L'Anima e il suo Destino di Vito Mancuso - panasur
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Di chi la morte è l’ultimo nemico? Lo è dell’uomo non educato spiritualmente. La morte è sentita come<br />
nemico dall’uomo fermo allo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> anima sensitiva, per <strong>il</strong> quale è così connaturato questo sentimento <strong>di</strong><br />
orrore verso la morte da essere quasi impossib<strong>il</strong>e strapparlo.<br />
Quando un uomo vince la morte in sé, quando vive dentro <strong>di</strong> sé con riconoscenza e gratitu<strong>di</strong>ne verso la vita<br />
anche la sua morte e quella dei propri cari, allora è <strong>di</strong>vino.<br />
La soluzione sta nell’imparare a morire.<br />
La Katha Upanishad fa <strong>di</strong>re a Yama, <strong>il</strong> Dio della morte, che l’uomo “quando ha percepito ciò che è senza<br />
<strong>suo</strong>no, senza tatto, senza forma, imperituro, senza sapore, eterno, senza odore, senza principio né fine, che<br />
sta l <strong>di</strong> là del grande Atman, che è duraturo, è liberato dalle fauci della morte”: <strong>il</strong> timore della morte è vinto<br />
dalla coscienza del vero essere.<br />
Così si legge nel Tao Tè Ching, attribuito tra<strong>di</strong>zionalmente a Lao-tzu: “Gli esseri fioriscono e ognuno torna<br />
alla propria ra<strong>di</strong>ce. Tornare alla propria ra<strong>di</strong>ce si chiama la tranqu<strong>il</strong>lità; ciò vuol <strong>di</strong>re deporre <strong>il</strong> proprio<br />
compito. Colui che conosce questa legge costante si chiama <strong>il</strong>luminato”. Per Platone lo scopo <strong>di</strong> tutta la<br />
f<strong>il</strong>osofia è imparare a morire.<br />
Per Epicureo “la morte è senza rischio”<br />
Lo stoico Marco Aurelio raccomandava a se stesso <strong>di</strong> non <strong>di</strong>sprezzare la morte, ma abb<strong>il</strong>a cara perché<br />
anch’essa è una delle cose volute dalla natura.<br />
Montagne scrive che “la me<strong>di</strong>tazione della morte è me<strong>di</strong>tazione della libertà”.<br />
Spinosa: “L’uomo libero a nessuna cosa pensa meno che alla morte: e la sua saggezza è una me<strong>di</strong>tazione<br />
della vita, non della morte”.<br />
Hegel: “L’immane potenza del negativo è l’energia del pensare … anzi lo spirito è questa forza solo perché<br />
sa guardare in faccia <strong>il</strong> negativo e soffermarsi presso <strong>di</strong> lui”.<br />
Wittgenstein: “Il timore della morte è <strong>il</strong> miglior segno <strong>di</strong> una vita falsa, cioè cattiva”.<br />
Le più insigne dottrine spirituali dell’umanità, sia religiose sia f<strong>il</strong>osofiche, insegnano ad accettare la morte.<br />
Non si tratta <strong>di</strong> amare la morte più della vita, ma si tratta <strong>di</strong> comprenderla, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> rispettarla, come<br />
parte fondamentale della vita, come matura accettazione della vita in tutte le sue <strong>di</strong>mensioni, fine<br />
compresa. Accettare la morte significa accettare la vita fino in fondo, <strong>di</strong>re <strong>di</strong> sì al mondo e alla sua logica,<br />
conc<strong>il</strong>iarsi totalmente con la realtà. La realtà è unitaria, non c’è la vita da una parte e la morte dall’altra.<br />
Nella morte <strong>il</strong> tempo si spegne nell’eterno e l’eterno prende possesso del morente. Imparare a morire e<br />
l’unico momento in cui si incontra veramente Dio, in cui lo si vede e lo si sente, è la morte.<br />
Imparare a morire non è una cosa riservata all’ultimo giorno, è esercizio quoti<strong>di</strong>ano. Imparare a morire<br />
significa spegnere l’immaginazione che in noi sempre si muove, producendo rappresentazioni, desideri,<br />
false speranze, anche <strong>di</strong> tipo religioso. Questo equivale alla più alta purificazione del desiderio, ed è la più<br />
totale adesione all’essere.<br />
L’unica possib<strong>il</strong>ità data all’uomo <strong>di</strong> uscire dallo spazio e dal tempo è <strong>di</strong> scendere nella profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> se<br />
stesso, attingendovi l’autentica <strong>di</strong>mensione spirituale. Questa è la sede della vita felice. E se è vero, come è<br />
vero, che “<strong>il</strong> pensiero fa la grandezza dell’uomo”, appare decisivo giungere ad avere sal<strong>di</strong> principi, veri e<br />
propri dogmi, in or<strong>di</strong>ne al bene, e rimanervi fedeli. Questo è <strong>il</strong> criterio in base al quale la nostra anima verrà<br />
pesata e sottoposta a giu<strong>di</strong>zio. Ci fa <strong>il</strong> bene genera <strong>il</strong> bene, anzitutto dentro <strong>di</strong> sé. La vita eterna spetta a chi<br />
la possiede già adesso. L’eterno non è <strong>il</strong> futuro, ma è <strong>il</strong> presente, la <strong>di</strong>mensione più vera del tempo. Chi, nel<br />
tempo che gli è stato dato, ha raggiunto la forma sovra naturale dell’essere, quando muore nel corpo vi<br />
permane con l’anima. La sua anima spirituale continua a vivere nella <strong>di</strong>mensione beata della vita<br />
dell’intelligenza del cuore già dove era entrata, in quella <strong>di</strong>mensione che Aristotele <strong>di</strong>ce “immortale ed<br />
eterno” solitamente tradotto con “intelletto attivo”.<br />
7 – Para<strong>di</strong>so<br />
Che cosa succede a un uomo giusto quando muore? Succede che la sua vita fisica termina, la sua avita<br />
spirituale no. Se in uomo che muore non c’è nulla <strong>di</strong> autenticamente spirituale, nulla potrà rimanere <strong>di</strong> lui.<br />
Se in un uomo che muore esiste un’autentica <strong>di</strong>mensione spirituale (e non c’è nulla <strong>di</strong> più spirituale della<br />
giustizia, nel senso forte, morale e prima ancora ontologico, <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne) questa <strong>di</strong>mensione proseguirà la sua<br />
esistenza. Esattamente nella medesima <strong>di</strong>mensione dell’essere in cui già si trova, lo spirito. Occorre saper<br />
pensare l’essere come spirito per pensare adeguatamente <strong>il</strong> Para<strong>di</strong>so.