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politica islamica e propaganda fascista in siria e libano (1932 – 1940)

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all’<strong>in</strong>terno di un ord<strong>in</strong>e precostituito, il fascismo risentisse dell’<strong>in</strong>fluenza del pensiero<br />

cattolico, e che da ciò, <strong>in</strong> parte, derivassero le differenze con il neo-paganesimo nazista.<br />

Nella cultura <strong>fascista</strong> non è esistita, f<strong>in</strong>o al 1938, un’elaborazione approfondita di teorie<br />

razziste, tanto da far escludere agli storici che il razzismo fosse una caratteristica costitutiva<br />

dell’ideologia di Mussol<strong>in</strong>i, e del fascismo <strong>in</strong> genere. In realtà il riferimento alla “razza” era<br />

ricorrente nei discorsi del “duce”, ma i suoi contorni erano ambigui: con essa si faceva<br />

riferimento alla stirpe, alla nazione, agli italiani <strong>in</strong> genere. Le sue idee sulla razza erano legate<br />

all’eugenetica ed alla demografia, piuttosto che all’idea di una gerarchia tra razze basata su<br />

fondamenti biologici, così come venne elaborata dal nazismo 107 . F<strong>in</strong>o alla nascita dell’Asse<br />

Roma-Berl<strong>in</strong>o, il naturalismo di stampo positivista ed il darw<strong>in</strong>ismo sociale, su cui il nazismo<br />

fondava le proprie idee razziali, furono apertamente criticati e derisi dalla gran parte degli<br />

<strong>in</strong>tellettuali fascisti. Ciò che il fascismo rifiutava, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea di pr<strong>in</strong>cipio, era l’idea<br />

dell’immutabilità del dato razziale, <strong>in</strong> quanto naturale e genetico: essa contrastava con l’ideale<br />

universale <strong>fascista</strong>, che vagheggiava una trasformazione antropologica dell’uomo europeo da<br />

compiersi grazie alla luce della nuova civiltà romana. D’altra parte, il fatto che il fascismo<br />

negasse l’esistenza di una scala permanente di valori razziali, non significa che rifiutasse<br />

l’idea di una gerarchia tra i popoli, seppur basata sulla cultura e lo “spirito”: anzi, essa era<br />

centrale nella concezione <strong>fascista</strong> dei rapporti <strong>in</strong>ternazionali. Il razzismo <strong>fascista</strong>, così come<br />

venne codificato a partire dalla pubblicazione del “Manifesto della razza” nel 1938, si def<strong>in</strong>ì<br />

“spirituale”, nel senso che all’<strong>in</strong>terno dello Stato <strong>fascista</strong> gli italiani erano dest<strong>in</strong>ati a<br />

recuperare lo spirito della razza, grazie al quale i loro antenati avevano fondato l’Impero<br />

romano, e imposto ai popoli sottomessi la propria civiltà superiore 108 . In questo senso,<br />

Mussol<strong>in</strong>i affermava che gli italiani dovevano restaurare l’ideale dell’imperialismo romano,<br />

ponendosi nuovamente all’avanguardia della civiltà mondiale, e guidandola verso il futuro.<br />

L’imperialismo <strong>fascista</strong> si presentava come animato da uno spirito missionario e pacifico; la<br />

forza veniva esercitata laddove ve ne fosse la necessità, vale a dire quando la diffusione della<br />

luce della civiltà fosse messa <strong>in</strong> pericolo, o ostacolata da forze esterne. Chi accettava di<br />

adottare i pr<strong>in</strong>cipi della potenza dom<strong>in</strong>atrice godeva dei benefici del suo progresso e della sua<br />

superiorità morale e materiale; chi <strong>in</strong>vece si rifiutava, andava costretto con la forza a<br />

sottomettersi, per il suo stesso bene. L’ambiguità e la debolezza di questa concezione erano<br />

evidenti, soprattutto perché il razzismo <strong>fascista</strong> ammetteva esclusivamente la possibilità di un<br />

progresso limitato dei popoli <strong>in</strong>feriori, i quali non potevano <strong>in</strong> alcun caso giungere allo stesso<br />

livello di civiltà dell’Italia <strong>fascista</strong>. Il fascismo, a differenza del nazismo, si mostrava disposto<br />

a promuovere il benessere dei popoli <strong>in</strong>feriori all’<strong>in</strong>terno del suo impero, <strong>in</strong> una visione<br />

paternalistico-autoritaria, ma non certo a mettere <strong>in</strong> discussione l’esistenza di una rigida e<br />

def<strong>in</strong>itiva gerarchia fra dom<strong>in</strong>atori e dom<strong>in</strong>ati. All’atto pratico, <strong>in</strong>somma, le vittime designate<br />

non avrebbero trovato differenze significative fra il razzismo biologico nazista, e quello<br />

“spirituale” del fascismo.<br />

107 Ivi, pp. 195-197<br />

108 Nicola Labanca ha criticato Renzo De Felice, il quale aveva sottol<strong>in</strong>eato la natura “spirituale” del razzismo<br />

<strong>fascista</strong>, sostenendo che si tratta di un modo di m<strong>in</strong>imizzarne la portata, e di sottol<strong>in</strong>earne la “moderazione”<br />

(Nicola Labanca, “Il razzismo coloniale italiano”, <strong>in</strong> Alberto Burgio (a cura di), Nel nome della razza. Il<br />

razzismo nella storia d’Italia 1870 <strong>–</strong> 1945, Il Mul<strong>in</strong>o, Bologna 2000, p. 158). A scanso di equivoci, voglio<br />

sottol<strong>in</strong>eare che, nel cercare di descrivere sommariamente le caratteristiche ideologiche del razzismo <strong>fascista</strong> <strong>–</strong><br />

qu<strong>in</strong>di, <strong>in</strong> questo caso, della sua auto-rappresentazione come “razzismo spirituale” <strong>–</strong> non <strong>in</strong>tendo <strong>in</strong> alcun modo<br />

ridimensionarlo, o esprimere un giudizio assolutorio verso di esso.

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