot/s, the Purchaser must provide WANNeNeS ART AUCTIoNS 

with a valid document of identity. Should the Purchaser request a Third 

Party to collect the Lot/s already paid for, the latter should possess a 

piece of written permission signed by the Purchaser and a photocopy 

of the Purchaser’s document of identity. The Lot/s are given to the Purchaser 

or the Third Party only upon payment having taken place. If purchased 

Lot/s are collected after the above-mentioned time limit the 

Auction House may debit the costs of storage (by month or part of a 

month) as follows: 

100 euro + VAT for Furniture 

50 euro + VAT for Paintings 

25 euro + VAT for objects 

THe SHIPPING oF LoTS 

The Staff at WANNeNeS ART AUCTIoNS will be glad to ship Lots purchased 

according to written instructions given by the Purchaser, following 

payment of the Lot/s concerned. Shipping will be at the risk 

and expense of the Purchaser who, by means of a written communication, 

will have to subtract WANNeNeS ART AUCTIoNS from any 

responsibility concerning such an operation. Furthermore, our Staff 

is available for evaluations and advice in relation to the shipping methods 

employed and insurance of the Lot/s. 

eXPoRT oF THe LoTS PURCHASeD 

The Law Decree no. 42 of January 22nd 2004 regulates the export of 

cultural heritage and goods outside the Republic of Italy. The eU Regulation 

no. 3911/92 of December 9th 1992, as modified by eU Regulation 

no. 2469/96 of December 16th 1996 and by eU Regulation no. 

974/01 of May 14th 2001, regulates the export of cultural heritage and 

goods outside the european Union. In order to export outside Italy cultural 

heritage and goods that are over 50 years old need an export Licence 

that the Purchaser has to procure for him/herself personally. 

WANNeNeS ART AUCTIoNS is not involved in the procurement of such 

permits and cannot therefore guarantee the relative issue of such permits. 

WANNeNeS ART AUCTIoNS, upon the request of the Purchaser, 

may undertake the operations necessary for the granting of the export 

Licence at a cost of 80 euro plus VAT for old/ancient objects and 80 euro 

plus VAT for modern objects (including form-filling, taxation stamps 

and photographic (colour) documentation). Should the above-mentioned 

authorisation not be granted the Purchase of the Lot/s is not nullified, 

neither is the payment of the Lot/s, unless prior agreement with WANNe- 

NeS ART AUCTIoNS was made before the Auction. With reference to the 

regulations contained in art. 8, 1st paragraph, letter B DPR 633/72. Purchasers 

have to respect the following procedures should they wish to take the 

Lot/s outside the european Union and claim the VAT refund: 

The completion of CUSToMS forms/papers and transport outside the european 

Union within three months from the invoice date. 

The sending - within the same term - of the oRIGINAL CUSToMS TA- 

XATIoN STAMP oR eQUIVALeNT DoCUMeNT directly to WANNeNeS 

ART AUCTIoNS. 

THe ARTIST’S ReSALe RIGHT 

The Artist’s Resale Right has been in force in Italy since April 9th 2006 

with the Law Decree no. 118 (13/02/2006). This represents the right of 

the Author/Artist (living or deceased within the previous seventy years) 

of figurative art works and manuscripts to perceive a percentage of the 

sale price of his/her original works upon those sales taking place following 

the initial sale of the work/s in question. This right is the responsibility 

of the Purchaser and will be calculated according to the sale 

price and will not be superior to 12,500 euro per lot. The amount to be 

paid may thus be calculated: 

4% for the sale price up to 50,000 euro. 

3% for the sale price between 50,000,01 and 200,00 euro. 

1% for the sale price between 200,000,01 and 350,000 euro. 

0.5% for the sale price between 350,000,01 and 500,000,01 euro. 

0.25% for the sale price above 500,000 euro. 

The Artist’s Resale Right charged to the Purchaser will be paid by WAN- 

NeNeS ART AUCTIoNS to the SIAe (The Italian Society for Authors and 

editors) as laid down by the Law. Works subject to the Artist’s Resale 

Right are marked by this symbol (F). 

NOTICE 

every lot with any electric equipment is sold as "not working" and it 

should be totally re-conditioned. Wannenes Art Auctions is not responsible 

for any incorrect, wrong use of sold lots or for any non-compliance 

with instructions 

TeRMINoLoGY AND DeFINITIoNS 

Affirmations concerning the Author, attribution, origin, period, provenance 

and conditions of the Lot/s in the Catalogue are to be considered 

as the personal opinion of the experts and Scholars who may have been 

consulted and do not necessarily represent fact. 

TITIAN: in our opinion, the work is the work of the artist. 

ATTRIBUTeD To TITIAN: in our opinion, the work is probably by the 

artist, but there is no absolute certainty. 

TITIAN’S WoRKSHoP/STUDIo: in our opinion, the work is by an unknown 

painter working in the artist’s workshop/studio who 

may or may not have undertaken the painting under the artist’s 

supervision. 

TITIAN’S CIRCLe: in our opinion, the work is by an unknown painter 

who is in some way connected or associated to the artist, 

although not necessarily a pupil of the artist. 

STYLe oF/FoLLoWeR oF TITIAN: in our opinion, the work is by a 

painter who was contemporary or almost contemporary to 

the artist, working in the same style as the artist, without 

being necessarily connected to him by an artist-pupil relationship. 

MANNeR oF TITIAN: in our opinion, the work has been carried out 

in the style of the artist but subsequent to the period of the artist. 

FRoM TITIAN: in our opinion, the work is a copy of a painting by the 

artist. 

IN THe STYLe oF...: in our opinion, the work is in the style mentioned 

but from a later period. 

SIGNeD – DATeD – INSCRIBeD: in our opinion, the signature and/or 

date and/or inscription are by the artist. 

BeARING SIGNATURe – DATe – INSCRIPTIoN: in our opinion, the signature 

and/or date and/or inscription have been added. 

The dimensions supplied are HeIGHT first, followed by WIDTH. 

183

184 

CONDIZIONI GENERALI DI VENDITA 

Art. 1 I beni possono essere venduti in lotti o singolarmente ad insindacabile giudizio della WANNeNeS ART AUCTIoNS (di seguito 

ART AUCTIoNS o Casa d’Aste). Le aste saranno tenute in locali aperti al pubblico da ART AUCTIoNS che agisce unicamente 

come mandataria nel nome e nell’interesse di ciascun venditore (il nome del quale è trascritto in tutti i registri previsti dalle 

vigenti leggi). Gli effetti della vendita influiscono direttamente sul compratore e sul venditore. ART AUCTIoNS non assume 

nessuna responsabilità nei confronti dell’aggiudicatario, del venditore, o di qualsiasi altro terzo in genere. 

Art. 2 Gli oggetti sono venduti/aggiudicati al miglior offerente, e per contanti. Nel caso in cui sorgessero delle contestazioni tra più aggiudicatari, 

il Banditore, a suo insindacabile giudizio, rimetterà in vendita il bene che potrà essere nuovamente aggiudicato nella medesima 

asta; in ogni caso gli aggiudicatari che avessero sollevato delle contestazioni restano vincolati all’offerta fatta in precedenza che ha 

dato luogo alla nuova aggiudicazione. In caso di mancata nuova aggiudicazione il Banditore, a suo insindacabile giudizio, comunicherà 

chi deve intendersi aggiudicatario del bene. ogni trasferimento a terzi dei lotti aggiudicati non sarà opponibile ad ART AUC- 

TIoNS che considererà quale unico responsabile del pagamento l’aggiudicatario. La partecipazione all’asta in nome e per conto di 

terzi potrà essere accettata da ART AUCTIoNS solo previo deposito presso gli Uffici della Casa d’Aste - almeno tre giorni prima dell’asta 

- di adeguate referenze bancarie e di una procura notarile ad negotia. 

Art. 3 ART AUCTIoNS si riserva il diritto di ritirare dall’asta qualsiasi lotto. Il banditore conduce l’asta iniziando dall’offerta che ritiene 

più opportuna, in funzione sia del valore del lotto presentato sia delle offerte concorrenti. Il banditore può fare offerte consecutive 

o in risposta ad altre offerte, fino al raggiungimento del prezzo di riserva. Il Banditore, durante l’asta, ha facoltà di accorpare 

e/o separare i lotti e di variare l’ordine di vendita. Il banditore può, a suo insindacabile giudizio, ritirare i lotti che non 

raggiungano il prezzo di riserva concordato tra ART AUCTIoNS ed il venditore. 

Art. 4 L’aggiudicatario corrisponderà ad ART AUCTIoNS un corrispettivo pari al 24% sul prezzo di aggiudicazione comprensivo di 

I.V.A. A questo corrispettivo dovrà essere aggiunto, per i lotti che lo prevedono, il Diritto di Seguito secondo la normativa vigente 

(vedi informazioni importanti per gli acquirenti). Per i lotti che fossero in temporanea importazione, provenendo da 

paesi non Ue oltre ai corrispettivi d’asta di cui sopra l’aggiudicatario, se residente in un Paese Ue, dovrà corrispondere ogni 

altra tassa conseguente, oltre a rimborsare tutte le spese necessarie a trasformare da temporanea a definitiva l’importazione 

(i beni interessati saranno indicati con il segno**). Si ricorda che qualora il venditore fosse un soggetto I.V.A. l’aggiudicatario 

dovrà corrispondere anche le imposte conseguenti (i beni interessati saranno contrassegnati dal segno °°). 

Art. 5 Al fine di garantire la trasparenza dell’asta tutti coloro che sono intenzionati a formulare offerte devono compilare una scheda 

di partecipazione con i dati personali e le referenze bancarie. ART AUCTIoNS si riserva il diritto di verificare le referenze fornite 

e di rifiutare alle persone non gradite la partecipazione all’asta. All’atto della compilazione ART AUCTIoNS consegnerà 

un cartellino identificativo, numerato, che dovrà essere esibito al banditore per formulare le offerte. 

Art. 6 ART AUCTIoNS può accettare mandati per l’acquisto (tramite sia offerte scritte che telefoniche) effettuando rilanci tramite il Banditore, 

in gara con le persone partecipanti in sala. In caso di offerte identiche l’offerta scritta preverrà su quella orale. 

Art. 7 Nel caso di due offerte scritte identiche, che non siano superate da offerte in sala o telefoniche, ART AUCTIoNS considererà 

aggiudicataria quella depositata per prima. ART AUCTIoNS si riserva il diritto di rifiutare, a suo insindacabile giudizio, offerte 

di acquirenti non conosciuti e/o graditi. A parziale deroga di quanto sopra ART AUCTIoNS potrà accettare dette offerte 

nel caso sia depositata una somma a garanzia di importo pari al valore del lotto richiesto, oltre commissioni, tasse, e spese. 

In ogni caso all’atto dell’aggiudicazione l’aggiudicatario comunicherà, immediatamente, le proprie complete generalità e i 

propri dati fiscali. 

Art. 8 ART AUCTIoNS agisce esclusivamente quale mandataria dei venditori declinando ogni responsabilità in ordine alla descrizione degli 

oggetti contenuta nei cataloghi ed in ogni altra pubblicazione illustrativa. Tutte le descrizioni dei beni devono intendersi puramente 

illustrative ed indicative e non potranno generare nessun affidamento di alcun tipo negli aggiudicatari. L’asta sarà preceduta da 

un’esposizione dei beni al fine di permettere un congruo esame degli stessi da parte degli aspiranti acquirenti, affinché quest’ultimi, 

sotto la loro totale e completa responsabilità, possano verificarne tutte le qualità, quali ad esempio, l’autenticità, lo stato di conservazione, 

il tipo, il materiale, la provenienza, dei beni posti in asta. Dopo l’aggiudicazione nessuno potrà opporre ad ART AUCTIoNS 

od ai venditori la mancanza di qualsiasi qualità dei beni oggetto di aggiudicazione. ART AUCTIoNS ed i propri dipendenti e/o collaboratori 

non rilasceranno nessuna garanzia di autenticità e/o quant’altro. Tutte le indicazioni sulla caratura ed il peso di metalli o pietre 

preziose, come sui relativi marchi, sono puramente indicative. ART AUCTIoNS non risponderà di eventuali errori o della falsificazione 

effettuata ad arte. Nonostante il possibile riferimento ad elaborati di esperti esterni alla Casa d’Aste, ART AUCTIoNS non ne garantisce 

né l’esattezza né l’autenticità. 

Art. 9 Le stime relative al prezzo base di vendita, riportate sotto la descrizione di ogni bene sul catalogo, sono da intendersi al netto di ogni 

onere accessorio quale, ad esempio, diritti d’asta, tasse ecc. ecc. Poiché i tempi tipografici di stampa del catalogo richiedono la determinazione 

dei prezzi di stima con largo anticipo esse potranno essere oggetto di mutamento, così come la descrizione del bene. 

ogni e qualsivoglia cambiamento sarà comunicato dal Banditore prima dell’inizio dell’asta sul singolo bene interessato; fermo restando 

che il lotto sarà aggiudicato unicamente in caso di raggiungimento del prezzo di riserva. 

Art. 10 Il completo pagamento del prezzo di aggiudicazione, dei diritti d’asta, e di ogni altra spesa accessoria dovrà essere effettuato 

entro 10 giorni lavorativi dalla data dell’Asta, in valuta avente corso legale nella Nazione ove si è svolta l’asta. In caso di mancato 

pagamento, fermo restando il risarcimento dei maggiori danni ART AUCTIoNS potrà: a) restituire il bene al mancato 

venditore ed esigere il pagamento dal mancato acquirente delle commissioni perdute; b) agire per ottenere l’esecuzione 

coattiva dell’obbligo di acquisto; c) vendere il lotto a trattativa privata, od in aste successive, comunque in danno del mancato 

compratore, trattenendo a titolo di penale gli eventuali acconti versati. Nel caso il lotto rimanesse custodito da ART 

AUCTIoNS ciò avverrà a rischio e spese dell’aggiudicatario e del mancato venditore in solido. In ogni caso fino alla data di 

vendita o restituzione l’aggiudicatario dovrà corrispondere ad ART AUCTIoNS una somma, a titolo di penale, calcolata, avendo 

come base, l’importo di aggiudicazione maggiorato di tutte le tasse e commissioni, al tasso del 30%. Tale somma sarà dovuta 

a partire dal sesto giorno successivo all’aggiudicazione. 

Art. 11 L’aggiudicatario, dopo aver pagato tutte le somme dovute, dovrà ritirare i lotti acquistati entro 15 giorni lavorativi dalla data dell’Asta 

a suo esclusivo rischio, cura e spese, rispettando l’orario a ciò destinato da ART AUCTIoNS. Nel caso in cui l’aggiudicatario non dovesse 

ritirare i lotti acquistati entro il termine sopraindicato ART AUCTIoNS li conserverà, ad esclusivo rischio e spese dell’aggiudicatario, 

nei locali oggetto dell’asta per altri cinque giorni lavorativi. Trascorso tale periodo ART AUCTIoNS potrà far trasportare, sempre 

a rischio e spese dell’aggiudicatario, i beni presso un qualsiasi depositario, od altro suo magazzino, liberandosi, nei confronti dell’acquirente, 

con la semplice comunicazione del luogo ove sono custoditi i beni. Resta fermo il fatto che per ritirare il lotto l’aggiudicatario 

dovrà corrispondere, oltre al relativo prezzo con accessori, anche il rimborso di ogni altra spesa successiva. 

Art. 12 In ogni caso ART AUCTIoNS potrà concordare con gli aggiudicatari diverse forme di pagamento, di deposito, di vendita a 

trattativa privata, di assicurazione dei beni e/o la fornitura di qualsiasi altro servizio che fosse richiesto al fine del miglior andamento 

possibile dell’affare. 

Art. 13 Tutti sono ovviamente tenuti a rispettare le leggi vigenti all’interno dello Stato ove è stata svolta l’asta. In particolare ART 

AUCTIoNS non assume nessuna responsabilità in relazione ad eventuali restrizioni all’esportazione dei lotti aggiudicati, e/o 

in relazione a licenze e/o permessi che l’aggiudicatario potrà dover richiedere in base alla legge vigente. L’aggiudicatario 

non potrà richiedere alcun rimborso ne al venditore ne ad ART AUCTIoNS nel caso che lo Stato esercitasse il suo diritto di 

prelazione, od altro diritto a lui riservato. 

Art. 14 In caso di contestazioni rivelatesi fondate, ed accettate da ART AUCTIoNS a seguito della vendita di oggetti falsificati ad arte 

la Casa d’Aste potrà, a sua discrezione, dichiarare la nullità della vendita e, ove sia fatta richiesta, rivelare all’aggiudicatario 

il nome del venditore. L’acquirente potrà avvalersi di questo articolo solo ed esclusivamente nel caso in cui abbia notificato 

ad ART AUCTIoNS, ai sensi degli articoli 137 e SS CPC la contestazione con le prove relative entro il termine di 15 giorni dall’aggiudicazione. 

In ogni caso, a seguito di un reclamo accettato l’aggiudicatario avrà diritto a ricevere esclusivamente quanto 

pagato per l’aggiudicazione contestata, senza l’aggiunta di interessi o qualsiasi altra somma per qualunque altro motivo. 

Art. 15 Le presenti condizioni di Vendita sono accettate automaticamente alla firma della scheda di cui all’art 5 e comunque da tutti 

quanti concorrono alla vendita e sono a disposizione di chiunque ne faccia richiesta. Per qualsiasi controversia è stabilita 

la competenza del foro di Genova 

Art. 16 Legge sulla Privacy d. lgs. 196/03. Titolare del trattamento è ART AUCTIoNS S.r.l. con sede in Genova Piazza Campetto, 2. Il cliente 

potrà esercitare i diritti di cui al d. lgs. 196/03 (accesso, correzione, cancellazione, opposizione al trattamento ecc.ecc.), rivolgendosi 

ad ART AUCTIoNS S.r.l.. GARANZIA DI RISeRVATeZZA ai sensi dell’art. 25 del d. lgs. 196/03 i dati sono trattati in forma 

automatizzata al solo fine di prestare il servizio in oggetto, o di altro servizio inerente l’oggetto sociale della società, con le 

modalità strettamente necessarie allo scopo. Il conferimento dei dati è facoltativo: in mancanza, tuttavia ART AUCTIoNS non 

potrà dar corso al servizio. I dati non saranno divulgati. La partecipazione all’asta consente ad ART AUCTIoNS di inviare successivi 

cataloghi di altre aste. 

185

186 

GENERAL CONDITIONS OF SALE 

Art. 1 The objects may be sold in Lots or individually according to the final opinion of WANNeNeS ART AUCTIoNS (here follows referred to 

as ART AUCTIoNS or AUCTIoN HoUSe). The Auctions will be held in premises that are open to the public by ART AUCTIoNS which 

acts simply as AGeNT in the name and interests of each Seller (the name of the said Seller is written in all the Registers required by 

Law). The Sale directly concerns the Purchaser and the Seller. ART AUCTIoNS does not assume any responsibility in relation to the 

Purchaser, the Seller or any Third Party concerned. 

Art. 2 The objects are sold to the highest Bidder for cash. Should any disputes arise among more than one Purchaser, the Auctioneer 

(his/her decision is final) will put the object up for sale once more so it can be purchased again in the same Sale. In each case, the 

Purchasers who disputed the former Sale of the object in question are still bound by the initial Bid (which gave rise to the subsequent 

Sale of the object). Should the subsequent purchase fall through once again the Auctioneer (his/her decision is final) will decide which 

person may successfully purchase the Lot/s. each transfer to Third Parties of the Lot/s purchased does not become the responsibility 

of ART AUCTIoNS which considers the Purchaser as the sole person/s responsible for payment. Bidding at an Auction in the name 

of and for Third Parties may be accepted by ART AUCTIoNS only after sufficient bank references as well as a power of attorney 

have been received by the AUCTIoN HoUSe at least three days before the Auction. 

Art. 3 ART AUCTIoNS reserves the right to withdraw any Lot/s from the Auction. The Auctioneer starts the Auction beginning with the Bid 

that s/he believes to be the most opportune, based upon both the value of the Lot/s as well as the competing Bids. The Auctioneer 

may make further Bids or in response to other Bids, until the reserve price is reached. The Auctioneer, during the Auction, may group 

together or separate Lot/s and vary the order of the Sale. The Auctioneer may – and his/her decision is final – withdraw Lot/s that 

do not reach the reserve price agreed upon between ART AUCTIoNS and the Seller. 

Art. 4 The Purchaser will pay ART AUCTIoNS a sum equivalent to 24% of the hammer price including VAT. To this sum the Artist’s Resale Right, 

according to current laws (see important information for Purchasers), will be added for those Lots where necessary. For those Lots being 

temporarily imported and coming from non-eU States, apart from the above-mentioned detractions, the Purchaser – if resident in an 

eU member-State - will pay all other subsequent taxes, as well as refund all expenses required to transform the temporary import status 

of the object/s to a status that is permanent (the objects are indicated by the sign **). If the Seller is in possession of a VAT number 

the Purchaser will also pay all subsequent taxes (the objects are indicated with a °°). 

Art. 5 In order to guarantee the highest levels of transparency during the Auction for all those who intend to make Bids, prospective Bidders are 

required to fill out a participation form with personal information and bank details. ART AUCTIoNS reserves the right to make checks on the 

details/references provided and to refuse those who might not be welcome. Upon completion of the form ART AUCTIoNS will supply a 

numbered identification paddle which will have to be shown to the Auctioneer in order to proceed with Bidding. 

Art. 6 ART AUCTIoNS may accept absentee Bids (by means both of written as well as telephone Bids) that will be undertaken by the Auctioneer, 

in direct competition with those present in the Auction Room. Should there be a case of identical Bids, the written Bid will 

prevail upon the oral Bid. 

Art. 7 Should there be two written Bids that are not beaten by Bids made in the Auction Room or telephone Bids, ART AUCTIoNS will consider 

the Purchaser to be the one who made the Bid first. ART AUCTIoNS reserves the right to refuse – its decision is final – Bids made 

by Purchasers who are not known or welcome. ART AUCTIoNS may, however, partially in reference to the above-mentioned, 

accept Bids if there is a guaranteed sum deposited equal to the value of the Lot that is requested, apart from commissions (buyer’s 

premium), taxes and expenses. In each case, at the moment of Purchase, the Purchaser will immediately inform the AUCTIoN HoU- 

Se of his/her personal information and taxation details. 

Art. 8 ART AUCTIoNS acts exclusively as the agent for the Sellers and bears no responsibility in terms of descriptions of the objects 

in the Catalogues or in any other illustrated publication. All the descriptions of objects are intended purely as illustrative and 

indicative. They may not generate any form of reliance as far as the Purchaser is concerned. The Auction will be preceded by 

a public viewing of the objects in order to allow for a careful examination of the objects on behalf of aspiring Bidders. In this 

way, potential Purchasers will have the opportunity to and be responsible for a complete examination of all the qualities of 

the object/s in question: for example, the authenticity, the state of preservation, the type, the material and the provenance of 

the objects being auctioned. Following the Purchase, no one will be able to dispute or criticise ART AUCTIoNS or the Sellers 

for the lack of any form of quality in reference to the object being auctioned. ART AUCTIoNS and its employees/consultants 

will issue no guarantee of authenticity. All those indications relative to the carats and the weight of metals or precious stones, 

as well as their relative marks, are merely indicative. ART AUCTIoNS is not responsible for any potential errors or falsifications. 

Notwithstanding any potential reference to descriptions by experts external to the AUCTIoN HoUSe, ART AUCTIoNS does not either 

guarantee the accuracy or the authenticity of such comments. 

Art. 9 The estimates relative to the initial sale price, indicated beneath the description of each object in the Catalogue, are intended as NeT 

and do not include, for example, the commissions (buyer’s premium), taxes etc. Since the printing time employed for the making of 

the Catalogue requires price estimates in advance, these latter may be subject to change, as may also the description of the object. 

each and every change will be communicated to the Auctioneer before the beginning of the Auction in relation to each object concerned. 

The Lot/s will, however, only be sold upon reaching the reserve price. 

Art. 10 The entire payment of the hammer price, the commissions applied (buyer’s premium) as well as all other expenses must be paid for 

within ten working days of the Auction date, in the legal currency of the State in which the Auction has taken place. In the case of 

lack of due payment, after full compensation of damages made to ART AUCTIoNS, the AUCTIoN HoUSe may: 

return the object to the Seller and demand full payment from the Purchaser of the due commissions/premium; 

undertake action in order to forcefully obtain the obligations of purchase; 

sell the Lot/s privately or in subsequent Auctions, to the disadvantage of the original Purchaser, treating any sums paid by the latter 

as a form of sanction. If the Lot/s is kept by ART AUCTIoNS this will be at the risk and expense of the Purchaser and the original Seller. 

In each case, until the sale or return dates the Purchaser will pay ART AUCTIoNS a sum – in the form of a sanction – to be calculated 

on the basis of the hammer price plus all taxes and commissions at a rate of 30%. This sum must be paid from the sixth day 

following the Auction. 

Art. 11 The Purchaser, after having paid all the sums due, must collect the Lot/s acquired within fifteen working days of the Auction date, 

at his/her own risk and expense, in full consideration of the opening hours of ART AUCTIoNS. Should the Purchaser not collect the 

Lot/s during the above-mentioned times ART AUCTIoNS will keep them at the risk and expense of the Purchaser in the AUCTIoN 

HoUSe for a further five working days. once this period has passed, ART AUCTIoNS will remove the object/s (at the Purchaser’s own 

risk and expense) to the storage space deemed most appropriate by the AUCTIoN HoUSe. The AUCTIoN HoUSe will inform the 

Purchaser of the place where the object/s are kept. Let it be clearly understood that in order to collect the object/s the Purchaser 

will have to pay, apart from the price plus commissions (buyer’s premium) etc, any refund due to subsequent expenses incurred by 

the AUCTIoN HoUSe. 

Art. 12 In each case, ART AUCTIoNS may agree with the Purchaser/s upon different forms of payment, storage, private sale, insurance of the 

object/s and/or granting of any other service requested in order to achieve the most successful results possible. 

Art. 13 everybody has, obviously, to respect the current Laws within the State where the Auction is held. In particular, ART AUCTIoNS assumes 

no responsibility in relation to potential restrictions concerning the export of purchased objects and/or in relation to licences 

or permits that the Purchaser might have to request on the basis of current Laws. The Purchaser will not be able to request any refund 

either from the Seller or from ART AUCTIoNS should the State exercise its right to pre-emption or any other right it may possess. 

Art. 14 In the case of disputes that are revealed to be well-founded and accepted by ART AUCTIoNS subsequent to the sale of false objects, the 

AUCTIoN HoUSe may, at its own discretion, declare the sale null and void and, if requested, reveal the name of the Seller to the Purchaser. 

The Purchaser may make use of this Article (Article 14) only and exclusively in the case that s/he has notified ART AUCTIoNS – according 

to Articles 137 and following in the Code of Civil Procedure – of the dispute in question with the relative proof within fifteen days of 

the Auction date. In each case, subsequent to an accepted claim the Purchaser has the right to receive exclusively what was paid as the 

disputed hammer price without the addition of interests or other sums for any other reason. 

Art. 15 The current Sale Conditions are accepted automatically upon signing the form (see Article 5) and by all those individuals who take 

part in the Sale. The above-mentioned Conditions are at the disposal of any individual who requests to see them. Any case of controversy 

is within the jurisdiction of the Genoa Law Courts. 

Art. 16 Privacy Law (Legislative Decree 196/03). Data Controller: ART AUCTIoNS S.r.l. with headquarters in GeNoA, Piazza Campetto, 2. The 

Customer may exercise his/her rights according to Legislative Decree 196/03 (access, correction, cancellation, opposition etc), by contacting 

ART AUCTIoNS S.r.l. GARANZIA DI RISeRVATeZZA according to Article 25 of Legislative Decree 196/03. The information is 

computerised with the sole intention of providing the above-mentioned service or any further service relative to the Company, in 

such a way that is strictly connected to the question at hand. The supply of data is optional: in default of which, ART AUCTIoNS will 

not be able to perform the service required. Data will not be divulged. Participation in an Auction allows ART AUCTIoNS to send subsequent 

Catalogues of other Auctions. 

187

GE95 1111 

IMPORTANT NOTICE 

We would like to inform that purchaser will pay a sum equivalent to 24% of the hammer price 

including the VAT, in compliance with the economic measure L. 148 dated 14.09.11 (VAT increase) 

AVVISO IMPORTANTE 

Si comunica che i diritti d’asta sono pari al 24% del prezzo di aggiudicazione, in 

ottemperanza alla manovra economica L. 148 del 14/09/2011 (aumento IVA) 

IO SOTTOSCRITTO 

NOME/COGNOME 

NAME/SURNAME 

MOdUlO PER lE OFFERTE /ABSENTEE BIdS FORM 

dOCUMENTO/N° dATA E lUOGO dI EMISSIONE 

DOCUMENT/N. DOCUMENT/N. 

NATO A dATA 

BORN IN DATE 

INdIRIZZO 

ADDRESS 

CITTà CAP STATO 

TOWN ZIP CODE COUNTRY 

TElEFONO/FAX E-MAIl 

PHONE/FAX E-MAIL 

COdICE FISCAlE 

TAX PAyERS COdE 

CONFERISCO INCARICO 

A Wannenes Art Auctions affinché effettui per mio ordine e conto delle offerte per l’acquisto dei lotti qui sotto elencati fino al prezzo massimo (oltre commissioni, tasse 

e/o imposte e quant’altro dovuto) indicato per ciascuno di essi, e/o prenda contatto telefonico con me al momento in cui saranno posti in vendita i lotti qui sotto 

elencati, al numero di telefono da me indicato. Dichiaro di conoscere ed accettare integralmente le condizioni di vendita stampate sul catalogo ed espressamente esonero 

Wannenes Art Auctions da ogni e qualsiasi responsabilità per le offerte che per qualsiasi motivo non fossero state eseguite in tutto o in parte e/o per le chiamate 

che non fossero state effettuate, anche per ragioni dipendenti direttamente da Wannenes Art Auctions. 

data .................................................................... Ora ........................................... Firma................................................................................................................... 

RICHIAMO ALLE CONDIZIONI GENERALI DI VENDITA E VARIE 

1. Il presente elenco non è da considerarsi esaustivo ma, meramente, esemplificativo; il 

partecipante all’asta ha già preso visione delle condizioni generali di vendita che ha dichiarato 

di aver compreso ed integralmente gradito ed accettato. 

2. Nel caso di parità tra un’offerta scritta ed una in sala prevarrà l’offerta scritta. 

3. Nel caso di parità tra più offerte scritte prevarrà quella formulata per prima, purchè formulata 

in maniera completa (garanzie bancarie comprese). 

4. Il proponente è perfettamente a conoscenza che il prezzo finale di acquisto sarà composto 

dalla somma offerta maggiorata dai diritti d’asta e da tutte le imposte e tasse conseguenti, 

nonché da tutte le voci di spesa chiaramente indicate nel catalogo. 

5. Wannenes Art Auctions s’impegna a cercare di effettuare l’acquisto al prezzo più basso 

possibile. 

LEGGE SULLA PRIVACY 

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 L. 675/96 e successive modificazioni ed integrazioni i 

dati saranno trattati esclusivamente per le finalità per le quali sono stati comunicati e per 

l’invio di comunicazioni commerciali e/o pubblicitarie (comunque esclusivamente per 

materie inerenti l’oggetto sociale della Wannenes Art Auctions). I dati potranno essere comunicati 

a persone ed enti che prestano servizi per conto di Wannenes Art Auctions , ivi 

compresi istituti di credito per l’espletamento delle formalità di pagamento. I dati potranno 

essere trattati anche con strumenti informatici. 

Ai sensi e per gli effetti degli artt. 1341 e 1342 del Codice Civile dichiaro di approvare 

specificatamente con l’ulteriore sottoscrizione che segue gli articoli 

1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15 delle Condizioni di Vendita. 

Firma ................................................................................................................................... 

lOTTO dESCRIZIONE OFFERTA MASSIMA IN € 

recapito telefonico (solo per offerte telefoniche in sala) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

qUESTO MOdUlO SARà RITENUTO VAlIdO SOlO SE PERVERRà PER lETTERA O FAX AlMENO SETTE ORE PRIMA dEll’INIZIO dEll’ASTA 

NON SI ACCETTANO OFFERTE TElEFONIChE SOTTO I 500 EURO dI STIMA MASSIMA 

ThIS FORM WIll BE ACCEPTEd ONly IF RECEVEd By E-MAIl OR FAX AT lEAST SEVEN hOURS BEFORE ThE BEGINNING OF ThE AUCTION 

TElEPhONE BIdS lOWER ThAN 500 EURO WIll NOT BE ACCEPTEd 

fax +39 010 2517767 - info@wannenesgroup.com 

GENOVA 30 novembre 2011 

TAPPETI E TESSUTI ANTICHI 

Cataloghi: + 39 010 2530097 - info@wannenesgroup.com 

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GENOVA 14 dicembre 2011 

ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA 


Web site: www.wannenesgroup.com

Foto/Photography 

Armando Pastorino - Genova/Genoa-Italy 

Paola Zucchi - Genova/Genoa-Italy 

Stampa/Printers 

Litografia Viscardi - Alessandria-Italy 

Finito di stampare nel mese di NOVEMBRE 2011 

Printed in Italy 

Grafica/Graphic Design 

Crea Graphic Design - Genova/Ovada-Italy 

www.crea.ge.it 

Traduzioni/Translations 

Christian C. Bayliss/Milano-Italy

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