cesca, una passione contagiosa - Alp Cub

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03.06.2013 Views

10 scere, abbiamo all’epoca recepito con superficialità. Sapeva ascoltarci, con gli occhi socchiusi, che improvvisamente si spalancavano a seconda delle nostre parole. Ripensando a quei momenti informali, mettendo a fuoco la sua fisicità, ci piace pensare che Cesca fosse progettata per essere abbracciata. Come una pioggia estiva, potente e brevissima, ci ha investiti mentre germogliavamo, alla soglia della maturità e durante il formarsi della no- Mettersi in gioco “T i prego di tenere conto che sono molto preoccupata per alcuni tuoi compagni e per il tuo futuro. Che sono preoccupata di vedere svilita e non fiorire la tua straordinaria intelligenza e sensibilità”. Queste sono le parole di Francesca in una lettera a una sua alunna, in seguito a un diverbio in classe. Senza dubbio definire Francesca come insegnante è riduttivo. Chi come noi ha vissuto per tre anni dall’altra parte della cattedra può e si sente in dovere di definirla come una Maestra, una di quelle persone a cui si finisce per far riferimento, una di quelle persone di cui vorresti l’approvazione. stra coscienza critica. I suoi studenti, i suoi “figli simbolici” come lei stessa li definì sanno che, quella pioggia impetuosa di idee ed energia, vive nel nostro agire, nel nostro parlare, nelle nostre citazioni, nella nostra militanza, in altre parole, nel nostro essere. 5° C ETA a. s. 2000/2001 La verità è che da insegnante, Francesca aveva a cuore i suoi alunni, più di ogni altra cosa, più della stessa attività didattica: lei preferiva passare un’ora permettendo di confrontarci su temi di attualità, piuttosto che imbottirci di nozioni e date; anche all’interno dell’insegnamento preferiva che capissimo le relazioni piuttosto che gli avvenimenti; nella letteratura cercava di trasmettere (e ci riusciva) la passione per la parola e la bellezza della poesia, mai ci è stato chiesto una poesia a memoria. Lei ci ha permesso di capire cosa si potesse celare dietro un’opera, tutto ciò attraverso la sua stessa passione. Dall’altro lato della cattedra colpiva una cosa che raramente si nota in

un insegnante: l’emozione. Vedevamo seria commozione di fronte a un testo di Leopardi, cosa che in una giornata piatta di scuola lasciava stupefatti, quantomeno incuriositi, e dalla curiosità nasceva l’interesse, e dall’interesse si arrivava alla comprensione e all’assimilazione. Non tanto del testo in sé, quanto del perché del testo. Del perché fosse bella la poesia, del perché fosse importante e del perché valesse la pena interessarsene. Per questo mi sento di doverla chiamare Maestra, perché ci ha permesso di capire le motivazioni che stanno dietro a una lezione. In classe la prima preoccupazione di Francesca è sempre stata il fatto che noi ci mettessimo in gioco; durante le discussioni era facile vederla sorridere, come se il confronto fra noi alunni in qualche modo arricchisse anche lei, anche le opinioni più semplici venivano prese in considerazione e nonostante fosse una persona di 11

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scere, abbiamo all’epoca recepito<br />

con superficialità. Sapeva<br />

ascoltarci, con gli occhi socchiusi,<br />

che improvvisamente si<br />

spalancavano a seconda delle<br />

nostre parole. Ripensando a<br />

quei momenti informali, mettendo<br />

a fuoco la sua fisicità, ci<br />

piace pensare che Cesca fosse<br />

progettata per essere abbracciata.<br />

Come <strong>una</strong> pioggia estiva,<br />

potente e brevissima, ci ha<br />

investiti mentre germogliavamo,<br />

alla soglia della maturità<br />

e durante il formarsi della no-<br />

Mettersi in gioco<br />

“T<br />

i prego di<br />

tenere conto<br />

che sono<br />

molto preoccupata<br />

per alcuni tuoi compagni<br />

e per il tuo futuro. Che sono<br />

preoccupata di vedere svilita e<br />

non fiorire la tua straordinaria<br />

intelligenza e sensibilità”.<br />

Queste sono le parole di Fran<strong>cesca</strong><br />

in <strong>una</strong> lettera a <strong>una</strong> sua<br />

alunna, in seguito a un diverbio<br />

in classe. Senza dubbio definire<br />

Fran<strong>cesca</strong> come insegnante è<br />

riduttivo. Chi come noi ha vissuto<br />

per tre anni dall’altra parte<br />

della cattedra può e si sente in<br />

dovere di definirla come <strong>una</strong><br />

Maestra, <strong>una</strong> di quelle persone<br />

a cui si finisce per far riferimento,<br />

<strong>una</strong> di quelle persone di cui<br />

vorresti l’approvazione.<br />

stra coscienza critica. I suoi<br />

studenti, i suoi “figli simbolici”<br />

come lei stessa li definì sanno<br />

che, quella pioggia impetuosa<br />

di idee ed energia, vive nel<br />

nostro agire, nel nostro parlare,<br />

nelle nostre citazioni, nella<br />

nostra militanza, in altre parole,<br />

nel nostro essere.<br />

5° C ETA<br />

a. s. 2000/2001<br />

La verità è che da insegnante,<br />

Fran<strong>cesca</strong> aveva a cuore i suoi<br />

alunni, più di ogni altra cosa,<br />

più della stessa attività didattica:<br />

lei preferiva passare un’ora<br />

permettendo di confrontarci su<br />

temi di attualità, piuttosto che<br />

imbottirci di nozioni e date;<br />

anche all’interno dell’insegnamento<br />

preferiva che capissimo<br />

le relazioni piuttosto che gli<br />

avvenimenti; nella letteratura<br />

cercava di trasmettere (e ci riusciva)<br />

la <strong>passione</strong> per la parola<br />

e la bellezza della poesia, mai ci<br />

è stato chiesto <strong>una</strong> poesia a memoria.<br />

Lei ci ha permesso di capire<br />

cosa si potesse celare dietro<br />

un’opera, tutto ciò attraverso<br />

la sua stessa <strong>passione</strong>. Dall’altro<br />

lato della cattedra colpiva <strong>una</strong><br />

cosa che raramente si nota in

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