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<strong>Press</strong> <strong>Report</strong> <strong>Europe</strong> <strong>WSF</strong> <strong>2009</strong><br />
gennaio) sarà completamente dedicata ai cinquecento anni di resistenza, conquiste e prospettive delle popolazioni<br />
native e afrodiscendenti.<br />
Come di consueto, Il Foro de Radios ha istallato i suoi studi nel cuore del Foro, e da lì realizza una copertura<br />
internazionale plurilingue in diretta, che trasmetterà in streaming.<br />
Le organizzazioni di tutto il mondo possono partecipare al FSM <strong>2009</strong> anche collegando le proprie attività, iniziative,<br />
gruppi e mobilitazioni via Internet, tv e radio. Più di 300 iniziative di connessione sono già state iscritte per i giorni del<br />
Forum. Belem “expanded” sarà un territorio virtuale costruito per ospitare le iniziative decentrate e le connessioni con il<br />
territorio amazzonico. L’idea è quella di consentire la partecipazione di soggetti che non possono essere presenti a<br />
Belem, promuovere lo scambio di esperienze, la costruzione di convergenze e il rafforzamento delle alleanze.<br />
Fsm <strong>2009</strong>. Ieri la giornata dei presidenti. (carta.org)<br />
Giuseppe De Marzo A Sud<br />
[30 Gennaio <strong>2009</strong>]<br />
Ieri si sono svolti due incontri con i cinque presidenti presenti al forum. Lula non ha partecipato<br />
all'incontro dei capi di governo con i movimenti contadini per paura delle contestazioni, ma era<br />
presente al comizio serale con Chavez, Morales, Correa e Lugo.<br />
Certo non capita tutti i giorni di vedere dei presidenti eletti confrontarsi in maniera orizzontale con i<br />
movimenti e cantare con fervore e allegria canzoni che inneggiano apertamente alla rivoluzione.<br />
Eppure è quanto successo nell’incontro di quattro presidenti latinoamericani con una delegazione dei<br />
movimenti del Forum Sociale Mondiale. «El pueblo unido jamas serà vencido», cantavano come<br />
giovani attivisti Fernando Lugo, presidente del Paraguay, Raffael Correa, presidente dell’Ecuador,<br />
Hugo Chavez, presidente del Venezuela ed Evo Morales, presidente della Bolivia. Un prete, un<br />
economista, un soldato ed un «indio» come simpaticamente ricordava Chavez nel suo intervento,<br />
sono oggi la rappresentazione istituzionale di una sinistra latinoamericana che si riconosce, almeno in<br />
parte, nel progetto e nella prospettiva tracciata in questi anni dal Forum Sociale Mondiale. Uno<br />
spettacolo unico di allegria e trasporto popolare impensabile dalle nostre parti, dove i politici fanno<br />
invece a gara per scaricare e dimettere qualsiasi atteggiamento possa essere ricondotto ad<br />
atteggiamenti «radicali». E invece pare proprio che una sinistra nazional popolare dal pensiero forte<br />
qui sia non solo possibile ma addirittura maggioritaria.<br />
Nonostante la passione è stato un confronto vero quello con i quattro presidenti. Accanto a loro i<br />
rappresentanti della Cta – Central de trabajadores dell’Argentina, di Via Campesina, dell’Alleanza<br />
Continentale Sociale, di Jubileo Sur e delle organizzazioni di donne, che non si sono limitati nei loro<br />
interventi a elogiare il lavoro dei quattro. I temi affrontati sono stati diversi, dagli accordi commerciali,<br />
al debito ecologico, dalla sovranità alimentare alla necessità di spingere ulteriormente sul sentiero di<br />
una integrazione latinoamericana marcatamente anticapitalista basata sulle necessità immediate di<br />
tutti coloro che sono ancora esclusi e vivono in condizioni di grave emarginazione. Pedro Stédile, a<br />
nome di Via Campesina, che ha chiuso dopo l’intervento dei presidenti, ricordava infatti che il<br />
socialismo del XXI secolo di cui parlava precedentemente Chavez deve offrire risposte immediate e<br />
che ancora molto c’è da fare e che le sfide sono tutt’altro che vinte, anche se certamente siamo sulla<br />
strada giusta. È la prima volta che quattro presidenti decidono di venire nel luogo definito l’Assemblea<br />
dell’Umanità e di rendere omaggio ai movimenti sociali. «Questa è un cambio di epoca, più che un<br />
epoca di cambio», sosteneva Correa nel suo intervento. «Il consenso di Washington è finito. Nessuno<br />
poteva pensare dieci anni fa che ciò sarebbe avvenuto e questo lo si devo sicuramente alla spinta<br />
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