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<strong>Press</strong> <strong>Report</strong> <strong>Europe</strong> <strong>WSF</strong> <strong>2009</strong><br />
Il Brasile è uno dei Paesi leader nel finanziamento di questa impresa, che però non consente di conoscere nei dettagli ai<br />
suoi stessi cittadini dell'Amazzonia. Sono in 44 milioni le persone che vivono abitualmente il territorio amazzonico, ed<br />
occupano circa il 27% di tutto il territorio della regione. I 522 popoli interessati dai cantieri dell'IIRSA a tutt'oggi non sanno<br />
che cosa gli potrebbe capitare. Nella peggiore delle ipotesi, quello che negli anni è sempre successo: essere<br />
assolutamente ignorati dai gigani multinazionali delle miniere, del petrolio, degli impianti idroelettrici, delle materie prime<br />
della soia.<br />
Scacciati e schiacciati, come mosche, e oggi ancora a rischio per quei 500 megaprogetti previsti, 69 milioni di dollari di<br />
investimenti, assolutamente senza consultarli. «Il Brasile ha in testa questo sviluppo fatto di ferro e cemento, ma prima<br />
che i trattori entrino nella nostra terra vogliamo essere consultati, e avere il diritto di dire di no, che non ce ne vogliamo<br />
andare da casa nostra», annuisce Nerci. Basta scappare, insieme si può resistere<br />
Davos, la kermesse dei ricchi riuniti al capezzale della crisi (Liberazione)<br />
Salvatore Cannavò<br />
29/01/<strong>2009</strong><br />
Inizia Davos, il vertice dell'economia globale che vede riuniti i "potenti" della terra, dai banchieri ai capi di governi agli<br />
economisti compiacenti ma quest'anno non si fa festa. Al capezzale della crisi globale, infatti, la fulminante e massiccia<br />
propaganda a favore del liberismo a oltranza quest'anno deve fare i conti con le proprie contraddizioni e le proprie<br />
promesse mancate. Il liberismo è ormai rinnegato in ogni angolo del pianeta e soprattutto negli Usa dove la presidenza<br />
Obama sta cercando di rispondere alla crisi a colpi di intervento statale e di iniziative dall'alto - sulla cui qualità ed<br />
efficacia è presto per pronunciarsi. Ma, almeno ai nostri occhi, appare evidente che nessuno ha un'idea efficace per<br />
uscire dall'impasse in cui si trova il mondo intero. Le previsioni negative si rincorrono e si accavallano - ieri la<br />
diminuzione del Pil italiano era stimata a -2% oggi il Fmi la prevede a -2,5, domani non sappiamo. I piani di intervento si<br />
moltiplicano, come se gli Stati potessero ricorrere all'infinito a un debito pubblico che comincia ad annaspare,<br />
specialmente in Italia, dove i rendimenti scendono e i timori di non solvibilità serpeggiano (basti farsi un giro in qualunque<br />
agenzia di credito per rendersi conto dello stato d'animo generale).<br />
Che i piani di stimolo governativi non basteranno da soli a rianimare l'economia mondiale, lo dicono gli stessi "guru"<br />
dell'economia liberale che si ritrovano a Davos. «Stiamo assistendo a un potente riduzione dell'impatto dell'America -<br />
dice Stephen Roach, presidente di Morgan Stanley Asia - ma i piani di stimolo monetario e fiscale non basteranno. I<br />
consumi resteranno asfittici e la disoccupazione salirà». Neppure "il massiccio piano" del presidente Obama riuscirà<br />
quindi da solo a far rimbalzare l'economia di Oltreoceano. Curiosamente la posizione è espressa in nome di una critica<br />
"liberista" al rischio di un eccessivo intervento statale e al ritorno del protezionismo. Heizo Takenaka, direttore del Global<br />
Research Institute, sostiene ad esempio che «va evitato un eccessivo attivismo dello Stato», come gli stessi aiuti<br />
all'industria automobilistica. «Se le big 3 di Detroit» saranno salvate con l'intervento dello Stato, secondo l'economista si<br />
tratterà di una sorta di «bancarotta pilotata». Trevor Manuel, ministro delle Finanze del Sudafrica afferma che «i<br />
pacchetti di stimolo sono una moda», ma finora non è stato fatto abbastanza per affrontare il punto cruciale, cioè come<br />
riequilibrare la crescita tra le varie aree geografiche. Per il turco Ferit Sahenk, presidente del Dogus Group, «è molto<br />
importante il ruolo del G20 e anche del Fmi nel travasare le risorse dai Paesi più ricchi agli emergenti».<br />
Come si vede si tratta di una polifonia scoordinata e confusa che evidenzia appunto la mancanza di idee forti ed efficaci<br />
per uscire dalla crisi. Insomma, dopo il liberismo degli anni d'oro e il capitalismo globalizzato oggi assistiamo a uno stato<br />
confusionale avanzato dal quale possono essere generati mostri e conflitti epocali.<br />
Il limite evidente dei piani di intervento, in realtà, è che non mettono in discussione in nessun modo la struttura del<br />
sistema economico e sociale. Quando va bene sono dei palliativi, un'assistenza caritatevole di cui la "social card" italiana<br />
rappresenta l'aspetto più comico e paradossale. Ma nel peggiore dei casi sono interventi salvifici di interi settori del<br />
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