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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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si espresse <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i molto simili, <strong>in</strong> una lettera pubblicata da al-Kawkab al-Sharq, i cui<br />

contenuti vennero condivisi pienamente dal direttore del giornale, Hafiz ‘Awad:<br />

“Ho sempre ritenuto <strong>–</strong> scrive Scekib Arslan <strong>–</strong> che il conflitto sorto tra l’Italia e l’Inghilterra rappresenti<br />

l’occasione più propizia per il conseguimento dell’<strong>in</strong>dipendenza egiziana;<br />

Quando ho visto che gli egiziani si lasciavano portare dai sentimentalismi schierandosi da parte<br />

dell’Abiss<strong>in</strong>ia ho temuto che l’Inghilterra approfittasse di questa loro posizione a proprio vantaggio. [...]<br />

L’Egitto aveva <strong>in</strong>fatti tutto l’<strong>in</strong>teresse di far temere alla Gran Bretagna la sua <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione verso un’altra<br />

Potenza europea perché solo così avrebbe potuto vedere riconosciute le sue aspirazioni nazionali.<br />

Invitando gli egiziani a mutare il loro atteggiamento di fronte al conflitto etiopico io li esortavo a non<br />

combattere contro l’Italia a fianco dell’Inghilterra se non dopo aver ottenuto la loro <strong>in</strong>dipendenza, li<br />

esortavo a combattere contro l’Italia solo avendo un proprio esercito, una propria flotta e <strong>in</strong>tervenendo<br />

nella guerra e concludendo la pace di propria <strong>in</strong>iziativa” 206 .<br />

Dato che la l<strong>in</strong>ea della neutralità era sponsorizzata da Arslan, considerato un agente<br />

dell’Italia, si capisce come i britannici potessero considerare la sua diffusione <strong>in</strong> Egitto come<br />

un successo della <strong>propaganda</strong> italiana, alla quale venne attribuita da questo momento una<br />

forza che essa, <strong>in</strong> realtà, non aveva affatto. Si pensava che il governo italiano avesse messo a<br />

disposizione dei suoi agenti nel Vic<strong>in</strong>o Oriente delle somme favolose, per corrompere<br />

giornalisti, politici e <strong>in</strong>tellettuali. Anche i francesi erano conv<strong>in</strong>ti che gli italiani non<br />

badassero a spese per corrompere giornalisti e politici, pur non ottenendo risultati<br />

proporzionati all’<strong>in</strong>vestimento 207 . Entrambe le potenze democratiche avevano la spiccata<br />

tendenza ad attribuire alle manovre italiane la gran parte dei loro problemi politici nel mondo<br />

arabo, come fece ad esempio la Gran Bretagna <strong>in</strong> occasione della rivolta palest<strong>in</strong>ese, o la<br />

Francia durante le proteste esplose <strong>in</strong> Siria all’<strong>in</strong>izio del 1936. Come giustamente ha osservato<br />

Nir Arielli, è sbagliato liquidare la questione come “s<strong>in</strong>drome dell’italiano sotto il letto”,<br />

perché <strong>in</strong> molti casi l’italiano sotto il letto c’era davvero 208 ; ma è <strong>in</strong>negabile che le due<br />

potenze, puntando il dito contro l’Italia, trovavano un comodo alibi per delle difficoltà che<br />

erano <strong>in</strong>nanzitutto una conseguenza della loro <strong>politica</strong>, negando così legittimità alle<br />

rivendicazioni del nazionalismo arabo, ridotto a uno strumento di macch<strong>in</strong>azioni straniere. In<br />

realtà, anche se <strong>in</strong> alcuni casi l’Italia <strong>fascista</strong> sostenne, <strong>in</strong> maniera più o meno concreta, la<br />

causa nazionalista, essa non aveva <strong>in</strong> alcun modo la capacità di tirare le fila di una qualsiasi<br />

azione <strong>politica</strong>, nel mondo arabo.<br />

Gli stessi italiani favorirono, più o meno volontariamente, la falsa immag<strong>in</strong>e di una<br />

“grandiosa” macch<strong>in</strong>a propagandistica, attraverso un’attività nel mondo arabo che era tutto,<br />

tranne discreta. Come osservarono i francesi <strong>in</strong> Siria, piuttosto sconcertati, mentre i tedeschi<br />

avevano cura di evitare qualsiasi azione che potesse guastare i rapporti con la Francia,<br />

soprattutto rifiutando qualsiasi avance da parte dei nazionalisti arabi 209 , l’attività <strong>fascista</strong> non<br />

solo non era nascosta, ma chiassosamente ostentata 210 . Nel mandato francese le comunità<br />

italiane, con <strong>in</strong> testa i rappresentanti consolari, sfidavano apertamente l’<strong>in</strong>fluenza e l’autorità<br />

della Francia 211 . Ciò portava i francesi, comprensibilmente, a sopravvalutare gli sforzi<br />

propagandistici del governo di Roma 212 . In generale, la “<strong>politica</strong> musulmana” dell’Italia<br />

206 ASMAI, Libia 150/32, F. 148, Tel. 202629, Roma 23 gennaio 1936, f.to il capo dell’Ufficio IV della<br />

Direzione Generale Europa, Africa e Levante, Giovanni Battista Guarnaschelli<br />

207 Vedi il Cap. 6, pp. 220-221<br />

208 N. Arielli, Fascist Italy and the Middle East, cit., p. 52 et ss.<br />

209 Götz Nordbruch, Nazism <strong>in</strong> Syria and Lebanon. The ambivalence of the German option, 1933-1945,<br />

Routledge, London 2009, p. 32<br />

210 LC, E-Levant, Syrie-Liban, 457, N° 136, Beirut 24 febbraio 1931, l’Alto Commissario, Henri Ponsot, al<br />

m<strong>in</strong>istro degli Esteri, Aristide Briand<br />

211 Vedi il Cap. 4, p. 133, e il Cap. 5, pp. 149-153<br />

212 Un errore che può trarre <strong>in</strong> <strong>in</strong>ganno gli studiosi: Jennifer Dueck, ad esempio, ha scritto che i consolati italiani<br />

<strong>in</strong> Siria e Libano erano “generosamente f<strong>in</strong>anziati” da Roma, il che, come si vedrà nella seconda parte di questa

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