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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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la constatazione che essa era circoscritta al Vic<strong>in</strong>o Oriente, <strong>in</strong>teso come l’<strong>in</strong>sieme dei paesi<br />

arabi asiatici più l’Egitto, mentre non riguardava <strong>in</strong> alcun modo il resto del Nord Africa. I<br />

paesi del Vic<strong>in</strong>o Oriente, dove ormai il nazionalismo si era largamente affermato, non<br />

potevano più essere ridotti a colonie; apparivano dest<strong>in</strong>ati a divenire <strong>in</strong>dipendenti, anche se<br />

ciò non escludeva una qualche forma di egemonia <strong>politica</strong> ed economica, da parte di una o più<br />

potenze europee. In parte, si trattava di una implicita ammissione di impotenza: l’Italia aveva<br />

delle posizioni piuttosto deboli nel Mediterraneo orientale, con l’unico avamposto territoriale<br />

costituito dal Dodecaneso. L’unico modo che aveva per estendere la propria <strong>in</strong>fluenza <strong>in</strong><br />

quella regione era di appoggiarsi ai movimenti nazionalisti arabi, che condividevano<br />

l’obiettivo italiano di scalzare la presenza franco-britannica, nella speranza di guadagnare nei<br />

loro confronti un certo ascendente politico. Nelle <strong>in</strong>tenzioni italiane, l’egemonia italiana nella<br />

regione avrebbe potuto qu<strong>in</strong>di essere garantita, <strong>in</strong> futuro, da un sistema di trattati bilaterali, sul<br />

modello della <strong>politica</strong> britannica di empire by treaty.<br />

Invece, il dom<strong>in</strong>io coloniale sui paesi del Nord Africa, dal Marocco alla Libia, era un dato<br />

di fatto che non poteva essere messo <strong>in</strong> discussione. Semplicemente, per il fascismo, non<br />

esisteva la possibilità che l’Europa abdicasse al suo compito di civilizzazione, una volta che<br />

esso era stato <strong>in</strong>trapreso. Il fascismo cercò di stabilire una netta separazione fra Nord Africa e<br />

Oriente Arabo, a partire dal piano concettuale. Mussol<strong>in</strong>i, <strong>in</strong> uno dei suoi più importanti<br />

discorsi, <strong>in</strong> cui def<strong>in</strong>ì gli obiettivi a lungo term<strong>in</strong>e dell’Italia <strong>fascista</strong> <strong>in</strong> Asia e Africa, operò<br />

una dist<strong>in</strong>zione semantica per nulla casuale, parlando di «nazioni» dell’Oriente, mentre per<br />

l’Africa utilizzò il più neutrale term<strong>in</strong>e «genti» 148 . Nel tentativo di negare l’unità etnica degli<br />

arabi, che costituiva un concetto <strong>politica</strong>mente pericoloso, <strong>in</strong> quanto poteva mettere sullo<br />

stesso piano le lotte politiche <strong>in</strong> Asia e <strong>in</strong> Africa, lo studioso Ettore Rossi aveva preferito<br />

dist<strong>in</strong>guere, con una s<strong>in</strong>golare perifrasi, «gli arabi del Vic<strong>in</strong>o Oriente» dai «musulmani di<br />

l<strong>in</strong>gua araba dell’Africa settentrionale»; anche se, nel suo discorso, aveva dovuto ammettere<br />

l’esistenza di una crescente solidarietà culturale e religiosa fra le due componenti 149 . Dopo<br />

l’adozione delle leggi razziali, si com<strong>in</strong>ciarono ad usare anche argomentazioni di tipo razzista,<br />

per dist<strong>in</strong>guere fra arabi orientali e africani. Lessona negò decisamente che esistesse un<br />

pericolo per la presenza europea <strong>in</strong> Nord Africa. Le popolazioni di queste regioni non erano,<br />

<strong>in</strong>nanzitutto, di pura razza araba, ma costituivano un «complesso [...] ibrido di popolazioni»,<br />

arabe e berbere, <strong>in</strong>capaci di costruire da soli «una impalcatura sociale moderna e duratura» 150 .<br />

Gli stessi arabi “puri”, dopo avere conquistato vasti territori <strong>in</strong> virtù della loro rude forza, non<br />

erano mai stati <strong>in</strong> grado, per le caratteristiche <strong>in</strong>site nella loro psicologia, di creare un’unità<br />

sociale e religiosa. Ost<strong>in</strong>atamente <strong>in</strong>dividualisti, legati ad una fede «ist<strong>in</strong>tiva ed eccessiva» <strong>in</strong><br />

cui «non trova posto nessun concetto di miglioramento, di perfezionamento, di progresso»,<br />

privi del «concetto organizzativo», gli arabi non potevano costituire un vero pericolo per<br />

l’azione europea <strong>in</strong> Africa settentrionale, dove il problema politico rimaneva, dunque, quello<br />

dei rapporti fra colonizzatori e colonizzati 151 .<br />

Una netta dist<strong>in</strong>zione fra la <strong>politica</strong> araba <strong>in</strong> Africa ed Asia era esplicitamente teorizzata<br />

anche <strong>in</strong> una relazione di massima sulla <strong>politica</strong> araba, redatta per il m<strong>in</strong>istro degli Esteri nel<br />

luglio 1936, che divideva i paesi africani sotto controllo europeo da quelli «dell’Oriente e<br />

dell’Arabia, <strong>in</strong>dipendenti o dest<strong>in</strong>ati a diventare <strong>in</strong>dipendenti». Nel Nord Africa, l’azione<br />

italiana doveva «soprattutto mirare a valorizzare quanto da noi si è fatto e si farà <strong>in</strong> Libia,<br />

scemando l’importanza e il valore di quanto gli altri hanno fatto altrove», cioè limitarsi a<br />

promuovere la <strong>politica</strong> coloniale dell’Italia a scapito di quella francese e britannica; mentre<br />

148<br />

“S<strong>in</strong>tesi del regime”, discorso pronunciato a Roma il 18 marzo 1934, <strong>in</strong> B. Mussol<strong>in</strong>i, Opera omnia, cit., Vol.<br />

XXVI, pp. 191-192<br />

149<br />

Anton<strong>in</strong>o Pellitteri, Introduzione allo studio della storia contemporanea del Mondo arabo, Laterza, Bari<br />

2008, pp. 155-156<br />

150 A. Lessona, L’Africa settentrionale, cit., p. 9<br />

151 Ivi, pp. 10-12

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