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Movimento Terra settembre 2009 - General Smontaggi

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Dal cantiere<br />

L’abbattimento<br />

dell’ex pastificio Molino<br />

del Ponte di Perugia<br />

si aggiunge al carnet<br />

dei grandi progetti portati<br />

a termine dall’impresa<br />

piemontese negli ultimi<br />

anni. Tra frantumazione<br />

meccanica ed esplosione<br />

controllata, vincono l’alta<br />

tecnologia e la capacità<br />

di programmazione<br />

■ di Alberto Finotto<br />

<strong>General</strong> <strong>Smontaggi</strong><br />

Cadere per risorgere<br />

L’opera è di quelle memorabili<br />

e di certo lascia un segno<br />

importante nella vicenda<br />

più attuale di <strong>General</strong><br />

<strong>Smontaggi</strong>, uno dei maggiori<br />

protagonisti del comparto<br />

demolizione in Italia e in<br />

Europa. In questo caso, come in altri<br />

che riguardano il settore, è sempre<br />

curioso il fatto che si parli di una demolizione<br />

definita come “opera”, un<br />

valore specifico che resterà nella memoria<br />

storica collettiva. D’altra parte,<br />

i progetti messi in campo dall’impresa<br />

piemontese nel corso degli anni<br />

rappresentano ormai un patrimonio<br />

pregiato per la tecnologia che riguarda<br />

l’intero settore.<br />

Questo preambolo ci serve per presentare<br />

un evento notevole che riguarda<br />

l’abbattimento della storica<br />

struttura industriale del pastificio<br />

Molino del Ponte di Perugia, risalente<br />

agli anni Cinquanta. L’impresa<br />

rientra nel novero dei cantieri da ricordare<br />

come progetti esemplari, la<br />

cui documentazione preliminare e<br />

consuntiva è in grado di fornire sempre<br />

utili indicazioni di ricerca e sviluppo<br />

per nuove soluzioni operative.<br />

Un insediamento storico<br />

La zona industriale di Ponte San<br />

Giovanni si sviluppò intorno al molino/pastificio<br />

situato sulla sponda<br />

destra del Tevere, nel quartiere<br />

S E T T E M B R E 2 0 0 9<br />

M T<br />

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■ La squadra impegnata sul campo, guidata da Giuseppe Gennaro, responsabile<br />

bonifiche <strong>General</strong> <strong>Smontaggi</strong>, Maurizio Massaia, amministratore delegato<br />

<strong>General</strong> <strong>Smontaggi</strong>, dall'architetto Stefano Chiavalon che ha progettato l’intervento<br />

e da Danilo Caselli, responsabile del cantiere<br />

M T S E T T E M B R E 2 0 0 9<br />

Pontevecchio. A partire dai primi anni<br />

del Novecento, il pastificio Ponte ha<br />

ampliato la sua notorietà a livello nazionale.<br />

A seguito di un disastroso incendio<br />

nel 1990 che ne compromise<br />

la struttura - provocando una crisi<br />

decisiva all’azienda - la produzione<br />

del pastificio fu dismessa definitivamente.<br />

La demolizione odierna del<br />

pastificio Molino del Ponte di Perugia<br />

rientra in un piano generale di riqualificazione<br />

che riguarda la zona di<br />

Ponte San Giovanni. Alla piena disponibilità<br />

dell’area, conseguita con<br />

l’abbattimento degli edifici esistenti,<br />

seguiranno i programmi attuativi di<br />

recupero urbano secondo il progetto<br />

concepito dallo Studio Signorini, uno<br />

dei più prestigiosi e rinomati della<br />

città. La soluzione urbanistica prevede<br />

la trasformazione dell’area dove<br />

sorgeva la fabbrica in “parco fluviale”<br />

attrezzato per quasi 19.000 m 2 e<br />

in una nuova zona residenziale -<br />

comprensiva di parcheggi e strutture<br />

commerciali - per 21.725 m 2.<br />

Gli edifici saranno realizzati in classe<br />

“A” certificata, utilizzando materiali<br />

a basso impatto ambientale e impiegando<br />

fonti energetiche alternative.<br />

Verranno mantenuti come monumenti<br />

di archeologia industriale i<br />

due molini conservati dalla demolizione:<br />

saranno destinati ad attività<br />

socio-culturali, sportive e ricreative legate<br />

alla fruizione del parco pubblico<br />

e della zona adiacente del Tevere.<br />

Gli interventi preliminari<br />

Danilo Caselli, responsabile del cantiere<br />

e Giuseppe Gennaro, responsabile<br />

bonifiche, ci spiegano il quadro generale<br />

dell’intervento attuato da <strong>General</strong><br />

<strong>Smontaggi</strong>. La prima fase della demolizione<br />

è stata attuata con la tecnica<br />

della frantumazione meccanica.<br />

In un secondo tempo si è ricorsi, invece,<br />

all’impiego dell’esplosivo.<br />

Il fabbricato complessivo di Molino<br />

del Ponte era costituito da due edifici<br />

contigui: un avancorpo costituito dai<br />

silos per il grano e il corpo principale<br />

comprensivo di altri silos. L’avancorpo<br />

era adibito al carico/scarico e alla sala<br />

elevatori dei silos; le dimensioni in


dal cantiere


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pianta erano di 6,55x15,4 m e il<br />

complesso si ergeva a un’altezza<br />

comprensiva del piano interrato di<br />

55,5 m (10 piani fuori terra).<br />

L’impianto presentava, come elementi<br />

portanti, pilastri e setti in cemento<br />

M T S E T T E M B R E 2 0 0 9<br />

armato, setto ascensore in muratura<br />

e solai misti in blocchi di cemento e<br />

soletta piena. Il corpo contiguo all’avancorpo<br />

era formato, invece, da 34<br />

silos principali e da 24 di dimensioni<br />

ridotte, tutti dell’altezza di 30 m.<br />

In pianta, il fabbricato presentava dimensioni<br />

di 33,7x15,4 m, a un’altezza<br />

comprensiva del piano interrato di<br />

46,2 m. Il peso totale stimato del manufatto<br />

era di circa 2.015 t. Il peso<br />

totale del corpo silos e dell’avancor-<br />

■ Il Fly Demolition System progettato da <strong>General</strong> <strong>Smontaggi</strong> per la demolizione meccanica degli edifici. Il sistema consiste<br />

in una centralina collocata all’interno di un parallelepipedo - sospesa e sorretta da un’autogrù - alla quale viene applicata<br />

una pinza direzionata da due eliche<br />

■ Lo schema di demolizione controllata con microcariche applicata nella fase finale dell’abbattimento del Molino del Ponte


po arrivava alle 10.000 t. La demolizione<br />

controllata con taglio meccanico<br />

ha visto in azione un escavatore<br />

Caterpillar 365 Demo lition da 90 t,<br />

equipaggiato con braccio da 33 m e<br />

pinza idraulica da demolizione. Ma la<br />

tecnica principe da menzionare, per<br />

questo primo ciclo operativo, è quella<br />

del Fly Demolition System.<br />

Il sistema consiste in un’attrezzatura<br />

aerea speciale, progettata da <strong>General</strong><br />

<strong>Smontaggi</strong> alla fine degli anni Ottanta<br />

e perfezionata in tempi successivi, intervento<br />

dopo intervento: consiste in<br />

una centralina collocata all’interno di<br />

un parallelepipedo (sospesa e sorretta<br />

da un’autogrù) a cui viene applicata<br />

una pinza direzionata da due eliche.<br />

L’operatore può così regolare la posizione<br />

della pinza sospesa con estrema<br />

precisione in rapporto alla struttura da<br />

demolire.<br />

Il Fly Demolition System è comandato<br />

tramite un radiocomando che, in questo<br />

caso, ha gestito la movimentazione<br />

di un’autogrù da 400 t in grado di raggiungere<br />

i 60 m di altezza operativa.<br />

Il “capolavoro” finale<br />

La fase di preparazione alla detonazione<br />

è consistita nell’introduzione<br />

delle cariche all’interno delle prime<br />

tre file di pilastri del piano terreno e<br />

del seminterrato, in modo da innescare<br />

il cinematismo di crollo. Sono<br />

state invece conservate intatte le parti<br />

di struttura opposte alla direzione<br />

di caduta, ossia i pilastri e il setto in<br />

cemento armato della quinta fila di<br />

pilastri, in modo da mantenere un<br />

punto di collegamento col terreno<br />

durante i primi istanti di caduta. In tal<br />

modo si è generata una cerniera plastica<br />

che ha consentito l’avvio di un<br />

cinematismo di ribaltamento controllato.<br />

Il momento della demolizione<br />

esplosiva è avvenuto la mattina del 4<br />

luglio scorso, alle 8,00: dopo uno<br />

squillo di sirena, in meno di sette secondi<br />

l’operazione si è compiuta con<br />

successo, sotto gli occhi di migliaia di<br />

perugini intervenuti per rendere l’ultimo<br />

saluto alla storica sede industriale.<br />

Per l’abbattimento della struttura i<br />

tecnici <strong>General</strong> <strong>Smontaggi</strong> hanno mi-<br />

nato ben 42 pilastri. Sono stati praticati<br />

500 fori profondi oltre 50 cm<br />

che sono stati poi riempiti 125 kg di<br />

esplosivo gelatinoso, innescato da<br />

600 detonatori con 800 m di miccia<br />

detonante. “Il ribaltamento è avvenuto<br />

secondo gli studi dinamici che<br />

abbiamo simulato virtualmente e non<br />

poteva riuscire meglio”, ha dichiarato<br />

soddisfatto, al termine dell’operazione,<br />

Stefano Chiavalon, progettista dell’intervento.<br />

Gli fa eco Giovanni Conte,<br />

fondatore e <strong>General</strong> Manager di<br />

<strong>General</strong> <strong>Smontaggi</strong>: “C’è sempre<br />

grande tensione ed emozione prima di<br />

ogni intervento, ma i nostri uomini<br />

hanno dimostrato ancora una volta<br />

tutta la loro professionalità di ‘creatori<br />

di spazi’. Una dote fondamentale che<br />

presuppone requisiti di infallibilità operativa<br />

per interventi sempre ad alto rischio”.<br />

Per ridurre al minimo l’impatto<br />

è stato ricavato un letto di detriti in<br />

modo da attutire la caduta del gigante<br />

di cemento armato. All’opera, fin dalle<br />

prime ore dell’alba, anche i “fog cannon”<br />

che hanno incessantemente inumidito<br />

l’area circostante per abbattere<br />

la polvere inevitabile generata dal crollo.<br />

Infine, sono stati impiegati dei sismografi<br />

per monitorare la propagazione<br />

delle vibrazioni al suolo e altre protezioni<br />

sono state create tramite un<br />

ponteggio con schermatura metallicolignea<br />

in prossimità delle case più esposte<br />

(le prime abitazioni si trovavano a<br />

dal cantiere<br />

■ L’ultima fase spettacolare della demolizione controllata, con l’impiego di<br />

esplosivo<br />

soli 19 m dall’area dell’intervento).<br />

La fase di detonazione è consistita nell’esplosione<br />

controllata delle cariche,<br />

distanziate temporalmente da micro-ritardi<br />

che comportavano una progressiva<br />

frantumazione dei pilastri in ordine<br />

cronologico dalla fila 1 alla fila 3.<br />

Poiché nell’istante successivo alla detonazione<br />

i pilastri della fila 4 dovevano<br />

sopportare l’intero peso della struttura,<br />

questi ultimi sono stati rinforzati mediante<br />

una fasciatura con resine, prima<br />

della demolizione. “Il concetto della<br />

demolizione con microcariche esplosive<br />

consiste nell'asportazione di un settore<br />

alla base della struttura tramite la<br />

frantumazione di una parte dei pilastri<br />

con le stesse cariche. In pratica, esattamente<br />

come si taglia la base di un albero<br />

per farlo cadere in una direzione<br />

specifica, allo stesso modo si indebolisce<br />

con tagli e poi si mina la base della<br />

costruzione dal lato in cui si vuole che<br />

la struttura sia abbattuta”, ha spiegato<br />

ancora Stefano Chiavalon.<br />

Tutti i calcoli e le simulazioni di caduta<br />

vengono studiate da <strong>General</strong> Smon -<br />

taggi nei minimi particolari attraverso<br />

modelli e analisi strutturali che simulano<br />

la dinamica reale, rimodellando la<br />

struttura nello stato di fatto su software<br />

tridimensionali di calcolo e relative<br />

fasi transitorie. La simulazione della caduta,<br />

in questo caso, è stata esplorata<br />

con step temporali nell’ordine del centesimo<br />

di secondo. ^<br />

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