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l'archivio fotografico - FedOA

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In relazione alla tecnica di riproduzione fotografica sperimentata da<br />

Pagano, è interessante notare che, sul retro di alcuni dei provini<br />

appartenenti al secondo gruppo di volumi numerati dell’archivio, sono<br />

riportati dei timbri in cui viene manifestamente indicata la paternità della<br />

produzione: «Foto Pagano. Viale Beatrice d’Este, 7. Milano». Risulta<br />

chiaro che l’architetto fosse del tutto autonomo nello sviluppo dei negativi.<br />

D’altronde dallo studio dell’archivio si arguisce chiaramente la perizia e la<br />

cultura fotografica di Pagano che organizza la catalogazione nonché la<br />

conservazione delle riproduzioni fotografiche in maniera decisamente<br />

competente.<br />

Quasi in posizione antitetica rispetto ai modelli ottocenteschi, la tecnica<br />

fotografica dell’architetto risulta di certo più vicina e in qualche modo<br />

influenzata dall’idea rinnovata di produzione fotografica figlia delle<br />

avanguardie artistiche e perché no anche di marca fascista 84 , volta alla<br />

scoperta di una visione inedita della realtà e del territorio.<br />

Scrive Zannier: «Emblematico è l’uso della Rolleiflex che fa Giuseppe<br />

Pagano, che negli anni Trenta si dedica a fotografare soprattutto<br />

l’architettura rurale, secondo schemi arditi, insoliti specialmente nella<br />

fotografia professionale: orizzonte in diagonale, secondo scorci fortemente<br />

anamorfici, e poi dettagli di materiali, di elementi della tipologia<br />

architettonica» 85 .<br />

La ricerca fotografica di Pagano assume tuttavia una connotazione ancora<br />

più inedita, distaccandosi in questo anche dagli studi condotti in<br />

contemporanea dalla cultura fotografica d’avanguardia; per l’architetto<br />

84 Forse il primo vero passo avanti verso un’immagine nuova dell’Italia sarà raggiunto concretamente,<br />

proprio grazie al nuovo impulso della fotografia del regime, che, pur nella grettezza delle sue rigide<br />

regole di produzione sarà comunque la prima istituzione a spingere verso una vera cultura fotografica. In<br />

particolare, in occasione della Mostra della Rivoluzione Fascista, nel 1932, ampio spazio verrà dato<br />

proprio alla fotografia in tutte le sue forme e manifestazioni. Cfr. Mostra della rivoluzione fascista. Guida<br />

storica a cura di Dino Alfieri e Luigi Freddi, 1° decennale della marcia su Roma, Officine dell’Istituto<br />

Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo 1933.<br />

85 I. Zannier, Architettura e fotografia, Latreza, Roma-Bari 1991, p. 113.<br />

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