Relativismo epistemologico e persona umana - Edizioni Studium

Relativismo epistemologico e persona umana - Edizioni Studium Relativismo epistemologico e persona umana - Edizioni Studium

edizionistudium.it
from edizionistudium.it More from this publisher
04.06.2013 Views

498 Marco Buzzoni culiare l’esigenza propria d’ogni discorso di tipo conoscitivo di attingere il vero, di testimoniare come le cose sono in se stesse 14 . Questo non giustifica soltanto la portata in linea di principio veritativa del discorso scientifico, che ha trovato nell’esperimento un modo per concretizzare e far vivere quasi di vita propria il contenuto delle proprie affermazioni, ma, al tempo stesso, senza contraddizione alcuna, pone anche in evidenza la funzione insostituibile della persona umana, e con essa uno degli aspetti insopprimibilmente umanistici delle scienze naturali. Ciò non dà luogo a nessuna contraddizione, perché il soggetto personale entra sì con tutto il proprio impegno, che non si saprebbe altrimenti qualificare se non come morale, ma appunto nel senso d’un impegno a testimoniare come stanno le cose, cercando di porre fra parentesi le possibili interferenze, pregiudizi e idiosincrasie nei confronti dell’oggetto della ricerca. E concretamente, questo impegno si traduce nel porre in atto una serie di procedimenti metodici che, in linea di principio, debbono poter essere ripercorsi e ricostruiti da chiunque in prima persona. Per comprendere e poi controllare la verità d’un enunciato scientifico, occorre che io ripercorra in prima persona (anche operativamente o tecnicamente) i passi che hanno condotto alla sua affermazione, occorre cioè un mio atto personale di riappropriazione delle ragioni di verità dell’enunciato stesso. È da ultimo soltanto la singola persona che può in ogni momento controllare ed eventualmente rimettere in discussione il valore d’una scoperta accettata, ripercorrendo i passi procedurali che hanno condotto ad essa. Posso certamente usare il teorema di Pitagora per risolvere un certo problema geometrico, ma se qualcuno solleva il problema della sua validità, debbo essere in grado d’indicare i passi che conducono alla sua dimostrazione. Mentre prima abbiamo mostrato che la distinzione fra scoperta e giustificazione non può essere abbandonata in senso trascendentale, nel senso cioè in cui non v’è scienza o sapere cui si possa attribuire la qualifica della possibile verità senza l’atto in cui consiste il primo e più fondamentale senso dell’oggettività scientifica, cioè l’atto mediante cui rappresentiamo un decorso fisico come svolgentesi, quanto ai suoi contenuti, in modo del tutto indipendente da noi, emerge ora un diverso senso della distinzione fra scoperta e giustificazione, un senso in cui questa distinzione dev’essere invece senz’altro rifiutata, poiché non v’è oggettività scientifica senza controllabilità intersoggettiva in linea di princi-

Relativismo epistemologico e persona umana 499 pio, cioè senza presupporre la possibilità in linea di principio d’una ricostruzione e riappropriazione in prima persona dei passi metodici, cioè delle ragioni che hanno di fatto condotto ad una certa affermazione. Al neopositivismo e a Popper si deve obiettare di non aver saputo chiaramente distinguere il preciso senso in cui riveste grande importanza, nello stesso momento «logico» della ricerca, un certo atteggiamento genetico-storiografico o, come si potrebbe pure dire, ermeneutico. Accertare la verità o la falsità di una proposizione scientifica è possibile soltanto ripetendo quelle specifiche operazioni in cui di fatto è storicamente consistito un certo esperimento. Se intendiamo controllare la verità delle affermazioni che esso intende tradurre tecnicamente, siamo costretti ad assumere un atteggiamento di tipo genetico-ricostruttivo, che ripercorre le operazioni salienti eseguite e comunicate da chi per la prima volta è riuscito ad ottenere un certo risultato mediante il loro aiuto. In questo senso la tesi popperiana secondo cui le questioni di origine non hanno alcuna importanza per stabilire la verità o la falsità di una proposizione è senz’altro da respingere: è proprio perché non possiamo avere alcuna rivelazione diretta della verità di una proposizione empirica che siamo costretti a percorrere e ripercorrere certi «cammini» che conducono alla sua accettazione o al suo rifiuto. Il punto decisivo è che non esiste mai un momento oltre il quale possiamo senz’altro prescindere dal «contesto della scoperta», perché tutte le volte che emergono dei dubbi circa la validità o «giustificazione» d’una teoria, occorre valutare i dati su cui essa poggia, e ciò richiede di riconsiderare e ripercorrere i passi procedurali che hanno reso e rendono possibile giungere ad essa, ricostruendo proprio il contesto della sua scoperta. Una proposizione può essere concepita come vera o come giustificata soltanto ripercorrendo i passi procedurali che ci hanno condotto ad essa, operando di essa una ricostruzione consapevole. In altre parole, la stessa giustificazione d’una teoria risulterebbe impossibile se fosse separata dalla ricostruzione del processo che ha condotto alla sua scoperta. Ciò anzi risponde alla movenza fondamentale del discorso scientifico, che mira alla più ampia invarianza possibile dalla persona dello scienziato o dell’utilizzatore. Quale altro senso dovremmo dare al principio metodologico della riproducibilità degli esperimenti, cioè al fatto che chiunque disponga di un sufficiente

498 Marco Buzzoni<br />

culiare l’esigenza propria d’ogni discorso di tipo conoscitivo di attingere<br />

il vero, di testimoniare come le cose sono in se stesse 14 .<br />

Questo non giustifica soltanto la portata in linea di principio<br />

veritativa del discorso scientifico, che ha trovato nell’esperimento<br />

un modo per concretizzare e far vivere quasi di vita propria il contenuto<br />

delle proprie affermazioni, ma, al tempo stesso, senza contraddizione<br />

alcuna, pone anche in evidenza la funzione insostituibile<br />

della <strong>persona</strong> <strong>umana</strong>, e con essa uno degli aspetti insopprimibilmente<br />

umanistici delle scienze naturali. Ciò non dà luogo a nessuna<br />

contraddizione, perché il soggetto <strong>persona</strong>le entra sì con tutto<br />

il proprio impegno, che non si saprebbe altrimenti qualificare<br />

se non come morale, ma appunto nel senso d’un impegno a testimoniare<br />

come stanno le cose, cercando di porre fra parentesi le<br />

possibili interferenze, pregiudizi e idiosincrasie nei confronti dell’oggetto<br />

della ricerca. E concretamente, questo impegno si traduce<br />

nel porre in atto una serie di procedimenti metodici che, in<br />

linea di principio, debbono poter essere ripercorsi e ricostruiti da<br />

chiunque in prima <strong>persona</strong>. Per comprendere e poi controllare la<br />

verità d’un enunciato scientifico, occorre che io ripercorra in prima<br />

<strong>persona</strong> (anche operativamente o tecnicamente) i passi che<br />

hanno condotto alla sua affermazione, occorre cioè un mio atto<br />

<strong>persona</strong>le di riappropriazione delle ragioni di verità dell’enunciato<br />

stesso. È da ultimo soltanto la singola <strong>persona</strong> che può in ogni<br />

momento controllare ed eventualmente rimettere in discussione il<br />

valore d’una scoperta accettata, ripercorrendo i passi procedurali<br />

che hanno condotto ad essa. Posso certamente usare il teorema di<br />

Pitagora per risolvere un certo problema geometrico, ma se qualcuno<br />

solleva il problema della sua validità, debbo essere in grado<br />

d’indicare i passi che conducono alla sua dimostrazione.<br />

Mentre prima abbiamo mostrato che la distinzione fra scoperta<br />

e giustificazione non può essere abbandonata in senso trascendentale,<br />

nel senso cioè in cui non v’è scienza o sapere cui si<br />

possa attribuire la qualifica della possibile verità senza l’atto in cui<br />

consiste il primo e più fondamentale senso dell’oggettività scientifica,<br />

cioè l’atto mediante cui rappresentiamo un decorso fisico come<br />

svolgentesi, quanto ai suoi contenuti, in modo del tutto indipendente<br />

da noi, emerge ora un diverso senso della distinzione fra<br />

scoperta e giustificazione, un senso in cui questa distinzione<br />

dev’essere invece senz’altro rifiutata, poiché non v’è oggettività<br />

scientifica senza controllabilità intersoggettiva in linea di princi-

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!