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28 a. ruffo nidrina. Su queste premesse F. Sanger [11] negli anni successivi trovò un’altra reazione specifica, questa volta per il gruppo aminico in posizione a dell’aminoacido terminale di ogni singola molecola proteica. La reazione con il fluorodinitrobenzene che dà luogo ad un derivato di color giallo senza alterare la struttura delle proteine. Idrolizzandole in modo adatto ed applicando la cromatografia ai singoli dinitro-derivati, si realizza una demolizione graduale della molecola proteica che permette di conoscere la composizione dell’esatta sequenza aminoacidica. 2. Natura chimica degli enzimi Ritornando indietro agli anni 30 diamo prima credito ad una metodica meno sofisticata ma più ricca di risultati di innovativo interesse biochimico, la «salatura» delle proteine. Tale procedimento fu largamente adoperato per le prime fasi di purificazione degli estratti enzimatici grezzi e rappresentò una indispensabile premessa per raggiungere l’ambito traguardo della loro cristallizzazione. Dopo il primo successo ottenuto in questo campo da John Howard Northrop (1891-1987) [12-14] che, nel 1930, riuscì a cristallizzare la pepsina, la storia dell’ureasi scritta da James Batcheller Sumner (1887- 1955) [15] racconta con sottile umorismo la famosa disputa con la scuola di Richard Martin Willstätter (1872-1942) che era scettica sulla natura proteica degli enzimi. Oltre a Northrop il merito di questo risultato fondamentale per l’enzimologia va dunque a Sumner, che, lavorando alla Cornell University di Ithaca (New York), riuscì apurificare l’ureasi dai famosi estratti di semi di leguminose già noti possedere elevata attività catalitica sull’urea, fino ad ottenere l’enzima puro allo stato cristallino. Seguì quindi la cristallizzazione della catalasi estratta dal fegato di varie specie animali a confermare senza ulteriori obiezioni la struttura proteica degli enzimi [16]. Una trattazione completa sulla cristallizzazione e sulla natura chimica degli enzimi è riportata da J. H. Northrop, M. Kunitz e R. M. Herriot che descrissero in un libro [17] l’intenso lavoro eseguito tra gli anni ’30 e ’40 che permise di ottenere in forma cristallina oltre alla pepsina anche la tripsina i loro zimogeni ed infine la ribonucleasi. Contemporaneamente Wendell Meredith Stanley (1904-1971) applicò lestesse tecniche [18] per isolare i virus riuscendo a cristallizzare sotto forma di aghi sottili, il virus del mosaico del tabacco ben noto agente infettivo costituito da una nucleoproteina contenente RNA. Il virus era molto simile a quella che infetta le patate [19]. Non fa dunque meraviglia che il formidabile contributo sperimentale, impegnato per ottenere piena conferma della natura proteica degli enzimi, permise a Sumner, Northrop e a Stanley di conseguire il Premio Nobel per la Chimica nel 1946. Un altro enzima già noto e studiato da tempo, l’esocinasi, venne purificato dal lievito fino ad ottenere una preparazione omogenea che fosforilava il glucoso, il mannoso ed il fruttoso, la cui attività era incrementata dall’aggiunta di un estratto contenente un fattore catalitico ottenuto dai muscoli identificato poi con la miocinasi. Alla loro ulteriore purificazione fino alla cristallizzazione dell’esocinasi avvenuta nel 1946 lavoravano illustri scienziati come Cori, Sidney P. Colowick e M. R. Mac Donald, che riportò inunnoto articolo [20] i brillanti risultati ottenuti.

la biochimica prima della «doppia elica» 29 2.1. Le vitamine come coenzimi. Adesso passiamo a descrivere enzimi di natura più complessa, che oltre alla proteina contenevano un componente non proteico, detto prostetico che risultò partecipare direttamente alla catalisi e perciò fu chiamato coenzima. La scoperta dei coenzimi delle deidrogenasi avvenne da parte del gruppo di Stoccolma nel 1936 dove Hans von Euler-Chelpin (1873-1964) nel 1929 aveva già ottenuto il Premio Nobel insieme a Sir Arthur Harden (1865-1940) per i loro studi sugli enzimi della fermentazione degli zuccheri. I risultati sulle deidrogenasi [21-24] portarono all’identificazione della nicotinamide, del pentoso-fosfato, dello adenosindifosfatato quali componenti fondamentali della cosiddetta cozimasi che catalizzava l’ossidazione dei triosi, finora ignorata nel suo intimo meccanismo d’azione. La sua purificazione portò alla successiva identificazione della formula con il adenosindifosfatato-nicotinamide-riboside, oggi detto NAD + ela sua scoperta coincise con quella contemporanea di Otto Heinrich Warburg [25-28] che, negli eritrociti di cavallo, trovò unenzima noto come Zwischenferment capace di ossidare il glucoso-6-fosfato ad acido-6-fosfogluconico in virtù diunprocesso ossidoriduttivo a carico della nicotinamide qui combinata con un riboside trifosfatato, l’attuale NADP + . Così vennero scoperti insieme i due fondamentali coenzimi delle deidrogenasi contenenti una vitamina, la nicotinamide come gruppo attivo, entrambi responsabili del trasporto di idrogeno e quindi dell’ossido-riduzione dei rispettivi substrati. A tale proposito vogliamo far notare che alla scoperta di quest’ultimo coenzima contribuì un’altra innovazione tecnologica di ampia portata introdotta da Warburg, la tecnica spettrofotometrica che per la prima volta mise in evidenza la possibilità dideterminare molto rapidamente un’attività enzimatica in base a variazioni dell’assorbimento all’UV dovute allo stato ossidato o ridotto di un componente della reazione. La presenza della nicotinamide nei coenzimi risvegliò l’interesse dei nutrizionisti e ne permise l’identificazione con il «fattore antipellagra» che era noto essere contenuto nei lieviti sotto il nome di complesso vitaminico B, i cui molteplici componenti all’epoca non erano stati ancora tutti identificati. Per quanto riguarda quello che prese il nome di vitamina B1 e la struttura di tiamina, il merito di essere riuscito ad isolarne mezzo grammo allo stato cristallino, partendo da circa 2 quintali di lievito, spetta a Sir Rudolph Peters ed ai suoi collaboratori [29]. Le loro ricerche iniziate negli anni ’30 portarono alla scoperta dell’accumulo di acido piruvico nel cervello di piccioni in avanzata deficienza vitaminica, accumulo che scompariva per aggiunta alla dieta di piccole quantità di vitamina B1. In tal modo venne dimostrata per la prima volta la correlazione tra accumulo dell’acido piruvico nel cervello e l’insorgenza delle gravi alterazioni del sistema nervoso caratteristiche del «beri-beri» che, ad opera della vitamina, regredivano insieme alla scomparsa dell’acido piruvico. Non fa quindi meraviglia come indipendentemente e sempre nel 1932 Ernst Auhagen [30] scoprisse un nuovo fattore termostabile, la co-carbossilasi in estratti acquosi di lievito bollito. In sua assenza la fermentazione degli zuccheri si arrestava a livello dell’acido piruvico da cui il nome di «cofattore» della decarbossilasi identificato in seguito anche in idrolizzati del complesso vitaminico B estratto da tessuti animali [31]. Occorsero vari anni per purificarlo, ana-

la biochimica prima della «doppia elica» 29<br />

2.1. Le vitam<strong>in</strong>e come coenzimi.<br />

Adesso passiamo a descrivere enzimi di natura più complessa, che oltre alla prote<strong>in</strong>a<br />

contenevano un componente non proteico, detto prostetico che risultò partecipare<br />

direttamente alla catalisi e perciò fu chiamato coenzima. La scoperta dei coenzimi<br />

delle deidrogenasi avvenne da parte del gruppo di Stoccolma nel 1936 dove Hans von<br />

Euler-Chelp<strong>in</strong> (1873-1964) nel 1929 aveva già ottenuto il Premio Nobel <strong>in</strong>sieme a<br />

Sir Arthur Harden (1865-1940) per i loro studi sugli enzimi della fermentazione degli<br />

zuccheri. I risultati sulle deidrogenasi [21-24] portarono all’identificazione della nicot<strong>in</strong>amide,<br />

del pentoso-fosfato, dello adenos<strong>in</strong>difosfatato quali componenti fondamentali<br />

della cosiddetta cozimasi che catalizzava l’ossidazione dei triosi, f<strong>in</strong>ora ignorata nel suo<br />

<strong>in</strong>timo meccanismo d’azione. La sua purificazione portò alla successiva identificazione<br />

della formula con il adenos<strong>in</strong>difosfatato-nicot<strong>in</strong>amide-riboside, oggi detto NAD + ela<br />

sua scoperta co<strong>in</strong>cise con quella contemporanea di Otto He<strong>in</strong>rich Warburg [25-28] che,<br />

negli eritrociti di cavallo, trovò unenzima noto come Zwischenferment capace di ossidare<br />

il glucoso-6-fosfato ad acido-6-fosfogluconico <strong>in</strong> virtù diunprocesso ossidoriduttivo a<br />

carico della nicot<strong>in</strong>amide qui comb<strong>in</strong>ata con un riboside trifosfatato, l’attuale NADP + .<br />

Così vennero scoperti <strong>in</strong>sieme i due fondamentali coenzimi delle deidrogenasi contenenti<br />

una vitam<strong>in</strong>a, la nicot<strong>in</strong>amide come gruppo attivo, entrambi responsabili del<br />

trasporto di idrogeno e qu<strong>in</strong>di dell’ossido-riduzione dei rispettivi substrati. A tale proposito<br />

vogliamo far notare che alla scoperta di quest’ultimo coenzima contribuì un’altra<br />

<strong>in</strong>novazione tecnologica di ampia portata <strong>in</strong>trodotta da Warburg, la tecnica spettrofotometrica<br />

che per la prima volta mise <strong>in</strong> evidenza la possibilità dideterm<strong>in</strong>are molto<br />

rapidamente un’attività enzimatica <strong>in</strong> base a variazioni dell’assorbimento all’UV dovute<br />

allo stato ossidato o ridotto di un componente della reazione.<br />

La presenza della nicot<strong>in</strong>amide nei coenzimi risvegliò l’<strong>in</strong>teresse dei nutrizionisti e<br />

ne permise l’identificazione con il «fattore antipellagra» che era noto essere contenuto<br />

nei lieviti sotto il nome di complesso vitam<strong>in</strong>ico B, i cui molteplici componenti all’epoca<br />

non erano stati ancora tutti identificati. Per quanto riguarda quello che prese il<br />

nome di vitam<strong>in</strong>a B1 e la struttura di tiam<strong>in</strong>a, il merito di essere riuscito ad isolarne<br />

mezzo grammo allo stato cristall<strong>in</strong>o, partendo da circa 2 qu<strong>in</strong>tali di lievito, spetta a<br />

Sir Rudolph Peters ed ai suoi collaboratori [29]. Le loro ricerche <strong>in</strong>iziate negli anni<br />

’30 portarono alla scoperta dell’accumulo di acido piruvico nel cervello di piccioni <strong>in</strong><br />

avanzata deficienza vitam<strong>in</strong>ica, accumulo che scompariva per aggiunta alla dieta di piccole<br />

quantità di vitam<strong>in</strong>a B1. In tal modo venne dimostrata per la prima volta la<br />

correlazione tra accumulo dell’acido piruvico nel cervello e l’<strong>in</strong>sorgenza delle gravi alterazioni<br />

del sistema nervoso caratteristiche del «beri-beri» che, ad opera della vitam<strong>in</strong>a,<br />

regredivano <strong>in</strong>sieme alla scomparsa dell’acido piruvico. Non fa qu<strong>in</strong>di meraviglia come<br />

<strong>in</strong>dipendentemente e sempre nel 1932 Ernst Auhagen [30] scoprisse un nuovo fattore<br />

termostabile, la co-carbossilasi <strong>in</strong> estratti acquosi di lievito bollito. In sua assenza la<br />

fermentazione degli zuccheri si arrestava a livello dell’acido piruvico da cui il nome di<br />

«cofattore» della decarbossilasi identificato <strong>in</strong> seguito anche <strong>in</strong> idrolizzati del complesso<br />

vitam<strong>in</strong>ico B estratto da tessuti animali [31]. Occorsero vari anni per purificarlo, ana-

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