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l'archivio fotografico - FedOA

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e paesaggistiche italiane, il Luce perpetua, almeno nelle intenzioni, la<br />

tradizione catalografica nata con l’unificazione del paese» 239 .<br />

Ma l’attenzione nei confronti dei media, da parte del fascismo si<br />

dimostrerà, ovviamente strumentale.<br />

Mussolini in primo luogo, punterà moltissimo all’immagine nei suoi anni di<br />

governo 240 , imponendo però delle regole precise nell’ambito della stessa<br />

disciplina fotografica, per cui il clima culturale risulterà tanto pesante da<br />

non permettere lo sviluppo di alcuna espressione artistica libera da tale<br />

asservimento. L’unica voce capace di una reale rottura con il dictat politico<br />

sarà quella di Luigi Veronesi 241 il primo in Italia a lasciarsi avvincere dalle<br />

nuove ricerche internazionali sulla scia di Man Ray, del Bauhaus e<br />

Moholy-Nagy, di Ranger-Patszch e di El Lissitskij. La sperimentazione di<br />

Veronesi troverà espressione degna anche nella filmografia, con la sua<br />

attività di cineasta e scenografo 242 .<br />

Di certo differente la linea seguita da Pagano che come Veronesi però,<br />

accoglierà la spinta stimolante proveniente dalle voci al di fuori dei confini<br />

italiani, e come l’artista milanese opererà queste ‘sperimentazioni’ in un<br />

momento tanto delicato come quello dell’Italia fascista; di certo i contatti<br />

tra questi due protagonisti della cultura del Novecento saranno continui e<br />

Veronesi collabora in diverse occasioni con la rivista «Casabella» per cui<br />

non possiamo escludere una certa incidenza del lavoro del poliedrico artista<br />

239 Ivi.<br />

240 Lo stesso Mussolini opererà negli anni una propaganda dal sapore assolutamente moderno,<br />

proponendo una diffusione della sua immagine quasi ossessiva. Le fotografie divulgate negli anni del<br />

regime, vedranno il duce ritratto in mille momenti di vita, durante le adunate, nel silenzio del suo studio,<br />

sulle piste da sci, insomma un vero e proprio bombardamento iconografico che sembra ricordare<br />

vagamente una certa abitudine politica degli ultimi anni. Tra l’altro, come acutamente sottolineano<br />

Criscenti e D’Autilia, «la sua iconografia ha un’evoluzione nel tempo, passando da un’atmosfera<br />

borghese e paterna a quella cesarea e aggressiva della metà degli anni Trenta». L. Criscenti, G. D’Autilia<br />

(a cura di), cit. p. 75.<br />

241 Un profilo accurato della figura di Luigi Veronesi lo troviamo nel volume della Madesani. A.<br />

Madesani, cit., pp. 88-89. Si rimanda anche alla scheda di R. Valtorta in Pagine di fotografia italiana<br />

1900-1998, Charta, Milano 1998, p. 58.<br />

242 Cfr. G.P. Brunetta, Un’esperienza di cinema d’avanguardia: Luigi Veronesi, in Storia del cinema<br />

italiano. Il cinema del regime 1929-1945, II riedizione, Editori Riuniti, Roma 2001, pp. 278-280.<br />

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