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l'archivio fotografico - FedOA

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quell’indirizzo che, nel secondo dopoguerra, avrebbe sottoscritto le<br />

‘campagne’ politiche dell’Italia post-fascista.<br />

L’ultimo punto toccato da Pagano, relativo al problema dell’intervento sul<br />

patrimonio architettonico danneggiato dalla guerra, risulta il più delicato e<br />

quindi trattato dall’architetto con estrema attenzione rivolta agli aspetti<br />

economici uniti a quelli di natura puramente estetica, intendendo i beni<br />

pubblici nel loro valore etico e morale.<br />

L’attacco è violentemente sferrato contro quegli architetti che come «il<br />

lupo di Cappuccetto Rosso» 417 , in una circostanza tanto tragica, miravano<br />

esclusivamente all’accaparramento di succulenti appalti pubblici,<br />

mascherando dietro ipocriti slanci mistificanti amor di patria, un intento<br />

piuttosto speculativo, lontano da qualsivoglia forma di etica o morale.<br />

Riguardo ad aspetti di natura puramente estetica, Pagano recupera il<br />

concetto ruskiniano di restauro 418 , secondo il quale si doveva assumere nei<br />

confronti dell’oggetto architettonico danneggiato, un atteggiamento<br />

conservativo ma poco invasivo in termini di restauro 419 . Bisognava<br />

essenzialmente appurare fino a che punto fosse il caso di intervenire nel<br />

momento in cui il valore artistico dell’opera fosse inevitabilmente<br />

compromesso. Secondo Pagano infatti «per ragioni d’arte» era giusto<br />

preferir lasciare mutilato un rudere, purché «saturo ancora di genuini<br />

suggerimenti quando una cauta mano pietosa lo abbia curato nelle sue<br />

piaghe più gravi riducendolo a simbolo puro di ‘memoria’, a segno assoluto<br />

417 Ivi.<br />

418 Pagano si dimostrerà in diverse occasioni, un grande estimatore delle teorie e degli studi del critico<br />

anglosassone John Ruskin. Nel suo lavoro sull’Architettura rurale in Italia, l’istriano prenderà spesso<br />

come termine di paragone e spunto di ricerca la lezione del maestro inglese. Cfr. Capitolo I di questo<br />

volume.<br />

419 Cfr. J. Ruskin, The seven lamps of architecture, il volume è stato più volte ripubblicato dopo la prima<br />

edizione, una delle prime stampe londinesi quella dell’editore Smith Elder and C., risale al 1855.<br />

L’edizione italiana è pubblicata a cura e con la presentazione di R. De Stefano, dalla Jaca Book, Milano<br />

1982.<br />

180

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