l'archivio fotografico - FedOA
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della possibilità di capovolgere a proprio favore anche le dichiarazioni e le<br />
attività degli intellettuali sostenitori dell’antifascismo più intransigente 301 .<br />
Tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, in effetti, non si registra un<br />
vero e proprio ‘cinema fascista’, piuttosto si può parlare della nascita di una<br />
serie di tipologie filmiche che si identificheranno con le ideologie della<br />
destra più estrema. «Il primo volto del fascismo che il cinema trasmette,<br />
assumendolo immediatamente come modello della rinascita, è quello<br />
dell’ideologia ruralista» 302 : ancora una volta il tema dell’universo rurale<br />
sale alla ribalta richiamando su di sé l’attenzione dei cineasti dopo quello<br />
degli scrittori, dei poeti, ma prima di quello degli architetti.<br />
Numerosi saranno i film che si iscriveranno in questo stesso filone come<br />
Sole (1929) e Terra madre (1931) di Blasetti, nei quali verrà trattato<br />
diffusamente il tema del culto del mondo contadino e dei problemi ad esso<br />
connessi. Interessante notare come le date di questi film precedano di poco<br />
la pubblicazione del volume sull’architettura rurale di Pagano: è ovvio che<br />
il lavoro dell’istriano si inserisca nell’ambito di una tematica comune che<br />
ovviamente sul grande schermo raggiungerà un canale di mediazione con il<br />
pubblico di certo più rapido e diretto. La cultura diffusa in titoli come Toni<br />
di Renoir o Quattro passi tra le nuvole di Alessandro Blasetti, oppure<br />
attraverso testate come il «Selvaggio», organo ufficiale della corrente<br />
‘Strapaese’ 303 , favoriscono un ulteriore sviluppo di queste tematiche legate<br />
301 Cfr. Ivi.<br />
302 Ivi, p. 125.<br />
303 «Il “Selvaggio”, periodico fondato e diretto da Mino Maccari con la collaborazione di Leo Longanesi,<br />
sosteneva le posizioni più retrive e astiose della cultura italiana in nome delle tradizioni, individuate<br />
nell’ambiente e nelle convenzioni rurali, che coincidevano di fatto con gli aspetti più conservatori,<br />
aggressivi e volgari dell’elemento agrario del fascismo di provincia. […] La corrente Strapaese si trovò<br />
spesso a fiancheggiare, pur senza un fine comune, la posizione ufficiale del monumentalismo<br />
accademico fascista, anche se in realtà era una forma vaga e marginale di fronda antifascista». L. Patetta,<br />
L’architettura in Italia …, cit., p. 42.<br />
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