politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)
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della visione <strong>fascista</strong>, non era una potenza mediterranea, ed era dunque un’<strong>in</strong>trusa, che doveva<br />
essere ricacciata al di fuori del “mare nostrum”. Il suo controllo su Gibilterra e Suez<br />
costituiva il pr<strong>in</strong>cipale ostacolo alla libertà italiana. Solo Spagna e Francia, potenze<br />
“parzialmente” mediterranee, avevano dei limitati diritti sul bac<strong>in</strong>o occidentale del<br />
Mediterraneo; il resto era considerato di competenza italiana 115 . Non tutti, ovviamente,<br />
all’<strong>in</strong>terno del regime erano anti-britannici, per conv<strong>in</strong>zione, o per il semplice timore della<br />
potenza della Gran Bretagna, per cui un aperto scontro non appariva auspicabile. Mussol<strong>in</strong>i, e<br />
gran parte degli uom<strong>in</strong>i del regime, avrebbero preferito risolvere pacificamente i contrasti<br />
italo-britannici, ovviamente con una revisione degli equilibri mediterranei <strong>in</strong> favore<br />
dell’Italia. La Gran Bretagna avrebbe dovuto riconoscere che il Mediterraneo era, per essa,<br />
solo una via di comunicazione, mentre per l’Italia, come affermò solennemente il “duce”, era<br />
la «vita» stessa 116 . In pratica, era una richiesta di mano libera nel “mare nostrum”, <strong>in</strong> cambio<br />
di una generica garanzia degli <strong>in</strong>teressi britannici. In questo caso, dei buoni rapporti italobritannici<br />
non costituivano un traguardo <strong>in</strong> sé, bensì un punto di partenza su cui fondare una<br />
<strong>politica</strong> di espansione, della quale avrebbe fatto le spese qualcun altro. Ed <strong>in</strong>fatti, dopo gli<br />
accordi di Pasqua del 1938, l’Italia assunse un atteggiamento sempre più aggressivo verso la<br />
Francia. La teoria della “carta araba” come semplice mezzo di pressione verso i britannici si<br />
basa sulla constatazione che la <strong>politica</strong> filo-<strong>islamica</strong> venne abbandonata, subito dopo gli<br />
accordi di Pasqua. In realtà, come ha giustamente messo <strong>in</strong> rilievo Nir Arielli, solo l’attività<br />
antibritannica “negativa” venne sospesa <strong>–</strong> la <strong>propaganda</strong> e il sostegno materiale alla rivolta<br />
palest<strong>in</strong>ese <strong>–</strong> mentre la <strong>politica</strong> “positiva”, ovvero il tentativo di estendere l’<strong>in</strong>fluenza italiana<br />
nel Vic<strong>in</strong>o Oriente, non venne meno 117 . Inoltre, si tratta di un’<strong>in</strong>terpretazione che tiene conto<br />
quasi esclusivamente dell’azione italiana nei paesi sotto egemonia britannica (<strong>in</strong> particolare<br />
Palest<strong>in</strong>a, Egitto e Arabia Saudita). Ma, come si dimostrerà nei capitoli successivi, l’attività<br />
propagandistica <strong>fascista</strong> nei dom<strong>in</strong>i francesi del Mediterraneo non fu <strong>in</strong>fluenzata dagli accordi<br />
di Pasqua; la “<strong>politica</strong> <strong>islamica</strong>” fu piuttosto adattata alla nuova situazione <strong>politica</strong>, senza<br />
vedere alcuna <strong>in</strong>terruzione. A dimostrarlo, fra le altre cose, sta il fatto che gli italiani<br />
rifiutarono di dare assicurazioni sul loro dis<strong>in</strong>teresse e non-<strong>in</strong>terferenza sulla Siria, nel corso<br />
delle trattative con i britannici 118 . Dopo gli accordi di Pasqua, gli italiani rivolsero i loro<br />
appetiti verso i dom<strong>in</strong>i francesi, con un’escalation culm<strong>in</strong>ata nelle rivendicazioni del 30<br />
novembre 1938, alla camera dei deputati 119 .<br />
Luigi Goglia, senza dubbio uno degli studiosi più attenti del colonialismo e della <strong>politica</strong><br />
orientale del fascismo, ha aggiornato e precisato la tesi di De Felice. Anch’egli ha sostenuto<br />
che negli anni Trenta Mussol<strong>in</strong>i e Ciano non ebbero una <strong>politica</strong> araba con proprie f<strong>in</strong>alità e<br />
con una visione strategica precisa, e si limitarono a creare «diversivi e pressioni» verso la<br />
Gran Bretagna. Ha però osservato come i diplomatici nel mondo arabo, al contrario, avessero<br />
una visione più ampia e considerassero «i contatti, le <strong>in</strong>tese con gli arabi, le sovvenzioni a<br />
questi accordate, la <strong>propaganda</strong> verso il mondo arabo ed islamico e la stessa <strong>politica</strong> <strong>in</strong>digena<br />
<strong>in</strong> Libia come parti, come momenti di una unica e coerente <strong>politica</strong> araba dell’Italia» 120 . È<br />
<strong>in</strong>dubbio che da Roma, nella gran parte dei casi, Mussol<strong>in</strong>i e Ciano tendessero a<br />
ridimensionare le ambizioni e le sp<strong>in</strong>te che venivano dai personaggi direttamente co<strong>in</strong>volti<br />
nella <strong>politica</strong> araba, <strong>in</strong> virtù di considerazioni di carattere più generale riguardo alle priorità<br />
della <strong>politica</strong> estera italiana. Un esempio vistoso, proprio <strong>in</strong> occasione degli accordi di<br />
Pasqua, è dato dal modo <strong>in</strong> cui Ciano rifiutò la proposta di Carlo Enderle, che faceva da<br />
tramite con il nazionalismo palest<strong>in</strong>ese, di “capitalizzare” il prestigio italiano <strong>in</strong> Oriente<br />
115<br />
A. Lessona, L’Africa settentrionale, cit., pp. 5-23; C. Giglio, Politica estera italiana, cit., pp. 64-69<br />
116<br />
R. De Felice, Mussol<strong>in</strong>i il duce. II. Lo Stato totalitario, cit., p. 354<br />
117<br />
N. Arielli, Fascist Italy and the Middle East, cit., p. 131<br />
118<br />
Ivi, p. 136<br />
119<br />
Ivi, pp. 138-140<br />
120<br />
L. Goglia, “Il Mufti e Mussol<strong>in</strong>i”, cit., pp. 1208-1209