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Carlo Busiri Vici architetto romano

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I<br />

I<br />

I<br />

sposato un messer Domenica medico, somministrava carne e uova,<br />

perché stavano male lei e un figlio, e le uova rendevano un odore come<br />

di viole per tutta la casa (non risulta bene se di poveri decaduti o di<br />

devoti). Richiedeva roba e raccomandava la folla dei 'Poveri clienti a<br />

cardinali e signori, quando il dispensiere ricusava. Ma chi dava e<br />

anche chi riceveva aspettava e pretendeva altro dal frate, che in certi<br />

momenti pareva maneggiare il portentoso alla maniera di un prestigiatore<br />

di Dio. Come quella volta che rivoltando in un cortile fasci di<br />

spighe semimarcite le fece riaccestire, e se ne cavò farina per del pane<br />

che si scoprì miracoloso. Tuttavia i più di questi suoi interventi straordinari<br />

sono risanamenti, e nel numero maggiore dei casi sono di scena<br />

donne, al solito più avide o degne del meraviglioso. « Queste gentildonne<br />

romane» stavano sempre a chiamare fra Felice, attestano con-<br />

temporanei. E il castigato frate, che durante processioni vedeva la<br />

gente accalcata solo dalla cintola in giù, si doveva aggirare realmente<br />

più tra donne, nella quotidiana cerca per la città. Dame o pedine, suscitavano<br />

una specie di compassione nel cuore di lui, per sua condizione<br />

naturalmente pauroso del mondo. Diceva che, all'inverso ddle mona-<br />

che, le maritate entrano nel loro stato tra le allegrezze delle nozze,<br />

ma che poi « cominciano le tribulationi, li mariti fastidiosi et li<br />

figliuoli traversi, et altri travagli». Ma tutta francescana è l'altra nota<br />

che gli faceva dire: « l'avvento, io non faccio altra oratione che con-<br />

templo il bambino di Bettlem, et quando vedo queste donne gravide,<br />

mi par di vedere la Madonna gravida». Dove non si coglie solo la<br />

soprannaturale tenerezza del mistico, ma gentilissima pietà umana.<br />

Donne in travaglio ebbero da lui aiuto, con il semplice segno ddla<br />

croce tracciato sopra il ventre. Lo appostavano al passaggio per la strada<br />

(s'immagina la voce data di vicolo in vicolo, tra finestra e finestra, dalle<br />

comari) e lo facevano salire sopra, alla stanza. Ripugnava, dicendo che<br />

era cosa da donne dare assistenza in quel punto, ma lo inducevano<br />

fino a portare la mano sul corpo. Non era disceso in fondo alla scala<br />

che la creatura veniva alla luce, trionfalmente. Guarì la pregnante<br />

Olimpia Orsini nei Cesi, madre di Federico il Linceo, dandole a<br />

mangiare pane casareccio e prosciutto. Levò le doglie del corpo a<br />

Costanza Cotta, moglie del giudice criminale Bernardino, che ebbe<br />

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un gran numero di figli (per vent'anni egli ne praticò la casa presso<br />

a S. Andrea in Onda, nella parrocchia di S. Caterina della Rota).<br />

La donna diceva al marito: « lo, fratello mio, me ne vado. Habbi<br />

pazienza, porta questo 'peso tu; te siano raccomandati questi figliuoli ».<br />

Ma fra Felice ricompariva tutto allegro, dopo la nottata critica, gridando<br />

« vittoria, vittoria! », e annunziava che Dio non voleva lasciasse<br />

« queste pecorelle». Risanò, una madonna Giovanna che credeva<br />

essere spiritata, alle Botteghe Oscure; una madonna Lucrezia che pativa<br />

di stomaco e di testa, « vicino a Marforio», umili pedine. Ma praticava<br />

con uguale semplicità eccellentissime dame, sofferenti. Una festa, « sino<br />

a'lle mura si rallegravano», quando andava in casa di Vittoria de'<br />

Massimi, perché travagli e mali si dileguavano. Levò dal letto Costanza<br />

Crescenzi Del Drago, con il darle a bere vino che portava nella «tasca»,<br />

e liberò da una postema in gola Clelia Cesarini, una Farnese. « Di<br />

gratia, fra Felice, pregate Dio per me», lo supplicò la dama, protocollarmente.<br />

« Dio sia qudlo che ti salvi», rispose il figlio di san<br />

Francesco, con la semplice seconda persona dell'uso antico <strong>romano</strong>.<br />

Ma addirittura alla nuova maniera spagnola, con la terza persona, le<br />

parlò quando ebbe a confortarla per la morte indeprecabile del marito:<br />

« Signora, bisogna che Vostra Signoria si metta l'animo in pace».<br />

Alla pari discorsero Lucrezia Mattei, una Capranica, e il cercatore<br />

sa:lito al palazzo. « Entra dentro et tocca un poco Mutio», lo sollecitò<br />

la dama, rimanendo fuori della stanza. « Non ti dubitare, non ti tribulare,<br />

ché non sarà niente» la rianimò egli, all'uscirne. Ma il tocco,<br />

ancora, più delicato è di sapore natalizio: « quando trovava questi<br />

putti piccoli, se gli faceva dare e gli abbracciava». Ne risuscitò addirittura<br />

uno, soffocato dalla madre, che se l'era messo a dormire a lato.<br />

Lo segnò, e la creatura aperse gli occhi e cominciò a ridere in braccio<br />

al frate, che ,lo rese alla madre, dicendo di dargli la « zinna ».<br />

Mescolato alla vita delle diverse classi, nella Roma cinquecentesca,<br />

il semplice e schietto fra Felice esercitò anche, per forza del naturale<br />

contrasto, l'ufficio di ammaestratore e di riprensore. Certi suoi rozzi e<br />

candidi versetti, piuttosto parole rimate o con assonanze, hanno il<br />

chiaro fine di istruire e di eccitare alla pietà. Invitava: « Hor su, signora,<br />

ti voglio imparare una bella canzone », e ne insegnò a dame dei Mas-<br />

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