Relativismo epistemologico e persona umana - Edizioni Studium

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04.06.2013 Views

490 Marco Buzzoni meno, considerare l’uomo come cosa fra cose, significava cioè negare ogni specificità all’uomo in quanto soggetto responsabile delle proprie deliberazioni e azioni. Il modello nomologico-deduttivo non attribuisce alcuna funzione ai fini e ai valori che l’uomo pone a fondamento della propria condotta e risolve invece anche la comprensione delle azioni umane in una deduzione logica, che pone come premesse, per un verso, una legge generale (universale o statistica) relativa alle tendenze psicologiche del soggetto, e per l’altro una descrizione della situazione in cui l’agente agì, e che, come conclusione, ha l’azione concreta dell’agente 3 . In questo senso, la separazione fra contesto della scoperta e contesto della giustificazione, intesa ad espungere dalla pratica scientifica ogni elemento irrazionale: psicologico, sociologico, ecc., era strettamente connessa ad un concetto di scienza che non conteneva più l’uomo concreto, ma soltanto una rete logica di nessi sintattici già espressi oppure una serie di rinvii semantici senza spazio alcuno per il loro artefice, per lo scienziato concreto, che agisce in particolari contesti sotto l’influsso di concreti condizionamenti (psicologici, politici, ma anche etico-pratici). Cercando di garantire il valore conoscitivo della scienza, i neopositivisti finirono per confinare ogni aspetto sociale, etico o politico al momento dell’applicazione della scienza al mondo concreto (alla cosiddetta “scienza applicata”) e riposero per lo più i valori morali (insieme con le regole della convivenza civile, il senso della vita, ecc.) in una sfera soggettiva e privata. L’eliminazione neopositivistica del soggetto umano dall’impresa scientifica era insomma completa, riguardando il soggetto sia in un senso ontologico-trascendentale sia in un senso storico o etico-pratico. Fra le ragioni dell’importanza dell’epistemologia popperiana vi è certamente anche il fatto di aver mostrato l’insostenibilità d’un concetto di scienza che prescinda dal soggetto umano: i dati osservativi non hanno un significato a prescindere dai particolari punti di vista teorici che il soggetto umano escogita. Nessuna osservazione “pura” possiede, secondo Popper, un significato conoscitivo determinato: a tal fine è richiesto un punto di vista, e questo a sua volta presuppone un soggetto concreto, in grado di assumere in prima persona questo punto di vista 4 . Ma nonostante questa ed altre importanti critiche all’epistemologia neopositivistica, non si può in primo luogo trascurare il fatto che Popper è stato proprio l’originario artefice di quel mo-

Relativismo epistemologico e persona umana 491 dello nomologico-deduttivo che tanto successo ebbe fra i neopositivisti 5 ; e soprattutto non si può trascurare il fatto – cui già abbiamo fatto cenno – che, dell’impostazione neopositivistica, Popper conservò e anzi ribadì con forza la separazione fra il contesto genetico (storico, psicologico, sociologico, ecc.) della scoperta scientifica e quello della sua giustificazione oggettiva, riproponendo un modello di scienza che, almeno in una delle due fondamentali linee di pensiero della sua epistemologia, precludeva l’interazione e il dialogo con il restante mondo della cultura. Ora, proprio la separazione fra contesto della scoperta e contesto della giustificazione fu invece uno dei principali obiettivi polemici della cosiddetta «svolta relativistica» in epistemologia (Hanson, Kuhn, Feyerabend, Hübner), ripresa e continuata poi dalla cosiddetta «svolta sociologistica» (Bloor, Latour, ecc.); queste hanno insistito con forza sulla scienza come fenomeno storico e come attività umana, come attività sempre inserita entro un preciso contesto storico-sociale, assiologico e, in generale, pratico. Sennonché, com’è noto, la separazione neopositivistica fra contesto della scoperta e contesto della giustificazione non è stata soltanto rifiutata in questo senso ed entro questi limiti, bensì in un senso assai più radicale e indiscriminato, che ha revocato in dubbio la stessa portata conoscitiva e veritativa della scienza. Come ad esempio argomentava Feyerabend contro un tentativo di Feigl (autorevole esponente del movimento neopositivistico) di difendere la distinzione fra scoperta e giustificazione, il progresso scientifico è stato favorito da ragioni provenienti da entrambi i contesti, e non si può quindi propriamente parlare di un’alternativa, e neppure di una distinzione, fra di essi: «Le attività che, secondo Feigl, appartengono al contesto della scoperta non sono [...] solo diverse da ciò che si verifica nel contesto della giustificazione, ma sono in conflitto con essa. I due contesti non procedono fianco a fianco, ma spesso entrano in urto fra loro. E noi ci troviamo di fronte al problema a quale contesto dobbiamo concedere un trattamento preferenziale. Questa è la prima parte dell’argomentazione. Ora, abbiamo visto che, nel caso di un conflitto, gli scienziati scelgono di tanto in tanto le mosse raccomandate dal contesto della giustificazione, ma possono anche scegliere le mosse appartenenti al contesto della scoperta, e spesso hanno ragioni eccellenti per comportarsi in questo modo. In effetti la scienza quale la conosciamo oggi non potrebbe esistere se non si facesse valere a danno

490 Marco Buzzoni<br />

meno, considerare l’uomo come cosa fra cose, significava cioè negare<br />

ogni specificità all’uomo in quanto soggetto responsabile delle<br />

proprie deliberazioni e azioni. Il modello nomologico-deduttivo<br />

non attribuisce alcuna funzione ai fini e ai valori che l’uomo<br />

pone a fondamento della propria condotta e risolve invece anche<br />

la comprensione delle azioni umane in una deduzione logica, che<br />

pone come premesse, per un verso, una legge generale (universale<br />

o statistica) relativa alle tendenze psicologiche del soggetto, e<br />

per l’altro una descrizione della situazione in cui l’agente agì, e<br />

che, come conclusione, ha l’azione concreta dell’agente 3 .<br />

In questo senso, la separazione fra contesto della scoperta e<br />

contesto della giustificazione, intesa ad espungere dalla pratica<br />

scientifica ogni elemento irrazionale: psicologico, sociologico,<br />

ecc., era strettamente connessa ad un concetto di scienza che non<br />

conteneva più l’uomo concreto, ma soltanto una rete logica di<br />

nessi sintattici già espressi oppure una serie di rinvii semantici<br />

senza spazio alcuno per il loro artefice, per lo scienziato concreto,<br />

che agisce in particolari contesti sotto l’influsso di concreti condizionamenti<br />

(psicologici, politici, ma anche etico-pratici). Cercando<br />

di garantire il valore conoscitivo della scienza, i neopositivisti<br />

finirono per confinare ogni aspetto sociale, etico o politico al momento<br />

dell’applicazione della scienza al mondo concreto (alla cosiddetta<br />

“scienza applicata”) e riposero per lo più i valori morali<br />

(insieme con le regole della convivenza civile, il senso della vita,<br />

ecc.) in una sfera soggettiva e privata.<br />

L’eliminazione neopositivistica del soggetto umano dall’impresa<br />

scientifica era insomma completa, riguardando il soggetto<br />

sia in un senso ontologico-trascendentale sia in un senso storico o<br />

etico-pratico. Fra le ragioni dell’importanza dell’epistemologia<br />

popperiana vi è certamente anche il fatto di aver mostrato l’insostenibilità<br />

d’un concetto di scienza che prescinda dal soggetto<br />

umano: i dati osservativi non hanno un significato a prescindere<br />

dai particolari punti di vista teorici che il soggetto umano escogita.<br />

Nessuna osservazione “pura” possiede, secondo Popper, un significato<br />

conoscitivo determinato: a tal fine è richiesto un punto<br />

di vista, e questo a sua volta presuppone un soggetto concreto, in<br />

grado di assumere in prima <strong>persona</strong> questo punto di vista 4 .<br />

Ma nonostante questa ed altre importanti critiche all’epistemologia<br />

neopositivistica, non si può in primo luogo trascurare il<br />

fatto che Popper è stato proprio l’originario artefice di quel mo-

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