l'archivio fotografico - FedOA
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Gran parte dell’archivio, come abbiamo visto, è dedicato alla catalogazione<br />
di architetture del passato, eppure il metodo di ripresa da parte<br />
dell’architetto si dimostra senza dubbio eccezionale; egli non si limita<br />
infatti alla descrizione dell’oggetto, quanto all’attenta interpretazione dello<br />
stesso, riletto e non rilevato, come facevano i vari Alinari e Brogi, secondo<br />
quella pratica ritenuta desueta e per certi versi sterile dall’istriano 335 .<br />
Le fotografie assumono così il valore di un materiale informativo<br />
importantissimo; la catalogazione di questa produzione soprattutto ai fini<br />
dello studio degli esempi canonici del passato riletti con uno ‘sguardo’<br />
moderno, diviene una vera rivoluzione per i giovani architetti che<br />
cominciano a concepire un modo nuovo di utilizzare e leggere le fotografie<br />
come matrice progettuale e punto di partenza per l’elaborazione del<br />
prodotto architettonico: «affiora cioè l’ipotesi che la fotografia possa<br />
addirittura entrare, come fonte ispiratrice, nella fase progettuale<br />
dell’architettura» 336 . L’esempio di Pagano può essere considerato<br />
indubbiamente un ‘caso’ inedito sotto questo punto di vista e il banco di<br />
prova e sperimentazione di una nuova ‘filosofia’ dell’immagine in<br />
architettura. La fotografia comincia ad intervenire come strumento utile<br />
non solo alla conoscenza dell’oggetto una volta costruito, ma rendendosi<br />
indispensabile già nell’a-priori progettuale, come mezzo di studio e ricerca<br />
e quindi come matrice ideativa e creativa. Innegabile in questo senso il<br />
contributo dell’esempio della scuola tedesca del Bauhaus 337 .<br />
335<br />
«Triste destino, questo dei rilievi, quasi come quello della morfina. Nati da un senso di amore e di<br />
rispetto verso gli sforzi del mondo antico, rischiano di accecare nell’idolatria chi per essi si affanna». Con<br />
questa frase, Pagano non faceva un riferimento esplicito al rilievo <strong>fotografico</strong>, ma il concetto di fondo<br />
restava lo stesso, ovvero un evidente scetticismo nei confronti della ‘copiatura’ di opere del passato,<br />
indipendentemente dalla tecnica grafica utilizzata per metterla a punto. G. Pagano, L’insegnamento degli<br />
antichi, cit.<br />
336<br />
M. Miraglia, Forme, in C. de Seta (a cura di), Giuseppe Pagano fotografo, Electa, Milano 1979, p.<br />
136.<br />
337<br />
«La lezione del Bauhaus fu soprattutto l’indicazione o la rivoluzione di un metodo, che attraverso<br />
l’uso del fotogramma, smaschera, in maniera drastica e definitiva, la pretesa di una fotografia come<br />
registrazione del reale, ponendo consapevolmente i presupposti critici verso una più puntuale definizione<br />
di fotografia come linguaggio e, quindi, come espressione». Ivi, p. 153.<br />
154