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50 a. ruffo vano la sintesi di grandi quantità diurea tramite la reattività dell’aminoacido ornitina capace di fissare notevoli quantità diCO 2 ed NH 3 trasformandole opportunamente in un «ciclo» che inizia e termina a livello dell’ornitina. Si ottenevano come intermediari citrullina ed arginina che infine ad opera dell’arginasi formava urea e di nuovo ornitina, in accordo con una serie di reazioni riportate oggi in tutti i testi di Biochimica. A proposito dell’arginina èdaricordare una precedente, validissima osservazione di Antonino Clementi (v. [103]), che aveva trovato assente l’arginasi dal fegato di vari ovipari, indicando, per la prima volta, la sostanziale differenza sulla eliminazione dell’azoto tra ovipari e mammiferi. Cicli di tale genere non erano stati descritti fino allora, e la comunità biochimica internazionale reagì positivamente alla scoperta che, oltre tutto, dimostrava un aspetto nuovo di come si produceva un composto «finale» del metabolismo azotato quale l’urea nei mammiferi. Tuttavia non mancarono le critiche soprattutto da parte di fisiologi che in esperimenti di perfusione di fegati di cane o di ratto negarono la possibilità che l’ornitina, la citrullina e perfino l’arginina partecipassero alla formazione della urea! Ma le conferme giunsero alcuni anni dopo con il progredire della tecnica della omogenizzazione tissutale che indicò lanecessità diattivare gli omogenati con l’aggiunta di ATP. Nel 1946 P. P. Cohen e S. Grisolia (v. [104]) ripresero il problema mettendo in evidenza le migliori condizioni sperimentali per realizzare la sintesi dell’urea in omogenati di fegato, dando inizio ad un nuovo interesse su tale problema che in una decina di anni produsse una lunga serie di nuovi risultati ottenuti da nomi celebri come quelli di S. Ratner, V. Nocito, M. E. Jones e dello stesso Krebs, da cui si identificarono nuovi intermediari, come il carbamil-fosfato e l’arginin-succinato e i relativi enzimi che li producono. Ricaviamo da un noto libro [105] la descrizione dettagliata di tali esperimenti, il primo dei quali, e forse il più importante, è quello di S. Grisolia e P. P. Cohen (1951-1953) sulla scoperta della carbamil-fosfato sintetasi nel fegato di vari mammiferi. Si tratta dell’identificazione di un nuovo enzima il cui meccanismo d’azione rimase misterioso per lungo tempo a causa della struttura instabile del composto di reazione fino a quando non venne prodotto in una preparazione da fegato di ratto stabilizzata dall’aggiunta di mercaptoetanolo, cianuro e glicerolo che permise di individuare tutti i componenti della reazione: 2ATP + NH3 + CO2 −→ 2ADP + H3PO4 + H2N−−CO:OPO3H2 Il riconoscimento del prodotto instabile con il carbamil-fosfato dette luogo a diverse incertezze superate dalla brillante dimostrazione che quello ottenuto per sintesi chimica era il «vero» donatore del gruppo carboamidico all’ornitina, per formare la citrullina. Altrettanto complessa fu l’indagine per il riconoscimento e la purificazione dell’enzima che catalizza la trasformazione della citrullina in arginina. Il merito va alle ricerche di S. Ratner e J. Pappas (v. [104]) che tra il 1947 ed il 1949 trovarono nel fegato di bue un sistema enzimatico capace di utilizzare in presenza di ATP il gruppo aminico dell’aspartato. L’enzima in seguito purificato per precipitazione alcolica frazionata risultò essere costituito da 2 componenti, uno condensante capace di fissare il gruppo aminico dell’acido aspartico (unico fra 20 aminoacidi esaminati) alla citrullina trasformandola

la biochimica prima della «doppia elica» 51 in acido arginin-succinico ed un altro ad attività idrolitica che trasformava il composto di condensazione in arginina ed acido L-malico ben noto componente del ciclo citrico (v. supra, § 13.1). Tale stretta correlazione trovata tra l’andamento del ciclo citrico ed ureogenesi fa pensare che le scoperte di Krebs dei 2 cicli sebbene avvenute indipendentemente l’una dall’altra, abbiano avuto la prodigiosa, quanto inattesa coincidenza di indicare le vie terminali con cui si conclude, nella maggioranza dei mammiferi, il metabolismo dei composti carboniosi e di quelli azotati. Pertanto oggi in tutti i Trattati di Biochimica l’ureogenesi dei mammiferi si identifica con il ciclo dell’ornitina e la premessa per la formazione terminale dell’H 2 Oedel CO 2 con il ciclo citrico. Siamo così giunti a trattare gli argomenti dibattuti intorno agli anni ’50, avvicinandoci a passi veloci alla fatidica data del 1953, in cui venne proposta dalla ormai celebre scoperta di James Dewey Watson e Francis Harry Compton Crick (Premio Nobel 1962) l’altrettanto famosa struttura di doppia elica attribuita al DNA. Tuttavia ci accorgiamo che non è possibile fermarsi all’improvviso tenendo fede strettamente alle date indicate, senza mancare di considerare le conseguenze delle ricerche che erano in corso, che per quanto riguarda il ciclo citrico come vedremo, erano ormai spinte verso traguardi che prospettavano il ruolo del ciclo quale meccanismo unitario di convergenza dei coenzimi ridotti verso la fosforilazione ossidativa mitocondriale dove avviene lo smaltimento dei prodotti terminali della respirazione cellulare, H 2 OeCO 2 indipendentemente dalla loro provenienza. Ad esempio vorremo ricordare quelle ricerche che nel 1950 vertono sulle reazioni di regolazione del flusso del ciclo, a cominciare dall’effetto della compartimentazione mitocondriale che provoca una speciale interazione da «ingombro» fra enzimi sequenziali ed all’effetto dei processi di fosforilazione e defosforilazione che influenzano l’attività di vari enzimi, ponendo in primo piano il problema della regolazione fisiologica del ciclo, già notoriamente sotto controllo degli enzimi piridinici ridotti e dell’ATP originatosi dalla loro riossidazione. Pertanto iniziando dalle origini giungeremo a descriverne i tratti salienti. 13.3. Origine dei precursori. L’impostazione della ricerca che portò alla scoperta del ciclo citrico trae origine dai precedenti risultati di Albert von Szent-Györgyi [106-107] (v. anche [56]) che avevano prospettato la vantaggiosa partecipazione ai processi ossidativi di vari acidi bicarbossilici come il succinico, il fumarico e l’ossaloacetico senza però definire il loro meccanismo d’azione. Albert von Szent-Györgyi era uno scienziato di straordinaria capacità esimpatia che meriterebbe un ricordo a parte tra i protagonisti più valorosi degli anni trenta. Qui ci limitiamo a far notare che proprio il suo contributo alla scoperta dell’attività catalitica dell’acido fumarico sulle ossidazioni biologiche venne considerato equivalente alla scoperta della vitamina C (v. supra, § 6) per l’assegnazione del Premio Nobel con cui fu premiato nel 1937. Il che doveva esser noto, e venne apprezzato da Krebs, che nel famoso lavoro pubblicato lo stesso anno su Enzymologia prende lo spunto due

la biochimica prima della «doppia elica» 51<br />

<strong>in</strong> acido arg<strong>in</strong><strong>in</strong>-succ<strong>in</strong>ico ed un altro ad attività idrolitica che trasformava il composto<br />

di condensazione <strong>in</strong> arg<strong>in</strong><strong>in</strong>a ed acido L-malico ben noto componente del ciclo citrico<br />

(v. supra, § 13.1). Tale stretta correlazione trovata tra l’andamento del ciclo citrico<br />

ed ureogenesi fa pensare che le scoperte di Krebs dei 2 cicli sebbene avvenute <strong>in</strong>dipendentemente<br />

l’una dall’altra, abbiano avuto la prodigiosa, quanto <strong>in</strong>attesa co<strong>in</strong>cidenza<br />

di <strong>in</strong>dicare le vie term<strong>in</strong>ali con cui si conclude, nella maggioranza dei mammiferi, il<br />

metabolismo dei composti carboniosi e di quelli azotati. Pertanto oggi <strong>in</strong> tutti i Trattati<br />

di Biochimica l’ureogenesi dei mammiferi si identifica con il ciclo dell’ornit<strong>in</strong>a e la<br />

premessa per la formazione term<strong>in</strong>ale dell’H 2 Oedel CO 2 con il ciclo citrico.<br />

Siamo così giunti a trattare gli argomenti dibattuti <strong>in</strong>torno agli anni ’50, avvic<strong>in</strong>andoci<br />

a passi veloci alla fatidica data del 1953, <strong>in</strong> cui venne proposta dalla ormai celebre<br />

scoperta di James Dewey Watson e Francis Harry Compton Crick (Premio Nobel 1962)<br />

l’altrettanto famosa struttura di doppia elica attribuita al DNA. Tuttavia ci accorgiamo<br />

che non è possibile fermarsi all’improvviso tenendo fede strettamente alle date <strong>in</strong>dicate,<br />

senza mancare di considerare le conseguenze delle ricerche che erano <strong>in</strong> corso, che per<br />

quanto riguarda il ciclo citrico come vedremo, erano ormai sp<strong>in</strong>te verso traguardi che<br />

prospettavano il ruolo del ciclo quale meccanismo unitario di convergenza dei coenzimi<br />

ridotti verso la fosforilazione ossidativa mitocondriale dove avviene lo smaltimento dei<br />

prodotti term<strong>in</strong>ali della respirazione cellulare, H 2 OeCO 2 <strong>in</strong>dipendentemente dalla loro<br />

provenienza.<br />

Ad esempio vorremo ricordare quelle ricerche che nel 1950 vertono sulle reazioni<br />

di regolazione del flusso del ciclo, a com<strong>in</strong>ciare dall’effetto della compartimentazione<br />

mitocondriale che provoca una speciale <strong>in</strong>terazione da «<strong>in</strong>gombro» fra enzimi sequenziali<br />

ed all’effetto dei processi di fosforilazione e defosforilazione che <strong>in</strong>fluenzano l’attività di<br />

vari enzimi, ponendo <strong>in</strong> primo piano il problema della regolazione fisiologica del ciclo,<br />

già notoriamente sotto controllo degli enzimi pirid<strong>in</strong>ici ridotti e dell’ATP orig<strong>in</strong>atosi<br />

dalla loro riossidazione. Pertanto <strong>in</strong>iziando dalle orig<strong>in</strong>i giungeremo a descriverne i<br />

tratti salienti.<br />

13.3. Orig<strong>in</strong>e dei precursori.<br />

L’impostazione della ricerca che portò alla scoperta del ciclo citrico trae orig<strong>in</strong>e dai<br />

precedenti risultati di Albert von Szent-Györgyi [106-107] (v. anche [56]) che avevano<br />

prospettato la vantaggiosa partecipazione ai processi ossidativi di vari acidi bicarbossilici<br />

come il succ<strong>in</strong>ico, il fumarico e l’ossaloacetico senza però def<strong>in</strong>ire il loro meccanismo<br />

d’azione.<br />

Albert von Szent-Györgyi era uno scienziato di straord<strong>in</strong>aria capacità esimpatia che<br />

meriterebbe un ricordo a parte tra i protagonisti più valorosi degli anni trenta. Qui<br />

ci limitiamo a far notare che proprio il suo contributo alla scoperta dell’attività catalitica<br />

dell’acido fumarico sulle ossidazioni biologiche venne considerato equivalente<br />

alla scoperta della vitam<strong>in</strong>a C (v. supra, § 6) per l’assegnazione del Premio Nobel con<br />

cui fu premiato nel 1937. Il che doveva esser noto, e venne apprezzato da Krebs,<br />

che nel famoso lavoro pubblicato lo stesso anno su Enzymologia prende lo spunto due

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