l'archivio fotografico - FedOA
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taglio’ – come sottolinea acutamente Edoardo Persico – decisamente<br />
metafisico 227 . Gli scatti nei quali riconosciamo una certa affinità con alcuni<br />
dei prodotti di Pagano, sono quelli dedicati ai personaggi più umili della<br />
Parigi di fine secolo, come lo scatto del Cenciaiolo, che rivela nella sua<br />
straordinarietà la dignità del lavoro, tema sappiamo molto caro all’istriano,<br />
ma sono soprattutto le fotografie di Atget e quelle di Pagano dedicate alle<br />
vetrine e ai manichini che ci permettono di collegare l’opera dei due<br />
fotografi 228 .<br />
É evidente che, al passaggio definitivo dalla fotografia ottocentesca a<br />
quella moderna si perviene essenzialmente grazie alla nascita delle<br />
macchine fotografiche di piccolo formato e all’invenzione delle istantanee.<br />
La rivoluzione degli apparecchi di piccolo formato è indiscutibile; essi<br />
apriranno la strada a nuove possibilità estetiche. L’innovazione deriva<br />
innanzitutto dalla possibilità di maneggiare lo strumento <strong>fotografico</strong> con<br />
estrema facilità, tanto da permettere al fotografo di catturare vedute insolite<br />
e di cogliere particolari della vita nel suo continuo fluire. Se Pagano non ne<br />
avesse avuta una a disposizione probabilmente non avrebbe mai potuto<br />
fermare alcuni degli attimi più suggestivi e di inaspettata bellezza che<br />
arricchiscono il suo archivio, foto come quelle realizzate a Corfù durante la<br />
guerra, ad esempio, non sarebbero forse state possibili senza uno strumento<br />
portatile. Ed è grazie a questi stessi apparecchi se abbiamo la possibilità di<br />
227 E. Persico, Camille Recht: Atget, in «La Casa Bella», n. 38, febbraio 1931; ora in I. Zannier, P.<br />
Costantini, Cultura fotografica in Italia. Antologia di testi sulla fotografia 1839-1949, Franco Angeli,<br />
Milano 1985.<br />
228 Anche in ambito internazionale risultano numerose le emulazioni e sperimentazioni analoghe. In<br />
Germania il soggetto statico del manichino diviene un vero e proprio ‘oggetto dei desideri’ per i fotografi.<br />
Interessante il caso di Heinrich Zille, che fotografa in una strada di Berlino dei manichini disposti in fila<br />
per esporre delle pellicce; la fotografia risale al 1910 ca. «C’è una curiosa somiglianza fra le immagini di<br />
Parigi prese da Atget e quelle di Berlino prese dal suo contemporaneo Heinrich Zille. Ambedue scelsero<br />
gli stessi soggetti: strade, vetrine di negozi, venditori ambulanti, mercati all’aperto, nei quartieri più<br />
poveri della città. Le fotografie di Zille, con la loro viva sensibilità per l’ambiente urbano e con la loro<br />
simpatia per la classe lavoratrice, sono frammenti di vita». Cfr. B. Newhall, cit., p. 271.<br />
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