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<strong>Press</strong> <strong>Report</strong> <strong>Europe</strong> <strong>WSF</strong> <strong>2009</strong><br />
capitalismo nazionale e globale che poca incidenza hanno sulle condizioni effettive di lavoro e di vita. Altrimenti non si<br />
spiegherebbe perché in una situazione di crisi e di necessità di iniettare liquidità e aiuti di Stato un governo come quello<br />
italiano sceglie di ammazzare il contratto nazionale con l'effetto indotto di spremere ancora i lavoratori e di ridurre<br />
sensibilmente il loro reddito disponibile. Un non sense sotto tutti i punti di vista ma non in un capitalismo che per salvare<br />
postazioni e rendite deve comprimere il salario.<br />
Poche idee, dunque, e pericolose. Che non lasciano vedere spiragli. A meno che qualcuno non pensi che Obama<br />
indicherà una via d'uscita. Come fa, sul Manifesto di ieri, Rossana Rossanda auspicando, più che aspettandosi, che<br />
Obama rappresenti il volto di un capitalismo migliore di quello di Bush, alludendo a un "compromesso socialdemocratico"<br />
la cui azione di ricompattamento sociale possa fare del bene, sia pure indotto, su un proletariato disperso, confuso e<br />
bastonato. Difficile credere che andrà così e non perché il capitalismo, nei momenti di crisi, non possa introdurre una<br />
"variante di salvaguardia". Il punto è che questa variante equivale a un fattore esogeno dirompente. Dalla crisi del '29 si<br />
uscì veramente solo con la Seconda guerra mondiale e al prezzo di una "distruzione creativa". "L'età dell'oro" è stata<br />
garantita dalla ricostruzione e dalla crescita fordista aiutata proprio dal compromesso socialdemocratico. Dalla crisi<br />
petrolifera del '73 e poi del '79 si è però usciti con una batosta dolorosa inferta al movimento operaio internazionale -<br />
dalla Fiat ai minatori - e poi, ancora alla fine degli anni 80, con la sconfitta del secolo e la dissoluzione delle residue<br />
speranze di trasformazione. Anche l'ampliamento del mercato globale ai paesi dell'ex blocco comunista, ha permesso<br />
alla globalizzazione di prosperare. Oggi è difficile individuare il fattore esterno decisivo: l'economia "verde" sembra<br />
ancora poca cosa e la qualità e la quantità degli interventi statali sono limitate.<br />
L'uscita sarebbe possibile solo con uno "shock" sistemico operato da una forza di alternativa, di dimensioni<br />
internazionali. Un'illlusione, per alcuni, un sogno per altri. A Belèm quella che per alcuni anni è stata definita "la seconda<br />
potenza mondiale" si ritrova nel Forum sociale mondiale. E' unincontro che non può ripetere i fasti di Porto Alegre ma sul<br />
piano del metodo e dei soggetti di riferimento, dimostra che la strada continua a essere quella. Un insieme di forze<br />
eterogenee accomunate da un critica radicale al capitalismo, dall'elaborazione collettiva, all'autonomia dai governi.<br />
Riuscirà a essere il Forum un detonatore, come lo fu al tempo di Porto Alegre? Lo vedremo nel prossimo periodo. Certo<br />
è che, di fronte alla mestizia di Davos, può essere utile ricordare che avevamo ragione quando cominciammo a costruire<br />
quel movimento e che quel lavoro non può essere gettato nel cestino<br />
Benvenuti presidenti, ma non è il vostro forum (Liberazione)<br />
Alfio Nicotra<br />
Belèm<br />
Il nono Forum Sociale Mondiale si aperto nel cuore pulsante della foresta amazzonica. Belem di Parà la "Cidade das<br />
Mangueiras", la città dei manghi, antica fortezza eretta dai portoghesi contro le altre potenze coloniali a difesa del Rio<br />
degli Amazzoni, è oggi il più grande e partecipato laboratorio democratico del pianeta. La babele di lingue, i colori e le<br />
narrazioni degli oltre 100mila delegati venuti da tutti i continenti, dicono che il movimento altermondialista non soffre gli<br />
anni che passano e davanti alla crisi sistemica del capitalismo si candida a proporre per l'umanità soluzioni alternative,<br />
riannodando lotte e rafforzando speranze.<br />
L'enormità di questo processo rischia di essere svilita se lo si guarda con gli occhi deformati di chi, dentro una deriva<br />
politicista, sa solo vedere in questo evento una kermesse di consacrazione dei 5 presidenti di sinistra dell'America<br />
Latina.<br />
Chi si aspetta di contare le truppe tra chi tra Lula, Evo Morales, Fernando Lugo, Rafael<br />
Correa e Hugo Chavez riceverà maggiori applausi e consensi sbaglia analisi e forse un po' appartiene al vecchio mondo<br />
che i delegati qui convenuti vogliono cambiare.<br />
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