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<strong>Press</strong> <strong>Report</strong> <strong>Europe</strong> <strong>WSF</strong> <strong>2009</strong><br />
Social Forum» dice Giuseppe De Marzo presidente dell’associazione “aSud”. Ma oggi diventa «Un altro mondo è<br />
necessario». Un mondo che nascerà ancora una volta dai numerosi forum nel Forum e dall’unione di «sindacati,<br />
organizzazioni ambientaliste, grandi associazioni sociali dei lavoratori che incontrano anche l’adesione informale<br />
delle sinistre progressiste del pianeta» spiega Raffaella Bolini dell’Arci. Per questo l’America Latina diventa anche<br />
il «simbolo di quest’unione riuscita come anche quella statunitense che ha accompagnato la fine della politica<br />
fallimentare di Bush, quella che ha visto la ricostruzione sociale e il primo Forum di Atlanta. Dunque,<br />
«l’Amazzonia - dice Bolini - come elemento simbolico e politico fortissimo dell’insostenibilità del modello<br />
economico e sociale attuale, ma anche della lotta dei popoli indigeni che rappresenta la cifra dell’alternativa alla<br />
crisi».<br />
E a parlare dell’alternativa fattiva e possibile attuata dai popoli indigeni interviene uno dei suoi massimi<br />
rappresentanti, Luis Evelis Andrade Casata, presidente del Fondo Indigeno Latinoamericano e portavoce del<br />
movimento indigeno colombiano. Mostra un foglio bianco con un cerchio al centro, Casata: «Ecco dove siamo».<br />
Un circolo vizioso. Ma chi resiste alle multinazionali, allo sviluppo selvaggio ai danni dei popoli che abitano<br />
l’Amazzonia con la non violenza e la parola mostra di non arrendersi. «La sfida è proporre cose concrete. La<br />
difesa dei beni comuni, lotta alla privatizzazione dei beni fondamentali e soprattutto lotta alla criminalizzazione<br />
di ogni idea differente». Gli indigeni non sono più un appendice, dunque, ma «un soggetto politico per la<br />
trasformazione del nostro paese». Luis Evelis Andrade Casata propone il concetto di «buen vivir», quello di stato<br />
plurinazionale secondo Costituzione, che è poi «la base della pace fra popoli» e che «permetterebbe di evitare le<br />
guerre fra popoli di nazionalità diverse cui stiamo assistendo ancora in questi giorni».<br />
A proposito di guerra, al Forum parteciperà anche il movimento «No Dal Molin», che con il suo portavoce Olol<br />
Jackson dice di inserirsi «tra i movimenti contro i conflitti, le disposizioni di guerra, la lotta al riarmo e quella per<br />
la difesa ambientale». Poi c’è la difesa dell’Acqua dalla privatizzazione, quella che a detta di padre Alex Zanotelli<br />
«farà morti per sete» che andranno ad aggiungersi alle persone, 280 milioni, che continuano a morire di fame».<br />
Padre Zanotelli arriva alla conferenza di presentazione del Forum a Roma direttamente da Napoli, «uno dei Sud<br />
del Nord» ironizza, «dove l’immondizia ci sta uccidendo dopo che “Mago Merlino” quest’estate venne con la sua<br />
bacchetta magica a dire che aveva tolto l’immondizia dalle strade. Nessuno dice – spiega il padre – che<br />
Berlusconi è l’unico capo di governo ad aver dato la sua disponibilità alla costruzione, proprio a Napoli della base<br />
Usa per l’Africocom di Bush».<br />
Insomma, spunti per il World Social Forum data la «crisi» e la guerra in atto ce ne sono moltissimi. E per tutti<br />
coloro che volessero seguirlo dall'esterno c’è «Belem expanded» che connette via Internet, tv e radio le<br />
iniziative delle organizzazioni di tutto il mondo che partecipano al FSM. Da Bogotà a Kinshasa, da Malmo alla<br />
Palestina, da Parigi a Falluja la rete mette in piedi 100 iniziative di connessioni oltre a quelle di Belem.<br />
15 gennaio <strong>2009</strong><br />
Oggi a Roma un invasione di kefe per far tacere le armi (Liberazione)<br />
di Checchino Antonini<br />
sabato 17 Gennaio <strong>2009</strong> (13h09) :<br />
Il movimento dei movimenti alle prese con la crisi delle crisi . Al di là della cacofonia, il prossimo social forum mondiale -<br />
a Belem dal 27 gennaio al primo febbraio - ruoterà attorno all’analisi delle cause e degli effetti del "meltdown", alla lettera<br />
la fusione termonucleare, nel gergo giornalistico sta a indicare l’impasto tra il crollo dei mercati finanziari e la recessione<br />
industriale.<br />
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