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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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80<br />

italiano. Il progetto presentato da Balbo prevedeva 2.700.000 lire di spesa per la costruzione<br />

di una sede e per l’acquisto dei macch<strong>in</strong>ari tipografici, e 250.000 lire annue di spese di<br />

gestione 257 . I due quotidiani non videro però la luce, forse perché le spese prospettate da<br />

Balbo erano eccessive, o forse perché Mussol<strong>in</strong>i perse <strong>in</strong>teresse per la Libia e la “<strong>politica</strong><br />

musulmana”. All’<strong>in</strong>circa nello stesso periodo l’Italia prese <strong>in</strong> considerazione l’idea di<br />

acquistare o fondare un grande quotidiano <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua araba <strong>in</strong> Egitto 258 ; è possibile che questa<br />

ipotesi venisse considerata preferibile rispetto alla creazione di un nuovo giornale a Tripoli,<br />

che sarebbe stato considerato <strong>in</strong>evitabilmente come un foglio di <strong>propaganda</strong> italiana. Per un<br />

certo tempo, si susseguirono proposte e voci discordanti, ma alla f<strong>in</strong>e il tutto si risolse <strong>in</strong> un<br />

nulla di fatto. Solo con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, le stesse preoccupazioni<br />

emerse nel 1935, per l’atteggiamento della popolazione libica e del mondo arabo verso<br />

l’Italia, tornarono <strong>in</strong> primo piano. Balbo mise <strong>in</strong> atto degli <strong>in</strong>teressanti esperimenti<br />

propagandistici, diretti verso le classi popolari. Come riferì al MAI il 25 settembre 1939:<br />

Nel momento attuale, anche per parare alle già accennate timide manovre di elementi ostili, ho ritenuto<br />

necessario qualche nuovo strumento di <strong>propaganda</strong> per le popolazioni mussulmane allo scopo di arrivare<br />

più direttamente ad esse parlando un l<strong>in</strong>guaggio <strong>in</strong>telliggibile. È da tener presente, a questo riguardo, che i<br />

nostri organi pr<strong>in</strong>cipali della <strong>propaganda</strong> <strong>–</strong> radio e stampa <strong>–</strong> potevano rivolgersi f<strong>in</strong>ora soltanto ad una<br />

cerchia ristretta di uditori e lettori, e cioè alle persone colte, con l’uso della l<strong>in</strong>gua araba letteraria, che<br />

differisce tanto da l’arabo dialettale da risultare pressoché <strong>in</strong>comprensibile alla massa.<br />

Balbo aveva qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong>caricato «un personale sceltissimo di notabili e <strong>in</strong>segnanti»,<br />

affiancati da alcuni <strong>in</strong>terpreti versati nel dialetto arabo, aff<strong>in</strong>ché si rivolgesse ogni due giorni<br />

alla popolazione di Tripoli attraverso «l’altoparlante», le cui diramazioni coprivano<br />

praticamente l’<strong>in</strong>tera città, vecchia e moderna. Attraverso questo sistema vagamente<br />

orwelliano, sarebbero stati commentati e chiariti al popolo, nel suo dialetto, gli avvenimenti<br />

<strong>in</strong>ternazionali e locali. I primi a parlare erano stati Sulayman Qaramanli, che aveva esortato i<br />

tripol<strong>in</strong>i ad avere fede nel governo e a non credere alle false notizie provenienti dall’esterno, il<br />

Mufti della città, e un <strong>in</strong>segnante della Madrasa. Secondo Balbo la popolazione, compresa<br />

quella femm<strong>in</strong>ile, aveva accolto con grande favore la novità; era <strong>in</strong>fatti la prima volta che<br />

delle personalità così autorevoli si rivolgevano a loro nel dialetto popolare. Accanto a queste<br />

trasmissioni, era com<strong>in</strong>ciata la pubblicazione di un foglio bisettimanale di notizie redatto <strong>in</strong><br />

dialetto, e distribuito gratuitamente nei quartieri della città ad opera dei giovani della<br />

Gioventù Araba del Littorio. Il foglio era <strong>in</strong>titolato al-Haqiqa, ovvero “la realtà”, un nome<br />

ironicamente simile a quello del quotidiano sovietico Pravda 259 . Dalla traduzione del primo<br />

numero, <strong>in</strong>viata a Roma, risultava evidente soprattutto il pacchiano tentativo di utilizzare un<br />

l<strong>in</strong>guaggio comprensibile e popolare, con esiti grotteschi. In relazione alla posizione italiana<br />

nel conflitto, ad esempio, erano così descritte le capacità decisionali di Mussol<strong>in</strong>i: «l’Italia ed<br />

i paesi posti sotto la sua sovranità sono pronti, e pendono dalla parola del Duce, il quale sa<br />

fare camm<strong>in</strong>are la <strong>politica</strong> del suo paese secondo come dice la gente del passato e cioè chi la<br />

monta (la cavalla) sa come farla camm<strong>in</strong>are». Un altro passaggio recitava: «oggi la forza<br />

italiana è aumentata ancora considerevolmente e chi dice fredda (acqua) ci metta il dito» 260 . Il<br />

dom<strong>in</strong>io italiano durò troppo poco, per permettere di stabilire quali potessero essere gli<br />

sviluppi e gli esiti di questi bizzarri esperimenti sulla popolazione libica.<br />

257<br />

ACS, M<strong>in</strong>culpop, Gab. II, B.2, Tel. 9820, Tripoli 11 ottobre 1937, Balbo ad Alfieri<br />

258<br />

Vedi il Cap., 7, pp. 249-250<br />

259<br />

ACS, M<strong>in</strong>culpop, Gab., B.15, F. 200, Comunicazione del 10 ottobre 1939 del MAI al M<strong>in</strong>culpop, prot.<br />

111889<br />

260 Ibidem, allegato

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