Relativismo epistemologico e persona umana - Edizioni Studium
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488 Marco Buzzoni<br />
compare negli enunciati protocollari – i resoconti di osservazioni<br />
ed esperimenti mediante cui controlliamo o verifichiamo le teorie<br />
scientifiche – è soltanto un termine di ciò che essi chiamavano<br />
«linguaggio fisicalistico» (Neurath), nella sostanza il linguaggio<br />
della fisica. Il nome proprio che compare negli enunciati protocollari,<br />
e cioè i resoconti di osservazioni ed esperimenti mediante<br />
cui sono controllate le teorie scientifiche («Otto Neurath ha percepito<br />
questo e questo al tempo t nel luogo x»), descrive soltanto<br />
una semplice cosa tra le cose, un oggetto da considerarsi alla stregua<br />
di qualsiasi altro oggetto che possa cadere entro il campo sensoriale.<br />
Le radici di questa cancellazione del soggetto si scorgono bene<br />
nel principio neopositivistico di verificazione. Com’è noto, secondo<br />
questo principio una proposizione è dotata di significato soltanto<br />
se si possono indicare le circostanze empiriche in cui essa è<br />
vera o falsa. Ora, anche se il principio di verificabilità conteneva<br />
un’importante istanza, che ancora oggi dovrebbe essere recuperata,<br />
se non s’intende rinunciare del tutto a comprendere la natura<br />
del discorso scientifico e a distinguerlo da tipi di discorso assai diversi,<br />
nella precisa formulazione che gli diedero i neopositivisti –<br />
formulazione che lo intende come criterio di senso tout court – esso<br />
è insostenibile, anzi intrinsecamente contraddittorio: non essendo<br />
esso stesso verificabile, risulta, sulla base del criterio che esso<br />
stesso impone, unsinnig, nel senso d’essere soltanto una mera concatenazione<br />
di suoni privi di significato. A ben vedere, questa contraddittorietà<br />
intrinseca del principio di verificazione deriva dal<br />
fatto che i neopositivisti non possedevano un linguaggio per parlare<br />
del soggetto. Com’è noto, essi ammettevano come conoscitivamente<br />
legittimi due soli tipi di giudizio: quelli analitici e quelli sintetici<br />
e rifiutavano viceversa, come abbiamo già accennato, ogni tipo<br />
di giudizio sintetico a priori; e ciò, ancor prima dell’intrinseca<br />
contraddittorietà del principio di verificazione (che non esprimeva<br />
né un giudizio analitico né un giudizio sintetico), comportava appunto<br />
l’impossibilità di parlare sensatamente del soggetto in quanto<br />
artefice d’ogni giudizio, e quindi non soltanto dei giudizi scientifici<br />
o logico-matematici, ma anche di quelli, fra i quali rientra appunto<br />
lo stesso principio di verificazione, che riflettono sulle condizioni<br />
di possibilità d’ogni nostro conoscere o agire.<br />
Ma la dissoluzione del soggetto all’interno del neopositivismo<br />
non riguardava soltanto il soggetto trascendentale, bensì anche lo