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l'archivio fotografico - FedOA

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egli tenda a riconoscere dei modelli positivi di riferimento quasi<br />

esclusivamente nell’architettura del passato. Del contemporaneo vero e<br />

proprio riprende ben poco, e certamente più che le architetture, richiamano<br />

la sua attenzione i materiali, gli aspetti strutturali, gli elementi tecnologici,<br />

nonché il carattere seriale della produzione; quasi come un moderno<br />

Palladio che nei Quattro libri a corredo del testo richiama oltre alle opere<br />

antiche, le sue e nessun’altra, Pagano riprende soltanto alcune delle sue<br />

architetture, il cantiere della Bocconi, il Palazzo della Moda e il Palazzo<br />

Gualino a Torino. Non c’è alcuno scatto dedicato ad opere, anche<br />

importanti, realizzate in Italia in quegli stessi anni: non ci sono immagini<br />

della città universitaria di Roma, o della Mostra d’Oltremare di Napoli<br />

conclusa nel 1940 – quindi nel pieno degli anni più prolifici dell’attività<br />

fotografica di Pagano – nessuna foto documenta inoltre la stazione di<br />

Firenze il cui progetto aveva richiamato così tanto l’attenzione<br />

dell’architetto 138 . Troppe le assenze, le lacune, per poter ritenere che esse<br />

siano state davvero delle dimenticanze casuali, piuttosto che<br />

intenzionalmente volute dall’artista.<br />

Quella di Pagano è una figura profondamente controversa; la sua posizione<br />

nei confronti dell’architettura contemporanea, ancora più complessa.<br />

Leggere tutti i suoi articoli pubblicati negli anni, significa entrare in un<br />

labirinto di idee e di posizioni conflittuali che lo porteranno spesso a<br />

schierarsi a favore e nello stesso tempo contro l’architettura<br />

contemporanea. Il suo si dimostrerà più che altro, negli anni, un ruolo super<br />

partes in qualità di critico e osservatore del nuovo. Riguardo, ad esempio,<br />

138 Pagano scriverà un articolo appassionato in difesa del progetto vincitore del concorso per la nuova<br />

stazione di Firenze da parte del Gruppo toscano degli architetti Giovanni Michelucci, Nello Baroni, Pier<br />

Niccolò Berardi, Italo Gamberoni, Sarre Guarnieri e Leonardo Lusanna. Scrive l’istriano: «Questa volta<br />

gli Accademici italiani hanno, con la loro votazione, sanzionata una preferenza inequivocabile per un<br />

progetto che rappresenta un indirizzo di avanguardia: posizione di coraggio e di responsabilità che gli<br />

architetti moderni da tempo attendevano e che hanno salutato con soddisfazione». G. Pagano, La nuova<br />

stazione di Firenze, «Casabella», n. 63, marzo 1933.<br />

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