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cesca, una passione contagiosa - Alp Cub

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58<br />

controbilanciare il carico e mantenere<br />

<strong>una</strong> forma d’equilibrio sicuramente<br />

poco stabile; la testa<br />

reclinata verso il pavimento, immersa<br />

nei propri pensieri.<br />

“Ciao Fran<strong>cesca</strong>”<br />

Solleva lo sguardo ... si distoglie<br />

da ciò che stava pensando ... mi<br />

guarda un attimo perplessa ... mi<br />

mette a fuoco ... mi sorride ... mi<br />

osserva ancora meglio … : “Ciao<br />

..., ti posso dire <strong>una</strong> cosa?”<br />

“Certo Fran<strong>cesca</strong>, ci mancherebbe”<br />

“Hai <strong>una</strong> bella giacca”<br />

“Grazie” “Beh, mi faceva piacere<br />

dirtelo” Oppure mentre faccio<br />

lezione la vedo entrare in classe<br />

con il viso preoccupato ed il respiro<br />

affannoso: “Francè ..., oddio<br />

è successa <strong>una</strong> tragedia” (con<br />

quel suo tipicissimo tr) “Cosa<br />

sarà successo di così tanto grave<br />

Fran<strong>cesca</strong>”<br />

“Non trovo più il registro, tre<br />

classi Francè, come faccio…” “È<br />

per caso questo Fran<strong>cesca</strong>, lo hai<br />

dimenticato qua sulla cattedra<br />

l’ora precedente” “ Grazie Francesco,<br />

se non ci fossi tu…, ciao”<br />

Fran<strong>cesca</strong> la ricordiamo tutti<br />

come la raffinata e colta intellettuale,<br />

ferma ed inamovibile<br />

nei suoi principi fondamentali,<br />

integerrima lavoratrice il cui impegno<br />

sociale travalica ogni immaginario.<br />

Tutto vero. Ma Fran<strong>cesca</strong><br />

è soprattutto <strong>una</strong> donna<br />

sensibilissima, alle volte un po’<br />

fragile, un’amica dolce e molto<br />

molto cara.<br />

Siamo andati a Praga in viaggio<br />

d’istruzione qualche anno or<br />

sono, accompagnatori di <strong>una</strong><br />

quinta un po’ speciale, <strong>una</strong> di<br />

quelle classi che mediamente ti<br />

capitano ogni cinque sei anni;<br />

ragazzi intelligenti, curiosi, desiderosi<br />

di conoscere, che ti bombardano<br />

di domande durante le<br />

lezioni, che ti sommergono di<br />

battute appena dai loro l’occasione<br />

e di <strong>una</strong> quarta, anch’essa<br />

molto vivace ma molto meno<br />

brillante sul piano prettamente<br />

scolastico; Fran<strong>cesca</strong> le ama entrambe<br />

queste classi e prepara il<br />

viaggio con impegno ancora superiore<br />

al solito, se possibile.<br />

A Praga alla fine di <strong>una</strong> giornata<br />

di visite a musei, chiese, quartieri,<br />

i ragazzi sono stanchi e noi<br />

pure: “Appuntamento fra un’ora<br />

in albergo per la cena, mi raccomando<br />

siate puntuali”<br />

Iniziamo anche Fran<strong>cesca</strong> ed io<br />

a passeggiare, parlando fitto fitto<br />

su tutto ciò che abbiamo visto<br />

nella giornata: “Ora Francesco<br />

capisci perché Kafka ha scritto Il<br />

Castello?”<br />

“Hai ragione, non poteva certamente<br />

farne a meno”<br />

E mentre sottobraccio continuiamo<br />

le nostre elucubrazioni<br />

succede l’evento eccezionale.<br />

Iniziano a scendere dei fiocchi<br />

di neve, prima sporadici, leggeri,<br />

spinti dalla brezza fredda, poi<br />

sempre più grossi e pesanti; nel<br />

giro di pochi minuti le strade si<br />

imbiancano e noi invece di cer-

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