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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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dei giornali, che venivano duramente colpiti dal punto di vista economico. In secondo luogo,<br />

il divieto di <strong>in</strong>troduzione di un giornale <strong>in</strong> Italia e nelle sue colonie, per quanto non potesse<br />

avere conseguenze molto gravi, rappresentava pur sempre una potenziale perdita di lettori. Ma<br />

nei rapporti con la stampa araba, il governo <strong>fascista</strong> preferiva <strong>in</strong> genere la carota al bastone. I<br />

provvedimenti repressivi erano considerati una estrema ratio. Gli italiani cercavano piuttosto<br />

di modificare le posizioni ostili con blandizie; ad esempio, nel luglio 1936, era comparsa <strong>in</strong><br />

Egitto la rivista al-Rabita al-‘Arabiyya, che f<strong>in</strong> dal primo numero aveva attaccato la <strong>politica</strong><br />

coloniale italiana. La legazione al Cairo aveva cercato di conv<strong>in</strong>cere il suo direttore, Am<strong>in</strong><br />

Saʻid, che non aveva «alcun <strong>in</strong>teresse ad <strong>in</strong>imicarsi l’Italia» 140 . Solo dopo che questi si era<br />

mostrato irriducibile, <strong>in</strong> ottobre, era stato deciso il divieto di <strong>in</strong>troduzione <strong>in</strong> Italia e nelle sue<br />

colonie 141 . Gli italiani tendevano <strong>in</strong>oltre a mostrare una certa flessibilità, lasciando ai giornali<br />

che beneficiavano, <strong>in</strong> maniera più o meno diretta, delle loro agevolazioni, una certa libertà<br />

nella l<strong>in</strong>ea editoriale. Si trattava <strong>in</strong> effetti di una scelta obbligata, non solo perché<br />

difficilmente un giornale si limitava a ricevere sovvenzioni da una sola fonte, ma soprattutto<br />

perché, se la <strong>propaganda</strong> diveniva troppo scoperta, il suo effetto diveniva pari a zero. Nel<br />

maggio 1935, Italo Balbo chiese <strong>in</strong>furiato l’immediata disdetta degli abbonamenti italiani ad<br />

al-Jami‘a al-Islamiyya, che nonostante i benefici di cui godeva cont<strong>in</strong>uava a condurre una<br />

«attiva <strong>propaganda</strong> antitaliana», e la sua <strong>in</strong>terdizione <strong>in</strong> Italia e nelle colonie:<br />

Essendo ormai provato che trattasi di un giornale di spiccata tendenza anticolonialista e pan<strong>islamica</strong> e<br />

specializzato anche nella lotta antisionistica ed antisemita, ritengo necessario che codesto M<strong>in</strong>istero<br />

riesam<strong>in</strong>i la opportunità di impartire istruzioni alla nostra autorità Consolare di Gerusalemme aff<strong>in</strong>ché<br />

d’ora <strong>in</strong> poi si astenga dall’<strong>in</strong>viare nelle nostre colonie le concordate c<strong>in</strong>quanta copie di ogni numero di<br />

detto giornale.<br />

Per conto mio ho impartito tassative disposizioni aff<strong>in</strong>ché tutte le copie di detto giornale che<br />

periodicamente pervenissero sia ad enti privati od a privati, siano sequestrate 142 .<br />

Il console a Gerusalemme, tuttavia, pur ammettendo che al-Jami‘a al-Islamiyya, dopo due<br />

anni <strong>in</strong> cui era stato apertamente «italofilo», aveva cambiato atteggiamento <strong>in</strong> seguito alle<br />

prime tensioni italo-abiss<strong>in</strong>e, gettava acqua sul fuoco, osservando come difficilmente la<br />

stampa araba potesse appoggiare scopertamente una potenza coloniale senza perdere<br />

credibilità:<br />

Quanto alle manifestazioni panislamiche, esse sono comuni, direi quasi “obbligatorie” a tutti i giornali<br />

musulmani, maggiori e m<strong>in</strong>ori, che si stampano <strong>in</strong> questi paesi. Sono manifestazioni a volte tanto più<br />

focose quanto più riescono platoniche; e <strong>in</strong> genere lasciano i lettori assolutamente <strong>in</strong>differenti. Ogni tanto<br />

vengono lanciate idee e proposte, senza che i loro stessi autori vi prest<strong>in</strong>o fede.<br />

[...]<br />

Data la mentalità qui dom<strong>in</strong>ante sarebbe assai difficile che un giornale arabo di questi paesi, pur<br />

mostrandosi ossequente o benevole [sic] verso la <strong>politica</strong> di una qualsiasi Potenza europea, r<strong>in</strong>unci a<br />

spezzar lancie [sic] <strong>in</strong> favore delle gerarchie ideologiche del panarabismo o dell’antisionismo. L’ossequio<br />

o la benevolenza possono manifestarsi solo con l’astensione da attacchi verso quella determ<strong>in</strong>ata Potenza<br />

(agli occhi di questi orientali i maggiori stati europei sono tutti da combattersi come “imperialisti” e<br />

“colonizzatori”) e con la pubblicazione di articoli ad essa specialmente favorevoli, ma la libertà di<br />

combattere, sia pure platonicamente per gli “ideali” arabi rimane sempre salva e riservata! 143<br />

Il consolato a Damasco, nel 1937, <strong>in</strong>terrogato su quali giornali <strong>siria</strong>ni dovessero essere<br />

proibiti <strong>in</strong> Italia e nelle colonie, espresse delle idee analoghe: «tutta la stampa di l<strong>in</strong>gua araba<br />

di Damasco benché non sia <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea di massima contraria al Regime Fascista, essendo pervasa<br />

140<br />

ASMAI, Libia 150/34 F. 155, Tel. 67127, 14 luglio 1936, Colucci al Governo della Libia<br />

141<br />

ASMAI, Libia 150/34 F. 155, Tel. 8286/c, Roma 13 ottobre 1936, il MSP al MdI<br />

142<br />

ASMAI, Libia 150/34 F. 155, Tel. 6657, Tripoli 15 maggio 1935, il governatore della Libia, Italo Balbo, al<br />

M<strong>in</strong>istero delle Colonie<br />

143<br />

ASMAI, Libia 150/34, F. 155, Tel. 67987, 13 agosto 1935, Del Giudice al Governo della Libia<br />

61

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