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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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un atteggiamento al limite del grottesco, il MAI stilò un documento, def<strong>in</strong>ito «delirante» da<br />

Ra<strong>in</strong>ero, <strong>in</strong> cui venivano formulate c<strong>in</strong>que proposte per il futuro della Tunisia, sotto controllo<br />

italiano 168 . Gli obiettivi africani del fascismo non erano <strong>in</strong> alcun modo negoziabili.<br />

Anche le idee sulla futura sistemazione del Vic<strong>in</strong>o Oriente vennero elaborate nel dettaglio<br />

solo dopo il <strong>1940</strong>, soprattutto perché la debolezza della posizione italiana rendeva <strong>in</strong>utile la<br />

stesura di progetti che non avevano prospettive di realizzazione a breve term<strong>in</strong>e. Ma le loro<br />

l<strong>in</strong>ee guida si ritrovano espresse <strong>in</strong> maniera implicita <strong>in</strong> tutti i discorsi e gli scritti del “duce”,<br />

degli uom<strong>in</strong>i politici e degli <strong>in</strong>tellettuali fascisti, oltre che nelle corrispondenze diplomatiche e<br />

nei documenti ufficiali. La visione <strong>fascista</strong> del “nuovo ord<strong>in</strong>e” Mediterraneo giunse alla sua<br />

elaborazione più compiuta ed ambiziosa, probabilmente, con la proposta sottoposta alla<br />

Germania ed ai nazionalisti arabi alleati dell’Asse, nel gennaio del 1942, di una cosiddetta<br />

«Commonwealth Mediterranea». Questa entità <strong>politica</strong>, che avrebbe potuto prendere il nome<br />

di «Impero Mediterraneo», avrebbe raggruppato la totalità degli stati che si affacciavano su<br />

quel mare: oltre ai paesi arabi, qu<strong>in</strong>di, ne avrebbero fatto parte Spagna, Grecia e Turchia. La<br />

natura esatta del legame politico che avrebbe unito queste nazioni non era chiara, ma <strong>–</strong><br />

ovviamente <strong>–</strong> il collante spirituale fra questi paesi sarebbe stata la civiltà romanica, cioè<br />

italica, e l’Italia sarebbe stato il fulcro della loro unione, sebbene non <strong>in</strong> posizione egemonica,<br />

bensì di «prima <strong>in</strong>ter pares». In ogni caso, sosteneva il documento, il concetto delle<br />

«<strong>in</strong>dipendenze assolute» era logoro ed <strong>in</strong>efficace, ed andava abbandonato, <strong>in</strong> quanto portava<br />

<strong>in</strong>evitabilmente a «tendenze egemoniche e a pericolosi antagonismi» 169 . Tralasciando ogni<br />

valutazione sulla fattibilità di un simile progetto, è evidente che esso rappresentava il tentativo<br />

di tradurre nella pratica i concetti espressi da Mussol<strong>in</strong>i già nel 1934 nel discorso agli studenti<br />

asiatici e <strong>in</strong> quello del 18 marzo, quando parlò delle direttrici naturali dell’espansione italiana,<br />

e della ripresa della collaborazione fra Oriente e Occidente, sotto l’<strong>in</strong>segna della r<strong>in</strong>ata civiltà<br />

mediterranea e romana. Anche l’idea dell’<strong>in</strong>dipendenza “limitata” dei paesi del Vic<strong>in</strong>o<br />

Oriente circolava comunemente fra gli uom<strong>in</strong>i del fascismo, conv<strong>in</strong>ti che le relazioni<br />

<strong>in</strong>ternazionali fossero necessariamente fondate su un ord<strong>in</strong>e gerarchico; <strong>in</strong> cima vi erano<br />

poche grandi potenze, e le altre nazioni <strong>in</strong>dipendenti erano dest<strong>in</strong>ate a far parte della sfera<br />

egemonica di una di esse. Ad esempio, sia console italiano a Beirut, Attilio De Cicco, che il<br />

suo collega a Damasco, Caruso, erano conv<strong>in</strong>ti che l’<strong>in</strong>fluenza della Francia nel Levante fosse<br />

dest<strong>in</strong>ata a tramontare, e davano per scontato che vi sarebbe stata una lotta fra diverse nazioni,<br />

per prendere il suo posto. Per nazioni deboli come il Libano, il “sostegno” di una potenza più<br />

grande era semplicemente <strong>in</strong>dispensabile, oltre che <strong>in</strong>evitabile 170 . Osservando l’azione <strong>politica</strong><br />

italiana nei confronti dei paesi del Vic<strong>in</strong>o Oriente, nel corso degli anni Trenta, appare chiaro<br />

come essa fosse rivolta, <strong>in</strong> una prospettiva di lungo periodo, a realizzare l’ambizione di<br />

scalzare l’<strong>in</strong>fluenza di Gran Bretagna e Francia, ed imporre quella dell’Italia. Tale <strong>in</strong>fluenza si<br />

sarebbe dovuta basare su un sistema di rapporti politici che, <strong>in</strong> sostanza, corrispondeva alla<br />

“Commonwealth Mediterranea”, proposta <strong>in</strong> maniera compiuta solamente nel 1942.<br />

168 Ivi, pp. 262-63<br />

169 Ivi, pp. 146-47. L’<strong>in</strong>tero documento è riportato alle pp. 201-204<br />

170 ASMAE, AP, Siria 10, F. 12, Tel. 1825/556, Beirut 8 novembre 1933, il console generale, Attilio De Cicco,<br />

al MAE. De Cicco era un <strong>fascista</strong> conv<strong>in</strong>to: fu tra i fondatori del Fascio di Foggia, dove divenne Federale;<br />

console all’estero per diversi anni, dopo il suo ritorno da Beirut nel 1937 fu nom<strong>in</strong>ato a capo della Direzione<br />

Generale degli Italiani all’Estero, al posto di Piero Par<strong>in</strong>i, e vi rimase f<strong>in</strong>o al 25 luglio 1943. Nel 1944 venne<br />

nom<strong>in</strong>ato al Gab<strong>in</strong>etto del M<strong>in</strong>istero degli Esteri della R.S.I.: cfr. Giuseppe Bottai, Diario 1935 <strong>–</strong> 1944 (a cura di<br />

Giordano Bruno Guerri), BUR, Milano 2001, p. 552; Luca De Caprariis, “I Fasci italiani all’estero”, <strong>in</strong> Emilio<br />

Franz<strong>in</strong>a e Matteo Sanfilippo (a cura di), Il fascismo e gli emigrati. La parabola dei Fasci italiani all’estero<br />

(1920 <strong>–</strong> 1943), Laterza, Bari 2003, p. 20; Mar<strong>in</strong>o Viganò, Il M<strong>in</strong>istero degli Affari Esteri e le relazioni<br />

<strong>in</strong>ternazionali della Repubblica Sociale Italiana, Edizioni Universitarie Jaca, Milano 1991, pp. 45-46 e p. 521<br />

(vedi il Cap. 4 di questa tesi, pp. 142-148)

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