l'archivio fotografico - FedOA
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vessata dalle imposizioni fasciste. In fondo lo spettacolo viene utilizzato<br />
per fini politici un po’ come tante altre forme di svago collettivo proposte o<br />
meglio imposte dal regime per il tempo libero dei cittadini; le stesse attività<br />
ginniche venivano ‘consigliate’ vivamente dalla dittatura, tanto che in<br />
questi anni sorgeranno numerose le colonie balilla anche per i giovanissimi,<br />
documentate spesso negli scatti di Pagano.<br />
Scrive Giuseppe Bottai, ministro dell’educazione, nel 1931: «Io vado<br />
raramente al cinema, ma ho sempre constatato che il pubblico<br />
invariabilmente si annoia quando il cinematografo lo vuole educare. Il<br />
pubblico vuole essere divertito ed è precisamente su questo terreno che noi<br />
oggi vogliamo aiutare l’industria italiana» 299 . Sebbene Bottai puntualizzi la<br />
non necessità di un intento educativo del cinema, in realtà quello stesso<br />
pubblico verrà comunque inconsapevolmente e silenziosamente educato a<br />
non pensare, a non riflettere sulla realtà contingente.<br />
Gioco calcolato quindi, e astuta manovra politica questa, che ‘usa’ anche il<br />
Cinema come strumento di propaganda e quiete pubblica. A questo si<br />
aggiunga che «Il regime vuole attribuire al cinema una funzione separata,<br />
non di strumento diretto di trasmissione dei suoi modelli. […] Mentre la<br />
radio, la stampa, i cinegiornali agiscono come strumenti diretti di<br />
trasmissione delle regole che il fascismo introduce nella vita sociale, il<br />
cinema risulta essere un mediatore parziale e al tempo stesso un terreno<br />
privilegiato attraverso cui tentare ad esempio di ricucire le fratture<br />
generazionali e di classe dimostrando sempre più la continuità storica<br />
rispetto al passato». 300 Il duce si dimostrerà d’altronde sempre convinto<br />
299 G. Bottai, Dichiarazione a favore della legge, in «Lo spettacolo italiano», a. II, n. 7, luglio-agosto<br />
1931, ora in G.P. Brunetta, cit., p. 37.<br />
300 G. P. Brunetta, cit., p. 124.<br />
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