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<strong>Press</strong> <strong>Report</strong> <strong>Europe</strong> <strong>WSF</strong> <strong>2009</strong><br />
propulsiva ed alle lotte dei movimenti sociali. Il neoliberismo rappresenta la morte, mentre il Fsm la<br />
vita. Noi vogliamo costruire un altro mondo insieme a voi, a partire da un’azione collettiva che metta al<br />
centro la giustizia sociale ed il buen vivir, i diritti della foresta amazzonica ed un nuovo paradigma di<br />
relazione con il nord del mondo, che dovrà riconoscere l’enorme debito ecologico contratto con noi in<br />
questi secoli», ha detto il presidente ecuadoriano. Così come Fernando Lugo ricordava i momenti in<br />
cui negli anni passati partecipava al forum come semplice iscritto, viaggiando in pulman sino a Porto<br />
Alegre o a Caracas. «Siete voi la speranza ed il cambiamento reale. Voi ci avete dato la possibilità di<br />
essere qui e senza le vostre lotte noi non saremmo niente. La nostra anima non avrà pace sino a<br />
quando non avremo giustizia sociale per tutti». Il presidente paraguyano ha poi fatto un affondo al suo<br />
collega brasiliano Lula, chiedendogli apertamente di rivedere gli accordi capestro sullo sfruttamento<br />
delle risorse energetiche del suo paese, visto che un’integrazione vera passa solo per il rispetto<br />
mutuo ed ha poi chiuso ricordando il massacro dei palestinesi a Gaza, appellandosi al diritto<br />
internazionale.<br />
Ma è stato Evo Morales, fresco vincitore del referendum che ha approvato la nuova Costituzione<br />
boliviana che rifonda il paese, a ricevere l’abbraccio simbolico più grande. «Qui ci sono i miei<br />
professori, i movimenti. Io non voglio essere da voi invitato. Io voglio essere convocato perché io<br />
rispondo a voi e mi dovete convocare anche per dirmi gli errori che faccio». Continuando, Morales ha<br />
non solo ricordato le vittorie del suo governo nell’ambito dell’affermazione di nuovi diritti ma ha anche<br />
parlato delle sfide che lo attendono: «Abbiamo delle grandi responsabilità, verso la vita, verso la<br />
giustizia e verso la nostra Madre Terra. Il cambio deve partire da noi. Siamo noi che dobbiamo<br />
continuare a cambiare ed io vi chiedo di continuare a guidarmi. Come dice il subcomandante Marcos,<br />
noi dobbiamo governare obbedendo al popolo». È stata poi la volta di Chavez che ha nel suo<br />
intervento ricordato più volte l’importanza della rivoluzione cubana anche nel processo culturale del<br />
Fsm. «Noi quattro siamo tutti figli di un tipo che si chiama Fidel Castro a cui va tutto il nostro amore e<br />
gratitudine per aver resistito da solo per cinquanta anni contro l’impero più pericoloso della storia.<br />
Oggi sono le vostre lotte che ci hanno portato qui e come dice Fidel, il testimone è passato a voi. Lui<br />
mi ha detto che siete voi che dovete guidare il mondo e cambiarlo». Chavez ha poi chiuso sugli Stati<br />
Uniti ricordando che bisognerebbe processare Bush alla Corte Penale Internazionale per genocidio e<br />
crimini contro l’umanità ed ha poi lanciato un segnale ad Obama, dicendogli che il Venezuela è<br />
disposto a dialogare però a partire dal rispetto reciproco che il suo popolo ed il continente meritano<br />
dopo un secolo di soprusi. «Ojalà Obama voglia cambiare, anche se ho forti dubbi al riguardo, visto<br />
che parliamo comunque della nazione che ha pensato, prodotto ed esportato con le bombe questo<br />
modello di morte chiamato neoliberismo che oggi esce sconfitto dalla storia e da tutti noi che insieme<br />
lottiamo per un altro mondo che non solo è possibile ma necessario. Questo mondo sta nascendo già<br />
qui da noi e, come un bimbo, fa i suoi primi passi, anche incerti, ma li fa. Questo continente come<br />
ricordava Bolivar è da sempre quello della Utopia ed oggi noi la vediamo crescere tra noi». Ha così<br />
concluso al fianco di Aleida Guevara, figlia del Che, il presidente venezuelano visibilmente<br />
emozianato.<br />
La sfida è dunque la crisi del capitalismo e la forza che il popolo riuscirà ad accumulare per vincerla, e<br />
non i discorsi e le parole, ha infine ricordato Stédile, di Via Campesina, sostenendo come sia<br />
importantissimo il confronto continuo con questi quattro presidenti vicino ai movimenti. Movimenti che<br />
devono continuare ad essere autonomi ed a fare il loro cammino per il bene di tutti, proprio come<br />
ricordavano gli stessi presidenti. Alla fine tutti insieme abbiamo cantato la famosa canzone del poeta<br />
cubano Carlos Puebla dedicata a Ernesto Guevara: Hasta siempre. A farlo non c’erano nostalgici, né<br />
marginali della società, ma i principali movimenti e le forze vive del pianeta, insieme a quattro capi di<br />
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