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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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dal M<strong>in</strong>istero degli Esteri, al quale erano state proposte una serie di opzioni 59 . Evidentemente,<br />

anche soltanto il fatto di prospettare agli arabi un qualche “avvenire” era considerato troppo<br />

rischioso.<br />

Un’altra <strong>in</strong>iziativa di carattere “filo-islamico”, che si risolse anch’essa <strong>in</strong> un fallimento, fu<br />

la proposta di costruire una moschea e di un centro di studi islamici a Roma. In realtà, l’idea<br />

era di vecchia data, visto che Enrico Insabato aveva cercato di promuovere un’<strong>in</strong>iziativa di<br />

questo tipo già nel 1903 60 , e successivamente anche il Re Vittorio Emanuele III fece propria<br />

l'idea della moschea a Roma 61 . Nel 1930, l’architetto Ernesto “Verrucci bey” 62 si presentò a<br />

Cantalupo, allora m<strong>in</strong>istro d’Italia <strong>in</strong> Egitto, affermando di essere stato <strong>in</strong>caricato di studiare il<br />

progetto di una moschea, ad uso dei i sudditi coloniali che si recavano a Roma, direttamente<br />

dal Gab<strong>in</strong>etto della Presidenza del Consiglio 63 , che tuttavia negò decisamente ogni contatto<br />

con lui 64 . L’ipotesi di costruire una moschea, un centro di studi islamici e una biblioteca<br />

venne nuovamente discussa, anche con il M<strong>in</strong>istero delle Colonie, durante la visita di<br />

Muhammad Iqbal a Roma nel dicembre <strong>1932</strong>, e venne rilanciata dal console a Calcutta, G<strong>in</strong>o<br />

Scarpa, <strong>in</strong> seguito alla ripresa della campagna anti-italiana, nella primavera del 1933. Secondo<br />

Scarpa, l’<strong>in</strong>iziativa non doveva partire dal governo, perché non fosse palese il suo scopo<br />

politico, ma da «qualche gruppo musulmano», preferibilmente quello <strong>in</strong>diano, non<br />

direttamente co<strong>in</strong>volto nelle questioni mediterranee, e perciò considerato più adatto a mediare<br />

fra l’Italia e gli arabi musulmani. Delle moschee esistevano già a Londra, Parigi e Berl<strong>in</strong>o,<br />

osservava il console, e la costruzione di una a Roma non era da considerare un pericolo: «se<br />

quattro o c<strong>in</strong>que così detti <strong>in</strong>tellettuali si convertissero, non sarà grande perdita per la Chiesa<br />

Cattolica e potrà essere utile a noi sotto altri rispetti» 65 . Anche Pagliano, dal Cairo, appoggiò<br />

la proposta, che era emersa già «una vent<strong>in</strong>a di mesi or sono», qu<strong>in</strong>di già alla f<strong>in</strong>e del 1931,<br />

nel periodo delle proteste a seguito della presa di Kufra, e dell’esecuzione di al-Mukhtar.<br />

Suggerì però che l’<strong>in</strong>iziativa, per evitare difficoltà politiche con la Gran Bretagna, fosse<br />

portata avanti da sudditi coloniali italiani, così che apparisse una questione <strong>in</strong>terna, che<br />

avrebbe comunque dato i suoi benefici d’immag<strong>in</strong>e, dimostrando che l’Italia curava il<br />

progresso dei musulmani e ne tutelava le tradizioni 66 .<br />

Il M<strong>in</strong>istero degli Esteri, mostrandosi <strong>in</strong>teressato al progetto, chiese un parere preventivo a<br />

quello delle Colonie, nel giugno 1934. La risposta di Lessona, ad ottobre, fu negativa: mentre<br />

la costruzione di una o più moschee <strong>in</strong> Italia non sembrava particolarmente utile a migliorare<br />

l’immag<strong>in</strong>e del paese nel mondo islamico, l’esperienza mostrava i pericoli di far studiare i<br />

sudditi coloniali nella penisola: «tolti dal loro ambiente e posti ad immediato contatto <strong>–</strong> <strong>in</strong><br />

Italia così come <strong>in</strong> qualsiasi altro paese europeo <strong>–</strong> con la civiltà occidentale, f<strong>in</strong>iscono con<br />

l’assorbire quanto può esservi di non buono, o <strong>in</strong> ogni caso di meno adatto ai loro costumi ed<br />

alla loro mentalità, e subiscono facilmente la suggestione di ideologie assolutamente contrarie<br />

alla accettazione dello stato politico dei loro paesi». La costruzione di un centro di studi<br />

islamici era opportuna, piuttosto, a Tripoli o <strong>in</strong> un’altra città delle colonie; per quanto<br />

riguardava la moschea, essa poteva essere costruita solo se la sua necessità fosse stata<br />

espressa dai sudditi coloniali, e non promossa direttamente dal governo, soprattutto per<br />

59<br />

ACS, M<strong>in</strong>culpop, Gab. II, B. 2, Nota non firmata, 15 gennaio X (<strong>1932</strong>)<br />

60<br />

A. Bald<strong>in</strong>etti, Orientalismo e colonialismo, cit., p. 37<br />

61<br />

Salvatore Bono, “Per una moschea a Roma agli <strong>in</strong>izi del secolo. Un'idea di Vittorio Emanuele III”, <strong>in</strong> Islam.<br />

Storia e civiltà, VIII, 26, gennaio-marzo 1989, pp. 15-19<br />

62<br />

Ernesto Verrucci fu architetto capo dei palazzi reali egiziani dal 1919 al 1936, e architetto capo onorario dal<br />

1938: M. Petricioli, Oltre il mito, cit., pp. 18-19<br />

63<br />

ASMAE, AP, Libia 7, Tel. 161(4 ?)/435, Cairo 16 maggio 1930, Cantalupo al MAE<br />

64<br />

ASMAE, AP, Libia 7, “Erezione di una moschea <strong>in</strong> Roma”, Riservata Urgente del MAE, senza data né firma<br />

65<br />

ASMAE, AP , Libia 7, Tel. 842/77, Calcutta 18 aprile 1933, il console generale, G<strong>in</strong>o Scarpa, al m<strong>in</strong>istro degli<br />

Esteri, Mussol<strong>in</strong>i<br />

66<br />

ASMAE, AP , Libia 7, Tel. 1702/441, Cairo 2 maggio 1933, il m<strong>in</strong>istro al Cairo, Emilio Pagliano, al MAE<br />

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