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Anestetismi musicali. Breve saggio sull'utilizzo ideologico ... - Carducci

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<strong>Anestetismi</strong> <strong>musicali</strong><br />

Quando la popular music viene ripetuta ad un livello tale da non<br />

sembrare più uno stratagemma ma un elemento intrinseco del<br />

mondo naturale, la resistenza assume un diverso aspetto perché<br />

l’unità dell’individuo comincia a frantumarsi. Questo naturalmente<br />

non significa l’eliminazione completa della resistenza.<br />

Ma essa viene sospinta negli strati sempre più profondi della<br />

struttura psicologica. L’energia psicologica deve essere direttamente<br />

investita allo scopo di vincere la resistenza. Perché<br />

questa resistenza non scompare del tutto cedendo a forze esterne,<br />

ma resta viva entro l’individuo e ancora sopravvive anche<br />

nel momento dell’accettazione. Qui fa la sua drastica comparsa<br />

il risentimento. [...] Per essere accettato, il materiale musicale<br />

ha bisogno di questo risentimento. Il suo carattere di merce, la<br />

sua predominante standardizzazione, non è così nascosta da<br />

non essere percepibile. Esso richiede un’azione psicologica da<br />

parte dell’ascoltatore. La passività da sola non basta. L’ascoltatore<br />

deve sforzarsi di accettarlo. 16<br />

Così ascoltare musica commerciale diviene un atteggiamento<br />

parallelo a quello di coloro che sostengono di guardare programmi<br />

televisivi di infimo livello pur riconoscendone perfettamente<br />

la pessima qualità. O meglio, proprio in nome di essa:<br />

una fruizione che permette e anzi invoglia la distrazione, lo sguardo<br />

disattento, l’assopimento graduale e rassicurante. La distrazione<br />

fino all’incoscienza come risposta alla noia delle proprie<br />

attività obbligate.<br />

3. Obsolescenza?<br />

Potrebbe sembrare del tutto inattuale riproporre uno studio sulla<br />

produzione musicale degli anni Trenta del Ventesimo secolo,<br />

con relativo compendio di poco successivo, e sulle capacità<br />

16 Ivi, pp. 118-120.<br />

25

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